martedì 18 dicembre 2012

Siria: proliferano i re nudi






L'unica vera esplorazione non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere occhi nuovi. (Marcel Proust)
Tutte le grandi verità iniziano come blasfemie. (George Bernard Shaw)
Colui che vuole garantire la propria libertà deve difendere dall’oppressione perfino il suo nemico. Se viola questo dovere, stabilisce un precedente che travolgerà anche lui. (Thomas Paine)
Grandiosa commedia degli equivoci in campo Nato.  
Obama ha tentato di prendere le distanze da certe troppo esagitate brigate salafite dell’ “Esercito Siriano Libero“, inizialmente dalla Nato e dal Qatar importate da Libia, Cecenia, Kosovo (dove i tagliagole si addestrano), ma oggi sempre più fuori controllo. Ed è stata la messa in scena a Doha della nuova compagnia di giro di ratti fuorusciti siriani, Coalizione Nazionale per la rivoluzione siriana e le forze d’opposizione. Uscita dalla provetta nelle vesti di interlocutore-partner presentabile, che dimostrasse la propria estraneità rispetto alle bande di tagliagole Al Qaida messe in campo dall’inizio (tanto che gli Usa, scottati dall’uccisione a Bengasi del loro ambasciatore-spia, hanno messo sulla lista delle organizzazioni terroriste la brigata “Fronte Al Nusra”, protagonista degli orrori di Aleppo), la comitiva di commedianti di Doha è stata subito riconosciuta da Washington, Parigi, Londra, “rappresentante unica e legittima di tutte le parti del popolo siriano”. Il chihuahua della Farnesina guaisce in sintonia. Visto che quelli di Al Nusra e altre bande jidadiste hanno dichiarato che quel “governo legittimo” di Doha i suoi artefici nelle capitali alleate se lo possono mettere in quel posto, il nuovo fantoccio ha fallito il tentativo di occultare una realtà in cui protagonista della guerra resta il terrorismo.
 

Tutto questo non è valso nemmeno a chiarire agli sponsor dell’aggressione a chi diavolo fornire armi che non siano poi rivoltate contro di loro. Come succede in Libia, dove proprio ieri indisciplinati poteri islamisti hanno messo sotto processo le marionette laiche dell’Occidente, l’ex-presidente del CNT Jalil e l’ex primo ministro Mahmoud Jibril. Bel casino. Reso ancora più dinamico dalla crescente presenza e attività della resistenza gheddafiana lungo tutti i confini sud del paese. Al punto che due giorni fa i barbuti clown-mannari di Tripoli si sono visti costretti a chiudere tutte le frontiere con gli stati confinanti a sud e ovest. Eterogenesi dei fini da far crepare dalle risate.

E in Marocco i governi autonominatisi “Amici della Siria”, nel loro ennesimo vertice, hanno per l’ennesima volta assicurato aiuti di ogni sorta ai “ribelli”, non senza tornare a vaticinare la tanto sperata no-fly-zone a garanzia di “corridoi umanitari” e di bombardamenti a tappeto. Sono ormai due anni che i vari piani degli aggressori si infrangono contro la volontà dichiarata del popolo siriano di difendere, pur a costo di inenarrabili sacrifici, la propria terra, la propria sovranità, il proprio destino. Volontà inequivocabilmente ribadita nelle elezioni amministrative e legislative che hanno visto il trionfo dei partiti patriottici, di maggioranza e di opposizione, e che nessuno ha potuto qualificare di fraudolenti. Di fronte all’impasse, il riconoscimento della conventicola di Doha come governo in esilio di tutti i siriani, apre la via dalla fornitura clandestina di armi e armigeri a quella aperta e dichiarata, come anche alla risposta positiva a una richiesta di intervento ufficiale di Nato e Lega Araba. Resta da vedere che peso avrà la protesta della Russia che, negando base giuridica a tale riconoscimento, denuncia la violazione degli accordi di Ginevra che incaricavano l’ONU di trovare una soluzione pacifica.

