sabato 23 marzo 2013

La Cupola incorona l'anti-Chavez




Le peggiori forme di tirannia, o certamente quelle di maggiore successo, non sono quelle contro le quali ci battiamo, ma quelle che si insinuano nell'immaginario della nostra coscienza e nel tessuto delle nostre vite, al punto da non essere percepite come tirannie. (Michael Parenti) 

In fretta e in breve, cari interlocutori, perché sono tuttora e per un bel po’ impelagato con il docufilm sull’Iran che, vi prometto, sarà una bomba. Ma mi premevano dentro alcune urgenze.

Questo paese di santi e basta, con la sua venerazione per certi nuovi arrivati, è sprofondato in una palude di sciroppo andato a male. Come sempre, quando c’è unanimità nell’eulogia, o nella condanna, è la destra a finire sul podio. Il coro delle prefiche, dei corifei, dei turibolanti e sicofanti, capeggiato a sinistra dal “manifesto”, che ancora ci turlupina e insulta padri nobili, martiri e resistenti con la testatina “quotidiano comunista”, si è sdraiato a scendiletto sotto i calzari del papa cresciuto a tu per tu con chi torturava e lanciava dagli aerei le sue pecorelle smarrite. I suoi commenti al  prodigio della comparsa del nuovo Francesco,  su questo specchio da cui il riflesso del papa si proiettava accecante sul lettore, ha fatto arrampicare  i più illustri santoni del cattolicesimo sedicente di base. Da lissù hanno sparso sulle pagine oceani di brodo di giuggiole: l’italiano Raniero La Valle e il brasiliano Leonardo Boff. L’accredito esultante dato da quest’ultimo è un clamoroso esempio di sindrome di Stoccolma. Spretato e bastonato a sangue da una successione di pontefici che la religione interpretavano alla maniera di tutti gli aguzzini succedutisi nel tempo nello spolpamento dei latinoamericani, si è prostrato davanti a questa foglia di fico cristiana dei serial killer Videla e Massera, inneggiando al “papa dei poveri”. Ove si constata che un prete rimane pur sempre un prete e che la sua vocazione a spogliarsi di senno e dignità,  appiattendosi al fischio del padrone, è immarcescibile.

sabato 9 marzo 2013

CHAVEZ, E' L'ORA DI SCIACALLI E GRILLI PARLANTI





Come possiamo chiamarci ecosocialisti se non ci importa della vita degli ultimi. Dobbiamo amare e prenderci cura di tutti, compresi gli animali. (Hugo Chavez, raccogliendo un cane randagio)
Socialismo o barbarie, non c’è scelta per un rivoluzionario. (Hugo Chavez)


Di questa mia ex-collega al TG3 non varrebbe neanche la pena parlare. In qualche modo ci si insozza la penna. Dopo aver lisciato il pelo agli orchi in Kosovo, spappagallando di pulizie etniche come suggerite da Langley e come invece subite da una popolazione serba, o sterminata o espulsa, dopo essersi guadagnati i galloni Cia per l’ambito posto di corrispondente RAI a New York avallando le facezie e le infamie che dovevano portare all’uccisione dell’Iraq, la Botteri non poteva non essere la fiduciaria Cia-Mossad nel dramma venezuelano. Ieri, pure i più accaniti disinformatori e apostoli della dittatura del finanzcapitalismo, avevano dovuto riconoscere che quelle decine di milioni di popolo che, per tutte le lande dell’America Latina, con riverberi nel mondo intero, piangevano il comandante rivoluzionario e giuravano di proseguirne la missione, alla luce di una gioia che in passato solo nel 1789 e nel 1917 si era provata. Poi naturalmente, seguendo la traccia della velina che ne detta pensiero e verbo, avevano aggiunto ai dati inconfutabili del processo di liberazione delle masse la siringata di veleno del “caudillo”, dell’ ”autocrate”, dell’amico di personaggi “impresentabili” come l’iraniano Ahmadinejad, o Gheddafi, o Saddam.

giovedì 7 marzo 2013

NELLE TERRE DEI POPOLI DA NIENTE


Il vicepresidente del Venezuela, Nicolas Maduro, suggerito da Hugo Chavez come suo successore, ha assunto la presidenza della Repubblica Bolivariana. Elezioni presidenziali si terranno fra trenta giorni. 

