lunedì 30 maggio 2016

MA COS'E' LA DESTRA, COS'E' LA SINISTRA: quegli infamoni di curdi, Regeni e Fratelli Musulmani, Marò, Albertazzi, Berlinguer-Ingrao-Iotti, varie ed eventuali...


Curdi di Rojava e jihadisti mercenari Nato

Tutti noi ce la prendiamo con la Storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra. 
(Giorgio Gaber “E pensare che c’era il pensiero”, 1991)

Una nazione di fucilatori ed eroi
Tutti a festeggiare il rientro dei marò dall’India. Eroi baciati a destra e sinistra. Noi festeggeremo quando constateremo, dopo cinquant’anni, che hanno smesso di fucilare poveretti inermi per conto di padroni privati a cui lo Stato li aveva affittati. E, soprattutto, quando a mogli, madri, padri e figli di due pescatori, nei quali solo energumeni certi di immunità potevano fingere di aver visto dei pirati, avranno avuto giustizia. E non da una magistratura dell’Aja di cui si sa chi serve, come la Corte Internazionale di Giustizia, che processa solo gente con la pelle scura, o come Il Tribunale dell’Aja per la Jugoslavia, che ammazza gli imputati di cui non riesce a provare la colpa. Intanto alla Pinotti, nel bacio a Girone, gli rimanga in bocca il sapore di un morto ammazzato.

sabato 21 maggio 2016

Marco Pannella, ti saluta Salvatore Vacca



Marco Pannella, miliziano croato
  
Ante Pavelic, dittatore Ustascia


Il non-violento Marco – Giacinto – Pannella, vestito da miliziano in Croazia, alla vigilia dell’eliminazione dall’Europa e dalla geografia mondiale della Jugoslavia, invisa ai nonviolenti e pacifisti Nato, Germania, Israele, Arabia Saudita, Al Qaida e Vaticano.

Ciarlatano? Guru? Uomo per ogni stagione?. Nonviolento? Quanto lo sono Hillary Clinton o Benjamin Netaniahu? Laico, anticlericale, illuminista? Martire dell'anticonformismo, o eroe del conformismo anti?  Secondo il Fatto Quotidiano muore invocando la croce da Don Paglia, capo dei colonialisti di S. Egidio, manifestando amore per il monarca assoluto del Vaticano, il clerico più clerico di tutti.

giovedì 19 maggio 2016

METROJET, EGYPT AIR, REGENI. Gli assassini dell'Egitto. Utili idioti, amici del giaguaro.

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Nella tattica del terrorismo aereo di Stato, scatenato contro i paesi islamici a partire dai missili travestiti da aerei dell’11 settembre, rilanciato contro la Russia dal MH17 malese abbattuto sul Donbass nel luglio 2014, l’Egitto è al momento il target privilegiato. E possiamo con tranquilla sicurezza dire, parafrasando Pasolini, che noi sappiamo, pur non avendo altre prove che l’identità, la pratica storica e gli interessi del colpevole. Chi, l’ottobre scorso, ha fatto esplodere sul Sinai il Metrojet russo in volo da Sharm el Sheik  con 224 persone a bordo ha colpito la Russia, antagonista globale e particolarmente vincente in Siria, insieme all’Egitto, dove un’insurrezione di 30 milioni di cittadini aveva eliminato dalla scena il Fratello Musulmano Mohamed Morsi e aveva sancito nel successivo voto la vittoria del generale Abdel Fatah Al Sisi. E qui colui che aveva collocato la bomba sull’aereo è stato catturato: un jihadista dell’Isis, vale a dire un miliziano del ramo terrorista della Fratellanza.

martedì 17 maggio 2016

UNA LUCE IN AFRICA: Eritrea, nozze d'argento con la libertà



(Tra parentesi riferisco con gioia che il mio precedente articolo “Eritrea, ce ne fossero!” ha raccolto un numero spropositato e superiore al solito di attenzione e consensi, sia nei commenti al blog, sia in Facebook, sia per email e sms. Segno che non tutti e, forse, neanche tanti, si rendono vittime o complici delle campagne di diffamazione che da anni vorrebbero colpire questo paese libero, indipendente e disobbediente. C’è luce in Africa, ma anche in fondo al tunnel).

Il 22 maggio in Italia, nelle varie città dove è concentrata la diaspora eritrea, e il 24 maggio in Eritrea, 5 milioni e passa di cittadini di quel paese celebrano trent’anni di lotta armata di liberazione, una strepitosa vittoria contro i colonialismi congiunti etiopico, statunitense, italiano e britannico, un quarto di secolo di libertà di una nazione pacifica, coesa, multietnica, multireligiosa e di resistenza vittoriosa ad aggressioni e ingerenze neocolonialiste e imperialiste.

Una luce per i popoli dell’Africa sottoposti ad aggressioni militari o economiche, devastati dai predatori multinazionali, oppressi da fantocci asserviti al controllo e allo sfruttamento neocoloniali, incaprettati militarmente da basi e forze d’occupazione euro-atlantiche, strangolati da debiti-capestro inflitti dagli organismi finanziari e commerciali internazionali. Tutte catene di cui l’Eritrea si è liberata e resta libera.

sabato 7 maggio 2016

ERITREA, CE NE FOSSERO!



Tornare in Italia dopo un paio di settimane in giro per l’Eritrea è come sprofondare da una passeggiata a pieni polmoni nel bosco all’alba, tra canti di uccelli e rigogli di fioriture, nell’apnea dentro a uno stagno putrescente. Tutto, da limpido e trasparente, diventa torbido e opaco, nelle parole e nelle  immagini. Rientriamo a Mordor, il tetro impero della menzogna e del sopruso. Ancora le gigaballe su Regeni e Al Sisi, ancora i turpi inganni su Aleppo, ancora l’Isis che o accettiamo un regime cripto nazi, o ci fa saltare per aria tutti, ancora i ciarlatani nei palazzi del potere….

Con i guerriglieri lotta armata per la liberazione
C’ero già stato, in Eritrea, diverse volte. Come sempre da non-nonviolento. La prima, appena scelto di fare il corrispondente di guerra da freelance, dopo aver coperto la Guerra dei Sei Giorni in Palestina per Paese Sera. I miei territori d’elezione erano quelli dove ancora non era finita la lotta di liberazione dal colonialismo, non-nonviolenta e perciò vittoriosa: Palestina, Irlanda del Nord e, appunto, Eritrea. Eritrea che avrebbe dato vita alla più lunga lotta di liberazione di tutta la decolonizzazione: 1961-1991. Il classico Davide, tutto solo, contro il Golia etiopico che aveva alle spalle, prima, tutto l’Occidente imperialista e, poi, tutto l’Oriente “socialista” e che già aveva subito, dal 1890, l’offesa del colonialismo italiano, quello degli “italiani brava gente”, brutale, razzista e predatore, poi, dal 1941, quello britannico e, infine, l’annessione all’impero di un manigoldo genocida, ma caro all’Occidente, Hailè Selassiè, re dei re. Da qualcuno, animato da appettiti neocoloniali, incoronato “padre dell’Africa”.