Un 11 settembre chimico
Sulla Siria si addensano le nuvole nerissime della provocazione delle armi chimiche e dell’attacco militare dall’esterno che verrebbe coperto dai missili “difensivi” Patriot installati dalla Turchia sul confine. Sistematicamente costretti a ripiegare sotto la forza compatta dell’esercito e della popolazione, i mercenari Nato-dittature del Golfo accentuano l’offensiva terroristica. Si susseguono stragi orrende di cui i media non parlano, limitandosi ad attribuire teorie di morti ai bombardamenti delle truppe governative. Bombardamenti  tragicamente inevitabili su aree in cui il sedicente Free Syrian Army penetra e da cui vengono espulsi, dopo una abbondante decimazione, i membri delle confessioni considerate eretiche (sciti, cristiani, alawiti, drusi, sufi) e la popolazione che rifiuta di schierarsi con gli aggressori. Circola un video (lo potete vedere nella colonna accanto) agghiacciantemente rivelatore, da tutti gli organi d’informazione ignorato, nel quale un ascaro assassino mostra una caterva di sostanze chimiche tossiche di marca turca e poi, immettendo del gas in una gabbia, in un minuto fa morire due conigli. Conclude minacciando la stessa sorte a tutti gli “infedeli” che sostengono il governo di Assad. Nessuno ricorda che la Siria fu il primo propugnatore del trattato per un Medioriente libero da armi atomiche, chimiche e batteriologiche. Proposta sempre rifiutata da Israele che, pure, le armi chimiche le ha usate, e come, su bambini e donne in Libano e a Gaza.

Tra le ultime autobombe ci sono quelle che hanno devastato il ministero degli interni uccidendo 7 persone e ferendone dozzine. Altre due, una nella piazza centrale affollata e l’altra quando sono accorsi i soccorritori, sono state fatte esplodere a Jaramana (periferia di Damasco) provocando 56 morti e un centinaio di feriti.  Prima c’era stata la strage con colpi di mortaio in una scuola elementare di Wafideen, sempre nei sobborghi della capitale, con 29 vittime tra alunni e insegnanti. Infine, è di mercoledì scorso la serie di attentati a Aqrab, villaggio alawita fedele al governo, che ha ucciso o ferito 125 civili. Cosa che non ha potuto evitare di ammettere, compiacendosene però, quell’Osservatorio dei Diritti Umani messo in piedi a Londra dal MI6. In media si verifica almeno un attentato terroristico ogni 24 ore, senza parlare della distruzione delle infrastrutture viarie, petrolifere, idriche, dei magazzini di viveri, degli impianti industriali, dei quartieri e monumenti storici.  Proseguendo nella campagna di assassinii mirati all’israeliana, tesa ad eliminare, dopo le bombe alla TV di Stato e la cancellazione delle emittenti siriane da tutti i satelliti TLC, ogni voce dissonante dal menzognificio dei cospiratori, è stato ucciso Maji As’ad, giornalista del quotidiano Tishreen.


A volte le stragi tornano a casa. Barack Obama, con la stessa sincerità della Fornero, s’è messo a piangere sui 20 bambini uccisi dal folle nell’elementare di Newtown, Connecticut. All’unisono commentatori, sociologi, psicologi, cronisti, politici hanno invocato la soluzione alla catena di stragi nelle scuole Usa: bloccare, almeno limitare, il libero acquisto di armi. Così il folle non spara ma sparge benzina e dà fuoco. Ce ne fosse stato uno che avesse fatto qualche riflessione su generazione dopo generazione di ragazzini educati alla banalizzazione della morte e addirittura al fascino degli stermini di massa da film e videogiochi che, ossessivamente, dal genocidio dei pellerossa ai nemici che più ne colpisci e più sei premiato, ripropongono l’etica dell’assassinio di massa. Etica che ti viene confermata dalla realtà dei marines che sterminano le donne di un villaggio, o dei droni che cancellano le comunità, meraviglie dell’eroismo e della tecnologia. Del resto, a pensar male, di questi eccidi scolastici si può pure trovare un effetto collaterale positivo, chissà se previsto: vogliamo calcolare la forza dell’uragano di richieste di maggiore sorveglianza, maggiori controlli, più telecamere, più poliziotti, più leggi repressive, più Stato di  polizia, a beneficio della più grande democrazia del mondo e di tutti i suoi derivati?

La paura della voce dell'altro
Siamo a circa 15 giornalisti siriani uccisi, mentre tentati omicidi sono stati effettuati contro la stampa iraniana presente nel paese. Silenzio di tomba di Reporters Sans Frontiéres, delle ONG dei diritti umani, del sindacato italiano dei giornalisti, tutti così pronti a stracciarsi le vesti su qualche blogger iraniano invocante la democrazia occidentale contro la dittatura di Ahmadi Nejad. Silenzio, ovviamente, anche sulle dichiarazioni del ministro degli esteri siriano sia quando ha dichiarato che la Siria non possiede armi chimiche (ricordate le “armi di distruzione di massa” di Saddam?) e assicurato che, se le avesse, non le utilizzerebbe mai, sia quando ha indicato  l’inchiesta del quotidiano turco Yurt  secondo cui membri di Al Qaida stanno fabbricando armi chimiche in un laboratorio vicino alla città turca di Gaziantep. Ha anche ricordato che il governo, aveva chiesto alla Missione di Controllo ONU di recarsi ad ispezionare ad Aleppo una fabbrica privata  di cloro che i terroristi avevano occupato, onde mettere le sostanze in sicurezza. La Missione non potè eseguire il compito perché, avvicinatasi al sito, fu presa a mitragliate dai terroristi.

