giovedì 31 marzo 2016

DALLA BOSNIA A BRUXELLES, DA REGENI ALLA LIBIA... SONO I FRATELLI MUSULMANI, BELLEZZA!

L’ordine regna a Molenbeek

Armi di distrazione di massa
Diciamo subito una cosa che attiene al cordone ombelicale che unisce la placenta madre Nato alla sua creatura freak, la stampa. Uno strepitio, scomposto e assordante come forse solo al tempo del depistaggio su anarchici e Valpreda della strage di Stato di Piazza Fontana (*), ha utilizzato il martire Regeni, l’orco Al Sisi, il guazzabuglio libico, l’emergenza emigranti (ora di nuovo siciliana) e gli attentati di Bruxelles, con annesso patatrac degli apparati di intelligence e sicurezza, per toglierci dalla vista e dalla memoria una serie di avvenimenti di enorme portata e di grande imbarazzo per chi ne è stato preso in grandioso contropiede. In primis, il progressivo fallimento dell’operazione sionista-islamista-neocolonialista “Grande Medioriente”, simboleggiata dalla spettacolare riconquista di Palmira e dalla costante avanzata delle forze nazionali siriane e irachene. Sbalorditivo silenzio che contrasta con il grande e lacrimoso clamore sollevato al tempo della “conquista” e distruzione del prezioso sito archeologico da parte dell’Isis (tanto da far dimenticare che gli stessi piagnoni erano e sono sponsor e ufficiali pagatori del Kombinat islamista).

Per inciso, se volete capire a quelli livelli sta sprofondando il “manifesto”  cercatevi il pezzo del 29 marzo su 4 colonne di Giuliano Battiston, uno che di solito spara sui Taliban dalla trincea Nato e dalle mense della “società civile” afghana. Con Palmira liberata (una colonna) e in rotta i tagliagole più orrendi visti da quando l’Inquisizione bruciava e squartava, Battiston ci raccomanda di non farci distrarre dalle decapitazioni del califfo, robetta, “parte per il tutto” e ci porta a passeggiare tra le bellezze ed efficienze di un califfato in netta espansione, che si va facendo Stato e amministratore di comunità, con tanto di istituzioni. Che ci facessimo il callo, poiché “il Califfato è qui per restare”. Al Baghdadi gongola.  Se il “manifesto” era nudo da tempo, ora è pure tosato.

martedì 22 marzo 2016

BRUXELLES: BASTONE ALL'EUROPA, HAVANA: CAROTA A CUBA



La ricerca della verità è la più nobile occupazione dell’uomo; la sua pubblicazione è un dovere assoluto”. (Anne Louise Germaine de Stael)

“Ci sono solo due errori che si possono fare lungo la strada per la verità: non percorrerla tutta e non iniziarla”. (Budda)


Bruxelles, qualche domanda
Se uno riesce a non farsi stordire dal brusìo compatto e indistinto con cui la grande informazione accompagna nelle nostre sinapsi gli acuti dei suoi editori di riferimento nel palazzo, di fronte al cataclisma terroristico che percuote l’Europa si porrebbe qualche domanda.

Se è vero, come è vero, che tutti i grandi attentati, dall’11 settembre in qua, hanno dimostrato fallimenti, disastrosi fino all’inconcepibile, delle forze di sicurezza e dell’intelligence, questo succede perché siamo protetti da idioti, da complici, o dagli stessi mandanti degli attentati?

Se è vero, come è vero, che gli apparati di intelligence e di contrasto al terrorismo in Usa, Francia, Belgio, ovunque, si sono dovuti ammettere inefficienti e non all’altezza della situazione, cos’è che gliene viene? Forse quel che se ne ricava vale l’umiliazione? Forse che la inadeguatezza deve provocare ricadute positive in termini di domanda pressante, da parte dell’opinione pubblica, di rafforzamento di tali apparati, di stanziamenti più ampi, anche a spese di bisogni sociali fondamentali, di capacità di sorveglianza, controllo, repressione più totalizzanti?

