E, sotto, un contributo e un appello Fatah alla mobilitazione per il riconoscimento della “Palestina” all’ONU ( che non condivido, né l’appello, né il riconoscimento, e su cui ritorneremo)
L’inizio della saggezza e chiamare le cose col loro nome. (proverbio cinese)
La conquista della Terra, che perlopiù significa portarla via a coloro che hanno una pelle di colore diverso, o nasi un po’ più piatti dei nostri, non è una bella cosa da vedere. (Joseph Conrad)
Durante una guerra le notizie devono essere date per istruire piuttosto che per informare. (Joseph Goebbels, ministro del Reich)
Ieri, 30 agosto, alle 16, c’è stato davanti alla Farnesina il presidio contro la guerra e per la Libia libera e sovrana di Gheddafi, organizzato dal Comitato 30 Agosto. Io ci sono andato, come annunciato. Si tranquillizzino coloro che mi hanno pregato, chiesto, sollecitato, intimato di non andarci. C’erano un centinaio di persone, circa 50 si possono ascrivere alla sinistra. Cani sciolti, cani del PRC e addirittura del PCL scioltisi dal guinzaglio dei propri gerarchi conniventi con la mitologia imperialista. Nell’altra metà c’erano brave persone agnostiche ideologicamente, ma indignate dall’assassinio di un popolo sotto copertura del più infame menzognificio mai allestito per far passare sulla coscienza della gente il rullo compressore della connivenza-rassegnazione. C’erano reazionari dichiarati, confusionari, ambiguoni, rossobruni, gente che sogna di abbattere l’imperialismo Usa con l’imperialismo euroasiatico, bigotti d’assalto. Gli striscioni dicevano cose corrette, degne di qualsiasi manifestazione antimperialista per Iraq, Palestina, Afghanistan e qua e là sventolavano coppie di bandiere italiane libiche cucite insieme. Un riferimento nazional-antimperialista? O una conferma dell’unità di affetti e intenti tra i due popoli?
A me la bandiera del Risorgimento non dà fastidio, il fine deve essere di lavarla di quanto l’hanno imbrattata le borghesie ininterrottamente al potere, impedire che resti sequestrata dai successivi cialtroni Savoia, dai fascisti, dalla mafia che ci governa da allora. Un’altra bandiera che ricopra tutti i popoli senza classi, ha da venì. E sarebbe un bene? Nel frattempo cosa ci fa conoscere: la bandiera del partitello, il gonfalone del Comune? Ricordo sempre, ad Algeri e poi a Caracas, la bandiera applauditissima degli Usa, portata da sparuti coraggiosi statunitensi nel Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti, massima manifestazione internazionalista inventata dall’URSS e rilanciata poi da Cuba. Ricordo l’incomprensione e anche lo scherno del pubblico per la sfilata della delegazione italiana a cui i capetti, presunti ultrà rivoluzionari, avevano negato bandiera e portabandiera. Unici tra una sessantina di paesi. Impegnati, i primi, a non lasciare il vessillo della comunità sovrana alla mercé del capitale e delle sue nefandezze, i secondi a mostrare di non aver capito un cazzo dell’internazionalismo, della sovranità, di Marx e di Lenin.
Lasciavano, costoro, che la bandiera dei rivoluzionari risorgimentali, dei partigiani garibaldini garrisse esclusivamente sulle teste e sui beni dei predatori e serial killer. Fosse loro monopolio, con tanti saluti a Garibaldi, Mameli, Cairoli e martiri della guerra di liberazione. Cedevano un simbolo, per annaspare nel vuoto. Così le sinistre del nostro paese e di quasi tutta la “comunità internazionale” degli Stati Canaglia. Allineati al 90% , coperti al 100%. In sei mesi di resistenza eroica di un popolo militarmente e tecnologicamente debole, contro la marmaglia mercenaria reazionaria e sotto un diluvio di missili e bombe puzzolenti mediatiche, abbiamo visto un gruppazzo di Emergency deplorare le bombe nel nome dell’arcobaleno (zitti sui valori e sulle verità contrapposte dell’una e dell’altra parte!). Poi basta, silenzio, non vedo non sento non parlo. Anzi, peggio, molto peggio. Investiti da storia e ideologia, da rappresentanza sociale e da retaggio etico della responsabilità di guidare il popolo contro la guerra e in difesa degli aggrediti, valutando scientificamente e non propagandisticamente le ragioni e i torti, le verità false e quelle vere (una responsabilità che continuamente constato assai diffusa nella base), costoro hanno tradito tutto: la propria storia, le premesse politiche su cui, millantando, si presentano al pubblico, la deontologia giornalistica, un filo di coerenza, il compito di stare accanto agli “umiliati e offesi”, agli “sfruttati e oppressi”.
