mercoledì 29 settembre 2010
IMPUNITA' PER CRIMINALI IN DIVISA. Oggi da loro, domani da noi.
In attesa di ridordinare idee e materiali per i miei reportage sul Necrostato-Narcostato-colonia Usa, Messico, e sulle sue resistenze sociali, vi propongo la riproduzione di un importantissimo articolo di Antonio Camuso che illustra una delle tante sfaccettature della fascistizzazione imperialista mondiale e nostrana. Quanto denunciato dall'Osservatorio dei Balcani è stato silentemente approvato da maggioranza e sedicente opposizione.
Quanto segue si inserisce nella strategia di guerra esterna e repressione interna ripresa e rilanciata con maggiore ferocia da Barack Obama al quale il nostro berlusconismo, di maggioranza, opposizione (Vendola ampiamente incluso), intellighenzia e società, ha confermato la rinuncia alla nostra sovranità politica, militare, culturale, sociale, economica e la disponibilità alla complicità con fascistizzazione, dominio della criminalità organizzata, terrorismo di Stato, guerra, genocidio, liquidazione violenta di ogni dissenso effettivo, furto e concentrazione di ricchezza, narcotizzazione e perversione mediaticadell'opinione pubblica.
Il Messico di Felipe Calderon e Barack Obama-Hillary Clinton, come cercherò di raccontare, è il classico laboratorio dell'impunità totale degli apparati statali. Militari, polizia, paramilitari, bande assassine, cartelli di narcotrafficanti, magistratura, establishment economico e politico. 30mila assassinati dal primo giorno della presidenza rubata di Calderon, 600 uccisioni di donne a Ciudad Juarez, sterminio di emigranti su entrambi i lati della frontiera, giudici, polizia, militari e paramilitari impegnati nella liquidazione di ogni forma di dissenso o contrasto sociale, corruzione a livelli spaventosi e onnicomprensivi, devastazione del territorio a fini speculativi, imperversare delle multinazionali su classi sociali deboli ed ecosistemi vulnerabili.
Tutto questo è stata la risposta del regime Calderon e degli Usa che lo assistono finanziariamente e militarmente con il Plan Merida (analogo al Plan Colombia) ai grandi e spesso vittoriosi sollevamenti degli anni '90 e del primo decennio del 2000. Una guerra al narcotraffico che in realtà è una guerra mortale di classe, sotto gli auspici del padrone neocoloniale Usa.
28 settembre 2010
ASSASSINI IN DIVISA
IL CASO DEL KILL TEAM
MA I NOSTRI SOLDATI SONO IMMUNI DA QUESTO PERICOLO?
IL MITO DEL BUONO ITALIANO SI SCONTRA CON LE ESIGENZE DELLA GUERRA URBANA IN NOME DELLA LOTTA AL TERRORISMO INTERNAZIONALE E DELLA DIFESA DELL'OCCIDENTE.
SOLDATI ITALIANI NELLE AZIONI DI GUERRA UMANITARIA ALL'ESTERO? IMPUNITA' ASSOLUTA! PAROLA DI ESPERTO DI LEGGI MILITARI !!!
QUELLO CHE NON SI DICE IN NOME DELLA DIFESA BYPARTISAN DEI "TERMINATORI" DELLE FORZE SPECIALI TASK FORCE
L'ARTICOLO DI ANTONIO CAMUSO
PER L'OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI
Militari italiani all’estero:Impunità assoluta per legge! …Storie di taskforce, ambulanze, civili mitragliati e assoluzioni
In queste ore sui media di tutto il mondo girano le immagini del video dell’interrogatorio dei giovanissimi componenti del KILL TEAM , un gruppo di soldati americani ventenni che plagiati dal loro sergente ammazzavano e collezionavano dite di civili afgani innocenti per puro divertimento. Se la Corte marziale li riterrà colpevoli il rischio per loro è la morte o il carcere a vita.
Ma…in Italia quali sono le misure che impediscano che si commettano abusi nelle operazioni militari all’estero?
Impunità assoluta per legge , o meglio, grazie al solito decreto milleproroghe…
Con il nostro articolo che pubblichiamo su
http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/afghan_15_killteam.htm
riteniamo opportuno aprire uno squarcio sul velo plumbeo della legislazione di “emergenza” che da pochi mesi permette la totale impunità sui reati che i militari possono fare durante le operazioni all’Estero.