Se è vero, come è vero, che quasi tutti i grandi episodi di terrorismo sono accaduti mentre erano in corso, a New York, a Parigi, a Madrid, a Boston, esercitazioni in cielo e in terra che simulavano esattamente quanto sarebbe successo e che a Bruxelles tutto l’apparato nazionale di lotta al terrorismo era posto all’allarme rosso quando nei luoghi della massima vulnerabilità, aeroporto, metropolitana, i terroristi hanno operato indisturbati, questo succede, ripeto, perché siamo protetti da idioti, da complici, o dagli stessi mandanti degli attentati?

Se è vero, come è vero, che chiunque indaghi fuori dai canali di regime su questi attentati e si permette di proferire dubbi e interrogativi su abbaglianti carenze e contraddizioni nelle versioni ufficiali, anziché essere accolto con interesse, se non con tutti gli onori, dalla comunità degli investigatori, viene indicato al ludibrio universale e ridotto al silenzio o addirittura al carcere (vedi il giornalista Hisham Hamza a Parigi), manco fosse un infame negazionista, di quale verità hanno paura lorsignori?

Se è vero, come è vero, che è in atto una collusione-collisione tra UE (Bruxelles) e Turchia su cosa fare di milioni di rifugiati, se spedirli in massa a tagliare le gambe a quel che resta di agibilità economica e coesione sociale europea, o se tenerli a marcire nei propri lager in cambio di cospicue remunerazioni a chi ha perso l’input finanziario del petrolio jihadista, non è che quell’evaso dal manicomio criminale di presidente turco pensi di mandare qualche avvertimento convincente alla capitale UE?

Se è vero, come è vero, che la spinta neo-ottomana e wahabita verso l’Europa, manifestatasi con virulenza già ai tempi del disfacimento della Jugoslavia, con formazioni jihadiste in Bosnia e Kosovo, favorite dall’integralista islamico Izetbegovic, l’opposizione di alcuni governi europei e di larghe masse popolari all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea non potrebbe suscitare ad Ankara ritorsioni di portata incalcolabile, vista la totale mancanza di scrupoli di quel regime?

Se è vero, come è vero, che UE e USA traccheggiano sull’annientamento definitivo di Siria e Libia (preferendo la meno costosa e più remunerativa carota per Cuba e Tehran), mentre Turchia, Arabia Saudita, Fratellanza Musulmana sparsa, Israele e Francia (il Belgio è un suo protettorato), è assurdo ipotizzare che questi regimi, dimostratisi specialisti dello stragismo false flag, pensino di forzare la mano ai renitenti attraverso l’escalation delle mostruosità jihadiste?

Se è vero, come è vero, che l’Isis ha rivendicato anche gli attentati di Bruxelles e che il catturato a casa sua, Abdelslam Salah, dove stava durante 4 mesi di ricerche da parte di un universo di intelligence e polizia nei cinque continenti, unico attentatore tenuto in vita e pronto collaboratore di giustizia annunciante apocalissi terroristiche in arrivo, cosa ne vogliamo fare del granitico dato di fatto che i turchi, assieme a sauditi, qatarioti, israeliani e statunitensi, si sono inventati l’Isis (una volta logoratasi l’immagine di Al Qaida), l’hanno reclutato in giro per il mondo fin dai tempi della Jugoslavia da sbranare, l’hanno finanziato, armato, addestrato, infiltrato in Siria, Libia, Iraq, Africa? E’ credibile che l’Isis, che dipende per la sua sopravvivenza e agibilità da linee di rifornimento che partono da fonti sotto controllo Nato e Golfo, possa essere sfuggita ai suoi mandanti e sponsor? Non è credibile.

Se è vero, come è vero, che gli unici, assieme alle forze patriottiche siriane e irachene, ad aver rotto le uova nel paniere ai conquistadores degli Stati nazionali arabi indipendenti, avendo combattuto con efficacia e ridotto il potenziale invasivo ed espansivo del mercenariato Isis-Al Qaida, sono i russi in Siria (con le bombe) e in Iraq (con l’intelligence) e l’Egitto a casa sua e in Libia, sarà mica che ora un’ulteriore militarizzazione Nato dell’Europa, con l’alibi della lotta al terrorismo, serva ad attrezzare il continente al confronto finale con la Russia (per il quale la Cupola sta allevando Hillary Clinton) e incidenti come quello di Giulio Regeni servano a neutralizzare l’ultima (insieme all’Algeria) entità araba non incapacitata?

