mercoledì 19 maggio 2010
S.EGIDIO: UMANITARISMI, GOLPISTI CLERICOFASCISTI, SGOMBERI
E' qui che si dividono le vie degli uomini: se desideri impegnarti per la pace dello spirito e per il piacere, allora credi; se vuoi essere devoto alla verità, allora indaga.
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)
Ardisco, non ordisco.
Gabriele D'Annunzio
La fiducia dell'innocente è lo strumento più prezioso del bugiardo.
(Stephen King)
Alleanza: in politica internazionale l'unione di due ladri che hanno le mani così profondamente infilate nelle tasche l'uno dell'altro da non potere sacheggiare disuniti un terzo.
(Ambrose Bierce)
Ciao a tutti.
Sempre sull'onda di fango che nelle prossime ore, con la venuta a Roma del CardiMale honduregno, arcivescovo golpista di Tegucigalpa e presidente della Caritas Internazionale ((sic!), Oscar Rodriguez Madariaga, invitato dal corpo diplomatico parallelo di Chiesa e Imperialismo, Comunità d S.Egidio, e mandato con entusiasmo dai falloni sanguinari che ora tiranneggiano l'Honduras in resistenza, propongo tre contributi che in proposito mi sono arrivati da occhiuti compagni . Ci illustrano come la sacra congrega da "operazioni speciali", S. Egidio, si muove sia sul territorio nazionale, sia a livello di collateralismo con golpisti fascisti installati dalla Cia e dal Mossad. Coerenza piena, purchè a essere colpiti, repressi, cacciati o ammazzati siano i poveri, i "selvaggi" interni ed esteri e i diversi.
Permettetemi di inserire, fuoritema ma mica tanto, un'annotazione di mia diretta pertinenza e che potrà far sorridere i tanti solidali che mi hanno accompagnato nella lotta per i miei diritti contro il diktat bulgaro di Bertinotti-Curzi-Liberazione.
Il governo-canaglia del guitto mannaro sta per calare un'ennesima mannaia sui diritti dei lavoratori con una legge che consente ai padroni di licenziare " a parole". Tipo "E ora fuori dai coglioni!" Senza neanche una riga scritta, come impone la legge in vigore dagli anni '60. Va ammirato il ruolo di preveggente e antipatrice avanguardia assunta da Liberazione e Bertinotti e Curzi nel 2003 quando la mia cacciata mi fu comunicata con un colpetto di telefono dell'amministratore Mauro Belisario. Più o meno così: "Pronto, sono Mauro, ciao. Ti devo dare una brutta notizia, viene dall'alto: da oggi è finito il tuo rapporto con il giornale, mi dispiace, va via anche la rubrica..." Non erano passate 24 ore dall'uscita sul giornale del mio articolo intolato "Cuba" e che trovate nel post "Il corpo del reato". Mai avuto la dovuta comunicazione-motivazione dal direttore, nè orale, nè, come imponeva la legge ai dipendenti e per traslato anche ai titolari di contratto di collaborazione fissa, per iscritto. Quando si dice che la "sinistra" prepara il terreno alla destra..
E ora, le cose serie, che però tutte rientrano nella dimensione "verità e libertà". Quando scompare la prima, muore la seconda.
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Sant'Egidio story. Il grande bluff .
Fanno i demiurghi della pace. Sono candidati al Nobel. Sono nelle grazie del papa. Sono i cattolici italiani più celebrati al mondo. Ma sono strutturati come una monarchia assoluta. Storia non autorizzata di una comunità tutta speciale
di Sandro Magister
[Da "L'Espresso" del 9 aprile 1998]
ROMA - Hanno la loro cittadella a Roma Trastevere, in piazza Sant'Egidio, in un ex convento di monache carmelitane con la chiesa. Ma non tengono nessuna targa sul portoncino. Lì a fianco c'è una caffetteria snob, "Pane amore e fantasia", con l'insegna tipo pellicola da cinema e la foto di Gina Lollobrigida, ma non c'è scritto che è della comunità. Anche la loro messa del sabato sera è da qualche tempo clandestina. La dicono a porte chiuse dentro la vicina basilica di Santa Maria, che raggiungono attraverso un labirinto di locali e cortili interni. Perché ormai sia la basilica, sia quasi tutti gli edifici attigui sono loro dominio, compresi i due palazzi antichi sulla piazza grande. In uno c'è un mercatino di cose vecchie e curiose, "La soffitta". Anche di questo non c'è scritto che è della comunità.