Un’impunità che non siamo noi a definirla tale, ma, bensì, esperti civili e militari di diritto penale che ha approfondito questo argomento sulla rivista più prestigiosa delle nostre Forze Armate, Informazioni della Difesa, periodico a firma dello Stato Maggiore della Difesa, nel numero 3/2010, giunto un mese fa agli abbonati.
Esso è una conferma autorevole a quanto denunciato da troppo tempo da associazioni pacifiste eantimilitariste, come noi dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi: siamo arrivati ad un punto di deriva democratica tale che, in nome dell’unanime consenso patriottico, le quotidiane polemiche politiche tra poli son state messe da parte per approvare una legge, quella che è entrata in vigore il 1 gennaio 2010, la 197/2009, che praticamente rende non punibili i militari che usassero le armi o altro mezzo coercitivo contro tutti coloro che gli si oppongano, in qualunque modo, impedendo l’esecuzione di ordini e direttive impartite e/o nel rispetto delle Regole d’Ingaggio, ROE.
I due esperti , autori dell’articolo ( Paolo Maria Ortolani e Francesco Zamponi ) nel loro particolareggiato studio, si dichiarano perlomeno sconcertati ( se non addirittura scandalizzati) su come provvedimenti amministrativi ( redatti da Generali e sotto la pressione di Paesi -gli USA- o Alleanze - la NATO- NdR) possano diventare norme di rilevanza penale tali da ledere il principio costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.
Leggi su richiesta NATO-USA
Durante il 2009 , dopo il fallimento delle elezioni afgane e le polemiche su come uscire dal pantano afgano, Obama e il Pentagono richiedevano che l’impegno italiano in Afghanistan fosse più aggressivo e reparti speciali nazionali facessero parte dei team delegati alla eliminazione della minaccia degli insorti.
Come fare per evitare che nostri militari coinvolti in operazioni di “killeramento” di capi talebani, trafficanti di oppio ed armi , potessero andare sotto processo se vi fossero vittime civili? Come evitare che in operazioni multinazionali a guida americana, i nostri uomini, lavorando in team con soggetti come la Kill Team, la squadra di statunitensi che ammazzava afgani tagliando poi loro dita e altre parti del corpo per puro sadismo, potesse ritrovarsi su un tavolo di tribunale? Si scatenava una ridda di ipotesi su come cambiare il codice penale militare di pace o crearne uno apposito riguardante le operazioni di “controguerriglia” e/o di peacekeping.
Alla fine, come al solito, si trovava una soluzione all’italiana che aggirava discussioni parlamentari e coinvolgimento di pericolose Consulte .
Nel solito documento multiproroghe , salva missioni di fine anno, il n 152 del 4 novembre 2009,(disposizioni urgenti proroga missioni internazionali ed altro…) veniva fatta una legge di modifica che , esplicitando la non punibilità degli atti fatti sotto ordine superiore, derubrica a colposo qualunque tipo di violazione nell’uso eccessivo della forza”.
Praticamente una vera e propria licenza di ammazzare o infliggere danni a tutti coloro che anche inconsapevolmente si trovassero a traversare la strada di un nostro gruppo di armati all’estero.
Prendiamo per esempio l’ultima operazione di una nostra Task force andata a male, quella dove il tenente Romani ha perso la vita. quando ha avuto la sfortuna di imbattersi in un gruppo di prede talebane decise a non farsi “terminare”.
Nel quadro specifico della missione del tenente Romani, nel caso che nell’irruzione nel covo talebano fossero stati killerati donne e bambini , lì presenti , la stessa procura di Roma competente per i reati commessi dai nostri militari all’estero non avrebbe dovuto aprire nessuna inutile pratica, poiché il reato, quello che prima si sarebbe potuto configurare come mancata osservanza di norme atte a preservare le vite dei civili, uso eccessivo della forza, ecc è stato cancellato, per adesso soltanto per i militari all’Estero, ma che si prevede di poterlo estendere in tutte le operazioni dove sia richiesto l’intervento di militari in un ambiente urbano, ovvero dove il “nemico” si confonda o sia appoggiato dalla popolazione civile.
Questo non significa che, prima del gennaio 2010, atti di violenza inutile o di stupidità nell’osservanza degli ordini siano stati censurati con condanne!!! Assolutamente no!
Son passati i tempi in cui lo scandalo torture in Somalia, fece oscurare il mito del Buono Soldato Italiano portandolo nell’aula di tribunale. Dal 2001 tutto ciò che è avvenuto di “sporco” all’estero è stato di fatto assolto con motivazioni incredibili in nome della lotta al terrorismo internazionale.
