martedì 22 settembre 2009

LA BALLA DELLA BOLLA: 11 SETTEMBRE, UN SACCHETTO DI PLASTICA IN TESTA AL MONDO
























Usa atterriti di se stessi, Osamabama, cartello del Movimento per la verità, Oppio alle banche, l’Afghanistan per l’80% in mano alla Resistenza

Saltando da un misfatto del terrorismo imperiale all’altro, qui, oltre a quella per la sua nemesi in Afghanistan, ci possiamo togliere la soddisfazione di dare la notizia di un altro poderoso calcio negli organi vitali dei boss e dei loro picciotti domestici e colonizzati: Manuel Zelaya, presidente dell’Honduras, defenestrato il 28 giugno, armi alla mano, dai gorilla dell’Oligarchia teleguidati dalla Cia, beffando i golpisti è rientrato nel paese e pare si trovi ora nell’ambasciata brasiliana. Immediatamente questo popolo, che da tre mesi non ha cessato di lottare e bloccare il paese, subendo una repressione sanguinaria con il solito concorso degli specialisti israeliani, ha riempito le strade di Tegucigalpa e ha festeggiato il ritorno dell’uomo che aveva dato al più bistrattato e colonizzato paese dell’Istmo la speranza di un’emancipazione che lo avrebbe affratellato agli altri grandi movimenti sociali e antimperialisti in corso nell’America Latina.


La Cia ha reclutato il giovane Barack Obama quando era all’ Occidental College. Prima, l’agencia può anche aver reclutato sua madre. Il primo lavoro di Obama dopo l’università di Columbia fu presso la Business International Corporation, denunciata come copertura della Cia (New York Times, 1977, Lobster Magazaine 1987). Obama descrive il suo primo lavoro come quello di “assistente alla ricerca” . Curiosamente nell’autobiografia non menziona il nome del suo datore di lavoro. Come non ha mai menzionato, nelle sue due autobiografie, il suo primo viaggio in Pakistan. Perché quel segreto? Chi pagò quel viaggio? Tra i datori di lavoro della madre, Ann Dunham, figurano le più importanti organizzazioni di intervento imperialistico all’estero, compresa la Ford Foundation e USAID, teste di legno della Cia.
(Joseph Cannon, Cannonfire)

Nessun paese al mondo ha il diritto di interferire negli affari interni di un altro paese alla luce dei moderni principi internazionali. Gli arroganti poteri nella Casa Bianca e i loro alleati dovrebbero sapere che interferire da migliaia di chilometri di distanza non potrà mai essere tollerato. I piani di espansionismo colonialista in atto, sotto il famigerato e illegittimo slogan della “guerra al terrorismo”, è in effetti una guerra contro i valori umani universali, giustizia, pace, equa distribuzione delle risorse, indipendenza, una guerra contro le giuste aspirazioni di ogni popolo. Siamo vittime della nera propaganda del nemico. Ciò ha creato diffidenze tra noi e alcuni paesi del mondo. Cui hanno falsamente descritto come una forza che è contro l’istruzione e i diritti delle donne. Non lasciatevi ingannare da Obama che parla di questa guerra come di una “guerra di necessità”. Questa guerra è partita per motivi oscuri e senza ragione. Tutta l’umanità ne soffre le conseguenze.
(Mullah Mohammed Omar, 19 sett. 2009)

Rispetto per ogni dolore, anche per quello dei congiunti dei sei mercenari colpiti in Afghanistan, con qualche sofferta indulgenza per certe dinamiche di quel dolore. Infinita, rabbiosa, commossa partecipazione al lutto per le centinaia di migliaia di vittime innoccenti nei paesi cannibalizzati dalla nostra ”civiltà”, quella che manda in giro energumeni prezzolati, formati nel e al terrorismo, che si lasciano dietro, in Facebook, iscrizioni al Partito Nazionalfascista, o nelle camerate fatte saltare da patrioti, gagliardetti squadristi, teschi e tibie, volti del Duce (Nassiriya). Gente che, dopo aver subito l’assalto di una resistenza che, al pari de partigiani, non vuole tacchi di stivali altrui sul collo, secondo le testimonianze raccolte sul posto, insabbiate dai generali e dai giornalisti embedded con il pugnale tra i denti (Nico Piro, RAI),sarebbero scesi dai mezzi e avrebbero dementemente sparato in giro. 20 civili morti. Su questa gente e su questi fatti, i mandanti necrofori hanno spallato la maggioranza di questo paese non ancora del tutto lisergizzato (il 58% vuole il ritiro subito) per una serie allucinante di giorni, di cartaccia imbrattata di retorica, di trasmissioni oscenamente lugubri e ipocrite, di masturbazioni patriottarde ed effettivamente colonial-fasciste, che hanno definito ”Unità Nazionale”, sotto la cappa decerebrante dei capintesta statali e clericali. Un primato di schizofrenia: il paese ufficiale, falso e corrotto fino al midollo, cadenti e ottenebrati detriti di fascismo bellico e coloniale rivitalizzati dai proconsoli imperiali, D’Alema, Prodi, Berlusconi e, dall’altra parte, un paese reale a bocca aperta, occhio allucinato, più attonito e sgomento che capace di razionalizzare e reagire. La sinistra ha dovuto essere presa per la collottola sul “manifesto” (18/9) addirittura da un anziano storico di destra come Franco Cardini che, correttamente, ne denunciava la cecità e l’ignavia.