Sant'Egidio si vede e non si vede. Si sa che servono minestre calde ai barboni e aiutano i vecchi rimasti soli. Si sa che in Mozambico hanno messo d'accordo governo e guerriglieri e che nel Kosovo fanno la spola tra il despota serbo Slobodan Milosevic e gli albanesi maltrattati. La segretaria di Stato americana Madeleine Albright, quando all'inizio di marzo è passata da Roma, ha speso più tempo da loro che dal papa. E uscendo li ha beatificati: "Wonderful people", meravigliosi. Sono candidati al Nobel per la pace. Hanno un efficientissimo servizio di pubbliche relazioni e tutti ne dicono un gran bene.
TRA OPUS DEI E DALAI LAMA
Ma per il resto sono come la leggendaria Opus Dei. Impenetrabili. Nemmeno in Vaticano sanno bene che cosa fanno quando sono tra loro. Neanche il papa lo sa, nonostante sia loro amico. Se sapesse che quelli di Sant'Egidio hanno praticamente abolito il sacramento della penitenza sostituendolo con i mea culpa pubblici nelle assemblee di gruppo, li redarguirebbe severo. Se conoscesse le loro stranezze in materia di matrimonio e procreazione, sobbalzerebbe sulla cattedra. Se sapesse che nelle loro messe l'omelia la tiene sempre Andrea Riccardi, il fondatore e capo, che prete non è e quindi non dovrebbe predicare (divieto assoluto ribadito di fresco da un'istruzione vaticana), li richiamerebbe subito all'obbedienza.
Questioni interne di Chiesa? Sì e no. Perché quella che oggi è detta "l'Onu di Trastevere" non è un'organizzazione laica tipo "Médecins sans frontières", ma è nata come comunità cattolica integrale. E tuttora si presenta così: come cittadella di Dio in un mondo invaso dai barbari. È in forza di questa identità e della benedizione papale che Sant'Egidio si offre ´urbi et orbi´ come peacemaker sui fronti di guerra. Oltre che come ponte di dialogo tra le religioni.
Sono stati quelli di Sant'Egidio a organizzare il meeting interreligioso del 1986 ad Assisi, con il papa in preghiera fianco a fianco col Dalai Lama, con metropoliti ortodossi, pastori protestanti, monaci buddisti, rabbini ebrei, muftì musulmani, guru e sciamani d'ogni credo. Da allora, Sant'Egidio replica il modello di Assisi ogni anno: l'ultima volta a Padova e Venezia, altre volte a Roma, Firenze, Milano, Bari, Varsavia, Bruxelles, Malta, Gerusalemme. Con un crescendo di coreografie spettacolari. Con cerimonie ritrasmesse in mondovisione. Con un roteare di ospiti insigni, chiamati dai cinque continenti, spesati, coccolati. Minimo mezzo milione di dollari per meeting, coperti da sovvenzioni governative e private.
Con questi precedenti, Sant'Egidio non avrà rivali per il prossimo Giubileo. Sua sarà la regia dell'Assisi bis, questa volta di nuovo col papa, già annunciata dal Vaticano.