Si scatena il Congresso USA contro il presidente eroe e martire qualificandoli di caudillo, dittatore, affamatore e oppressore del popolo, destabilizzatore dell'America Latina. Segno che l'imperialismo e la feccia reazionaria locale guidata da Capriles, sconfitto largamente alle ultime elezioni, si preparano a una nuova e più massiccia campagna di sabotaggio, destabilizzazione, golpe duro o morbido, come quelli attuati da Obama in Honduras e Paraguay. I media italiani, capeggiati dall'organo della cupola finanziaria criminale Sole-24 Ore, suonano la musica dettata dal padrone. Occorrerà tutta la vigilanza rivoluzionaria del popolo venezuelano e dei suoi amici nel mondo per contrastare e sconfiggere gli ennesimi crimini imperialisti contro la sovranità, l'autodeterminazione e il benessere dei popoli. 

mercoledì 6 marzo 2013

COMANDANTE HUGO CHAVEZ, PRESENTE!





Simón Bolívar, padre della nostra Patria e guida della nostra Rivoluzione, giurò di non dare riposo alle sue braccia, né dare riposo alla sua anima, fino a vedere l’America libera. Noi non daremo riposo alle nostre braccia, né riposo alla nostra anima, fino a quando non sarà salva l’umanità. (Hugo Chavez, 1954-2013)

Non si trovano parole che sfuggano a un’emozione incontrollata e, dunque, alla retorica. L’anima di colui che ha affrontato e vinto il mostro nel nome di noi tutti, vola oggi sul mondo e addolora e conforta l’umanità dei giusti, dei bastonati, degli sfruttati, dei dominati, dei rivoltosi, dei resistenti, dei rivoluzionari. Chiuso un secolo nella sconfitta e nell’abiezione, ha aperto un secolo, un millennio nuovi che, nel suo paese, nella nazione latinoamericana da lui avviata alla liberazione e all’integrazione, ha seminato vittoria dopo vittoria: Alba, Unasur, Celac, Mercosur. Popoli alfabetizzati, sottratti alla povertà e al dominio di necrofori, per la prima volta dal loro sterminio padroni della salute e della conoscenza e, soprattutto, restituiti alla dignità, alla libertà, a quel presente-futuro che secoli di predazioni e stupri europei e nordamericani, di servilismi di sguatteri tiranni, avevano conculcato. Un piccolo uomo gigante, un soldato di un piccolo popolo gigante, valoroso e indomito, divenuto, con lui per motore e faro, avanguardia dell’umanità sofferente, a dispetto di quanto contro di essa i licantropi stragisti del Nord progettano e praticavno con gli strumenti della loro infinita voracità e della loro satanica ferocia.

Ho potuto guardare in faccia quell’uomo, l’ho potuto toccare, gli ho potuto parlare, l’ho ascoltato e i ricordi coltiveranno fiori nella mia anima. C’erano stati, nel 2002, dopo il colpo di Stato Usa, i lunghi mesi del sabotaggio economico allestito dagli esqualidos, affannati al recupero di un servaggio nutrito dei resti della tavola dei predatori. Nei llanos di un latifondo che riduceva i campesinos ai margini della vita e negli interrati senza luce di un destino immutabile, il comandante Chavez venne a offrirgli il fucile della sua nuova costituzione, che sta alla glorificata nostra come un purosangue sta a un mulo. La costituzione dell’uguaglianza, valida per tutti, indigeni, donne, bambini, vecchi. Decine di migliaia di contadini si videro restituire la terra, con tutti gli strumenti per farne sovranità alimentare per sé e per tutti. Insieme con l’uomo più trasudante del carisma dell’onestà, dell’intelligenza, della bellezza di parola e spirito, cantarono Viva el bravo pueblo”, l’inno nazionale, il retaggio e la promessa di Simone Bolivar, primo padre della Patria Grande.