Marx incitava a stare con il tiranno brasiliano contro il predone imperialista Usa. Nel 1911 davanti al parlamento manifestavano contro la guerra i socialisti Turati, Matteotti, Mussolini (!), forse il giovane Gramsci. Loro compagni andarono a combattere per l’Etiopia sotto le insegne del sovrano assoluto. E questi, che guardano giù per il naso ai socialisti di allora, “modesti e collusi riformisti”, non hanno saputo che rosarizzare l’artificio propagandistico dei necrofori e recitarlo, grano dopo grano di questo rosario mordacchia, paraocchi e briglia, fino alla definitiva scomparsa di ogni loro dignità, credibilità, ragion politica d’essere.
Ma il vuoto non esiste in natura. E dunque c’era questo fritto misto, davanti alla Farnesina, e molti non avevano la più pallida idea di Marx e molti erano lì perché ce l’avevano e qualcuno era infiltrato, e qualcuno, tra tante parole ragionevoli, sbraitava al microfono isterismi che, rovesciati i termini, facevano il paio con quelli abbaiati dai briganti di Bengasi, e tutti conoscevano una cosa: la contraddizione principale, in Libia, da noi, nel mondo? Quella tra Gheddafi, con il suo popolo massacrato, e i massacratori. A me basta sapere, con assoluta certezza, che i miei amici di Tripoli e tutta la loro gente, a sentire della nostra manifestazione, avranno sollevato dal bagno di sangue un volto sorridente.
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davide ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "TERRORISMO. Nel 10. anniversario dell'11 settembre...":
colpa mia se molti che si considerano comunisti e che straparlano di marx,guevara,trockji,non capiscano un cazzo di politica estera?No.
Per cui,perchè uno non dovrebbe andare a una manifestazione anche con dei loschi figuri,mica facciamo foto in cui limoniamo pesante con tanto di cuoricini luminosi alle spalle,certo...Ma per una ragione validissima
Conta questo:il motivo della presenza.In situazioni di emergenza come questa sopratutto.Perchè se avessimo dei compagni credibili,delle forze anti colonialiste solide,col cazzo che ci troveremmo nella stessa piazza con rossobruni,destronzi e simili.
Il problema è l'assurda compagnia di lestofanti,di rivoluzionari parolai,di teste calde e teste di minchia i quali si reputano duri e puri e invece sono solo dei pirla.
Io non sono avezzo a criticare partiti o movimenti in cui ho militato.Prendo atto di certe problematiche e morta lì.Però fa un certo senso la boria,il pressapochismo,l'inettitudine su argomenti politici seri come la guerra in libia.
Tocca per colpa di questi manifestare con certi individui.Non possiamo permetterci altro.
ps:Chiesa è anche quello che girava insieme a Gorbaciov-dicasi Gorbaciov-a ben vedere ognuno ha le sue belle minchiate nell'armadio no?
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Spazio utenti: PERCHÉ I LIBICI AMANO IL COLONNELLO GHEDDAFI
Postato il Domenica, 28 agosto @ 05:25:40 CDT di supervice
DI MAURICE GENDRE
Fonte: AgoraVox
Postato e tradotto da cnj
Molti osservatori in Occidente, completamente (auto)-avvelenati dalla propaganda anti-Gheddafi non riescono a capire come il leader libico conservi ancora il sostegno della popolazione, nonostante una campagna ingiusta di bombardamenti condotti dalla NATO dal marzo 2011 (1) In che modo i libici continueranno a sostenere i “coraggiosi” insorti del CNT? (2)
Leggendo l’articolo “Alcune verità sulla Libia”, scritto da Helen Shelestiuk e pubblicato nel n. 165 di Maggio 2011 della rivista B.I. (ex-Infos Balcani) molto probabilmente hanno le antenne dritte.
Shelestiuk Helen dice: “Quando è stato chiesto all’ex ambasciatore russo in Libia, Vladimir Chamov, se Gheddafi opprimeva il suo popolo, ha risposto: “Quale oppressione? I libici beneficiavamo di un credito di 20 anni senza interessi per costruire le loro case, un litro di benzina costa circa 14 centesimi, il cibo è gratuito e si può acquistare una nuova jeep sud-coreana KIA per 7500 dollari.”
E Shelestiuk Helen ha proseguito: “Quali sono gli altri fatti e cifre che conosciamo della Libia e del suo leader?
Il PIL è di 14.192 dollari. Ogni membro della famiglia riceve una sovvenzione di 1000 dollari all’anno. I disoccupati sono pagati 730 € al mese. Lo stipendio di un infermiere dell’ospedale è di 1000 dollari. Per ogni nuovo neonato vengono riconosciuti 7000 dollari. Chi si sposa riceve 64.000 dollari per comprare un appartamento. Per aprire un’azienda privata si beneficia di un aiuto finanziario di 20.000 dollari. Le tasse e le imposte sono vietate.