IN PRINCIPIO FU CL
Eppure, nonostante queste credenziali e le sue suggestive liturgie, il profilo cattolico della comunità di Sant'Egidio resta sfuggente. I suoi percorsi tortuosi. La sua data di nascita ufficiale è il 7 febbraio 1968. Ma a quella data non succede proprio niente di nuovo. I futuri membri di Sant'Egidio fanno semplicemente parte di un raggio, di una cellula di Gs nel liceo Virgilio di Roma. Gs è la sigla di Gioventù Studentesca, l'organizzazione fondata da don Luigi Giussani che più tardi, passata la bufera del Sessantotto, prenderà il nome di Comunione e Liberazione. Riccardi vi si era avvicinato negli anni di ginnasio, a Rimini. Dopo di che, tornato a Roma, aveva legato con i ´giessini´ del Virgilio, del Dante, del Mamiani. Tra quei compagni di liceo c'è già il nocciolo duro di Sant'Egidio d'oggi. Ma con loro ci sono anche Rocco Buttiglione e la sua futura moglie Maria Pia Corbò, che rimarranno con don Giussani. Se il gruppone si disfà, tre, quattro anni dopo, è perché se ne va via il prete che l'aveva tenuto assieme, Luigi Iannaccone. È solo a quel punto, inizio 1972, che Riccardi e i suoi si mettono in proprio. Con astio nei confronti dei fratelli separati di Cl, che infatti spariranno per sempre, anche in memoria, dalle storie autorizzate di Sant'Egidio.
MONACI DEL NUOVO MILLENNIO
Manca ancora una sede. E per un poco Riccardi e compagni, tutti di famiglia bene, meditano di traslocare in baracche di periferia. Ma poi per i poveri scelgono solo di lavorare, senza conviverci. Nel settembre del 1973 fissano finalmente il loro quartier generale a Sant'Egidio, a Roma Trastevere. Sparite le ultime monache, l'edificio era rimasto vuoto. È di proprietà del ministero degli Interni, che lo cede a loro in cambio d'un affitto di poche lire. Chiavi in mano compreso il restauro, eseguito prontamente a spese del ministero.
Segue la fase monastica. Con una spruzzata d'orientalismo. In vacanza, quelli di Sant'Egidio vanno in Belgio, a Chevetogne, un monastero che celebra raffinate liturgie bizantine, e se ne innamorano. Di ritorno a Roma, arricchiscono le loro liturgie con tocchi orientali e alla loro vita comune danno un'impronta monastica. Anche per via della giovane età, nessuno di loro è sposato. E allora s'immaginano "celibi per il Regno dei cieli" e "monaci nel deserto della città". Danno ai loro capi i nomi di priore e priora, con i rispettivi vice. Abitano in piccoli gruppi divisi per sesso. Vestono tutti in modo austero, riconoscibile: gonne ampie e lunghe, maglioni abbondanti e colori castigati le donne; giaccone blu scuro i maschi; borsa di pelle a tracolla per tutti, modello Tolfa. Le giornate sono all'insegna dell'"ora et labora", dove il "labora" sono il pasto ai poveri, le pulizie ai vecchi, il doposcuola ai monelli di periferia.
LA SCOPERTA DEL SESSO
Ma anche la fase monastica si spegne presto. Nell'estate del 1978, in un ritiro collettivo nelle Marche, nell'eremo di Macereto, un po' tutti svuotano il sacco. E confessano di condurre tra loro una vita sessuale sin troppo movimentata. Da lì in poi cade il silenzio sul "nuovo monachesimo" e prendono il via i primi matrimoni. Resta l'obbedienza assoluta a quello che era di fatto l'abate indiscusso, Riccardi.
Il quale, intanto, s'è laureato in legge, ma si è subito dopo tuffato, da autodidatta, negli studi di storia, in particolare di storia della Chiesa, fino ad aggiudicarsi rapidamente una cattedra in università. Come per incanto, si danno agli studi di storia anche gli altri membri importanti della comunità, maschi. Ma quello che li distingue è che la storia non vogliono solo studiarla, ma farla. Specie la storia presente della Chiesa. Il 1978 è l'anno dei tre papi: muore Paolo VI e dopo l'interregno di papa Albino Luciani sale al trono Giovanni Paolo II. Nei due preconclavi, specie nel secondo, Sant'Egidio è tutto un via vai di cardinali d'ogni continente, di conciliaboli, di manovre elettorali.
