venerdì 18 giugno 2010

E NACQUE LA "GRANDE DEMOCRAZIA EUROPEA" TERRORISTA A CASA SUA




























1) John Kelly, fratello di un diciottenne ucciso nel Bloody Sunday, all’uscita dal municipio di Derry dove si è pronunciato il verdetto dell’Inchiesta Savile; 2) mia foto della marcia dei 20mila abitanti del ghetto repubblicano di Derry, il 30 gennaio 1972, Bloody Sunday; 3) mia foto dell’assalto dei parà del Primo Battaglione di Sua Maestà; 4) mia foto di Padre Daly che impartisce gli ultimi riti al primo caduto, 16 anni; 5 e 6) mie foto di assassinati di Bloody Sunday; 7) mia gigantografia riprodotta sulla facciata d’ingresso al ghetto; 8) i 14 uccisi; 9) John Kelly straccia l’inchiesta-farsa di Lord Widgery; 10) Gerry Adams, presidente del Sinn Fein e Martin McGuinness, suo vice, subito dopo la pubblicazione del verdetto; 11) Il popolo di Derry festeggia la vittoria.
Ci sono voluti 38 anni e un magistrato, per quanto reticente, fuori dalle regole dello Stato criptodittatoriale borghese per arrivare a una sentenza giusta sull’eccidio perpetrato dai militari britannici il 30 gennaio 1972 nel ghetto repubblicano di Derry. L’inchiesta, decisa da Tony Blair, sicuramente nella speranza che avrebbe fatto la fine indecente della prima commissione d’indagine, affidata allo scagnozzo di Westminster,$ lord Widgery, e che esonerò gli stragisti e i loro mandanti, era iniziata dieci anni fa. Ci avevo deposto due volte, come testimone oculare del massacro, unico giornalista presente insieme a Gilles Perez, fotografo francese, e avevo prodotto il materiale audiovisivo che, più di qualsiasi testimonianza o documento, inchiodò i responsabili al loro delitto. Il verdetto attribuisce ogni responsabilità ai militari inglesi del Primo Battaglione Parà, per aver sparato, assolutamente senza le provocazioni dell’Ira inventate nella prima indagine, a gente inerme e inoffensiva, quasi tutti ragazzi tra i 16 e i 21 anni. Quello che, non innocentemente, manca e rende l’inchiesta un esercizio monco, imposto dalle evidenze sul campo, è il riferimento a una qualsiasi autorità mandante. Logica, comportamenti e documenti dimostrano invece che assalto e strage non furono l’iniziativa di militari usciti di testa, ma un piano dettagliato elaborato dai vertici militari in Irlanda del Nord su mandato del governo britannico di Edward Heath.

Ora vedete la folla di Derry nella foto festeggiare un risultato che, prima che all’onestà degli investigatori (prevalsa sulla rimozione dolosa di ogni documento audiovisivo e perfino dei fucili da parte del comando britannico), è dovuto all’enorme, irriducibile forza dei cittadini del ghetto di Derry, di Creggan e della Bogside. Neanche per un giorno hanno desistito dall’impegno collettivo, accuratamente organizzato, di premere su chi di dovere con un’assillante campagna di denunce, di libri, di documenti, di film. Riuscirono, poche centinaia di persone, con però dietro tutta la loro gente, a fare del Bloody Sunday un caposaldo della consapevolezza e della coscienza internazionale, addirittura fino a Hollywood. Ora questa gente indomabile, che ha davanti a sé ancora altri obiettivi, come il riscatto dalla discriminazione sociale e politica e come, irrinunciabile, la riunificazione con la patria lacerata dal colonialista britannico e dai coloni unionisti, avanzerà con ancora maggiore forza la richiesta di un processo penale per sicari e mandanti.

Era stato, diciottenne ma già comandante dell’Ira di Derry, il Martin McGuinness, che vedete sorridere con Gerry Adams dopo la pronuncia della sentenza, a salvare capra e cavoli quella volta. Intelligentissimo, non era caduto nella quasi irresistibile trappola allestita dagli occupanti, che si auguravano una risposta di fuoco dell’Ira all’orribile carneficina per coprire la provocazione e spostare lo scontro nordirlandese dal piano del movimento di massa, di violenza limitata, a quello del confronto militare. Tra vecchi arnesi arrugginiti di precedenti campagne di liberazione e la potenza di fuoco e organizzativa del terzo esercito del mondo, Londra pensava di facilmente prevalere, ponendo fine a un’insurrezione nazionale e sociale ripartita cinque anni prima, ma maturata nei secoli. Sapeva, il mio amico e compagno Martin, che più letali per gli inglesi delle pallottole dell’Ira sarebbero stati i colpi inflitti alla loro manipolazione degli eventi da fotografie e registrazioni audio a sostegno dei testimoni. Le mie e quelle di Perez (il quale però sparì dalla scena e fece solo un tardivo uso commerciale del materiale). Tanto è vero che, intercettando la radio militare britannica, aveva udito l’ordine ai soldati sul posto di bloccare “con ogni mezzo” (significa: fino all’eliminazione) il fotogiornalista italiano che si aggirava sulla scena. E di sequestrargli ogni cosa.