L’istruzione e le medicine sono gratuite. L’istruzione e la formazione medica all’estero sono pagati dal governo. Ci sono supermercati per le famiglie con prezzi simbolici per il cibo di base. La vendita di prodotti oltre la data di consumo è punibile con multe salate o addirittura con la reclusione. Molte farmacie offrono forniture gratuite. La vendita di farmaci contraffatti è un reato molto grave. La popolazione non paga l’energia elettrica. La vendita e il consumo di alcol sono proibite, il “divieto” è legge. Prestiti per l’acquisto di una macchina o un appartamento vengono concessi senza interessi. Gli affari legati al mercato immobiliare sono vietati. Se qualcuno vuole comprare una macchina, fino al 50% del prezzo è pagato dallo Stato (per i militare il 65%). La benzina costa meno dell’acqua.
Un litro di benzina costa 0,14 centesimi di dollaro. Gli utili derivanti dalla vendita di petrolio sono destinati al benessere della popolazione e a migliorare le condizioni di vita. Molti soldi sono stati spesi per irrigare la terra con l’acqua presa da falde acquifere sotterranee.
Il sistema è stato definito “l’ottava meraviglia del mondo”. Si dispone di cinque milioni di metri cubi al giorno di acqua che attraverso il deserto ha notevolmente aumentato la superficie irrigata. 4000 km di condutture sono sepolte in profondità per proteggere l’acqua dal caldo. Tutto ciò che era necessario per il progetto è stato realizzato esclusivamente dalla Libia”.
E Helen Shelestiuk dice che vanta anche il merito di “vera democrazia”, “La propaganda occidentale ha demonizzato il leader libico Muammar Gheddafi nel descriverlo come un tiranno patologico e un nemico implacabile delle aspirazioni democratiche della sua gente. Non è vero. In Libia esiste un meccanismo di controllo democratico del suo popolo: dei consigli cittadini eletti e le comunità autonome (comuni). Tutto questo senza una nomenklatura di partito di stampo sovietico, senza eccessiva burocrazia, ma con un elevato tenore di vita e la sicurezza sociale per i cittadini. Una sorta di società che per molti versi è simile al comunismo.”
Domanda pertinente di Helen Shelestiuk: “E’ per questo che la Libia è stata demonizzata e attaccata dalle vecchie potenze imperialiste?”
E ha concluso: “Permettetemi di citare l’articolo di Sigizmund Mironin “Perché la Libia è stata bombardata?“: La Libia è descritta come una dittatura militare di Gheddafi ma in realtà è lo stato più democratico del mondo. Nel 1977 vi fu proclamata la “Jamhiriya” che è una forma di alta democrazia in cui sono state abolite le istituzioni tradizionali di governo e dove il potere appartiene al popolo direttamente attraverso i suoi comitati e congressi. Lo Stato è diviso in molte comunità che sono “mini-stati autonomi” in uno Stato che ha il controllo sui loro distretti, tra cui l’assegnazione dei fondi di bilancio. Gheddafi ha recentemente adottato altre idee ancora più democratiche: distribuire il reddito del bilancio direttamente ed in maniera equa ai cittadini… Tali misure, secondo il leader della rivoluzione libica, dovranno eliminare la corruzione e la burocrazia parassita”.
Ovviamente non è sorprendente che i media mainstream non forniscono al pubblico nessuno di questi dati estremamente rivelatori della vera natura del regime libico, come è probabile che se fossero stati informati tutti gli “indignati” d’Europa avrebbe richiesto il progresso sociale sul modello della Libia del colonnello Gheddafi.
Ciò sarebbe per lo meno imbarazzante per i “brillanti” e “competenti” leaders del Vecchio Continente.
UN Human Development Report 2010 (wikipedia)
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PER UNA PALESTINA LIBERA, LAICA E DEMOCRATICA.
PER UN MONDO PIU' GIUSTO, PIU' CIVILE E PIU' COLORATO.
Il Coordinatore Nazionale della Campagna:
per il RICONOSCIMENTO dello Stato di Palestina.