La comunità fa campagna per il cardinale vicario di Roma, Ugo Poletti. Ma il conclave li delude. A vincere è il polacco Karol Wojtyla, per loro uno sconosciuto. Bastano poche settimane per ribaltare la sconfitta. Quelli di Sant'Egidio studiano a puntino la mappa della prima uscita del nuovo papa, alla parrocchia romana della Garbatella. Sul tragitto c'è una scuola materna, con un'aula che dà proprio sulla strada. Per una settimana occupano quell'aula e insegnano ai bambini canti in polacco. Li tengono lì dentro a cantare anche la domenica, col papa che arriva. Finché il papa passa, sente, si ferma, entra, vuol sapere. L'idillio tra Giovanni Paolo II e Sant'Egidio sboccia così. L'innamoramento è l'estate dopo a Castelgandolfo, una sera di luglio, in giardino, con le lucciole. Cantano e ballano con lui. Fanno ´serpentone´ tra le aiuole. Non si lasceranno più.
ALLA CONQUISTA DELLA CHIESA
Gli anni Ottanta sono la fase della conquista della Chiesa, posizione dopo posizione, fino ai più alti gradi. Il riconoscimento canonico Sant'Egidio l'ottiene nel 1986. Ma più importanti sono i legami diretti stabiliti con alcuni personaggi chiave del Vaticano.
Tre di questi sono tuttora i più grossi sostenitori della comunità. Uno è il segretario personale di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz, onnipotente factotum. Un altro è il cardinale Roger Etchegaray, ambasciatore volante del papa sui fronti caldi del globo. Il terzo è il cardinale Achille Silvestrini, curiale di prima grandezza. Anche le parentele pesano. Una nipote di Silvestrini, Angela, è dentro la comunità. Mentre altri due membri di spicco di Sant'Egidio, don Matteo Zuppi e Francesco Dante, sono a loro volta nipoti di due porporati defunti: rispettivamente dei cardinali Carlo Confalonieri ed Enrico Dante. Quanto a Riccardi, il suo albero di famiglia è ancor più dotato: ha come zio non un cardinale ma un beato "che fu maestro del futuro cardinale Ildefonso Schuster", un monaco di San Paolo fuori le Mura di nome Placido, elevato agli altari nel 1954. Ed è già lui stesso un santo in terra, per i suoi fan.
MARTINI FOLGORATO
Altro cardinale protettore di Sant'Egidio è Carlo Maria Martini, gesuita e arcivescovo di Milano. Martini lo dicono addirittura loro membro onorario, perché nel 1975, quando era a Roma come rettore del Pontificio istituto biblico, li incontrò, ne restò folgorato e per quattro anni fece la sua parte nella comunità: accudiva a un vecchietto di Trastevere e andava a dir messa in un locale della borgata Alessandrina. Ad accompagnare Martini passo passo era stata incaricata una giovane della comunità, Gina Schilirò. Un'altra, Maura De Bernart, aveva a sua volta conquistato alla causa pochi anni prima un sacerdote, Vincenzo Paglia, che oggi è assistente ecclesiastico ufficiale di Sant'Egidio e aspirante vescovo. Sfortunatamente, sia Schilirò che De Bernart hanno poi avuto storie tormentate. La prima è uscita dalla comunità e poi rientrata con la cenere sul capo. La seconda, che all'inizio era leader di spicco, finì presto retrocessa con l'etichetta di donna traviata. "La nostra Maria Maddalena", la definivano i suoi censori.
IN GUERRA PER LA PACE
C'è forte contrasto, in Sant'Egidio, tra il proscenio e il retroscena, tra le attività ´ad extra´ e la comunità ´ad intra´. Prendiamo le iniziative di pace, quelle degli anni Novanta, la fase geopolitica della storia della comunità. Sulla ribalta del mondo, Sant'Egidio si batte indiscutibilmente per la pace e la democrazia. Se una critica le viene fatta, è che sceglie i suoi teatri con fin troppa cura di sé. Sì in Burundi, in Algeria, in Sudan, anche a costo di contrariare le Chiese del luogo. No a Timor Est e nel Chiapas. Questione di concorrenza. Il Nobel per la pace assegnato nel 1996 al vescovo di Timor, Carlos Filipe Ximenes Belo, è stato per Sant'Egidio una doccia gelata. Quanto al Chiapas, tra i candidati rivali al Nobel c'è anche lì un vescovo star, quello di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz García.