Ambulanze mitragliate, civili giustiziati: la catena delle assoluzioni
Ve la ricordate la famosa battaglia dei ponti a Nassirya in Iraq? Lì vi fu una vera e propria strage di miliziani e civili che contesero al nostro contingente l’accesso ai ponti della città.
Le vittime furono tutte classificate insorti e quindi non-degne neanche di uno sputo di condoglianza, ma choccò tutti l’ambulanza mitragliata, nonostante che portasse i contrassegni della Mezzaluna rossa. In quel caso i nostri soldati ammazzarono 4 occupanti dell’ambulanza, compresa una donna partoriente: ebbene, con sentenza n33 del 7 maggio 2007 il Gup del tribunale militare di Roma ha mandato assolti i nostri militari. ( exart44 cpmp)
Così è stato, in un’altra occasione, per un civile, un manifestante iracheno freddato dai nostri militari.
La vicenda è di una crudeltà rivoltante: lui, l’iracheno che protestava, fu reco “reso inoffensivo” ovvero pestato e gettato, svenuto, per terra. Nonostante ciò, veniva freddato, da un altro soldato italiano che lo colpiva con la canna del fucile dal quale, “inavvertitamente”, gli partiva un colpo. Non ci dilunghiamo sui particolari macabri dell’effetto del proiettile da guerra sulla sua testa ….Ebbene, la Corte militare di Appello con sentenza n27/06 del 5 maggio 2006 n.27 ha assolto il militare per aver agito in stato di necessità militare (exart 44 e 59 cpmp) ponendo a suo fondamento l’interesse militare che aveva come obbiettivo la sicurezza del posto dove i manifestanti si erano radunati.
Su tutto ciò aleggia un silenzio, complice trasversale e chi lo viola , come noi, è additato come sabotatore, antipatriottico e alleato ai terroristi che un giorno potrebbero anche colpire il nostro paese.
Invece, a portare la barbarie della guerra nel nostro paese, sono proprio sentenze e leggi simili, poiché, negli scenari futuri che si prefigurano, vi sarà un sempre più maggiore presenza di militari nelle aree di crisi interne, di controllo e presidio di centrali nucleari, ponti sullo Stretto, Ferrovie Alta Velocità TAV in costruzione, ecc, in caso di gravi crisi sociali, controllo di aree metropolitane a rischio, ecc.
In quel caso ad avere la canna del fucile puntata , saremo tutti noi e non ci potremo appellare a nessuna giustizia, poiché noi siamo rimasti in silenzio quando a cadere sotto i mitra e i silenziatori erano gli altri , gli alieni, gli oppositori della democrazia occidentale.
Antonio Camuso
Osservatorio sui Balcani di Brindisi
Brindisi 28 settembre 2010
venerdì 24 settembre 2010
MESSICO, NARCOSTATO, NECROSTATO (con un pensiero per Saddam)
Croci per le donne uccise a Ciudad Juarez
Salve amici e lettori, sono tornato dal Messico 24 ore fa e ancora non mi faccio capace di quello che ho visto durante un mese di attraversamento da Nord a Sud in questo paese martoriato e pure resistente, colpito dalla furia omicida degli Usa e del loro fantoccio Calderon attraverso l'uso generalizzato del terrore di Stato che si avvale dei narcotrafficanti e delle bande assassine legate alla classe dirigente e ai suoi padroni Usa.
Oggi il Messico, il cui strazio immenso fatto di stragi di migranti, di femminicidi, di assassinii che viaggiano sui 50 al giorno, è il paese più insanguinato del mondo, per quanto occultato e presentato come ameno luogo di vacanze, in misura maggiore dei paesi massacrati con guerre d'aggressione da Usa e Israele. 29mila morti ammazzati, in stragi di innocenti o conflitti tra cartelli, da quando l'illegittimo presidente, ladro di elezioni, ha preso il potere al servizio di Washington ai primi del 2007, 600 donne ammazzate a Ciudad Juarez, un paese ridotto allo stremo da disoccupazione, devastazioni ambientali, abusi delle multinazionali, corruzione totale di regime, mafie, narcodittatura.
Prima di scriverne e mettermi al lavoro per il nuovo documentario "MESSICO, ANGELI E DEMONI NEL LABORATORIO DELL'IMPERO", pronto spero per Natale, devo riordinare idee, documenti, materiali audiovisivi. Nel frattempo, per confermare la mia permanenza in vita e nel blog, e per salutare tutti voi, torno brevemente su un argomento che più di tutti mi sta a cuore e che mi è stato sollecitato dalla lettera in calce di un gentile lettore. La mia risposta precede quella lettera.