Dr. Yousef Salman
Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia
Cell.: 347 9013013
e_mail: y_salman@tiscali.it
http:/www.yousefsalman.com
http:/www.palestinercs.org
APPELLO ALLA MOBILITAZIONE
Palestina stato membro n. 194
A nome del popolo palestinese la cui nobile lotta per la libertà ha ispirato per decenni i popoli di tutto il mondo…A nome della Palestina, patria del messaggero di pace, noi vi mandiamo un messaggio di pace e libertà…
La Palestina ha sofferto per più di sei decenni gli orrori della guerra e la pena dell’oppressione, del degrado e della violenza. Il popolo palestinese ha sopportato la brutalità dell’occupazione militare più lunga della storia contemporanea. Adesso è arrivata l’ora di porre fine a questa situazione indegna e inaccettabile. E’ tempo di riconoscere una Palestina libera, indipendente e democratica entro i confini del 1967 in accordo con le risoluzioni ONU e con la legge internazionale. I nostri amici del Movimento di Liberazione Nazionale della Palestina, Fatah, ha guidato la giusta lotta per la libertà e l’indipendenza del nostro popolo durante gli ultimi quarantasei anni. Attraverso la nostra lotta abbiamo rivoltato ogni pietra per amore della giustizia e della pace. Fatah ha promosso iniziative e pensato a soluzioni pacifiche per decenni. Venti anni fa Fatah ha avuto il coraggio e l’impegno di guidare il popolo palestinese verso negoziati con Israele nella speranza di porre fine all’occupazione e di materializzare la visione di due stati come l’unica formula per portare la pace in Medio Oriente. Ma due decenni dopo questo passo audace e questo compromesso storico, l’occupazione israeliana è ancora più radicata nella nostra terra. Attraverso azioni unilaterali ed illegali, Israele sta rubando la terra, confiscando le nostre risorse e negando i nostri diritti inalienabili all’autodeterminazione. Il diritto dei popoli all’autodeterminazione è alla base dei diritti umani universali. I palestinesi chiedono semplicemente al mondo di riaffermare l’impegno preso, il rispetto e l’approvazione di questi diritti. I diritti umani non sono selettivi.
Non ci sono eccezioni alla regola e il tentativo di fare della Palestina un’eccezione è inaccettabile ed obiettabile.
Il diritto dei popoli all’autodeterminazione e indipendenza, incluso quello dei palestinesi, non può essere oggetto di negoziati. E il riconoscimento, come quello di dichiarare l’indipendenza, è una scelta sovrana degli stati. E riguardo a questo, noi crediamo che le democrazie non devono lasciarsi condizionare dalle pressioni esercitate per porre il veto al loro diritto sovrano di riconoscere la Palestina e di stare dalla parte giusta della storia.
Amici, oggi Fatah si appella a voi per stare a fianco del popolo palestinese, come avete fatto in passato e insistere sul fatto che il suo naturale e storico diritto all’indipendenza, è riconosciuto e approvato dal mondo. Il prossimo settembre, chiederemo al mondo, rappresentato dalle Nazioni Unite, di anteporre la propria responsabilità verso il popolo palestinese e mettere in chiaro da che parte sta. Noi chiediamo il vostro aiuto nella nostra nobile ricerca e crediamo che il vostro sostegno nel rivendicare la forza del diritto sopra la brutalità dell’oppressione, porterà avanti nel mondo la causa per la libertà e la pace.
Questo è il motivo per cui vi chiediamo, amici nostri, di portare la nostra voce ai vostri popoli, e fare in modo che il nostro sincero appello per la libertà e per i diritti umani si riversi nel mondo, attraverso il vostro supporto e la vostra mobilitazione.
Dal momento che questi sono i passi verso il riconoscimento internazionale e la ricerca della consacrazione dei nostri diritti nazionali di affermazione, noi confidiamo che il vostro supporto attivo, che ha sempre confermato l’universalità della solidarietà con la giustizia, accenderà una luce sul sentiero battuto da quelli che vogliono stare dalla parte giusta della storia.
Alcuni hanno messo in questione la nostra decisione di andare davanti alle Nazioni Unite. Ma quale organizzazione è più indicata per tale proposito? Le Nazioni Unite sono state la risposta agli orrori della Seconda Guerra Mondiale; un organismo creato per risolvere disaccordi e conflitti in maniera pacifica e civile. Davanti all’ ONU i popoli del mondo hanno dichiarato il loro impegno per i diritti ed i principi che tutti i popoli hanno accettato. In effetti la Carta dell’ONU è l’espressione dei nostri migliori valori e dei nostri più nobili principi. Per questo motivo la Palestina andrà davanti all’ONU nella prossima sessione. Affermare che andare all’ONU è una dichiarazione di guerra o una delegittimazione di Israele, come alcuni in Israele hanno sostenuto, è semplicemente ridicolo. E l’accusa che questo è un passo unilaterale è un tentativo disperato di distorcere i fatti. L’ONU è l’anello che unisce le nazioni, la loro voce collettiva è l’espressione ultima di un’azione multilaterale.