Ma la democrazia vale per quelli di fuori. Dentro la comunità non ce n'è ombra. "Perché anche la Chiesa dev'essere così, non democratica", teorizza con i suoi discepoli Riccardi. La gerarchia interna è rigidissima e in trent'anni di vita della comunità lui solo è sempre stato al comando. Ma rigide sono anche le divisioni per sesso: ai maschi la diplomazia, la geopolitica, il pulpito, la cattedra, l'altare; alle femmine il sociale, le mense, gli anziani, i bambini. E così le divisioni per generazione e per classe.
La struttura della comunità di Sant'Egidio ha al culmine il gruppo dei fondatori, oggi tra i 40 e i 50 anni. Sono 120 circa, ma è come se fossero i dodici apostoli: un ´unicum´ cui nessuno può aggiungersi. Poi, in subordine, viene la seconda generazione. Che è a sua volta divisa in due rami: da una parte la Pentecoste, i borghesi, quelli che hanno fatto gli studi; dall'altra la Resurrezione, il popolino, quelli di borgata. Il reclutamento dei giovanissimi è anch'esso separato: per la Pentecoste nei licei, per la Resurrezione nelle scuole professionali di periferia.
LE SACRE GERARCHIE
La messa del sabato sera, quella del top della comunità, è da sempre una fotografia perfetta delle gerarchie interne. Sull'altare c´è il gruppo dei fondatori, da una parte le donne, dall'altra i maschi, ciascuno al suo posto prefissato. Nella navata ci sono una rappresentanza scelta della Pentecoste più qualche elemento della Resurrezione e gli ospiti di riguardo. Riccardi è alla regia: non solo tiene la predica, ma comandi anche le luci da una piccola consolle. E chi nella comunità cade in disgrazia perde sia il suo ruolo nella messa che il suo posto in chiesa: Claudio Cottatellucci, uno dei capi della prima ora, che per anni aveva avuto l'onore di leggere dall'ambone l'Antico Testamento, si ritrovò di punto in bianco cacciato giù nella navata. La processione d'uscita al termine della messa è anch'essa un rito gerarchico. Tornati i preti in sacrestia, il primo ad alzarsi è Riccardi, seguito in fila indiana dagli altri maschi dell'altare, in ordine d'autorità. Poi ecco Cristina Marazzi, la numero uno delle donne, con le altre dietro in fila. Infine il rompete le righe per quelli della navata.
QUINTA COLONNA AL "CORRIERE DELLA SERA"
Il terremoto più grosso, al vertice di Sant'Egidio, risale a sei anni fa. Riccardi annunciò che avrebbe lasciato a un altro la presidenza per dedicarsi con più libertà alla cura spirituale della comunità. Ma quando si arrivò al voto nel comitato centrale, la sua indicazione non cadde su Andrea Bartoli, che da sempre era stato il numero due e in gioventù era stato di Riccardi l'amico intimo, ma su Alessandro Zuccari.
Di norma l'indicazione di Riccardi è legge. Non si discute, si esegue. Ma quella volta accadde l'inaudito: l'unanimità fu infranta. Zuccari fu eletto, ma anche Bartoli ebbe dei voti. E i suoi sostenitori uscirono allo scoperto: Agostino Giovagnoli, l'intellettuale fine del gruppo, quello a cui spettava tenere le omelie ogni volta che Riccardi era assente; sua moglie Milena Santerini, numero due delle donne; Paola Piscitelli, futura compagna dello stesso Bartoli; Roberto Zuccolini, giornalista al "Corriere della Sera", il primo quotidiano italiano.