***********************************************************************************
Caro Paul, la ringrazio delle gentile lettera, delle espressioni di stima e delle osservazioni che divergono dalle mie valutazioni.
Torno da 24 ore dal Messico, dove ho trascorso un mese per raccogliere materiale per articoli e un nuovo documentario e sono ancora scosso dalle esperienze sconvolgenti fatte in un paese che è il più violento e insanguinato del mondo, più dei paesi in guerra, totalmente in mano al narcotraffico e a bande terroristiche legate allo Stato e agli Usa. Non sono per ora in grado di risponderle adeguatamente e perciò mi permetta di rinviarla ai tanti articoli nel mio blog in cui ho trattato di Iraq, Iran, Saddam, sciti e tutto il resto.
Le dico solo, in fretta, che la maggioranza del 60% degli sciti in Iraq è una balla come lo era quella del 90% di albanesi in Kosovo, atta a giustificare il dominio di quella cricca di religiosi e notabili sciti (da Sistani a Chalabi, a Jaafari, a Al Sadr a Al Maliki) che con le milizie di assassini e torturatori, addestrate e finanziate dall'Iran, coperte dagli Usa, a forza di stragi di sunniti nazionalisti e resistenti e di ruberie e devastazioni, si sono fatti distruttori dell'unità nazionale e dell'intero paese. In realtà gli sciti non superano il 45% della popolazione, contro altrettanti sunniti e confessioni minori. E' anche una patacca la leggenda della oppressione subita dagli sciti sotto Saddam. Si guardi la nomenclatura politica, militare e amministrativa dell'Iraq libero e troverà ai massimi livelli tanti sciti quanto sunniti. La religione non giocava proprio nessun ruolo divisorio nell'Iraq laicissimo di Saddam.
Ho spiegato più volte che l'Iran, la Persia, da sempre espansionista verso ovest, gioca su molti tavoli, con l'astuzia di una potenza che vuole riconosciuto il suo ruolo regionale. Distrutto d'intesa con gli Usa il nazionalista e socialista Iraq, massimo difensore dei palestinesi e dell'unità araba antimperialista, e occupatolo in cogestione con gli Usa, per altri versi confligge con gli Usa e con Israele per l'egemonia regionale. In questa doppiezza non c'è nulla di nuovo, la praticano da sempre tutti gli Stati imperialisti o subimperialisti. Oggi come oggi, l'Iran va difeso contro l'aggressività USA-Israele, massimo pericolo per il futuro dell'umanità, ma va condannato per il suo infame ruolo in Iraq.
La sua visione di Saddam e del suo governo, trascura il contesto. L'uomo non era un santo, ma sicuramente è stato un grande statista. In pochi decenni, resistendo a infiniti e micidiali pressioni, attacchi, sabotaggi, ha costruito con la sua ottima squadra (altro che famigli e clienti, pensi a Tariq Aziz e Izzat Ibrahim Al Duri che ora guida la Resistenza) dal nulla un paese, lasciato dagli inglesi in condizioni pietose. Ne ha fatto uno stato moderno, con i diritti umani fondamentali (salute, educazione, casa, lavoro) garantiti come neanche nel mondo industrializzato, a livello di Cuba e anche meglio, con un esplosione di creatività artistica, letteraria, culturale che attirava a Baghdad il meglio dell'intellettualità mondiale della sinistra. Ha dato agli iracheni, da millenni, sottomessi, la coscienza del proprio valore storico, autostima, dignità, forza, emancipazione delle donne. Tutto questo in pochissimo tempo e sotto costanti aggressioni. Fino all'ultimo giorno del suo governo ha sostenuto i palestinesi, unico tra gli arabi. E' morto da eroe, preso a calci e seviziato, anche da morto, dal brigante scita Muqtada Al Sadr.
Stia attento, non tutti gli sciti sono hezbollah, non tutti i cristiani sono per la teologia della liberazione. Hezbollah è una grande forza nazionale che sta maturando consapevolezze sociali e culturali. Gli sciti organizzati sotto i regimi fantoccio iraniano-statunitensi - certamente una minoranza rispetto agli sciti nostalgici del loro grande Stato - sono bande di delinquenti vendipatria, arraffattori di quanto resta della preda squartata che una volta era un nobile, fiero, degno paese, uscito in poche decine di anni dal sottosviluppo medievale e dall'oppressione tirannica dei colonialisti di varia specie. Infine, quanto ai "misfatti" di Saddam raccontati dalle centrali della disinformazione occidentali, quelle di sinistra al seguito, che lei accosta a quella di autentici serialkiller, la prego, ci faccia la tara. Pensi alla patacca delle Torri Gemelle e a come l'Occidente cristiano ha sempre dipinto i difensori della propria indipendenza, da Saladino a Ho Ci Min a Fidel Castro.