La Palestina è pronta è in grado di aderire alla comunità internazionale come difensore dei valori universali dei diritti umani. Noi abbiamo dimostrato il nostro impegno politico e morale riguardo a questi valori e negli ultimi due anni il mondo è stato testimone dei nostri sforzi per formare uno stato. Recentemente organizzazioni internazionali hanno riconosciuto la nostra idoneità istituzionale per la formazione di uno stato e hanno affermato che l’unico ostacolo è l’occupazione israeliana. Il mondo concorda altresì che l’unica soluzione del conflitto nella regione è la creazione di due stati. Riconoscendo la Palestina, la comunità internazionale proteggerebbe questa soluzione dai continui insediamenti illegali da parte di Israele, che hanno rubato la terra e le risorse palestinesi e minato le prospettive di pace. Chiediamo adesso al mondo di riaffermare il riconoscimento e di consacrare la soluzione di due stati.
Amici, quest’anno il mondo è stato testimone della volontà dei popoli arabi liberi di vivere in dignità e libertà come cittadini. I venti della primavera araba stanno soffiando e l’aria di libertà passerà anche per la Palestina. E non v’è dubbio che i popoli arabi che si sono liberati dall’oppressione e dalla tirannia, stanno considerando la causa palestinese come la loro. I giovani che hanno rovesciato i despoti non perdoneranno né capiranno coloro che adottano l’ipocrisia nella politica, opponendosi alla libertà della Palestina, affermando di avere sostenuto la loro.
Siamo tutti d’accordo nel sostenere che non ci sono aree grigie per quanto concerne i diritti umani, la giustizia e la legge internazionale. C’è una parte giusta e una parte sbagliata nella storia. Invitiamo tutti i popoli amanti della pace a stare dalla parte giusta della storia, di sostenere i principi di dignità e libertà, di supportare la giusta causa dei palestinesi. Contiamo sul vostro aiuto per accogliere la Palestina come 194. membro delle Nazioni Unite in settembre. Votate sì per uno Stato palestinese. Votate sì per la pace.
FATAH COMMISSIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI
PALESTINA
Palestine National Liberation Movement
FATEH
Commissione Rapporti Esterni
Ramallah – Tel:00970-2-2967241/2/3 – Fax: 00970-2-2967240
Website : www.fatehfrc.plo.ps Email : frc@palnet.com
mercoledì 31 agosto 2011
lunedì 29 agosto 2011
TERRORISMO. Nel 10. anniversario dell'11 settembre
Nel 10 anniversario dell’11 settembre
Non vi raccontano che a Tripoli succede una Bengasi o una Falluja all'ennesima potenza: i mercenari Nato, comandati da uno dei più efferati terroristi di Al Qaida, Abdul Hakim Belhadj, assassino che ha operato in tutto il Globo per conto della Cia (come sempre Al Qaida, che ne è stata creata e che ne è manovrata), stanno commettendo carneficine, saccheggiano tutto, uccidono a mani legate i combattenti patrioti catturati, massacrano le famiglie nei quartieri delle case popolari costruite da Gheddafi, danno la caccia, come a Misurata e Bengasi, ai libici neri e agli immigrati dei paesi subsahariani. La Nato lo sapeva, la Nato lo voleva. La Nato continua a bombardare Tripoli e la Libia, segno che Gheddafi e i gheddafiani ci sono. E ci restano, scommettiamo?
Lo strumento risolutivo è sempre il terrorismo. Quelli che la Nato ha affidato al comando del suo boss Al Qaida più qualificato, sempre ovviamente al guinzaglio degli squadroni della morte delle forze speciali Nato, sono quelli che a Bengasi e Misurata hanno compiuto efferatezze sataniche che neanche Dante o Hyeronimus Bosch avrebbero potuto immaginare, sono gli invasati decerebrati, ma ben pagati, che per Cia e Mossad e la civiltà occidentale hanno lavorato in Afghanistan, Iraq, Bosnia, Kosovo (c'era pure l'altro fiduciario, Bin Laden), Cecenia, Al Qaida nel Maghreb, Al Qaida nella Penisola Arabica in Yemen, in parallelo terrorista con i fiorellini "nonviolenti" delle rivoluzioni colorate. Sono quelli che, bontà loro, si sono assunti la paternità Cia-Mossad dell'11 settembre e seguenti. Sono dell'Occidente l'arma di distruzione di massa per eccellenza.
