Operatori cossighiani a Piazza Navona
Non confortare gli afflitti
Ma affliggere i confortati
La democrazia è la forma di governo che sostituisce il voto dei molti incompetenti
con l’elezione dei corrotti pochi
(George Bernard Shaw)
Qui si parla della burla del suffragio universale. Ma, prima, un omaggio al vincitore tattico e strategico della contesa. Licio Gelli. Anche perché vengono tutti insieme, Cossiga dalle zanne nere, i suoi ascari fascisti, Don Gelli Strage e i due tentacoli che la piovra Usa ha mandato in scena a fingere di battersi per stabilire chi alimenta meglio il mostro.
Cossiga, dunque mandante dell’assassinio di Giorgiana Masi e teorico del terrorismo di Stato ha parlato. Il suo capo mandamento in Arezzo è balzato sulla scena nazionale attraverso gli schermi di Odeon TV e ha immediatamente vaticinato le pistolettate e le bombe di cui, tra Banco Ambrosiano e strage di Bologna, è il migliore conoscitore. I suoi nipotini in P2, Berlusconi e l’imperituro Cicchitto, premier e porta-voce-del-padrone, con l’intera truppa di imitatori, si sono sbellicati dalle risate e dai battimani. E poi il poliziotto “buono” e il poliziotto “cattivo” che, carburati dal complesso militar-industriale-finanziario statunitense, eseguono sketch di varietà in cui gareggiano per inchiappettare il pubblico. Tutto questo sono ghirigori in un tessuto che prova ad avvolgere il mondo. Un’unica grande mafiomassoneria che si pretende articolata in deviata e deviante e assume anche forme innovative dove elaborare i suoi progetti e affiliare i suoi confratelli: Trilateral, Bilderberg, Davos, Ku-Klux-Klan, Opus Dei…
La carabina a due canne Gelli-Cossiga, cacciata in mano ai reparti d’assalto e alle UIP (Unità di Infiltrazione e Provocazione) di piccoli orchi fascisti coperti alle spalle dai grandi orchi in divisa o doppiopetto, ha sparato sulle avanguardie di quelle milionate di nuovi disoccupati, di morti di fame, di inquinati, di disperati, di incazzatissime foglie al vento, di schifati dei costosissimi militari nelle strade e sul groppone di altri popoli, che vari segni annunciano all’orizzonte del deserto dei Tartari (questa volta veri). Prevenire è meglio che curare. In ogni modo ci saranno eventualmente gli stadi e il modello bushiano di sequestro, tortura e sparizione degli incomodi, stadi di cui il Venerabile minacciatore di stragi ha guadagnato ampia padronanza in Argentina e in Cile. Tanto che ancora adesso, dopo la fattiva esperienza del collega Delle Chiaie in quel continente, i fascisti pro-Usa della Bolivia ricorrono per i massacri (18 contadini indios sostenitori di Evo Morales) al collega successore Diodato. Insomma, o questa insurrezione collettiva di “facinorosi” si fa spegnere a forza di maldicenze e menzogne, infiltrazioni, minacce e stanchezza, o si ricorre alla fase risolutrice: la militarizzazione dello scontro. Funzionò negli anni’70-80, funzionò (non tanto) con il movimento nordirlandese. Cossiga dixit.
Incidentalmente, c’è voluto Grillo a farci un ritrattino conciso ma agghiacciante del Venerabile, dopo che “il manifesto”, in un quarto di pagina, era riuscito a raccontare l’enorme indecenza del malfattore-conduttore, senza l’ombra di un riferimento ai suoi trascorsi criminali e di strategia politica reazionaria e senza neanche un accenno alla piena implementazione del “Piano di Rinascita” da parte degli eredi dello zombie aretino.