Questa fronda non chiedeva maggior democrazia dentro la comunità: perché quanto a dispotismo, Bartoli aveva fama di terribile maestro dei novizi. Il dissenso era di strategia. Bartoli e i suoi contestavano un chiodo fisso di Riccardi: l'idea che la comunità di Sant'Egidio dovesse restare marcatamente papalina e romana, anche nelle sue filiali estere d'Europa, d'Africa, d'Asia e d'America. Volevano più autonomia per le periferie della comunità. Mentre Riccardi era ed è un accentratore estremo.
LA GUERRA DEI DUE ANDREA
La guerra tra i due Andrea durò per tutto il 1992, con i fautori di Riccardi che tenevano i loro conciliaboli al Caffè Settimiano, a Trastevere. E alla fine il gruppo antipartito fu sgominato. Bartoli fu spedito in esilio a New York, dove è tuttora. Suo fratello, Marco, fu cacciato dalla filiale di Napoli, di cui era il primo responsabile. Altre filiali a Genova e in Germania, che erano pro Bartoli, furono commissariate. A Giovagnoli furono tolti il pulpito e la cura delle relazioni con l'Asia. Zuccolini invece lo recuperarono: al "Corriere della Sera" era troppo prezioso e il partito di Riccardi ci teneva ad averlo dalla sua.
Salirono così di grado, assieme a Zuccari, solo i fedelissimi del fondatore. Sono gli stessi che oggi compongono il gruppo dirigente, ciascuno con le sue mansioni: Marco Impagliazzo, Mario Giro e don Vittorio Ianari si occupano di Islam e mondo arabo, dall'Algeria al Sudan; Roberto Morozzo Della Rocca e don Paglia dei Balcani; don Marco Gnavi e Adriano Roccucci dell'Oriente ortodosso, dalla Serbia alla Russia; don Zuppi dell'Africa; Valeria Martano, moglie di Zuccolini, di Istanbul e dell'Asia; don Ambrogio Spreafico, che è anche diventato rettore della Pontificia Università Urbaniana, degli ebrei; Alberto Quattrucci e Claudio Betti degli annuali meeting interreligiosi sul modello del papa ad Assisi; Gianni La Bella di sponsor e sovvenzioni; Cristina Marazzi, intramontabile numero uno delle donne, di assistenza; Mario Marazziti, suo marito, di pubbliche relazioni.
E i preti? Sant'Egidio ne ha oggi una dozzina. Tolti Paglia e Spreafico, venuti da fuori, gli altri sono cresciuti tutti in casa, senza passare per i seminari diocesani. A decidere chi deve diventare prete è la comunità, ossia Riccardi. E a consacrarli basta un vescovo amico, nell'attesa che vescovo lo diventi uno di loro. Paglia è il candidato. Fermo al palo da anni. Se in Vaticano esitano a dare il via libera alla sua ordinazione è perché c'è finora un solo, troppo discusso precedente di comunità con un suo vescovo speciale: l'Opus Dei. Il timore è che Sant'Egidio diventi un'altra Chiesa nella Chiesa.
Ma la spunteranno. Quelli di Sant'Egidio sono pochi di numero. Faticano a reclutare nuovi seguaci e subiscono molti abbandoni. Ma si definiscono "la formica capace di imprese grandi con piccoli mezzi". Sono una lobby potente. Condizioneranno il conclave che eleggerà il prossimo papa. Nessun magnate di Chiesa li vuole avere nemici. Riccardi lo dice spesso ai suoi: "Dobbiamo apparire più di quello che siamo. È il nostro miracolo. Il grande bluff".
Sgomberata a Ostia anche la "Chiesetta". Dietro ai manganelli, gli appettiti del S. Egidio
Comunicato arrivatomi da un compagno.