Cari saluti,
Fulvio
----- Original Message -----
From: Paul P. Pedicator
To: visionando@virgilio.it
Sent: Friday, September 24, 2010 12:18 PM
Subject: Ragionando di Iran e Irak
Pregiatissimo signor Grimaldi,
ero soltanto un ragazzo quando la vedevo sugli schermi del Tg3 di Sandro Curzi e, senza la minima piaggeria, le dico da subito che mi piacevano molto i suoi servizi, per la loro verve, la loro concisione e il loro essere ficcanti, e anche per la "vibrazione" che mi trasmettevano, grazie alla quale capivo che, persino in quello che io ritenevo (e continuo a ritenere, soprattutto rispetto alla brodosa e indifferenziata sbobba mediatica che filtra oggidì dai nostri schermi) il più libero e sincero telegiornale nazionale, leì era in qualche modo "disallineato", "autonomo", persino un po' "ribelle".
Adesso ho trentasei anni, alle spalle diversi tentativi falliti di costruirmi una carriera nell'informazione (o almeno nella comunicazione politico/economica) e, come d'obbligo per gli appartenenti alla mia generazione, un contratto precario per un lavoro avvilente e ripetitivo che mi dà meno di quel che sarebbe necessario a permettermi di sopravvivere in autonomia.
Da quando ho scoperto il suo blog nel mare magno internettiano ho ripreso a seguirla con interesse e costanza, rallegrandomi del fatto che in Rete lei esprima con ancor più chiarezza e coraggio concetti (o meglio, "verità") che su qualunque medium di massa sarebbero considerate vere e proprie "eresie".
Arrivo finalmente al punto di questa mia, che riguarda la maniera in cui lei inquadra alcune dinamiche della politica mediorientale, riguardanti due stati che da circa un quarto di secolo sono quasi costantemente agli onori della cronaca: Irak e Iran.
Che lei provi grande simpatia per il popolo irakeno (martirizzato quant'altri mai con la possibile eccezione dei Palestinesi) è giustissimo e lampante; quello che mi incuriosisce è come lei estenda la sua simpatia anche al partito Baath; per carità, non voglio certo tediarla con le sciocchezze propalate riguardo ai misfatti di Saddam (molto meno gravi dei misfatti di molti 'paladini dell'Occidente' come Pinochet, Videla, Franco, Marcos e compagnia bella) ma, non le sembra che, sotto Saddam, il Baath Irakeno sia stato "dirottato" dalla sua concezione originaria di partito dedito al "socialismo arabo" e alla costruzione di una identità nazionale Irakena (che avrebbe dovuto coinvolgere anche le etnie sciita e kurda), e ridotto a fazione dell'uomo forte e dei suoi familiari e compagni di tribù, quindi con una decisa involuzione rispetto agli ideali che lo ispirarono?
Lei non prova grande simpatia per l'Iran, che più volte descrive come un'influenza malefica o comunque disgregatrice/distruttrice nell'area irakena; ma gli sciiti irakeni, nel clima di insicurezza seguito all'invasione angloamericana a chi altro avrebbero potuto rivolgersi per ricevere aiuto e supporto nella drammatica situazione in cui si trovavano?
Mi permetta poi l'impertinenza (per la quale l'autorizzo fin d'ora a sgridarmi severamente ;-) di farle notare che lei consideri gli interessi iraniani in Irak 'negativi', ma poi spenda parole di elogio (dovutissime, per carità) per il movimento Hezbollah, che non avrebbe certo potuto ottenere i suoi brillanti successi senza l'aiuto e il sostegno di Teheran.
Secondo me, in Irak ci sarebbe bisogno proprio di questo, di una sorta di Hezbollah Irakeno; una forza (politica, ma anche armata) che raggruppi e tuteli gli sciiti locali, riconoscendo che l'Irak deve essere uno stato multietnico e multiconfessionale (come è il Libano) e che si dedichi a preservare l'autonomia e l'indipendenza del Paese, accettando però al suo interno i normali processi della vita democratica.