Ho trovato che, ancora una volta, il primato dell’untuosità doppiogiochista lo ha raggiunto il campione della metastasi nazionale dell’equilibrismo. Per inserire una sua comparsata nel macabro “trionfo della morte” per mandato padronale, si è nascosto dietro un bambino. Un tempo nascondeva le sue trame polivalenti dietro file di ragazzi che andavano a farsi rompere la testa per rifare l’Italia dei partigiani e anche di più. Va mostrato, va citato.



Su “Repubblica” del 21 settembre, dalla prima alla terza pagina, Adriano Sofri, che mi si rivolta lo stomaco, alla vista del suo sostegno a quanto di terroristico l’Impero ha inflitto a popolo e paesi dal 1991 ad oggi, nel ricordarlo leader della mia Lotta Continua, descrive con tenero affetto e compunta partecipazione una foto spaventosa. Quella di una madre, vedova dell’”eroe” defunto a Kabul, che alla necrogena (di giovani italiani, sterminate folle di innocenti stranieri, verità, giustizia) orgia militare dei funerali di Stato (dopo quelli dell’eroe Mike Bongiorno) ha esibito il figlioletto di due anni. Con in testa tanto di basco di coloro che, leggendo la preghiera della Folgore, ci intimavano di non smettere mai di fare il culo a chiunque nel nome della patria: Le fotografie sono di quelle che si dice che resteranno simboliche. E’ bello che a segnare una data di cordoglio siano le immagini eccitate di un bambino per il quale forse la novità della giornata è stata anche allegra… anno dopo anno vorrà fare la conoscenza di suo padre… Simone ritroverà le frasi di suo padre che il lutto di oggi ha fatto conoscere a tutti: “Difendere gli altri, andare a fare del bene”… Suo padre aveva le idee chiare sulla propria missione. Ciliegina sull’apologo della guerra di difesa dal terrorismo di tutti gli altri, la menzione di quel collega tenente che alla partenza aveva riempito lo zaino di cinque chili di caramelle e aveva detto al figlio Martin: “Le porto a bambini come te”. I bambini come quello sono stati da noi resi orfani e le caramelle le stanno masticando sottoterra.

La balla della bolla, sacchetto di plastica sulla testa del mondo
In Afghanistan, a ludibrio della “guerra giusta di Obama”, 21mila soldati in più e un’offensiva da paragonare al D-day, è finita come è finita ogni avventura coloniale degli ultimi secoli. Una disfatta contundente. La cartina sopra mostra la dimensioni della catastrofe imperialista. Il paese segue la Resistenza. In compenso Obama, il change, ha fatto il cambio: ha esteso l’impresa al Pakistan nucleare e riottoso, lanciando droni Cia e amate ascare della cricca messa al potere contro la popolazione delle zone tribali, nel Waziristan, nella Swat valley. In buona sostanza contro il nucleo resistente e consapevole del popolo Pashtun, diviso dal confine coloniale britannico, blocco omogeneo interstatuale che tocca frantumare e disperdere perché cuore e retroterra della resistenza di due nazioni, ossificata nel termine “Taliban” e “Al Qaida”, quando ogni analisi non prostituta ci parla di una molteplicità di formazioni politiche e combattenti in coordinamento. McCrystal, comandante in capo chiede altre forze, sul modello autodistruttivo del Vietnam, per intingere la sconfitta nel nobile sangue patriottico di chi porta una democrazia elettorale bushiana in salsa mafia e protegge il proprio paese dai terroristi dell’11 settembre, “pronti a colpire soprattutto l’Europa”, come ci rivela il volenteroso Rampini su “Repubblica”. A buon intenditor… Di conseguenza La Russa e Franceschini gliele daranno. Per il bene di altri bambini sofriani votati all’eroismo con il basco in testa. E, a proposito di quel fantastico calembour che sono state le “elezioni” in un quinto di Afghanistan, tutti a commuoversi della democrazia legittimata, seppure un po’ claudicante per qualche milione di voti fasulli. Nessuno che abbia sbattuto in faccia a tale impudicizia la constatazione di cosa sia di assurdo un’elezione sotto occupazione. Occupanti che vogliono e possono il proprio risultato. Obama ha rasserenato tutti con il diversivo dello “scudo spaziale antiraniano” da non piazzare più ai bordi della Russia, con mezzo metro di corda lasciato al sottoposto di Georgia, Shaakashvili, perché si trattenga un po’. Bella forza: di scudi ne farà uno più avanzato, protetto e mobile, sulle navi USA e Nato che circondano il continente e, intanto, ha incassato il vitale corridoio russo per i rifornimenti all’Afghanistan.