Per coprire la sua complicità, anzi il suo rapporto filiale, con Al Qaida, oggi Washington annuncia di aver abbattuto in Pakistan, con un drone, il "numero due" di Al Qaida in Pakistan, Atijah Abd el Rahman. E' una balla, smentita dal governo pakistano, ma serve a distogliere il gregge dalla sempre più chiara sinergia terrorismo Nato-terrorismo Al Qaida. Cosa fanno tutti i media? Siguen, laufen nach, follow, suivren, seguono. Magari si baloccano con le lieve insofferenze di Amnesty, ben bilanciate, con i 50.000 (cinquantamila!) prigionieri politici di Gheddafi “fatti sparire”, i 4000 delinquenti comuni liberati fatti passare per "prigionieri politici", il “lusso sfrenato” della famiglia Gheddafi sintetizzato in un deplorevole, eccessivo, tracotante idromassaggio. Qualcuno pensi ai lussi di Buckingham Palace, del Quirinale, delle reggie amiche del Golfo ... Sono cose che valgono le “70mila donne stuprate dai gheddafiani a Bengasi”, a cui un'avvocata "indipendente" ha inviato altrettanti questionari, di cui ne ha avuti indietro 60mila (bum!), con però solo(?) 259 che si dichiaravano violentate. Smascherata da giornalisti investigativi Usa seri, le è stato chiesto di esibire i formulari. O, almeno, i contatti delle sue intervistate. Niente, nada, nothing, rien, nichts. Tale è l'informazione della civiltà democratica e assolutamente superiore. In cui s'è fatta confortevole nido la sinistra del del mondo. E' che aveva tanto freddo...tutta sola... tra branchi e mandrie e stormi e mute di estremisti e popoli intemperanti.
Il paradosso da ridicolizzare tutti i paradossi è che, ucciso e buttato a mare un Numero Uno che era morto di diabete nel 2001 in Pakistan, dopo aver formidabilmente servito lo scontro di civiltà scatenato dall’Impero, gli stessi che si accingono a celebrare con vertiginosa e sanguinaria ipocrisia l’11 settembre attribuito ad Al Qaida e che gli ha spianato la strada per l’assalto al restante mondo, fanno spuntare tutto un florilegio di Numeri Due onde non perdere il ritmo e ulteriormente incentivare e allargare la sfera d’azione dei terrorismi di Stato. La sinergia Nato-terrorismo internazionale, come esemplificata oggi dal comando congiunto Nato-boss di Al Qaida a Tripoli, può apparire sbalorditiva solo per i gonzi alla Marco D’Eramo e altri (del “manifesto”) che danno dei “teorici della cospirazione” e dei “complottisti” a chiunque guardi nelle palle degli occhi e tra gli artigli i veri cospiratori. Vedi attacco alla Libia, Afghanistan, Iraq, grazie al complotto delle panzane, vedi la rapina planetaria ai danni di quasi tutta l’umanità grazie al complotto della “crisi”, vedi mafia, massoneria, Vaticano con Opus Dei e le loro strategie occulte intrecciate tra di loro e con la classe politica e il capitale…). E i gonzi sono anche dei timorosi benpensanti, per cui se qualcosa può sembrare sbalorditivo e, dunque, preoccupante, destabilizzante, meglio tapparsi gli occhi e lanciare fette di prosciutto su quelli degli altri.
Vogliamo allora fare una contro-commemorazione dell’ 11/9, accanto all’occasione ufficiale dei terroristi che si propone, come in Norvegia, di allestire spunti, con Al Qaida ed altri, per dare ancora più denti e obiettivi a terrorismo e guerra (e conseguente stato di polizia interno): Siria, Yemen, Somalia, Iran, Pakistan, e poi Myanmar, Corea del Nord, Eritrea, Algeria, l’Africa tutta, Russia… Cina. Noi, nel nostro piccolissimo, però innervato (come dice Bertinocchio) dalla verità, cerchiamo di limarne le zanne e mozzarne la lingua.
11 settembre, che commissione!
Con libri e pubblicazioni il presidente, vicepresidente e primo consigliere giuridico della Commissione parlamentare Usa sull’11/9 – Thomas Kean, Lee Hamilton e John Farmer Jr. (li conosce Marco D’Eramo, occhiuto inviato negli Usa - si sono dissociati fortemente dalla relazione finale della Commissione. Hanno dichiarato che: l’amministrazione Bush ha ostacolato tutti i lavori, ha negato informazioni e documenti, Bush avrebbe accettato di testimoniare solo se fosse stato accompagnato dal vice Dick Cheney (detto “il macellaio”), né Bush né Cheney hanno voluto testimoniare sotto giuramento, dirigenti e funzionari del Pentagono hanno platealmente mentito alla Commissione, testimonianze sono state rifiutate, la Commissione voleva incriminare questi personaggi per ostruzione della giustizia e falsa testimonianza, la Commissione era stata predestinata a fallire, il governo aveva preso la decisione di non dire la verità sull’accaduto, i nastri del NORAD (Comando Usa Nord) raccontano una storia del tutto diversa da quella passata a noi e al pubblico, “ a tuttoggi non sappiamo perché il NORAD ci ha detto ciò che ci ha detto e che era lontanissimo dalla verità”.