Certo, il Libano è molto distante dall'Iran e forse anche per questo Nasrallah riesce a mantenere Hezbollah molto autonomo dai suoi sostenitori iraniani...non é detto che la stessa cosa possa succedere in un paese che con l'Iran confina direttamente. Inoltre in Libano gli sciiti, per quanto maggioranza, sono una maggioranza relativa (35-40% del totale), mentre in Irak sono oltre il 60% della popolazione, quindi se esistesse un Hezbollah irakeno forse la tentazione di impadronirsi subito di tutte le leve del potere forte di tale prevalenza risulterebbe essere troppo grande.
Concludo dicendole che sarebbe per me un grande onore ricevere una sua risposta; avevo 6 anni quando scoppiò il conflitto Iran-Irak e, nella mia mente di bambino, ricordo che trovavo inconcepibile come due paesi, apparentemente separati da una sola consonante, si muovessero guerra. Quell'evento, protrattosi per otto anni e un milione di morti, mi spinse a informarmi e documentarmi su quelle zone e quei paesi, sulla loro storia prossima e remota...quando ero all'università (tardi anni '90) stavo persino preparando un gioco di simulazione che permettesse di rivivere i punti nodali di quel tragico evento (non solo dal punto di vista militare, beninteso, visto che poche guerre sono state influenzate da fattori politici interni e internazionali quanto quella). Ricevere un suo punto di vista sulle questioni che ho sollevato (non importa quanto violentemente in contrasto col mio) sarebbe un grande contributo al mio tentativo di costruirmi un punto di vista il più possibile autonomo e informato in merito.
Salve amici e lettori, sono tornato dal Messico 24 ore fa e ancora non mi faccio capace di quello che ho visto durante un mese di attraversamento da Nord a Sud in questo paese martoriato e pure resistente, colpito dalla furia omicida degli Usa e del loro fantoccio Calderon attraverso l'uso generalizzato del terrore di Stato che si avvale dei narcotrafficanti e delle bande assassine legate alla classe dirigente e ai suoi padroni Usa.
Oggi il Messico, il cui strazio immenso fatto di stragi di migranti, di femminicidi, di assassinii che viaggiano sui 50 al giorno, è il paese più insanguinato del mondo, per quanto occultato e presentato come ameno luogo di vacanze, in misura maggiore dei paesi massacrati con guerre d'aggressione da Usa e Israele. 29mila morti ammazzati, in stragi di innocenti o conflitti tra cartelli, da quando l'illegittimo presidente, ladro di elezioni, ha preso il potere al servizio di Washington ai primi del 2007, 600 donne ammazzate a Ciudad Juarez, un paese ridotto allo stremo da disoccupazione, devastazioni ambientali, abusi delle multinazionali, corruzione totale di regime, mafie, narcodittatura.
Prima di scriverne e mettermi al lavoro per il nuovo documentario "MESSICO, ANGELI E DEMONI NEL LABORATORIO DELL'IMPERO", pronto spero per Natale, devo riordinare idee, documenti, materiali audiovisivi. Nel frattempo, per confermare la mia permanenza in vita e nel blog, e per salutare tutti voi, torno brevemente su un argomento che più di tutti mi sta a cuore e che mi è stato sollecitato dalla lettera in calce di un gentile lettore. La mia risposta precede quella lettera.
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Caro Paul, la ringrazio delle gentile lettera, delle espressioni di stima e delle osservazioni che divergono dalle mie valutazioni.
Torno da 24 ore dal Messico, dove ho trascorso un mese per raccogliere materiale per articoli e un nuovo documentario e sono ancora scosso dalle esperienze sconvolgenti fatte in un paese che è il più violento e insanguinato del mondo, più dei paesi in guerra, totalmente in mano al narcotraffico e a bande terroristiche legate allo Stato e agli Usa. Non sono per ora in grado di risponderle adeguatamente e perciò mi permetta di rinviarla ai tanti articoli nel mio blog in cui ho trattato di Iraq, Iran, Saddam, sciti e tutto il resto.
Le dico solo, in fretta, che la maggioranza del 60% degli sciti in Iraq è una balla come lo era quella del 90% di albanesi in Kosovo, atta a giustificare il dominio di quella cricca di religiosi e notabili sciti (da Sistani a Chalabi, a Jaafari, a Al Sadr a Al Maliki) che con le milizie di assassini e torturatori, addestrate e finanziate dall'Iran, coperte dagli Usa, a forza di stragi di sunniti nazionalisti e resistenti e di ruberie e devastazioni, si sono fatti distruttori dell'unità nazionale e dell'intero paese. In realtà gli sciti non superano il 45% della popolazione, contro altrettanti sunniti e confessioni minori. E' anche una patacca la leggenda della oppressione subita dagli sciti sotto Saddam. Si guardi la nomenclatura politica, militare e amministrativa dell'Iraq libero e troverà ai massimi livelli tanti sciti quanto sunniti. La religione non giocava proprio nessun ruolo divisorio nell'Iraq laicissimo di Saddam.