Leggendo questo fatto della comunità S.Egidio, fatto gravissimo, penso pure a
cosa sta facendo in questi giorni nel territorio romano proprio tale comunità
dispensatrice di "solidarietà" umana. Una breve premessa. Ad Ostia, c'era
un'occupazione della "chiesetta" che sta nella ex colonia Vittorio Emanuele
Dico c'era perché sono stati sgomberati proprio ieri mattina, con
un dispiegamento di forze pazzesco (camionette dei carabinieri a profusione e
150 unità antisommossa), chiudendo un pezzo del lungo mare per tutto il giorno
e la notte seguente (questa mattina non so se siano ancora lì), militarizzando
di fatto il territorio con una violenza simboleggiata preoccupante, perché
siamo consapevoli che possa essere prodotta in concreto. Il presidente del
municipio XIII è tal Vizzani, uomo ex An (un fascista che si definisce
democratico) e che durante un diverbio con gli occupanti che si sono
precipitati subito al municipio dopo lo sgombero (municipio che aveva intorno a
sé un dispiegamento di forze dell'ordine altrettanto incredibile) ha fatto il
gesto classico del "vi romperò il culo". La comunità di S.Egidio ha avuto in
assegnazione la "chiesetta" (che tra l'altro verrà riadibita a luogo di culto
nonostante ad Ostia non manchino chiese). Questo il motivo che ha portato loro
ad esercitare pressioni affinché uno spazio occupato di questo tipo fosse
sgomberato. Ma il motivo più grande di queste "piccole" vicende, sono i poteri
forti che si stanno muovendo, e che prevedono su tutto il litorale romano (da
fiumicino ad ostia) una speculazione edilizia selvaggia senza precedenti: porti
turistici a profusione, raddoppio dello scalo dell'aeroporto fco, atolli
artificiali, casinò e quant'altro. Un centro sociale nel cuore di un progetto
del genere ho come idea che avrebbe stonato ...
Tornando a noi, la Comunità S. Egidio ha addirittura presenziato allo sgombero, gioendo assieme alle forze del "disordine sociale", e portato fuori quanto non fosse di loro gradimento
all'interno (gli occupanti hanno dovuto trattare per portarsi via le loro cose
.. visto che l'altra volta gliele hanno letteralmente rubate). La questione
della proprietà non la conosco bene, per cui evito approfondimenti di tale
cosa. So che il parroco responsabile della diocesi si è sempre rifiutato di
fare la guerra a questi giovani per sgomberarli (visto che ha condotto
battaglie assieme a loro), e dunque pare sia stato superato dal vicariato il
quale ha messo un suo uomo a comandare l'intera operazione esautorandolo dalle
competenze previste (ma io di queste cose non m'intendo e dunque non so con
precisione). Ho avuto modo di conoscere questi giovani ragazzi in precedenza,
da un paio d'anni anche se l'occupazione è ripartita dall'estate scorsa. Devo
dire che sono, a mio modesto parere, dei bravi giovani compagni, che hanno
ripreso quest'occupazione (erano già stati sgomberati in passato e hanno
rioccupato) dopo un lungo periodo di degrado del luogo che era diventato più
che altro uno spazio di emarginazione sociale. Loro invece con molto coraggio
hanno riavviato lo spazio occupato rendendolo realmente un luogo sociale,
restituendolo dunque alla popolazione, in particolar modo ai giovani che hanno
ripreso a frequentarlo.
riccardo filesi
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Appello cittadino contro gli sgomberi:
I NOSTRI DIRITTI NON SI PIEGHERANNO AI VOSTRI MANGANELLI
Dopo le famiglie dell'Idroscalo, arriva lo sgombero del collettivo L'Officina
dalla chiesetta dell'ex colonia Vittorio Emanuele. Un enorme spiegamento di
agenti in tenuta antisommossa, ha nuovamente occupato le strade di Ostia,
trasformando il territorio in una caserma a cielo aperto.
La giunta Alemanno inaugura così la stagione post elettorale degli sgomberi,
iniziando da uno spazio di socialità punto di riferimento per il litorale
romano. Una stagione di repressione che non sembra sia destinata a finire.
