martedì 12 maggio 2009

SERBI, BASSOTTI, SADDAM E BERTINOTTI. E IL MANIFESTO.

RISPOSTA A QUALCHE COMMENTO

Rispondo, sotto l’immagine dell’onnisciente bassotto Nando, ad alcuni commenti al mio post “Trombettieri, violinisti e musicanti vari” e nell’occasione ringrazio tutti coloro che si avventurano tra le mie intemperanze e che si prendono anche la cortese e preziosa briga di intervenirci. Questo vale tanto più per coloro che, come in questi casi, mi muovono delle critiche ragionate e competenti. Non per quelli che mi subissano di provocazioni tratte dal più becero armamentario della propaganda e delle mistificazioni di stampo padronale e imperialista. I lettori che mi concedono la loro paziente attenzione, di questa roba ne trovano a sufficienza nei media ufficiali, nelle dichiarazioni di padrini come Netaniahu, Obama, o Borghezio.

Un interlocutore mi chiede come mai non fornisco io stesso le risposte alle domande che avevo posto a un gruppetto di jugoslavisti organizzati, sottolineando la loro inerzia in proposito. Tipo “In quale quadro geopolitico e geostrategico europeo, slavo, internazionale, è inserita oggi la Serbia”. Non potendo reagire ogni volta a ogni sollecitazione su temi svariatissimi, mi sembra accettabile che rimandi a quanto, in questo stesso blog ho già abbondantemente scritto, con preciso riferimento alla questione. Se non bastasse, offro anche i miei documentari “Il popolo invisibile”, “Serbi da morire”, "Popoli di troppo", nonché i miei numerosi e vasti reportage apparsi su “Liberazione” nel corso dell’assalto alla Serbia, facilmente rintracciabili. Io non mi ergo a dispensatore istituzionale di informazioni jugoslave vita natural durante, non è il mio compito. Infine, all’osservazione un po’ arbitraria a fronte dell’enorme mole di controstoria scritta da esperti ben più qualificati e specializzati di me, secondo cui “i Balcani non hanno una storia conosciuta”, ritengo che questo non sia affatto vero. La vera storia della disintegrazione imperialista della Jugoslavia e della satanizzazione dei serbi è stata scritta e come. C’è una storia dei vincitori e una dei vinti e dei loro amici. Di solito è la seconda la veritiera. Non vale per la Germania Nazista (dove spara balle anche il vinto), ma certamente vale per i nativi d’America, per i palestinesi, per i gli iracheni. Apparirebbe un’eccezione il Vietnam, che ha vinto e l’ha raccontata giusta, ma poi è tornato nella prassi concedendo al nemico la vittoria politica e sociale.

C’è chi insiste sulla considerazione che io distribuirei al colto e all’inclita la qualifica di “agente Cia”. Credo di farlo quando gli elementi personali e ambientali lo giustifichino. Una vita in mezzo ai conflitti tra oppressi e oppressori mi ha fatto constatare la proliferazione di agenti Cia e Mossad come fossero zanzare tigre ad agosto intorno a una palude. Del resto l’obnubilazione planetaria sulla verità non sarebbe possibile senza i professionisti o dilettanti di questa categoria. Si fa poi un sillogismo quando si afferma che, denunciando i finanziamenti Cia al Dalai Lama (confermati perfino nelle cifre), o gli apparentamenti di Aung Su Ki con le strutture Usa per la destabilizzazione di paesi non conformi, io mi schieri in difesa dei governi cinese e birmano, visto che i menzionati arnesi dell’imperialismo vi si oppongono. Su Karadzic e “compagnia bella” mi sono già espresso nel blog. Non ne faccio certo dei San Francesco, ma è gente che contro l’aggressione di un superpotere feroce e bugiardo ha difeso la vita, i diritti e la sovranità della sua gente. E questo fa una bella differenza. Si dovrebbe anche tener conto della stereotipa ripetizione delle diffamazioni che l’aggressore inventa nei confronti degli aggrediti, a partire dalla presunta strage di Sebrenica, scientificamente smentita. Ma non c’è peggiore sordo di chi non vuole ascoltare le voci dell’altra parte e continua a fidarsi, fidarsi, fidarsi…In base a quale criterio etico o giornalistico si dovrebbe credere a Bush, o a Feltri e non a Saddam o Karadzic?