Al fantoccio Obama, a quelli che stanno sopra e sotto di lui, non interessa tanto la vittoria impossibile. Interessa: a) coinvolgere l’Iran e l’india nel processo di disgregazione di due paesi incontrollabili; b) stabilire, come in Iraq, gigantesche basi militari di controllo e d’assalto con la complicità di cricche dirigenti corrotte, rese partecipi di frammenti di un traffico di droga, promosso in 8 anni di occupazione a principale travaso di moneta nelle vene esauste del capitalismo Usa. Il tutto in un paese desertificato, con guerriglie che dovrebbero lambire invano la fortezza del tenente Drogo; c) mantenere posizioni avanzate in direzione dell’Asia centrale petrolifera e gasifera e dell’armagheddon finale con Cina e Russia; d) alimentare in perpetuo l’illusione di una salvezza in extremis dalla bancarotta e caduta dell’impero da parte del complesso militar-industriale, ritenuto motore economico quando è voragine finanziaria planetaria. E’ così che si spiega l’Obama che dice che l’occupazione sarà a lungo termine e il comandante britannico vaticina 40 anni; d) tenere chiusa nel morso etico (la democrazia, i diritti umani, le donne), politico e militare della Nato tutte le marche dell’Impero, imponendo all’universo mondo la sottomissione all’imperativo millenario: “Guerra al terrorismo”, capace anche di garantire ordini sociali interni con la criminalizzazione di chiunque scavalchi il recinto dell’ottundimento e della schiavitù.

Nel brulichio audio-video di questi giorni, nella superfetazione di occhiute descrizioni di quanto avviene in AfPak su origini, motivi, obiettivi, condizioni, interventi, conferenze, transition o exit strategy , non è stato sfiorato, neanche da anima viva (?) a sinistra la chiave di tutto l’allucinato panopticum. Solo sempre “Al Qaida”, alla rosario, alla mulino di preghiera buddista, alla pifferi di Hamelin, alla ripetizioni ipnotica di baggianate con cui guru di ogni risma rimbecilliscono la gente. Ovunque questa compagnia di giro della morte incontra ostacoli, giurateci, spunta un gruppetto di Al Qaida: Somalia, Gaza, Libano, Gran Bretagna, Latinoamerica, Italia, ovviamente Afghanistan, da cui Osama-Bush (uno morto, l’altro vivente) hanno fatto scattare – e il change accentua salmodiando il karma – l’operazione tanto auspicata dalla banda USraeliana, arrivata al potere alla maniera di Karzai.

Tutto è dovuto alla retribuzione per l’11 settembre. Tutto il male dell’impero del male ne ha ricevuto un’unanime copertura. Da lì il mondo è partito a razzo verso l’abisso. Il nostro, di mondo, tutti inclusi. Non un accenno alla matrice originaria e determinante, di fronte alle tragedie apocalittiche che, con in testa le croci delle tombe dei periti nelle Torri Gemelle e nel Pentagono, vengono inflitte a larghe porzioni di umanità, innocenti, già messe al margine dell’umanità dal “progresso” capitalista, ora da obliterare. Sono troppi, stanno tra i piedi, non consumano. Resistono. Erano selvaggi, infedeli, comunisti. Sono terroristi. Sono islamici. Mettono il velo, non i perizoma e i punti di sutura dietro le orecchie. Uno come papi lo appendono in gabbia come Vittorio Gassman in “Brancaleone”. La versione ufficiale dell’11 settembre è naufragata nelle voragini con cui l’ha sfondata Bush negando ai presidenti della commissione parlamentare di accedere a documenti e a testimoni sgraditi (l’hanno denunciato loro, prendendo le distanze dallo scadente imbroglio caro a tutti, “manifesto” e De Aglio compresi). Ancora si attendono spiegazioni sul crollo della Torre 7, mai colpita da alcunché, ma zeppa di uffici di briganti dell’intelligence. Ancora ci devono fare vedere i nastri di venti telecamere attorno al Pentagono che ci spieghino come un Boeing 757 abbia potuto fare il buchetto di un missile. Ancora aspettiamo risposte alle obiezioni di collaudati piloti di tutto il mondo, secondo cui umanamente era impossibile attuare le manovre che hanno fatto il macello. Ancora devono trovare un logaritmo che permetta di far crollare torri d’acciaio, impregnabili al focarello di due serbatoi d’aereo, su se stessi, scoppiando a ogni piano e lasciando masse incandescenti di microtermite alla base degli edifici. Ancora dobbiamo capire come sei dei presunti dirottatori, inetti anche all’esame di volo di velivoletti, possano essere riapparsi in vita senza chiamarsi Lazzaro. E, soprattutto, ancora devono sentire i testimoni oculari, i pompieri respinti, i poliziotti inascoltati, i congiunti, i sopravvissuti, i legali, i tecnici, le masse Usa in movimento che si chiamano “Per la verità del’11 settembre”.