Se è vero, come è vero, che ogni attentato ha provocato rappresaglie dall’esito catastrofico per la comunità musulmana da noi e nel mondo, ma ha recato grande beneficio a classi dirigenti impegnate a far digerire al popolo vessazioni e penurie diffondendo psicosi da “si salvi chi può” , che poi giustificano la sdemocratizzazione delle istituzioni e lo stato d’assedio, siamo in preda al delirio se ora ci aspettiamo che, a partire dalla “ferita al cuore dell’UE”, le manette “anti-terrorismo” ci pencoleranno sul naso a ogni accenno di pensiero e di azione non conforme?

Se è vero, come è vero, che con il PNAC, Programma per il Nuovo Secolo Americano, dettato dalla Cupola ai Neocon, inaugurato con l’11 settembre, rilanciato da Obama e dal 2017 affidato alla Gorgone Hillary, si è avviato l’umanità sullo scontro di civiltà, indispensabile per coltivare l’odio che la spacchi in due e poi in più parti, iniziando con la criminalizzazione dell’Islam, detentore delle risorse energetiche necessarie a neutralizzare Europa, Russia e Cina e arrivare alla dittatura mondiale, come categorizzata a sua tempo da David Rockefeller (*), allora i fatti di Parigi e di Bruxelles e gli altri che ci aspettano non sono forse altro che pagine di un libro che al primo capitolo raccontava di Torri Gemelle?

E, per finire, se è vero come è vero, che le élite oligarchiche e antidemocratiche euro-atlantiche, stanno per imporre all’Europa la macina al collo del TTIP, trattato di libero scambio Usa-UE, per scagliarci tutti nel buco nero della dittatura delle multinazionali e della fine dei rimasugli di sovranità popolare e nazionale, dello Stato di diritto, non sarebbe segno di scaltra lungimiranza da parte dei TTIPisti fare del boia Bruxelles il martire dell’euroresistenza al Male? Chi obietterebbe più a chi del terrorismo è stato vittima e dal terrorismo ci difenderà, anche mediante TTIP?

(*)Sono certo che il mondo odierno sia pronto alla progressione unanime verso la creazione di un solo grande governo mondiale. Si tratterà di un'entità sovranazionale controllata da un'élite intellettuale e imprenditoriale accuratamente scelta, la gestazione sarà in mano alle banche. Credo che questo mio progetto sia di gran lunga preferibile all'auto-determinazione nazionale esercitata in tutti questi secoli. (Convegno del Gruppo Bilderberg del giugno 1991 a Baden, Germania) David Rockfeller .
Per un’analisi di classe del terrorismo, vedi il mio precedente post “IL TERRORISMO E’ LA LORO GUERRA DI CLASSE”.


Prendi la carota e strozzati

A questo punto dovrei passare dal bastone – e che bastone! – alla carota, e che carota! Ma se la collera e lo sdegno più sono smisurati e più ti spingono ad esprimerti, a gridare, a colpire, come è nel caso degli Untermenschen che allestiscono gli orrori di Bruxelles (e sono identificabili perché della stessa genìa di coloro che simili orrori li hanno perpetrati da sempre), il dolore e la vergogna fanno ammutolire. E il caso qui è quello di Cuba, che oggi festeggia in un tripudio di massa a stelle e strisce la visita del più grande masskiller della nostra generazione. Una cricca di rinnegati che, il 3 marzo 2009, con un colpo di mano, rimosse e liquidò politicamente e moralmente 60 stimati e amati dirigenti del partito e del governo, decapitando la seconda generazione rivoluzionaria e sostituendola con una gerontocrazia di generali pronti a ogni arretramento, ha compiuto il suo tradimento fino in fondo. E l’ha potuto fare grazie alla passivizzazione di un popolo ridotto in miseria senza fondo e senza prospettiva di riscatto, dato il contesto di incompetenza, corruzione e ossificazione burocratica in cui è stato costretto.