Ho spiegato più volte che l'Iran, la Persia, da sempre espansionista verso ovest, gioca su molti tavoli, con l'astuzia di una potenza che vuole riconosciuto il suo ruolo regionale. Distrutto d'intesa con gli Usa il nazionalista e socialista Iraq, massimo difensore dei palestinesi e dell'unità araba antimperialista, e occupatolo in cogestione con gli Usa, per altri versi confligge con gli Usa e con Israele per l'egemonia regionale. In questa doppiezza non c'è nulla di nuovo, la praticano da sempre tutti gli Stati imperialisti o subimperialisti. Oggi come oggi, l'Iran va difeso contro l'aggressività USA-Israele, massimo pericolo per il futuro dell'umanità, ma va condannato per il suo infame ruolo in Iraq.
La sua visione di Saddam e del suo governo, trascura il contesto. L'uomo non era un santo, ma sicuramente è stato un grande statista. In pochi decenni, resistendo a infiniti e micidiali pressioni, attacchi, sabotaggi, ha costruito con la sua ottima squadra (altro che famigli e clienti, pensi a Tariq Aziz e Izzat Ibrahim Al Duri che ora guida la Resistenza) dal nulla un paese, lasciato dagli inglesi in condizioni pietose. Ne ha fatto uno stato moderno, con i diritti umani fondamentali (salute, educazione, casa, lavoro) garantiti come neanche nel mondo industrializzato, a livello di Cuba e anche meglio, con un esplosione di creatività artistica, letteraria, culturale che attirava a Baghdad il meglio dell'intellettualità mondiale della sinistra. Ha dato agli iracheni, da millenni, sottomessi, la coscienza del proprio valore storico, autostima, dignità, forza, emancipazione delle donne. Tutto questo in pochissimo tempo e sotto costanti aggressioni. Fino all'ultimo giorno del suo governo ha sostenuto i palestinesi, unico tra gli arabi. E' morto da eroe, preso a calci e seviziato, anche da morto, dal brigante scita Muqtada Al Sadr.
Stia attento, non tutti gli sciti sono hezbollah, non tutti i cristiani sono per la teologia della liberazione. Hezbollah è una grande forza nazionale che sta maturando consapevolezze sociali e culturali. Gli sciti organizzati sotto i regimi fantoccio iraniano-statunitensi - certamente una minoranza rispetto agli sciti nostalgici del loro grande Stato - sono bande di delinquenti vendipatria, arraffattori di quanto resta della preda squartata che una volta era un nobile, fiero, degno paese, uscito in poche decine di anni dal sottosviluppo medievale e dall'oppressione tirannica dei colonialisti di varia specie. Infine, quanto ai "misfatti" di Saddam raccontati dalle centrali della disinformazione occidentali, quelle di sinistra al seguito, che lei accosta a quella di autentici serialkiller, la prego, ci faccia la tara. Pensi alla patacca delle Torri Gemelle e a come l'Occidente cristiano ha sempre dipinto i difensori della propria indipendenza, da Saladino a Ho Ci Min a Fidel Castro.
Cari saluti,
Fulvio
----- Original Message -----
From: Paul P. Pedicator
To: visionando@virgilio.it
Sent: Friday, September 24, 2010 12:18 PM
Subject: Ragionando di Iran e Irak
Pregiatissimo signor Grimaldi,
ero soltanto un ragazzo quando la vedevo sugli schermi del Tg3 di Sandro Curzi e, senza la minima piaggeria, le dico da subito che mi piacevano molto i suoi servizi, per la loro verve, la loro concisione e il loro essere ficcanti, e anche per la "vibrazione" che mi trasmettevano, grazie alla quale capivo che, persino in quello che io ritenevo (e continuo a ritenere, soprattutto rispetto alla brodosa e indifferenziata sbobba mediatica che filtra oggidì dai nostri schermi) il più libero e sincero telegiornale nazionale, leì era in qualche modo "disallineato", "autonomo", persino un po' "ribelle".