Infine, rispondo a un simpatico corrispondente che mi riprende per i miei attacchi al “manifesto”. Parla di odio-amore e mi colloca così in una condizione un po’ psicolabile. Per coloro a cui le mie elaborazioni sono destinate, non c’è davvero bisogno di sparlare di Berlusconi o del PD: l’orrore è evidente. Considero necessario criticare chi vuole figurare nel campo di chi combatte l’assetto esistente e poi si inchina alle sue peggiori mistificazioni. So bene che “il manifesto” è l’unico giornale che si deve leggere e ne apprezzo i contributi perlopiù esterni, come anche molti interventi sul conflitto sociale (a prescindere del dissennato amore per la CGIL, firmataria dell’abolizione della Scala Mobile e di tante altre porcherie recenti, escludente “razzista” nei confronti dei sindacati di base, passiva di fronte allo sterminio di popoli e classi). Ma dal momento che non ci si offrono altre scelte, dal ”manifesto” si ha da pretendere che non si degradi in questioni decisive alla connivenza e alla subalternità con i grandi meccanismi di un inganno prima ancora antiumano che antiproletario. Penso alla truffa epocale dell’11 settembre, chiave di volta di un genocidio mondiale, contro la quale una sinistra zeppa di scienziati, testimoni, investigatori, tecnici, sinistri, si batte disperatamente, soprattutto negli Usa, da anni. Pretendo che non chiami questi incontrovertibili “negazionisti” della grottesca versione ufficiale “paranoici, complottisti, psicotici” e simili. Così si rende un immenso favore a chi si dice di combattere, come lo fanno numerosi giornalisti manifestini quando, contro il solitario e angheriato collega Stefano Chiarini, si adagiano nel letto (embedded) di Procuste allestito dall’imperialismo per agevolare lo sterminio di popoli. Basta la Giuliana Sgrena del disco rotto che vede “terroristi” e Al Qaida ovunque, specie nelle lotte di liberazione, proprio come occorre al regime Usa da Bush a Obama e che ritiene discriminante fondamentale tra giusti e ingiusti il velo islamico. Basta la lobby ebraica del giornale che insiste a perorare la soluzione etnicista e colonialista dei due stati per due popoli in Palestina. Basta, e avanza, tutta la compagine del giornale che si schiera compatta, anche dopo montagne di documentazione contraria, con la lobby bushiana della campagna “Salviamo il Darfur”, una campagna lanciata da Israele, sostenuta da tutte le organizzazioni sioniste, con i capi del secessionismo che si addestrano a Tel Aviv, finalizzata a squartare il grande paese arabo non ligio al vampirismo della Nato e delle multinazionali. Basta il buon Tommaso De Francesco che unisce ai sacrosanti lamenti sull’annichilimento della Serbia la frode della “contropulizia” etnica fatta dai kosovari albanesi, avallando così la menzogna di una primigenia pulizia etnica fatta dai serbi. Bastano gli innamoramenti successivi per i sempre più accomodanti revisionisti Cofferati, Bertinotti, Vendola e perfino la sinistra DS. Basta l’offesa ai propri sostenitori-lettori di ridurre, in totale opacità, la foliazione di ben quattro pagine senza averne minimamente discusso in pubblico, neanche con i suoi generosi azionisti (e le reazioni dei lettori si sono viste). Come ho avuto modo di scrivere, è più insidioso chi a casa tua, nella tua famiglia, ti impedisce di spegnere l’incendio di colui che, da fuori, te l’ha appiccato. Sono ragioni sufficienti perché quelli del “manifesto” non si sognino di farmi lavorare con loro.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

per ora, grazie sincero. Peccato però, la tua assenza il 7 maggio scorso all'Ambasciata Serba, dove il tuo contributo poteva essere spunto di confronto, oltre... il blog. Dall'interlocutore a cui rispondi per primo.
Samantha

Ale ha detto...

non fa una piega.

Anonimo ha detto...

Caro Fulvio, come avrai dedotto dalla mia affermazione sui "comandi a bacchetta" della stampa in un precedente post,condivido molti tuoi interventi politicamente scorretti, al pari di Giulietto Chiesa, sul cui blog troverai una mia lettera sulla guerra tra Georgia e Russia. Però credo che non debba rimanere prigioniero della logica del "nemico del mio nemico". Mi spiego: hai ragione sul Dalai Lama, che schiavizzava il "suo popolo" (nel senso di sua proprietà), ma non commettere l'errore di tifare per la Cina che perseguita chi chiede la verità sul terremoto del Sichuan. Ci indigniamo per la passerella di Berlusconi in Abruzzo e poi avalliamo queste cose?

NeoProg ha detto...

"becero armamentario della propaganda e delle mistificazioni di stampo padronale e imperialista"

"disinformazione di regime"

"rifiutare i commenti" che poi si chiama censura...
Il giornalismo italiano, di qualsivoglia parte politica, è vecchio , snob e anche un pò cialtrone.
Una casta insomma.
Grazie alla rete si possono ottenere informazioni da fonti straniere, non occidentali.
Bisogna lasciarvi soli...

Ps: come mai non parli più di 11 settembre?
Era un tuo leit motiv fino a poco tempo fa'.
Del resto da una menzogna mediatica non ci si può aspettare che un compatto muro di omertà da parte vostra.
Il primo passo di una rivoluzione futura sarà quello di liberare l'informazione dai giornalisti, in Italia soprattutto.