Il superamento del disastro sociale ed economico è stato cercato, prima, in una vera e propria controrivoluzione che ha ridotto di metà la quota pubblica dell’economia  (in gran parte, del resto, in mano ai militari) e messo in mezzo a una strada mezzo milione di dipendenti statali, riqualificati “cuentapropistas”, cioè imprenditori privati, in effetti privati di ogni agibilità economica.  E’ su questa nuova piccolissima borghesia, aspirante a diventare media, che punta Obama, facendosi fotografare, somma inguria, sotto il ritratto del Che in piazza della Rivoluzione. E’ la quinta colonna destinata a frantumare, con gli appetiti che verranno soddisfatti dalle multinazionali del turismo, delle costruzioni, dell’industria pesante, delle telecomunicazioni, dell’alimentazione, dell’azzardo, quanto rimane del socialismo cubano. Che, a parte il partito unico, è poco.

Colma di dolore e vergogna vedere un gruppo dirigente famelico e inetto trascinare un popolo, già faro della liberazione, giustizia sociale, resistenza antimperialista per l’America Latina e il mondo intero, ad applaudire il rappresentante di un potere che per 67 anni  non ha cessato di infierire su di lui, con l’embargo, il terrorismo, la diffamazione, il sabotaggio. E che ora si presenta sorridente, tenendo nella mano dietro la schiena l’arma risolutrice del colonialismo economico e culturale, La carota che dovrà rimediare al fallimento del bastone. Come con l’Iran, solo che lì i giochi non sono per niente fatti.

Fanno pena i commentatori, gli stessi che hanno accompagnato con gli applausi Tsipras fino a quando ha pugnalato alla schiena la Grecia, che si arrampicano sugli specchi per dimostrare che la riconciliazione Cuba-Usa volge a favore dell’Isola un rapporto di forze per tanti anni rimasto apannaggio dell’aggressore. Come se ci potesse essere un qualsiasi rapporto di forze tra la più forte arrogante, cinica e sanguinaria potenza mondiale e un piccolo, debole paese, privo di strutture produttive, forte solo di belle spiagge e belle ragazze, in mano a meschini opportunisti pronti a vendersi tutto pur di restare in sella.

Dolore e vergogna al pensiero che, mentre le strade dell’Avana, i suoi taxi, le persone, i suoi muri sbianchettati dai murales del Che e della lotta antimperialista, sono imbandierati di stelle e strisce e la tv di Stato e i social network tracimano delle orrende serie americane del culto della violenza e della volgarità, la visita a Fidel del presidente venezuelano Maduro di appena pochi giorni fa merita sui media uno scarso trafiletto. Presidente di quel paese che, negli anni dell’embargo e del rischio di morte per l’isola e la sua indipendenza, l’ha tenuta in vita. Presidente di quel paese a cui, nelle stesse ore in cui annunciava la visita che sigillava la resa di Cuba, Obama rinnovava le criminali sanzioni definendo il Venezuela un “grave e urgente pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti”. E rinnovava il Piano Condor per destabilizzare e ricondurre alla sottomissione e alla dipendenza tutte le esperienze di emancipazione latinoamericane.


Solo vergogna a vedere coloro che si dicevano, in Italia e nel mondo, amici e sostenitori della rivoluzione cubana, ora marciare allineati e coperti, orrendamento opportunisti, con addosso le prebende e onorificenze ricevute da Cuba socialista, nella parata funebre guidata da Obama e Raul. Amici e sostenitori, come è d’uso in questo nostro paese che s’è perso per strada, dei capi e padroni, non del popolo cubano.

lunedì 21 marzo 2016

IL TERRORISMO E' LA LORO LOTTA DI CLASSE



TARATATATA TRAK-TRAK PIC-PAC-PUM-TUMB PLUFF PLAFF FLIC FLC ZINH ZING SCIAAACKCROOOC-CRAAAC PAACK  CING BUUM CING CIAKKK CIACIACIACIACIAAK VAMPEVAMPE VAMPEVAMPE VAMPE VAMPE...