Passiamo a quello che tutti ancora trattano, frantumandoci i testicoli, come l’importantissimo, decisivissimo voto presidenziale statunitense. Tanto da rimbecillirci da settimane con la rappresentazione, ornata di indigene elucubrazioni, del vuoto incartato che rimbalza tra McCain e Obama, accompagnato occasionalmente dalle stelle filanti delle castronerie o infamità che spurgano dai loro succedanei, Biden e Palin, in rissa per chi sa mitragliare meglio alci dagli elicotteri e, all’occorrenza, altro materiale semovente. Ci credono in troppi che in Usa ci sia il suffragio universale, massima conquista di civiltà, e parteggiano pure, inclusi alcuni nostri compagni, per l’una o per l’altra delle facce di questo gabbamondo bifronte. Invece il suffragio universale è un po’ che non c’è. Se mai c’è stato, vista la potenza di fuoco praticamente monopolistica esercitata in continua escalation sui mezzi di comunicazione-informazione-formazione dai poteri costituiti. Chè, secondo voi i fan di “Amici”, Fede, “Isola dei Famosi”, Vespa, hanno potuto conservare il libero arbitrio? Già fanno fatica in Italia poiché cattolici. Chè, secondo voi nell’Ucraina arancione si è votato correttamente? O nella Georgia del gangster Saakashvili? O Nell’Iraq dei fantocci addestrati in Iran? Possiamo star sicuri che là dove quel nido di zecche dell’OSCE ha convalidato risultati elettorali, ci siano stati dolo, estorsione, intimidazione, falsificazione, pirateria, frode. Mentre dove alzava il sopracciglio della riprovazione, probabilmente le cose sono andate come si deve. Basta pensare a Venezuela, Bolivia, Bielorussia, Cecenia… .
Noi, come al solito, ci coprimmo di ridicolo come meglio non avrebbe potuto fare Totò con le sue vittime. Elezioni 2006, sotto il ferreo controllo del ministro Pisanu, già socio del noto Flavio Carbone (“Suicidio” Calvi, Banda della Magliana), i voti affluiscono molto lentamente. Pare il Gabon, non la settima potenza industriale mondiale. Poi, in mezzo alla notte, inspiegabilmente si fermano per un bel po’. La macchina perfetta finisce come un giochino dell’uovo Kinder. Sul luogo dell’incantesimo, che ha alle spalle sondaggi di gran lunga favorevoli al Prodi del secondo “Centrosinistra”, si precipita un bonzo diessino, credo Fassino. Dopo qualche chissacchè, il flusso riprende. Chissà che non fosse sbagliato per difetto il calcolo di quanti voti bisognasse spostare da un campo all’altro, o che lo spostamento non fosse stato vanificato da quell’irruzione. In ogni caso un bel 52-53% berlusconide preordinato si ridusse a qualcosa come il 49,9% Ma i consanguinei moderati vinsero per un pelo e non per quel 6-8% di vantaggio che gli era stato assegnato. Anestizzato e passivizzato da un quarto di secolo di civiltà reganian-berlusconide-bertinottesca,
Ma affliggere i confortati
La democrazia è la forma di governo che sostituisce il voto dei molti incompetenti
con l’elezione dei corrotti pochi
(George Bernard Shaw)
Qui si parla della burla del suffragio universale. Ma, prima, un omaggio al vincitore tattico e strategico della contesa. Licio Gelli. Anche perché vengono tutti insieme, Cossiga dalle zanne nere, i suoi ascari fascisti, Don Gelli Strage e i due tentacoli che la piovra Usa ha mandato in scena a fingere di battersi per stabilire chi alimenta meglio il mostro.
Cossiga, dunque mandante dell’assassinio di Giorgiana Masi e teorico del terrorismo di Stato ha parlato. Il suo capo mandamento in Arezzo è balzato sulla scena nazionale attraverso gli schermi di Odeon TV e ha immediatamente vaticinato le pistolettate e le bombe di cui, tra Banco Ambrosiano e strage di Bologna, è il migliore conoscitore. I suoi nipotini in P2, Berlusconi e l’imperituro Cicchitto, premier e porta-voce-del-padrone, con l’intera truppa di imitatori, si sono sbellicati dalle risate e dai battimani. E poi il poliziotto “buono” e il poliziotto “cattivo” che, carburati dal complesso militar-industriale-finanziario statunitense, eseguono sketch di varietà in cui gareggiano per inchiappettare il pubblico. Tutto questo sono ghirigori in un tessuto che prova ad avvolgere il mondo. Un’unica grande mafiomassoneria che si pretende articolata in deviata e deviante e assume anche forme innovative dove elaborare i suoi progetti e affiliare i suoi confratelli: Trilateral, Bilderberg, Davos, Ku-Klux-Klan, Opus Dei…