Stanno uccidendo Roma e hanno iniziato a colpirla dal suo litorale, sempre di
più destinato a rappresentare il luna park estivo della capitale: attrezzato di
porto turistico, isolette artificiali e casinò, secondo i progetti della giunta
comunale . Ma dietro la riqualificazione, si nasconde la cancellazione di un
tessuto territoriale che ha bisogno di risposte a fronte di una crisi
tutt'altro che superata.
In un contesto generale di attacco ai movimenti per il diritto all'abitare e a
tutte quelle realtà che provano a dare una risposta ai problemi dell'esistente,
crediamo sia importante rilanciare un percorso di confronto cittadino sulla
difesa dei diritti e degli spazi di socialità. Invitiamo tutte le realtà
romane ad una assemblea cittadina per dare una risposta all'ondata di sgomberi
che sta per cadere sulla città.
Invitiamo tutti e tutte a costruire insieme la manifestazione di Domenica 23
Maggio, per dare una risposta all'sgombero dell'ex chiesetta di Ostia.
ASSEMBLEA CITTADINA - GIOVEDI 20 MAGGIO ORE 19.00 VOLTURNO OCCUPATO
"STOP KILLING OSTIA"
MANIFESTAZIONE OSTIA - DOMENICA 23 MAGGIO ORE 14.30 P.ZZA ANCO MARZIO
Collettivo L'Officina, Comitato "Riapriamo il Teatro del Lido",
Caro Fulvio, mentre tu attacchi la Chiesa Cattolica c'e' qualcuno che sta preparando un bello scherzetto a te ed a tutti coloro i quali si ostinano a criticare Israele, FIAMMA NIRENSTEIN DEPUTATA DEL PDL si sta battendo su tutte le reti tv (soprattutto su quelle di sinistra come rainews24) per oscurare voci e siti sgraditi agli israeliani, preparatevi tu ed i vari Blondet e Barnard all'oblio...
RispondiEliminaAndrea R.
http://www.balcanicaucaso.org/Tutte-le-notizie/Tra-accordi-e-sanzioni
RispondiEliminaBasta allocare il server in Venezuela e l'agente del Mossad Nirenstein fa un buco nell'acqua. Buona domenica.
RispondiEliminamiii..la nirenstein...ci stiamo cagando sotto!
RispondiEliminaHai detto nirenstein...Eh,no allora -visto che è proprio lei,solo lei-la pianto di disprezzare Israele,e vado subito ad avvolgermi nella bandiera israeliana!Presto presto!
il riepilogo "politico" su sant'egidio è sintetico ed esatto; manca tutta la parte dei soprusi psicologici, verbali, forti, vessatori, pesanti, umilianti nei confronti di noi poveracci per anni costretti con ricatti a farci il **** 20 ore al giorno. Siti e blog contrari a loro non ce ne sono, ce li fanno chiudere continuamente....
RispondiEliminaCiao, ho letto cercando un approfondimento della questione che ha portato alla scritta sulla chiesetta deturpata, o derubata? Il riepilogo politico è troppo poco, soprattutto considerando che il mondocane, è progredito nel frattempo. Ce ne sarebbero di cose da approfondire quanto a costoro, in tutto il mondo, sul piano politico. Su quello umano poi...
RispondiEliminaIo nel mio piccolo ho scavato nella mia storia che mi portò fra le loro maglie, dentro relazioni poco autentiche, "sintetiche", per poi uscirne. Una storia che penso di avere in comune con molti miei coetanei. Grazie a Navarra editore, grazie anche al suo concorso e al suo coraggio, ora c'è un libricino, romanzo di formazione, Pimmicella e la comunità. é anche su IBS!
purtroppo questi episodi diciamo pubblici sono la manifestazione della merda che in effetti è questa autodefinita comunità cristiana, che al suo interno di cristiano non ha proprio un bel niente: lotte di potere, vessazioni psicologiche, pressioni personali, sputtanamenti pubblici, tentativi di suicidi a volte purtroppo riusciti, di merda ce n'è credetemi; purtroppo; la facciata invece è bella linda e pinta: sepolcri imbiancati e mani sporche di sangue
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