Neanche le più scatenate onomatopee dei futuristi potrebbero riprodurre il kolossal terroristico di queste ultime ore in giro per il mondo. Scusate, questo Palazzeschi onomatopeico vi risulterà un po’ tirato per i capelli, forse anche incongruo se riferito ai macelli che il mercenariato jihadista dell’imperialismo va moltiplicando, ormai senza posa, pur di arrivare al suoi risultato –riconquiste coloniali, stati di polizia - prima che un po’ di masse se ne avvedano ed escano dalla sincope indotta dalla tecnologia smart phone e altre. Ma se ogni tanto non ci mettiamo un po’ di cultura, un po’ di memoria di quando ancora pensavamo, immaginavamo, non ci eravamo smarriti e dispersi, annegati nelle seghe mentali della “comunicazione social”, o storditi dalle pere di eroina televisiva, vuol dire che quelli hanno già vinto e il discorso è chiuso.

sabato 19 marzo 2016

I RUSSI (NON) SE NE VANNO, L'EGITTO ARRIVA, I CURDI FANNO I FIGLI DI BUONA DONNA



Abbiamo creato le condizioni per un processo di pace. Abbiamo stabilito una collaborazione costruttiva e positiva con gli Usa e altri paesi , con le forze dell’opposizione rispettabile in Siria che sinceramente vogliono porre fine alla guerra e trovare una soluzione politica al conflitto. Voi, soldati russi, avete costruito la strada… Ovviamente torneremo, se ce ne sarà la necessità. In poche ore, la Russia può ricostituire le sue forze in Siria ed essere in grado di affrontare una situazione fuori controllo utilizzando l’intera gamma di mezzi a sua disposizione” (Vladimir Putin)

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Intanto “il manifesto” si beve l’ultimo goccio di credibilità
La trita metafora è rispuntata con virulenza alla notizia del ritiro russo dalla Siria. Notizia imbarazzante per l’Occidente. Tanto che, pur essendo di una notevole importanza geopolitica, perfino storica, è svaporata dai media nel giro di 24 ore. Imbarazzo, irritazione, frustrazione, di fronte a una Russia che, in un modo o nell’altro, mantiene e accentua l’iniziativa e pone sistematicamente gli altri in difficoltà di risposta. Così, attaccandosi alla liana lanciatagli dalle interviste al presidente Al Sisi dai giornaloni italiani, sono tornati a volteggiare sull’argomento nel quale si sentono imbattibili: Regeni. Sapete, il ragazzo fatto trovare morto e torturato tra i piedi del governo egiziano, mentre stava firmando con quello italiano una delle più grosse e reciprocamente proficue intese economiche del nuovo secolo. Regeni, quel ragazzo arrivato da Londra, da quella Oxford Analytica dei superspioni e superkiller McCole e Negroponte. Un collaudato duo operativo angloamericano che tutto vorrebbe tranne che Egitto e Italia si mettano d’accordo sull’autosufficienza energetica e, dio ce ne scampi, sulla Libia, togliendo al consorzio energetico-militare Israele-Turchia-Arabia Saudita-Qatar, sotto regia Nato, il ruolo di protagonista unico nella regione.

martedì 15 marzo 2016

SAN BLU CONTRO IL DRAGO: e mo' privatizza e esibisci 'sto muro!


L’arma più potente nelle mani dell’oppressore è la mente dell’oppresso”. (Steve Biko)

“Nessuno ha fatto un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché era solo in grado di fare poco”. (Edmund Burke)

Blu, considerato il più grande artista di strada (street artist per i vernacolari) d’Italia e forse lo è anche del mondo, non l’ho conosciuto. Anzi, l’ho c onosciuto proprio bene, perché mi ha scritto tantissime cose. E non importa se le ha scritte anche ad altri. Ne sono contento, ma intanto le ho ricevute io mentre le leggevo, un po’ con gli occhi e un po’ con la lente della telecamera, scritte sulle pareti delle case affacciate sulla piana..Case che a Niscemi guardano verso il mare di Gela. Piana, mare, città avvelenati, devastati, uccisi dal petrolchimico ENI. Case con le spalle protette dalla città a monte, ma che le radiazioni del Muos se le prende tutte in faccia, alla tiroide, nei polmoni, nel cuore.