La carabina a due canne Gelli-Cossiga, cacciata in mano ai reparti d’assalto e alle UIP (Unità di Infiltrazione e Provocazione) di piccoli orchi fascisti coperti alle spalle dai grandi orchi in divisa o doppiopetto, ha sparato sulle avanguardie di quelle milionate di nuovi disoccupati, di morti di fame, di inquinati, di disperati, di incazzatissime foglie al vento, di schifati dei costosissimi militari nelle strade e sul groppone di altri popoli, che vari segni annunciano all’orizzonte del deserto dei Tartari (questa volta veri). Prevenire è meglio che curare. In ogni modo ci saranno eventualmente gli stadi e il modello bushiano di sequestro, tortura e sparizione degli incomodi, stadi di cui il Venerabile minacciatore di stragi ha guadagnato ampia padronanza in Argentina e in Cile. Tanto che ancora adesso, dopo la fattiva esperienza del collega Delle Chiaie in quel continente, i fascisti pro-Usa della Bolivia ricorrono per i massacri (18 contadini indios sostenitori di Evo Morales) al collega successore Diodato. Insomma, o questa insurrezione collettiva di “facinorosi” si fa spegnere a forza di maldicenze e menzogne, infiltrazioni, minacce e stanchezza, o si ricorre alla fase risolutrice: la militarizzazione dello scontro. Funzionò negli anni’70-80, funzionò (non tanto) con il movimento nordirlandese. Cossiga dixit.
Incidentalmente, c’è voluto Grillo a farci un ritrattino conciso ma agghiacciante del Venerabile, dopo che “il manifesto”, in un quarto di pagina, era riuscito a raccontare l’enorme indecenza del malfattore-conduttore, senza l’ombra di un riferimento ai suoi trascorsi criminali e di strategia politica reazionaria e senza neanche un accenno alla piena implementazione del “Piano di Rinascita” da parte degli eredi dello zombie aretino.
Passiamo a quello che tutti ancora trattano, frantumandoci i testicoli, come l’importantissimo, decisivissimo voto presidenziale statunitense. Tanto da rimbecillirci da settimane con la rappresentazione, ornata di indigene elucubrazioni, del vuoto incartato che rimbalza tra McCain e Obama, accompagnato occasionalmente dalle stelle filanti delle castronerie o infamità che spurgano dai loro succedanei, Biden e Palin, in rissa per chi sa mitragliare meglio alci dagli elicotteri e, all’occorrenza, altro materiale semovente. Ci credono in troppi che in Usa ci sia il suffragio universale, massima conquista di civiltà, e parteggiano pure, inclusi alcuni nostri compagni, per l’una o per l’altra delle facce di questo gabbamondo bifronte. Invece il suffragio universale è un po’ che non c’è. Se mai c’è stato, vista la potenza di fuoco praticamente monopolistica esercitata in continua escalation sui mezzi di comunicazione-informazione-formazione dai poteri costituiti. Chè, secondo voi i fan di “Amici”, Fede, “Isola dei Famosi”, Vespa, hanno potuto conservare il libero arbitrio? Già fanno fatica in Italia poiché cattolici. Chè, secondo voi nell’Ucraina arancione si è votato correttamente? O nella Georgia del gangster Saakashvili? O Nell’Iraq dei fantocci addestrati in Iran? Possiamo star sicuri che là dove quel nido di zecche dell’OSCE ha convalidato risultati elettorali, ci siano stati dolo, estorsione, intimidazione, falsificazione, pirateria, frode. Mentre dove alzava il sopracciglio della riprovazione, probabilmente le cose sono andate come si deve. Basta pensare a Venezuela, Bolivia, Bielorussia, Cecenia… .
Noi, come al solito, ci coprimmo di ridicolo come meglio non avrebbe potuto fare Totò con le sue vittime. Elezioni 2006, sotto il ferreo controllo del ministro Pisanu, già socio del noto Flavio Carbone (“Suicidio” Calvi, Banda della Magliana), i voti affluiscono molto lentamente. Pare il Gabon, non la settima potenza industriale mondiale. Poi, in mezzo alla notte, inspiegabilmente si fermano per un bel po’. La macchina perfetta finisce come un giochino dell’uovo Kinder. Sul luogo dell’incantesimo, che ha alle spalle sondaggi di gran lunga favorevoli al Prodi del secondo “Centrosinistra”, si precipita un bonzo diessino, credo Fassino. Dopo qualche chissacchè, il flusso riprende. Chissà che non fosse sbagliato per difetto il calcolo di quanti voti bisognasse spostare da un campo all’altro, o che lo spostamento non fosse stato vanificato da quell’irruzione. In ogni caso un bel 52-53% berlusconide preordinato si ridusse a qualcosa come il 49,9% Ma i consanguinei moderati vinsero per un pelo e non per quel 6-8% di vantaggio che gli era stato assegnato. Anestizzato e passivizzato da un quarto di secolo di civiltà reganian-berlusconide-bertinottesca,
il pubblico assiste alla commedia degli inganni tra il sonnolento e l'incredulo. Voci isolate gridano nel buio delle coscienze. Ma quelle stanno ancora lì a guardare il sipario calato.