Prosegue la denuncia. Alla maggior parte degli interrogativi della famiglie delle vittime non fu data risposta. Testimoni cruciali non furono chiamati. Furono ascoltati solo coloro che sostenevano le tesi governative. La Commissione era un’operazione politica controllata, non una ricerca di fatti e prove. I suoi membri erano tutti politici. Non c’era un solo esperto della materia. Il senatore Max Cleland si dimise dalla Commissione perché “non avrebbe più potuto guardare negli occhi un qualsiasi americano, in particolare i congiunti”.
Si potrebbe immaginare che, se un pugno di inesperti viveur arabi, alcuni dei quali ricomparsi in vita e di cui non c’è traccia in alcuna lista d’imbarco, hanno potuto minchionare la Cia, l’FBI, 16 agenzie di intelligence Usa, tutti i servizi segreti alleati, in primis il Mossad, il Consiglio Nazionale di Sicurezza (organo principe dello Stato di Polizia), il Dipartimento di Stato di una Medusa con i serpenti in testa come Hillary, il Norad, la Sicurezza aeroportuale quattro volte nella stessa mattinata, i controllori del traffico aereo, il presidente, il congresso e tutti i media, eccetera, si dovrebbe poter chiedere come un simile improbabilissmo ambaradan sia potuto succedere. Magari aggiungendo come mai quegli agenti del Mossad, che erano pronti a filmare lo spettacolo e, alla sua riuscita, si sono visti saltellare di esultanza e darsi dei cinque, il cui pulmino rigurgitava di materiale elettronico sofisticatissimo, fossero stati rilasciati e rispediti nel covo Israele dopo pochi giorni.
Marco d’Eramo e tutta l’allegra brigata dei pecoroni collaborazionisti che recitano ancora il rosario delle bufale Usa sull’11/9 (come su Libia e tutti gli altri) farebbero bene, se giornalisti, a bersi un caffè con qualcuno di queste organizzazioni, composte da migliaia di persone: Architetti e Ingegneri per la Verità sull’11/9, Vigili del Fuoco per la Verità sull’11/9, Piloti per la Verità sull’11/9, Scienziati per la Verità sull’11/9, Ricordare la Torre n. 7, Famiglie delle Vittime per la Verità dell’11/9. E non sono gli unici. Ci sono alcuni dei più prestigiosi esponenti Usa e internazionali di queste categorie, quelli che non dipendono da guiderdoni di Stato, quelli che non se la sono fatta sotto davanti alle rappresaglie di carriera, reddito, reputazione. C’è dunque da chiedersi perché mai, mettiamo, 1.500 ingegneri e architetti dovrebbero sostenere una montatura che con ogni certezza gli mette a repentaglio cose della vita assai importanti. David Ray Griffin, accademico Usa, ha scritto 10 libri confutando la versione governativa. In Italia lo ha fatto Giulietto Chiesa, uno dei giornalisti più seri e addentro alle cose. Gli scienziati hanno sottolineato che non è stata data una spiegazione per la fusione dell’acciaio rinforzato. Nessuno ha mai risposto sul crollo, per ovvia demolizione controllata (confermata dal proprietario) della Torre 7, contente gli uffici operativi dell’Intelligence. La relazione non ne ha potuto parlare, nessuno ha mai dato una spiegazione. Una squadra di chimici dell’Università di Copenhagen ha rintracciato tra le macerie di Ground Zero residui di nanotermite, un esplosivo avanzatissimo di potenza nucleare. I dirigenti dei Vigili del Fuoco hanno lamentato che nessuna inchiesta forense è stata condotta sulla distruzione e sui resti degli edifici. I detriti di metallo sono stati portati oltremare entro 24 ore. Il che costituisce reato.
E tralasciamo, rimandando alla miriade di documenti pubblicati, l’elenco massiccio delle aberrazioni e falsificazioni tecniche, smentite inesorabilmente dalle riprese televisive e da operatori sul posto; i retroscena della speculazione borsistica sugli effetti dell’attentato; il ruolo del magnate ebreo Larry Silverstein, neoproprietario di un complesso di grattacieli da abbattere perché obsoleti e pieni di amianto, ma ottimo pretesto per una miliardaria speculazione assicurativa; coloro, amici, affini, impegnati nelle Torri, che furono avvisati in salutare anticipo dell’apocalisse; l’ilare disinvoltura con cui si è sorvolato sul prodigio di scapestrati arabi, falliti all’esame di guida di un Piper, che a New York e a Washington compiono con enormi Boeing acrobazie che i più esperti piloti del mondo giurano che mai le avrebbero potuto compiere. Ma nelle ceneri fumanti dei detriti frantumati s’è trovato, lucido e integro, il passaporto del caposquadra.