Blu ha scritto romanzi, libelli, denunce, preghiere, bollettini di guerra, in bianco e nero e a colori, su quelle facciate rannicchiate sotto l’abitato, all’orlo della piana verso Gela. E ne ha fatto un tribunale nel quale vengono processati i criminali, in cui i PM tuonano elencando  delitti, dove testimoni a migliaia, vivi, feriti e morti, raccontano la guerra condotta dagli amerikani e loro sguatteri indigeni contro il popolo di Niscemi. Ma anche contro il popolo di Sicilia, d’Italia, del mondo, ché il drago è insaziabile e nessuno ne deve essere risparmiato.

venerdì 11 marzo 2016

A Roma in quattro gatti per Berta Caceres, con dietro i milioni coscienti del mondo

s://youtu.be/ZZOPoMVeJrA

Questo è il link per una mia intervista fatta in occasione del presidio per Berta Caceres a Roma, il 10 marzo, a Piazza SS Apostoli.

Il 10 marzo, a Roma, in Piazza SS Apostoli, un gruppo di persone ha commemorato una grande combattente, caduta assassinata dai sicari delle multinazionali e dal regime installatosi dopo il colpo di Stato dei militari organizzato dagli Usa nel 2009, per rimuovere un presidente, Manuel Zelaya, che aveva tentato di sottrarre Honduras al controllo imperialista e alle grinfie dei saccheggiatori nazionali ed esteri dell'ambiente e delle comunità indigene e popolari. Berta Caceres, un'indigena Lenca, femminista, rivoluzionaria, fondatrice e coordinatrice del COPINH, organizzazione di indigeni e masse popolari contro il capitalismo, il razzismo e l'imperialismo, dal momento del golpe ha guidato la resistenza di popolo contro i golpisti e contro i loro successori narcotrafficanti che hanno svenduto il paese agli interessi nordamericani e, con una repressione sanguinaria, hanno fatto dell'Honduras il paese dove si muore ammazzati di più nel mondo. Berta è stata uccisa a casa sua, a La Esperanza, in terra Lenca. nella notte tra il 3 il 4 marzo 2016.A ricordarla non c'era, nonostante l'ampia diffusione data all'evento e l'enorme importanza politica che la tragedia honduregna riveste per l'America Latina e il mondo, l'ombra del movimento pacifista, anti-guerra, antimperialista. Nè sindacati, nè Arci, nè Don Ciotti, nè altri preti, nè nonviolenti, nè donne in nero, nè Tavola della Pace. Non ne abbiamo sentito la mancanza. In America Latina, nel Sud del Mondo, tra le persone coscienti, milioni hanno ricevuto da Berta coraggio e fiducia e le hanno tributato la loro riconoscenza.  

martedì 8 marzo 2016

Obama dirige, la Fratellanza suona, qualcuno stona



Se riusciamo a far sporgere il capino dalle slavine di informazione artificiale  che giorno dopo giorno, da schermi e pagine stampate mainstream, ci travolge, forse riusciamo a intravedere ancora qualche brandello di realtà. Qui si espone un’ipotesi, tra le tante verità incontrovertibili che ci sommergono, che mancherà di pezze d’appoggio granitiche, ma ha il pregio, imparato da Maria Montessori, di trarre un minimo di logica dal collegamento dei dettagli.

C’è un direttore d’orchestra, da qualche tempo è quello a stelle e strisce con stella di David sul cappello. E c’è un’orchestra che a volte suona in armoniosa sintonia, a volte perde il sincrono perché qualcuno va per conto suo e stona. Succede quando un settore dell’orchestra prende l’abbrivio e inserisce uno spartito diverso sul leggìo.E pare succedere ora, con un’orchestra in dissonanza tra due gruppi di musicanti che anziché andare di conserva, come il direttore vorrebbe, suonano l’uno contro l’altro.

lunedì 7 marzo 2016

BERTA CACERES, nel segno del Che



“Svegliamoci, svegliamoci, umanità! Non c’è più tempo, le nostre coscienze siano scosse alla vista dell’autodistruzione fondata sulla depredazione capitalista, razzista e patriarcale! Bertha vive!”  (Olivia, Berta, Laura, Salvador, figli di Bertha Caceres, leader indigena e internazionalista, uccisa a Tegucigalpa)

Giustificato forse dal precipitare sempre più travolgente di accadimenti gravissimi, di portata epocale, in Medioriente, Africa, Europa, sento però sulla coscienza il peso di aver trascurato da tempo un paese e un popolo a me carissimi e di cui avevo vissuto e raccontato le vicende a partire dal colpo di Stato del 2009 con cui l’imperialismo yankee ha voluto distruggere la sua rivoluzione e rimetterlo in ginocchio (docufilm “HONDURAS, IL RITORNO DEL CONDOR”).