L’Arabia Saudita, come rivelato dai media indipendenti yemeniti, sta aprendo le carceri a centinaia di delinquenti, condannati a morte per traffico di droga, contrabbando, stupro e omicidio, per spedirli in Siria. Tra gli altri, 105 yemeniti, 212 sauditi, 96 sudanesi, 203 pachistani, 82 giordani, 68 somali, 194 egiziani. Tutti aderenti alla setta wahabita dei sovrani sauditi. Anche costoro trascorrono un periodo di addestramento nel Kosovo, massima piattaforma Nato di intervento militare e del traffico di stupefacenti afghani (vedi Voltaire Net, Thierry Meyssan, “Terroristi in Siria addestrati dall’UCK in Kosovo")
Nella periferia di Aleppo, dove sono riusciti a penetrare giornalisti di assoluto prestigio ed esperienza mediorientale come l’inglese Robert Fisk dell’Independent e Thierry Meyssan di Voltaire Net, occupata dai terroristi con l’espulsione di buona parte della popolazione (perché coloro che lacrimano su cifre gonfiate di profughi siriani nei campi turco e giordano non spiegano mai perché quella gente si trovi lì?), è stato proclamato l’Emirato Islamico (come già  nella zone “liberate” della Libia), con tanto di sharìa, esecuzioni sommarie di “aderenti al vecchio regime”, chiusura di scuole femminili, velo integrale per ogni donna. Vale la pena, per distinguere tra giornalismo e un’altra cosa, confrontare il loro racconto con quello degli inviati di Rai Storia, di cui parlo più avanti.
Il fascino della Sharìa
Nel Nord del paese, in una striscia di terra lungo il confine turco, ma interna alla Siria, con centro a Al-Baab, dove le forze mercenarie appoggiate dalla Turchia sono riuscite a creare un loro presidio, è entrato in funzione il classico “Comitato per la Promozione delle virtù e la prevenzione del vizio”, formula consueta, di paternità saudita, là dove i salafiti detengono il potere e formula ora scritta sui muri della città. Significa applicazione delle legge coranica nella strumentale e rigidissima interpretazione wahabita: morte civile delle donne, fine della libertà d’espressione, dittatura dinastica, punizioni corporali, mutilazioni, lapidazioni, ordine giudiziario sottoposto a imam che consacrano come virtù tortura ed eliminazione degli “infedeli”, laici in testa. Detto incidentalmente, tutto questo lo si attribuisce all’Iran mentre nell’ Iran di oggi non esiste. Checché ci racconti la Premio Nobel e spia Shirin Ebadi.
 Aleppo. Terroristi salafiti fanno decapitare un prigioniero da un bambino.

Palestinesi veri
Il mezzo milione di palestinesi ospitati dalla Siria (insieme al milione di iracheni arrivati dopo la guerra del 2003), per non aver seguito l’esempio dei loro dirigenti in patria, laici o islamici, pugnalando alle spalle l’ultimo sostenitore sincero e affidandosi alle cure dell’emiro del Qatar, sono stati ripetutamente aggrediti dai terroristi. Negli scontri con militanti del Fronte Popolare-Comando Generale, rimasto in Siria e con la Siria, molti palestinesi sono stati uccisi. E’ di ieri l’appello del FPLP-GC a tutte le organizzazioni palestinesi del megacampo Yarmuk di unirsi tra loro e con i patrioti siriani nel combattimento contro gli aggressori salafiti  che continuano ad attaccare il campo. In controtendenza rispetto a una direzione palestinese fedifraga, corrotta e venduta, 70 intellettuali di punta palestinesi hanno diffuso una dichiarazione di solidarietà con il popolo siriano, la sua direzione e le sue forze armate: “E’ nostra responsabilità storica, nazionale e panaraba di gridare ad alta voce che stiamo con il popolo siriano, lo Stato siriano e la leadership nazionale siriana…. Quando la Siria vincerà, si tratterà della vittoria dell’intera nazione araba, dall’Oceano al Golfo”. C’è vita in Palestina. E in Siria. A dispetto dei necrofori di cui parleremo nel prossimo pezzo.

2 commenti:

vitamia ha detto...

Tragedia !!
Vergogna a chi lascia fare !
Mondo decadente

vitamia ha detto...

Tragedia !
Vergogna a chi lascia fare !
Viviamo in un mondo decadente