Mi prese, Martin, e mi portò al sicuro in una casa sprofondata nel ventre di Bogside. Lì registrai il panico, la disperazione, la rabbia, dei congiunti e amici alla macabra grandine di morte che penetrava dalla porta, notizie come folate di gelo ogni pochi minuti. Lì i tagliagole della regina non avrebbero osato arrivare. Come erano stati banditi dal resto del ghetto, liberato da ogni presenza dell’occupante a forza di sassate e molotov di massa, proprio il giorno in cui mi insediai in una casa di Creggan, cronista povero ospitato da forti poveri, tre mesi prima. Ricordo come una festa di matrimonio le raffiche umane di una generazione di esclusi, giù per la collina, addosso a uniformati kaki in fuga precipitosa. Aria e umori da vittoria della Nazionale, o da cacciata di Lama dall’università. Nacque “Free Derry”, la Libera Comune di Derry, cui noi di Lotta Continua, sempre più avanti degli altri (qualcuno bofonchiava “ma so’ cattolici…”, Oggi bofonchia, so' integralisti islamici, so' Al Qaida...), dedicammo memorabili canzoni. Fu un tempo che sta alla Comune di Parigi come il mio bassotto Nando sta a Rex. Non male, questione solo di dimensioni. Il Golia sgambettato si propose la vendetta per il 30 gennaio.

In attesa che a notte fonda Martin e altri, con vertiginoso cambio di automobili e per lanuginose carrarecce di campagna, dribblando i posti di blocco, portassero me e il materiale in salvo nella vicinissima Repubblica, in quel rifugio condividevo lutti e collere incontenibili: il figlio, il fratello, il fidanzato, il padre, l’amico….Uno strazio che si sottrae alla capacità descrittiva del più immaginifico dei narratori, come tante volte più tardi, a Baghdad, a Ramallah, a Gaza, a Belgrado. Nel Tg BBC delle 18.00 apparve la faccia, militarmente tronfia e ottusa, del generale Ford, comandante delle truppe d’occupazione, quelle dell’internamento senza processo, poi maturato in Guantanamo e in pratiche israeliane, delle provocazioni dinamitarde, delle fucilazioni a freddo, della protervia capillare, della case devastate. Dichiarò, compunto, afflitto e tracotante, che i parà, comandati a difesa del corteo, nientemeno, avevano dovuto difendersi da una sparatoria dai tetti di presunti membri dell’IRA. Minimizzò il bilancio ad “alcuni feriti”, compresi inesistenti paracadutisti. Sdegno e attonimento come non li avevo mai provati e condivisi. E’ da quel furore di sdegno e sgomento per la verità colossale tramutata in colossale menzogna che trasse le origini, la forza, quella lotta dei cittadini di Derry che, 28 anni dopo, gli ha consentito di infliggere una sconfitta storica alla prima “democrazia europea” scaturita dal nazifascismo e determinata a completarne l’opera. Sconfitta che, dopo 31 anni, da noi non è stato ancora possibile impartire a operativi e mandanti di Piazza Fontana. Tanto che hanno potuto continuare la pratica, chiunque fossero le marionette nel palazzo di quel Grand Guignol che è la nostra, di democrazia.

Alla verità mutata in aborto deforme e venefico dal cinismo di classi dirigenti che si proponevano di migliorare le tecniche nazifasciste della lotta di classe, avevo già assistito un lustro prima, inviato in Palestina per la Guerra dei sei giorni. Vittimismo ontologico a copertura dello scambio persecutore-perseguitato finalizzato al genocidio. Così quel giorno a Derry: una masnada di cavernicoli armata, truccata da agnello sacrificale del “banditismo eversivo”, mandata a impartire una lezione di sangue e di morte a chi rischiava di disvelare la maltusiana strategia “democratica” di obliterazione dei deboli e dei superflui riottosi. Lo Stato imperialista del terrorismo aveva tentato il suo esame di laurea. Salvo che noi, precipitatici muso a terra a Dublino, potemmo far esplodere sulle ribattute dei quotidiani e nei primi notiziari di radio e televisione del mattino dopo, con le foto, le registrazioni, i racconti, il fetido bubbone della menzogna. Per un po’ tutto questo servì a perforare qua e là le muraglie di fango radioattivo elevate da un’informazione in procinto di trasformarsi da cane di guardia contro gli abusi del Potere in botolo a lui scodinzolante e ringhioso al resto.
Ma non ci volle molto perché i latrati di questo aberrazione di cane prevalessero e si tornasse a parlare di “terroristi” irlandesi. C’erano state Portella della Ginestra, Avola o Reggio Emilia da noi e chissà quali altre efferatezze di regime in giro per l’Europa, ma qui era stato recuperato in chiave strategica la satanizzazione in terroristi degli oppositori collaudata nei tempi della sconfitta coloniale, dallo Yemen al Kenia, dall’India prima che vi si installasse il pacifista salvatore del capitalismo Ghandi, a Cuba.