Un peso piombatomi addosso come un colpo in pieno petto alla notizia dell’assassinio di Berta Càceres, compagna e amica, grande, eroica, imperterrita, leader indigena e nazionale dell’Honduras. Combattente per la liberazione del suo popolo a partire dai primi anni ’90, quando fondò il COPINH, Consiglio delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras. Leader del popolo in resistenza con rinnovata determinazione dopo il golpe organizzato dagli Usa e, specificamente, da Hillary Clinton, Segretaria di Stato con  Obama, nel 2009. Un brutale, sanguinoso colpo di Stato che rovesciò il legittimo governo del presidente Manuel Zelaya. Un presidente che, avendo guardato alle esperienze di liberazione dal giogo colonialista nordamericano del Venezuela e degli altri Stati progressisti latinoamericani, aveva osato tirare il paese fuori dalla condizione di reietta repubblica delle banane, tagliare le unghie alle multinazionali e all’oligarchia locale che ne erano i sicari e avvicinarsi ai paesi antimperialisti e socialisti dell’A.L.B.A.. Un colpo di Stato sostenuto e approvato. nel suo svolgimento sanguinario e nel suo seguito stragista. dal primate cattolico, cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, per questi meriti poi messo da papa Bergoglio a capo della Commissione per la Riforma della Chiesa. Nientemeno.

venerdì 4 marzo 2016

MEGABALLE DI SABRATA

E' necessario reagire all'uragano di falsità, ignoranza, depistaggi, disinformazione che si abbatte sull'opinione pubblica dai vari "esperti", politici, militari, spie, provocatori che imperversano nei talk show, tg e giornali.
 
Se la logica, il cui prodest e la storia costituiscono un criterio di valutazione, l'uccisione dei due italiani a Sabrata e la continuata detenzione degli altri due costituiscono un chiaro e feroce messaggio al governo italiano e ai suoi piani relativi all'intervento in Libia.
Per gli uni si tratterebbe di un pretesto architettato per incitarci, insieme agli alleati Nato (del resto già presenti sul campo), a intervenire in forze, superando esitazioni e riserve, specialmente nell'opinione pubblica.

Per gli altri sarebbe invece un avvertimento a Roma di non intervenire.
Per i fessi sarebbe vero quello che ambigui personaggi in divisa a Sabrata stanno raccontando, cioè la balla dello scontro armato tra milizie filo-Tripoli (o esercito di Tripoli) di Sabrata con elementi dell'Isis in cui gli italiani sarebbero stati colpiti accidentalmente, o perchè usati come scudi umani.

Tutti si scordano dello scenario complessivo.
Non c'è dubbio che di messaggio a Roma si tratti. E di ricatto per mezzo dei due italiani ancora sequestrati.. Ma va visto in continuità sia con l'attacco al consolato italiano in Egitto dell'anno scorso, sia con gli accordi Cairo-Roma-ENI, relativi allo sfruttamento del gas egiziano nel Mediterraneo, sia con la maggiore inclinazione italiana verso il governo laico di Tobruk e il generale Khalifa Haftar, sponsorizzati dall'Egitto, sia con l'assassinio di Giulio Regeni, fatto ritrovare.torturato ai piedi di Al Sisi nel giorno in cui la delegazione italiana al Cairo doveva firmare una serie di accordi industriali, finanziari e relativi al gas.

Alla luce del fatto che i Fratelli Musulmani, da sempre manovalanza anti-araba del colonialismo e oggi fiduciari del Qatar, conducono la sanguinosa campagna terroristica in Sinai e nell'Egitto, governano a Tripoli, sono cugini se non padrini delle bande di tagliagole di Misurata e di tutte le formazioni jihadiste in Medioriente, sono i più probabili esecutori dell'operazione Regeni, l'episodio di Misurata credo debba essere collocato nella campagna sion-imperialista contro l'Egitto e il suo ruolo in Libia e nel quadro delle rivalità inter-Nato (in particolare Francia e Regno Unito contro Italia) per il ruolo di protagonisti nella riconquista della Libia e del suo petrolio.