A Caracas, negli stessi giorni della vendetta dei ratti sconfitti, il volto di Hugo Chavez guidava dai cartelli, dalle bandiere, dagli striscioni, ma più ancora dall’immaginario collettivo di una folla di proletari, donne in testa come in tutti i teatri della resistenza umana, lo scontro con schiere di signori, signore, giovinastri fichi dei quartieri alti. Scontro che veniva risolto, presto in modo definitivo con la vittoria sul paro padronale, dall’unità di milioni di cittadini con il loro esercito divenuto, nel corso dei lunghi anni del lavoro clandestino del capitano Chavez, esercito del popolo. Da un lato del ponte che vedeva opposte le forze dell’abuso e della giustizia, insieme ai militari, si cantava El pueblo unido jamas serà vencido. E l’uragano sonoro correva giù per il ponte ad annichilire ingiurie, livori, iattanze.

Ranchitos si chiamano in Venezuela le favelas. Quelle della casupole e baracche senz’acqua, luce, fogne, lavoro, presenza, con cui la classe vampira, proconsole dei diffusori imperiali di miseria e ignoranza, aveva butterato le alture di Caracas. Venne Chavez, abbattè i tuguri e consegnò titoli di proprietà a chi non aveva mai avuto altro che i suoi stracci, garanti di esclusione dal consesso umano. Abbracciò e baciò donne e vecchi restituiti alla cittadinanza e tra i suoi baci e quelli che da noi vengono elargiti dai potenti a sudditi offerti in pasto a ipocrisia e illusione, correva la stessa distanza che corre tra la leonessa col cucciolo in grembo e i baci di vasa vasa Cuffaro., o le carezze di Monti al cagnolino elettorale.

Poi c’è stato “L’Incontro Mondiale degli Studenti e della Gioventù” e, dal podio del Tribunale Antimperialista allestito dal Venezuela in travolgente marcia, alle migliaia di giovani accorsi da cento paesi per legarsi al filo rosso della rivoluzione, Hugo Chavez gridò parole che poi sono riverberate nelle piazze del mondo, dal Cairo a Lisbona, da Atene a Roma, da Santiago del Cile a Madrid, dai resistenti delle patrie azzannate o maciullate in Libia, Siria, Mali, Afghanistan, da un capo all’altro di un pianeta sollecitato dal sisma chiamato rivoluzione bolivariana. L’avevano vista, udita, vissuta quella rivoluzione, avevano visto che ridare alfabeto, istruzione, sanità, casa, lavoro, cibo adeguato, ambiente, dignità, libertà, uguaglianza, era stato possibile, pur contro l’armamentario genocida dei mostri. Se l’erano portata a Piazza Tahrir, Piazza Syntagma, Plaza del Sol. Scintille di un incendio che del nuovo millennio farà un’araba fenice. Le parole di Chavez erano O socialismo o barbarie, La condizione più alta dell’essere umano e quella del rivoluzionario. Noi saremo rivoluzionari sempre! In piedi, a migliaia, a pugno chiuso abbiamo ripetuto quelle parole. E qualcosa a casa ci siamo portati.

In Latinoamerica, in Venezuela, Bolivia, Ecuador, Nicaragua, in Uruguay, nel Paraguay e nel Honduras non piegati dai colpi di Stato di Obama, ma anche tra le masse di Argentina, Brasile, Colombia, tra gli studenti che in Cile hanno saputo coinvolgere un’ intera società, tra quei popoli nativi, come i Mapuche o i Lenka, che non si sono fatti strumentalizzare in chiave sediziosa e separatista dai complotti destabilizzanti israelo-statunitensi, Hugo Chavez ha diffuso quel seme della speranza e della fiducia che aveva colto nella lezione di Bolivar, Martì, dell’amatissimo Gramsci, del  Fidel rivoluzionario.