Del retroterra di una guerra infinita da scatenare vuoi sull’Iraq, vuoi sull’Afghanistan, sappiamo tutto dai documenti della protervia e dell’impunità. La preparavano da anni, in ogni dettaglio. Hanno mentito per la bisogna su tutto e su tutti, da Milosevic a Saddam, dalle Corti Islamiche ad Al Qaida. E’ dimostrato. Ma qui una ciliegia non ne tira un’altra e la parte di noi che ha tutto, proprio tutto da perdere, magari più dei popoli aggrediti perché più grassa e subalterna, dal gomitolo delle menzogne manifeste non ha voluto trarre il filo che servisse a tessere una verità vera, salvifica. Al Qaida sul manifesto, “Al Qaida” sul Corriere, “Al Qaida“ fortissimo nell’Altro, o in Liberazione, Al Qaida che saltabecca tra le chiome da Gorgone della Botteri di Rai Tre, l’orco “Al Qaida” negli apologhi sui “nostri ragazzi” dell’inviato blindato Nico Piro… Pensa un po’ come rimarrebbero se non ci fosse questa taumaturgica Al Qaida! E pensa che non c’è, se non nella strumentazione terroristica e propagandistica dei guerrieri infiniti e di chi, a casa, deve tenere a bada le folle. Lo dimostrano l’11 settembre e tutti gli episodi affini. Se non li vuoi vedere hai diritto a partecipare, come il piccolo Simone, alla parata funebre. Col basco rosso in testa. Intanto in Asia l’olocausto di Bush 1 e 2-Obama ha prodotto 8 milioni di morti.

5 commenti:

  1. Gent. Grimaldi,
    avrà letto Cardini sul manifesto di venerdi 25..dunque; se l'unico (a parte lei) che dice le cose che devono essere dette è un uomo ontologicamente di destra come Cardini, beh, siamo messi proprio male.
    Che ne dice?
    Avrei un'altra domanda; non crede possibile che Obama possa davvero credere al buonismo che sparge ovunque, che sia insomma davvero bene intenzionato, e che dunque sia "solo" uno strumento per ripittare l'Impero? O crede invece che egli sia pervicacemente falso e consapevole del proprio ruolo?
    grazie e buon lavoro
    edoardo

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  2. Su Cardini mi sono gia' espresso nello stesso senso. Su Obama, pure. La seconda che ha detto...

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  3. Sono del parere che è ancora troppo presto per giudicare la politica estera di Obama. Indipendenetemente dal personaggio, comunque c'è un paese al collasso e un'opinione pubblica radicalmente cambiata rispetto a qualche anno fa, di cui Obama non può non tenerne conto.

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  4. Credo che Obama,sappia di dover salvare un Impero (forse) in crisi,quindi politicamente gli convenga muoversi in un certo modo.
    Non credo vi siano eroi tra i capi di stato,nemmeno mi interessa che lo siano.Basta che sappiano governare la nazione e se poi hanno una tendenza anti-imperialista-nel senso anti yankee-sionista- meglio ancora.
    All'interno della sinistra italiana mi pare che si debba a lungo discutere dei danni grandiosi del democretinismo,di chi usando come cavallo di troia i diritti civili sia al servizio permanente dell'imperialismo e dei suoi crimini,esattamente come i cosidetti debunker-avrai visto l'articolo di Barnard- in occasione del caso 11 settembre
    Riprendere le radici dello scontro all'interno e del sostegno -analizzando caso per caso singolarmente- delle nuove forze internazionali-parlo di stati e non di fumosi imperi negriani- per ribaltare i rapporti di forza.

    ciao,davide

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