Adesso ho trentasei anni, alle spalle diversi tentativi falliti di costruirmi una carriera nell'informazione (o almeno nella comunicazione politico/economica) e, come d'obbligo per gli appartenenti alla mia generazione, un contratto precario per un lavoro avvilente e ripetitivo che mi dà meno di quel che sarebbe necessario a permettermi di sopravvivere in autonomia.
Da quando ho scoperto il suo blog nel mare magno internettiano ho ripreso a seguirla con interesse e costanza, rallegrandomi del fatto che in Rete lei esprima con ancor più chiarezza e coraggio concetti (o meglio, "verità") che su qualunque medium di massa sarebbero considerate vere e proprie "eresie".
Arrivo finalmente al punto di questa mia, che riguarda la maniera in cui lei inquadra alcune dinamiche della politica mediorientale, riguardanti due stati che da circa un quarto di secolo sono quasi costantemente agli onori della cronaca: Irak e Iran.
Che lei provi grande simpatia per il popolo irakeno (martirizzato quant'altri mai con la possibile eccezione dei Palestinesi) è giustissimo e lampante; quello che mi incuriosisce è come lei estenda la sua simpatia anche al partito Baath; per carità, non voglio certo tediarla con le sciocchezze propalate riguardo ai misfatti di Saddam (molto meno gravi dei misfatti di molti 'paladini dell'Occidente' come Pinochet, Videla, Franco, Marcos e compagnia bella) ma, non le sembra che, sotto Saddam, il Baath Irakeno sia stato "dirottato" dalla sua concezione originaria di partito dedito al "socialismo arabo" e alla costruzione di una identità nazionale Irakena (che avrebbe dovuto coinvolgere anche le etnie sciita e kurda), e ridotto a fazione dell'uomo forte e dei suoi familiari e compagni di tribù, quindi con una decisa involuzione rispetto agli ideali che lo ispirarono?
Lei non prova grande simpatia per l'Iran, che più volte descrive come un'influenza malefica o comunque disgregatrice/distruttrice nell'area irakena; ma gli sciiti irakeni, nel clima di insicurezza seguito all'invasione angloamericana a chi altro avrebbero potuto rivolgersi per ricevere aiuto e supporto nella drammatica situazione in cui si trovavano?
Mi permetta poi l'impertinenza (per la quale l'autorizzo fin d'ora a sgridarmi severamente ;-) di farle notare che lei consideri gli interessi iraniani in Irak 'negativi', ma poi spenda parole di elogio (dovutissime, per carità) per il movimento Hezbollah, che non avrebbe certo potuto ottenere i suoi brillanti successi senza l'aiuto e il sostegno di Teheran.
Secondo me, in Irak ci sarebbe bisogno proprio di questo, di una sorta di Hezbollah Irakeno; una forza (politica, ma anche armata) che raggruppi e tuteli gli sciiti locali, riconoscendo che l'Irak deve essere uno stato multietnico e multiconfessionale (come è il Libano) e che si dedichi a preservare l'autonomia e l'indipendenza del Paese, accettando però al suo interno i normali processi della vita democratica.
Certo, il Libano è molto distante dall'Iran e forse anche per questo Nasrallah riesce a mantenere Hezbollah molto autonomo dai suoi sostenitori iraniani...non é detto che la stessa cosa possa succedere in un paese che con l'Iran confina direttamente. Inoltre in Libano gli sciiti, per quanto maggioranza, sono una maggioranza relativa (35-40% del totale), mentre in Irak sono oltre il 60% della popolazione, quindi se esistesse un Hezbollah irakeno forse la tentazione di impadronirsi subito di tutte le leve del potere forte di tale prevalenza risulterebbe essere troppo grande.
Concludo dicendole che sarebbe per me un grande onore ricevere una sua risposta; avevo 6 anni quando scoppiò il conflitto Iran-Irak e, nella mia mente di bambino, ricordo che trovavo inconcepibile come due paesi, apparentemente separati da una sola consonante, si muovessero guerra. Quell'evento, protrattosi per otto anni e un milione di morti, mi spinse a informarmi e documentarmi su quelle zone e quei paesi, sulla loro storia prossima e remota...quando ero all'università (tardi anni '90) stavo persino preparando un gioco di simulazione che permettesse di rivivere i punti nodali di quel tragico evento (non solo dal punto di vista militare, beninteso, visto che poche guerre sono state influenzate da fattori politici interni e internazionali quanto quella). Ricevere un suo punto di vista sulle questioni che ho sollevato (non importa quanto violentemente in contrasto col mio) sarebbe un grande contributo al mio tentativo di costruirmi un punto di vista il più possibile autonomo e informato in merito.