In Venezuela si è convinti che a Chavez e, come a lui, a molti altri governanti latinoamericani affetti dal cancro, siano stati i serialkiller Usa a inoculare il male. Negli Stati Uniti, nel nome del Freedom of Information Act, si va esigendo che siano pubblicati i documenti attinenti alla innumerevoli cospirazioni di Washington contro la vita di Hugo Chavez che si sa comprendono tentativi di assassinio. L’accusa ha il suo fondamento nella pratica omicida che i governi Usa (e israeliano) hanno condotto dalle origini, contro chiunque si ponesse sulla  loro strada e volesse riscattare la sua gente, l’umanità: Lumumba, Sankara, Milosevic, Allende, Arafat, Panagulis, Saddam, Gheddafi, Lincoln, John Lennon… Il sangue delle loro vittime li ha marchiati di un morbo che è mille volte più letale di quello inflitto a Chavez, ma fluisce oggi nelle vene di chi non li ha dimenticati e, per proprietà transitiva, perfino in quelle di chi non li ha mai conosciuti, ma dal loro spirito è stato invaso.

Possono ucciderci, uno dopo l’altro, ma non ci possono uccidere tutti. Lo hanno dimostrato i partigiani, prima di essere traditi. Lo stanno dimostrando i popoli dell’America Latina che, con gli assedi di massa, la forza dei loro corpi e strumenti, nuotando attraverso laghi di sangue, hanno raggiunto l’altra riva. E anche i popoli non lontani da noi che, resistendo a ogni congiura, a ogni efferatezza, sanno che non finirà così. Lo dobbiamo imparare noi cogliendo il vento di quell’anima del mondo che si chiama Hugo Chavez. Se lui è morto combattendo per noi, noi possiamo morire per quanto ci ha insegnato.


martedì 5 marzo 2013

Cuba, i cani entrano nella rivoluzione




Inoltro un articolo di Sandra Paganini, segretaria del Circolo della Tuscia dell'Associazione di Amicizia Italia-Cuba, iniziatrice e realizzatrice, insieme al Circolo Hilda Guevara di Cremona, di un progetto per la costruzione a Cuba del primo canile pedagogico-sanitario dell'Isola. Ai visitatori dell'Isola è nota la condizione drammatica dei nostri amici a quattro zampe, migliaia di randagi, abbandonati, malati, denutriti e disperati., un po' per le ristrettezze economiche determinate dall'embargo Usa, un po' per un'arretratezza culturale. Per volontà di un gruppo di ecologi e animalisti di Sancti Spiritus si è cercato di porre rimedio a questa situazione che non si concilia con la rivoluzione vanto di Cuba. I nostri due circoli si sono impegnati a dare una mano. Nella foto vedete Sandra consegnare alla responsabile cubana del progetto i quasi 2000 euro raccolti in Italia con una sottoscrizione a cui hanno partecipato generosamente anche i lettori del mio blog e amici di FB. Una piccola vittoria sulla strada dell'inserimento anche dei cani nei diritti conquistati dalla rivoluzione. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito e, badate, la sottoscrizione continua: c'è ancora bisogno di aiuto perchè la struttura venga completeta.


Un progetto italo-cubano per gli abitanti a quattro zampe dell’Isola

Miracolo a Sancti Spiritus


La signora Josefina Gonzàles Machado, nello studio di Sancti Spiritus della delegazione locale della fondazione “ Antonio Nunez Jimenes “, di cui è segretaria esecutiva, parla dei suoi tre cani, padroni di una grande terrazza, e i suoi occhi si illuminano.
Dal suo affetto e dalla sua passione, insieme a quella di circa 70 volontari, è nata l’idea del primo canile a  Cuba per il ricovero e la cura dei cani abbandonati. E’ questo, dice la signora con impeto, un problema molto grande date le condizioni degli animali di affezione che vivono nelle strade.

E allora “ Noi”, afferma“ abbiamo deciso, come associazione ambientalista non governativa , di fare qualcosa. Abbiamo trovato il terreno adatto, lo abbiamo comprato e con 400 euro, parte di quanto raccolto dal Circolo dell’ANAIC di Cremona, abbiamo disboscato, costruito i recinti, alcune gabbie provvisorie in attesa di apportare migliorie e di costruire tutte le strutture che ci servono. Cosa che ora potremo portare avanti con gli ulteriori fondi,( dall’Italia sono arrivati  complessivamente 2000) euro, raccolti e portati dalla segretaria del Circolo della Tuscia. Abbiamo già i permessi, ma abbiamo bisogno di progetti per la sistemazione di molti fabbricati”.

domenica 3 marzo 2013

Onorificenze serbe


Scusate la ripetizione. Mi è stato chiesto il testo completo.