Nelle pagine di estenuante cronaca sui cristianodementi dell’Utah, come sui trogloditi in stivali texani, o sulla vispa vipperia di Manhattan, non s’è trovato granchè circa la vera natura del baraccone che da sessant’anni cambia solo insegna o cameriere e mai gestione. Basta far incontrare uno dei 45 milioni di esclusi dalla sanità con i loro nonni, o qualche coreano con un iracheno. Ci hanno costretto a rimirare il vertiginoso rimescolio di una pappa idiota e immonda nel’intento di farne sorgere una ricca e luminosa maionese. Ma è maionese impazzita, le uove erano marce. Parlar di elezioni regolari negli Usa e come parlarne nel Paese dei Balocchi. L’omino di Burro, che guida il carro degli infinocchiati, risiede a Wall Street, ai due candidati festanti si addicono i panni di Pinocchio e Lucignolo, asini destinati a rafforzare il traino della carrozza.
E da mo’ che negli Usa le elezioni sono una farsa. E una latrina. Nel 1964 Lyndon Johnson fregò il rivale repubblicano Barry Goldwater, innestando un suo agente Cia, Edward Hunt, nel Comitato Democratico Nazionale, in funzione di spionaggio su ogni mossa del rivale e di sabotaggio. Nel 1972 Nixon effettuò varie attività criminali, furti, intercettazioni, inclusa l’irruzione nel palazzo Watergate, per distruggere il concorrente. George H.W.Bush vinse nel 1988 per essere riuscito a demolire il “liberal” Dukakis inventandosi un suo rapporto con uno stupratore assassino nel Massachusetts. Lo imitò il figlio caprone, al primo turno, costruendo addosso al rivale John McCain (toh, chi si rivede) il ruolo del cinico padre segreto di una bimbetta nera (che, a giochi fatti, McCain provò essere la figlia Bridget, adottata in Bangladesh) e il consorte di una tossicodipendente.
La tecnologia avanza e perfeziona la sciarada snodata ogni quattro anni davanti agli occhi ammirati del mondo (la dalemiana “Grande Democrazia”, il natzingheriano “Modello etico del mondo”). In Florida, Stato del mafioterrorismo cubano, da tutti ritenuto responsabile dell’uccisione di Kennedy, governatore Jebb-fratellino minore-Bush, un conteggio chiesto da Al Gore nel 2000 lo mette alla pari nazionale con Dabeliu Bush. La Corte suprema vieta i riconteggi, e foderata di soggetti scelti dal papà ex-capo Cia, assegna ex cathedra la vittoria a George. Quanto alla tecnologia, è stata abilissima, seppure ancora artigianale, a lasciare penzoloni dalle schede elettorali perforate frammenti di carta: voto invalido. Voto nero, voto povero, sempre quello. Il mondo, incosciente come sempre, rise. Fidel e altri gridarono al vento. Rimanemmo ascari, complici di un cretino usurpatore e del sistema che continuamente si sgrava di tali soggetti. Quattro anni dopo, tra intimidazioni a elettori sospetti (basta una multa e si sa come sono indisciplinati i neri e i conducenti di carcasse) e conseguenti registrazioni nelle liste elettorali negate, conteggi adulterati da fiduciari di partito, quintalate di schede rinvenute nei fossi e nelle discariche (è successo anche da noi), registrazioni di voto con macchina elettronica adulterata, o il cui flusso è stato manomesso in corsa, centomila voti dell’Ohio (dove chi decide chi deve votare è uno sgherro del governatore repubblicano) e quanti bastava in Florida, spostarono la vittoria da Kerry, premiato dai sondaggi anche lui, allo psicolabile palo dell’”Operazione 11 settembre”. Chi forniva e gestiva le macchine elettorali era la società Diebold, amica e finanziatrice di repubblicani. Lubrificò questo travaso Bush, trovando 16 presunti testimoni di un Kerry millantatore e mentitore quanto ai suoi premiati eroismi vietnamiti. Risultò che il testimone era uno solo, il quale ritrattò. Troppo tardi.