Lo sterminio di propri cittadini innocenti e inconsapevoli, con attribuzione della colpa al terrorismo, Al Qaida, serbi, manifestanti, mediante fucileria o autoattentati dinamitardi, si è affiancato alle guerre planetarie e infinite mosse a nazioni da estirpare e a popoli da ricondurre alla schiavitù o da eliminare perché in eccesso. Piazza Fontana e seguenti per mascherare da eliminazione del terrorismo la repressione dei diritti e lo spostamento della ricchezza; le bombe del ’92 e del ’93 per chiudere un torneo che, tra lotta partigiana, movimenti organizzati di massa, rivolta del ’68-’77, aveva registrato troppe partite perse o pareggiate. E poi, sempre nel mondo delle “Grandi democrazie” care ad anime belle come Saviano e ai debosciati ma astuti sicofanti di sinistra, lo stillicidio di provocazioni, infiltrazioni (vedi BR e affini), montature, assassini mirati attribuiti alla parte da abbattere, fino ad arrivare al perfezionismo del “terrorismo islamico” , all’11 settembre, alla metro di Londra, ai treni di Madrid. Palude tossica nella quale, accecati e imbrattati fino alla paralisi, ormai sguazzano tutti quanti.

La gente di Derry non c’è cascata. Hanno provato ad ammansirla, a farla ammutolire, decenni di cosmetici correttivi sociali: una casetta meno angusta, servizi meno negati, posti di lavoro un po’ meno sparuti, perfino qualche poliziotto cattolico tra mille protestanti. Perfino, sotterrata la miccia della rivendicazione nazionale grazie all’accordo del Venerdì Santo del ‘98, uno pseudo governo provinciale “autonomo” del Nord Irlanda con, in moderata coesistenza con premier fascisti e notabili proconsolari, sotto la ferula di Londra, ministri che erano comandanti dell’Ira. Widgery, cui avevo rovesciato sullo scranno le 98 cartucce dei fucili Sterling sparate da parà che, per il lord, si erano difesi con appena pochi colpi di avvertimento, per sentirmi rimbrottare di non fare il “terrorista”, è finito nella latrina della storia. L’immane potenza militare, mediatica, propagandistica, cospiratrice di Londra è stata disintegrata dalla fermezza e dalla determinazione di chi, pur attraversando le stagioni di vita di due generazioni, vita grama di affanni, repulse, privazioni, frustrazioni, soperchierie, era rimasto abbarbicato all’impegno di riscattare alla dignità di martiri quelli che si erano voluti far passare per terroristi e loro fiancheggiatori. La sorte ci scampi dal dover concedere ai necrofagi delle “Grandi Democrazie” 28 anni di impunità per gli orrori commessi dalle Torri Gemelle o 18 da Capaci in poi. O diventiamo tutti cittadini di Free Derry, o di Falluja, o di Kandahar, o siamo fottuti.

2 commenti:

Sacrabolt ha detto...

Forse è proprio questo il problema: dalla nostra temporanea condizione di privilegiati abbiamo bisogno di sbatterci violentemente addosso al muro che ci separa dalla realtà. Solo un trauma del genere potrà farci uscire dal sogno, continuamente alimentato dagli psicofarmaci della cloaca mediatica "occidentale".

Ho letto il comunicato alla stampa di Infopal e ci ho trovato la rabbia, la frustrazione di chi si era illuso che le agenzie stampa li contattassero per seguire la missione della Flottilla... è stata una buona lezione, per loro e per noi. Gli avvoltoi li hanno chiamati solo per scrivere pezzi sui morti ammazzati... una lacrimuccia per esportazione e via! ora ci sono i mondiali.

Anonimo ha detto...

Sei mesi fa John Kelly mi disse che non si sarebbe mai stancato di lottare per una verità ufficiale, lo doveva a suo fratello...io pensai che 38 anni erano veramente troppi per sperare ancora...mi sbagliavo alla grande. Si, questa è la gente di Derry...e sicuramente domani Kelly tornerà a sedersi davanti allo striscione dei diritti civili ancora pregno di sangue, perchè c'è ancora tanto da fare.

Laura