ONORIFICENZE  DEL PRESIDENTE  SERBO NIKOLIC  AL PRESIDENTE RUSSO VLADIMIR PUTIN,  AD  ALTRI  CAPI  DI STATO  E  MINISTRI  E AL GIORNALISTA  ITALIANO  FULVIO  GRIMALDI

Il presidente della Repubblica Serba Tomislav Nikolic ha emanato un decreto in cui si onora il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin con l’Ordine della Repubblica di Serbia per il suo eccezionale contributo allo sviluppo e al rafforzamento della pacifica cooperazione i legami di amicizia tra Serbia e Russia.
Nello stesso decreto del 22 febbraio 2013 il presidente serbo ha decorato con l’Ordine della Repuibblica altri  rappresentanti di 11 paesi, tra i quali i presidenti di Bielorussia, Armenia, Kazakhistan, Azerbaijan, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan.
L’ex-ministro degli esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos è stato insignito dell’Ordine della Bandiera Serba.
La Medaglia d’Oro della Repubblica Serba per meriti nel campo della pubblica informazione e della cultura è stato assegnato al giornalista, documentarista e scrittore italiano Fulvio Grimaldi, per aver contribuito con il suo lavoro a contrastare la disinformazione e l’aggressione della Nato alla Jugoslavia e alla Serbia e a restituire ai serbi onore, dignità, rispetto.
La Medaglia d’Oro è stata conferita anche al protagonista del teatro e della televisione tedeschi Rolf Becker. Mentre la Medaglia d’Argento è stata data alla giornalista greca Liana Kanelli e allo scienziato ambientalista svizzero Franz Weber.


ponedeljak, 25. feb 2013, 14:56 -> 16:47
Nikolić odlikovao Putina
Predsednik Tomislav Nikolić odlikovao prvog čoveka Rusije Vladimira Putina i predsednike više prijateljkih zemalja Ordenom Republike Srbije na lenti.
Ruski predsednik Vladimir Putin i još nekoliko predsednika prijateljskih zemalja odlikovani su ukazom predsednika Srbije Tomislava Nikolića Ordenom Republike Srbije na lenti, saopštila je Pres-služba predsednika.

Orden Republike Srbije na lenti
Za izuzetne zasluge u razvijanju i učvršćivanju miroljubive saradnje i prijateljskih odnosa između Republike Srbije i Ruske Federacije odlikovan je predsednik Ruske Federacije Vladimi Putin.
Istim orednom odlikovani su predsenici Jermenije Serž Sargasijan, Azerbejdžana Ilham Alijev i Belorusije Aleksandar Lukašenko.
Među predsednicima koji su odlikovani Ordenom Republike Srbije na lenti su: Mihail Sakašvili, predsednik Gruzije, Nursultan Nazravajev, predsednik Kazahstana, Almazbek Atambajev, predsednik Kirgiske Republike.
Ukazima predsednika Srbije Tomislava Nikolića Ordenom Republike Srbije na lenti odlikovani su i predsednik Moldavije Nikolaje Timofti, predsednik Tadžikistana Emomali Rahmon, predsednik Turkmenistana Gurbanguli Berdimuhamedov, predsednik Ukrajine Viktor Janukovič i predsednik Uzbekistana Islam Karimov.
Ukazom predsenika Nikolića biviši ministar inostranih poslova Kraljevine Španije Migel Anhel Moratinos Kujaube odlikovan je Ordenom srpske zastave prvog stepena, za naročite zasluge u razvijanju međunarodnih odnosa i prijateljstva naroda Republike Srbije i Kraljevine Španije.
Zlatnom medaljom za zasluge u javnim i kulturnim delatnostima odlikovani su Fulvio Grimaldi, italijanski novinar, i Rolf Beker, nemački pozorišni i filmski glumac.
Srebrnom medaljom za zasluge u javnim i kulturnim delatnostima odlikovani su Lijana Kaneli, ugledna grčka novinarka, i Franc Veber, švajcarski naučnik i ekolog.