Oggi abbiamo due famelici guerrafondai colonialisti, uno puntato per ora su Iraq e Palestina, l’altro su Afghanistan-Pakistan-Palestina che, nel delirio dei loro pubblici o invasati o rintronati, si lanciano secchiate di merda. Il risultato, credo, lo deciderà chi ha in mano la macchina, cioè la ciurma attuale. Probabilmente con minore imperizia del noto Pisanu, non per nulla mai confermato. Uno dei due ha già fatto la sua parte governando, in combutta con lo stragista cubano Posada Carriles, il traffico dollari-cocaina-armi all’Iran che alimentò le bande Contras in Centroamerica. Ma il rattrapito McCain non è sazio dei 20mila nicaraguensi ammazzati allora. L’altro, che per il primo, nel segno della correttezza, non è che un terrorista islamico, lo ha bruciato con l’esibizione della più untuosa piaggeria sionista e con le ben più solide (grazie al rinnovato entusiaasmo internazionale) prospettive per gli sponsor dei cannoni, dell’agrobusiness, delle banche. Entrambi sono ignoranti, incompetenti, cinici e brutali. Entrambi ci confermano che capitalismo e democrazia sono antagonisti. Fin da quando 530 Grandi Elettori, fior fiore della corruzione-concussione di regime, hanno avuto per legge la prevalenza sul voto di milioni. E ce lo confermano anche le nuove macchine elettroniche Diebold che in televisione abbiamo visto già spassarsela: premi il tasto “Barack Obama” ed esce il tasto “John McCain”. In Ohio basta che succeda qualche centinaio di volte. E noi, lì, a parlare di democrazia. One solution, revolution.
Nelle pagine di estenuante cronaca sui cristianodementi dell’Utah, come sui trogloditi in stivali texani, o sulla vispa vipperia di Manhattan, non s’è trovato granchè circa la vera natura del baraccone che da sessant’anni cambia solo insegna o cameriere e mai gestione. Basta far incontrare uno dei 45 milioni di esclusi dalla sanità con i loro nonni, o qualche coreano con un iracheno. Ci hanno costretto a rimirare il vertiginoso rimescolio di una pappa idiota e immonda nel’intento di farne sorgere una ricca e luminosa maionese. Ma è maionese impazzita, le uove erano marce. Parlar di elezioni regolari negli Usa e come parlarne nel Paese dei Balocchi. L’omino di Burro, che guida il carro degli infinocchiati, risiede a Wall Street, ai due candidati festanti si addicono i panni di Pinocchio e Lucignolo, asini destinati a rafforzare il traino della carrozza.
E da mo’ che negli Usa le elezioni sono una farsa. E una latrina. Nel 1964 Lyndon Johnson fregò il rivale repubblicano Barry Goldwater, innestando un suo agente Cia, Edward Hunt, nel Comitato Democratico Nazionale, in funzione di spionaggio su ogni mossa del rivale e di sabotaggio. Nel 1972 Nixon effettuò varie attività criminali, furti, intercettazioni, inclusa l’irruzione nel palazzo Watergate, per distruggere il concorrente. George H.W.Bush vinse nel 1988 per essere riuscito a demolire il “liberal” Dukakis inventandosi un suo rapporto con uno stupratore assassino nel Massachusetts. Lo imitò il figlio caprone, al primo turno, costruendo addosso al rivale John McCain (toh, chi si rivede) il ruolo del cinico padre segreto di una bimbetta nera (che, a giochi fatti, McCain provò essere la figlia Bridget, adottata in Bangladesh) e il consorte di una tossicodipendente.