Insomma, l'Italia se ne stia fuori dai giochi e, in ogni caso, non si azzardi di collaborare con Egitto e Tobruk a una soluzione anti-Fratellanza del nodo libico.


Rinvio anche al mio ultimo post sul blog www.fulviogrimaldicontroblog.info su Regeni e dintorni.

giovedì 3 marzo 2016

REGENI? CE L'HANNO MANDATO. IN BALLO LO STERMINIO ARABO.

“Ci sono due modi per essere presi per i fondelli. Uno è di credere ciò che non è così, l’altro di rifiutare di credere ciò che è così”. (Kierkegaard, filosofo danese)

Ultima ora: Dopo Regeni e l’attentato al consolato italiano in Egitto, due italiani uccisi in Libia a Sabrata, città sotto controllo islamista. E l’Italia si appresta a partire in armi contro la Libia. La domanda è: i Fratelli Musulmani e chi li manovra fanno tutto questo perché ci vogliono, o NON ci vogliono, in Libia?
Contro Erdogan e Saud

Le vedete  queste due foto? Roma, pochi giorni fa. Una è di trenta persone davanti all’ambasciata turca, cioè di quel paese Nato che, oltre a massacrare i suoi cittadini, turchi o curdi che siano, è il massimo artefice dell’Isis e delle sue nfandezze in Siria e Iraq (nella colonna di destra del blog, sotto "Interventi di Fulvio Grimaldi", ne parlo alla tv iraniana), l’altra, di una cinquantina, davanti a quella d’Egitto. I trenta sono attivisti del Comitato No Guerra No Nato e dell’associazione No War. Quattro gatti che, imperterriti, alla faccia dei numeri, li trovi ovunque ti aspetti invano di trovare una manifestazione oceanica contro i crimini della globalizzazione bellica degli Usa, della Nato, della “comunità internazionale” e dei suoi mercenari. Piccoli fuochi, certamente non fatui, dove ignavia, ignoranza, panciafichismo, codardia, opportunismo, fanno mancare l’incendio. Un battaglione di poliziotti e carabinieri li hanno tenuti fuori dalla portata di sputo e di slogan dall’ambasciata turca..
Contro l’Egitto

Gli altri sono dell’internazionale dei diritti umani come li interpretano la “comunità internazionale” (leggi: l’Occidente imperialista), Amnesty International (leggi Dipartimento di Stato), Avaaz (leggi Wall Street) e Human Rights Watch (leggi George Soros e Sion). Li ho visti, tali e quali, alle chiassate dei ratti anti-Serbia, anti-Iraq, anti-Libia, anti-Siria. Eccellenze filo-israeliane quali Erri De Luca, equilibristi come Un Ponte per, Signori del pacifismo clerico-istituzionale come Flavio Lotti della Tavola della Pace solita marciare con chi bombarda Belgrado, gli anticomunisti del “manifesto”, i corifei di ogni nefandezza doppiogiochista Arci, Acli, Cgil, Cisl, Uil, gli ambiguoni del Partito Umanista che ronzano attorno alle sinistre da anni, filopalestinesi passati sotto l’ala del despota Fratello musulmano del Qatar. Più il solito corredo di alternativi fuori tempo massimo, fighi e fighette delle sfilate non-violente all’ombra degli sfracelli dei violenti di Stato. 

Di uno Stato e di una “comunità internazionale” dal più alto tasso di criminalità da un secolo in qua, che di queste coperture falso-dirittoumaniste si compiace assai. Sinistri e destri uniti e cinti d’affetto da media e potere.  Onnipresenti sui Tg e sul “manifesto”. Cultori di tutte le  rivoluzioni colorate, sudditi di teocrazie di segno occidentale che anatemizzano “dittatori sanguinari” , confusi, complici, cretini, infiltrati, amici del giaguaro. Non c’è verso che gli scappi una sola delle bufale e False Flag lanciate dall’Impero. Non c’è verso che li trovi anche a una sola manifestazione che nomini un responsabile delle guerre, che so, davanti a poligoni sardi da cui partono gli sterminii dei popoli e degli abitanti della zona..Nessun poliziotto o carabinieri gli ha impedito di strusciarsi ai muri di cinta dell’ambasciata egiziana. Antropologia e classe sociale separano i primi dai secondi.