La tecnologia avanza e perfeziona la sciarada snodata ogni quattro anni davanti agli occhi ammirati del mondo (la dalemiana “Grande Democrazia”, il natzingheriano “Modello etico del mondo”). In Florida, Stato del mafioterrorismo cubano, da tutti ritenuto responsabile dell’uccisione di Kennedy, governatore Jebb-fratellino minore-Bush, un conteggio chiesto da Al Gore nel 2000 lo mette alla pari nazionale con Dabeliu Bush. La Corte suprema vieta i riconteggi, e foderata di soggetti scelti dal papà ex-capo Cia, assegna ex cathedra la vittoria a George. Quanto alla tecnologia, è stata abilissima, seppure ancora artigianale, a lasciare penzoloni dalle schede elettorali perforate frammenti di carta: voto invalido. Voto nero, voto povero, sempre quello. Il mondo, incosciente come sempre, rise. Fidel e altri gridarono al vento. Rimanemmo ascari, complici di un cretino usurpatore e del sistema che continuamente si sgrava di tali soggetti. Quattro anni dopo, tra intimidazioni a elettori sospetti (basta una multa e si sa come sono indisciplinati i neri e i conducenti di carcasse) e conseguenti registrazioni nelle liste elettorali negate, conteggi adulterati da fiduciari di partito, quintalate di schede rinvenute nei fossi e nelle discariche (è successo anche da noi), registrazioni di voto con macchina elettronica adulterata, o il cui flusso è stato manomesso in corsa, centomila voti dell’Ohio (dove chi decide chi deve votare è uno sgherro del governatore repubblicano) e quanti bastava in Florida, spostarono la vittoria da Kerry, premiato dai sondaggi anche lui, allo psicolabile palo dell’”Operazione 11 settembre”. Chi forniva e gestiva le macchine elettorali era la società Diebold, amica e finanziatrice di repubblicani. Lubrificò questo travaso Bush, trovando 16 presunti testimoni di un Kerry millantatore e mentitore quanto ai suoi premiati eroismi vietnamiti. Risultò che il testimone era uno solo, il quale ritrattò. Troppo tardi.
Oggi abbiamo due famelici guerrafondai colonialisti, uno puntato per ora su Iraq e Palestina, l’altro su Afghanistan-Pakistan-Palestina che, nel delirio dei loro pubblici o invasati o rintronati, si lanciano secchiate di merda. Il risultato, credo, lo deciderà chi ha in mano la macchina, cioè la ciurma attuale. Probabilmente con minore imperizia del noto Pisanu, non per nulla mai confermato. Uno dei due ha già fatto la sua parte governando, in combutta con lo stragista cubano Posada Carriles, il traffico dollari-cocaina-armi all’Iran che alimentò le bande Contras in Centroamerica. Ma il rattrapito McCain non è sazio dei 20mila nicaraguensi ammazzati allora. L’altro, che per il primo, nel segno della correttezza, non è che un terrorista islamico, lo ha bruciato con l’esibizione della più untuosa piaggeria sionista e con le ben più solide (grazie al rinnovato entusiaasmo internazionale) prospettive per gli sponsor dei cannoni, dell’agrobusiness, delle banche. Entrambi sono ignoranti, incompetenti, cinici e brutali. Entrambi ci confermano che capitalismo e democrazia sono antagonisti. Fin da quando 530 Grandi Elettori, fior fiore della corruzione-concussione di regime, hanno avuto per legge la prevalenza sul voto di milioni. E ce lo confermano anche le nuove macchine elettroniche Diebold che in televisione abbiamo visto già spassarsela: premi il tasto “Barack Obama” ed esce il tasto “John McCain”. In Ohio basta che succeda qualche centinaio di volte. E noi, lì, a parlare di democrazia. One solution, revolution.
Azz...ma allora era vero ciò che denunciò l' Aglio(il direttore di Diario) in merito ai brogli dell' elezioni del 2006?
RispondiEliminaAncora sedici mesi in Iraq, dice Obama. La manifestazione a Bagdad del 19 ottobre era contro una decisione governativa di ulteriori tre anni con gli USvolenterosi tra le palle. Sarà interessante vedere cosa succederà. Unica certezza, il tempo indefinito di permanenza delle basi militari e dei governi USfriendly.
RispondiEliminaLa risposta alle illusioni di cambiamento per la vittoria di Obama, l'hai data molto schiettamente con questa frase: "Oggi abbiamo due famelici guerrafondai colonialisti, uno puntato per ora su Iraq e Palestina, l’altro su Afghanistan-Pakistan-Palestina". Assolutamente vera, ma che l'orgia di emozioni riservata ad Obama, purtroppo non farà notare.
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