Tutto questo diventa quasi irrilevante davanti all’inesorabile e agghiacciante cui prodest dell’intera operazione. L’11 settembre, con i successivi episodi analoghi, quelli fasulli (polverine nelle scarpe o nelle mutande di viaggiatori, esplosivi da allestire in toeletta d’aereo e che avrebbero fumigato l’intera cabina, pullman con fuochi d’artificio a Times Square) e quelli certamente in preparazione, è l’evento decisivo dell’era in cui siamo entrati con il beneplacito della”sinistre” a partire dall’esperimento di laboratorio Contras del Nicaragua di Reagan. Scontro di civiltà, oggi arrivato in Libia, fomentato con l’arma del terrorismo dinamitardo, assassino e mediatico; dittatura della finanza per cancellare la politica e gli Stati sovrani e attuare l’ultimo grande trasferimento di ricchezza e di risorse (ambiente da uccidere) dal basso al minuto cocuzzolo capitalista.
Senatore e viceministro Usa: lezione alle “sinistre”
Scrive Paul Craig Roberts, senatore e, sotto Reagan, sottosegretario del Tesoro, poi presidente o membro di numerose commissioni parlamentari, cattedratico di economia in 6 università Usa, editorialista del Wall Street Journal:
“La versione data dal governo Usa dell’11/9 è la base di partenza per le infinite e interminabili guerre che stanno esaurendo le risorse dell’America e distruggendo la sua popolazione, insieme a tante altre. Ed è il fondamento del nostro Stato di Polizia che finirà con l’abbattere qualsiasi opposizione alle guerre. Gli americani sono incatenati alla storia dell’attacco islamico dell’11/9, perché è questo evento che giustifica la carneficina delle popolazioni civili in numerosi paesi islamici e giustifica Stati di Polizia domestici quale unica difesa dai terroristi. Già abbiamo la metamorfosi di terroristi in “estremisti politici”, “agitatori sociali”, “ambientalisti”, “animalisti”, attivisti antiguerra…
Oggi siamo insicuri, non a causa di terroristi o estremisti interni, ma perché abbiamo perso le nostre libertà civili e non possiamo difenderci da un potere che non deve rendere conto. Forse varrebbe la pena chiedersi, in dibattiti pubblici e in parlamento, come tutto questo abbia potuto succedere”. Non vi pare, Marco D’Eramo e compagnia salmodiante i karma tossici
Finchè rimane in piedi questa Disneyland nucleare che è la versione ufficiale sull’11/9, le nostre parole svaporeranno in quei fumi tossici, le nostre armi politiche saranno ferrovecchio spuntato, non ci sarà salvezza per il mondo. Hic Rhodus, hic salta. Conniventi dell’anticomplottismo, sarete chiamati a pagare. Ma temo solo dai vostri manovratori.
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La Libia di Gheddafi:
-Indennità di disoccupazione: 730$ mensili
(in Libia la vita costa 1/3 rispetto a qui)
Pil pro-capite: 14.192$ – DEBITO/PIL: 33%
(secondo il sito della CIA al 2010 è il paese meno indebitato al mondo)
https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2186ran…
-Ogni membro di una famiglia riceve dallo Stato 1000$ annuali
-Per ogni nuovo nato lo Stato dona alla famiglia 7000$
-Gli sposi ricevono 64.000$ per l’acquisto di una casa
-Istruzione ed università all’estero a carico dello Stato
-Prezzi simbolici dei prodotti alimentari base per le famiglie numerose
-Erogazione gratuita di prodotti medicinali e farmaceutici
-1 litro di benzina costa 0,14$ dunque è più economica dell’acqua
-Energia elettrica gratuita
-All’apertura di un’attività personale si riceve un finanziamento statale di 20.000$
-Per l’acquisto di una vettura il 50% è versato dallo Stato
-Prestiti per l’acquisto di un auto o di una casa senza alcun interesse
-Imposte e tasse extra PROBITE
http://tipggita32.wordpress.com/2011/04/22/eloquent-facts-of-the-socialist-li…
-Indennità di disoccupazione: 730$ mensili
(in Libia la vita costa 1/3 rispetto a qui)
Pil pro-capite: 14.192$ – DEBITO/PIL: 33%
(secondo il sito della CIA al 2010 è il paese meno indebitato al mondo)
https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2186ran…
-Ogni membro di una famiglia riceve dallo Stato 1000$ annuali
-Per ogni nuovo nato lo Stato dona alla famiglia 7000$
-Gli sposi ricevono 64.000$ per l’acquisto di una casa
-Istruzione ed università all’estero a carico dello Stato
-Prezzi simbolici dei prodotti alimentari base per le famiglie numerose
-Erogazione gratuita di prodotti medicinali e farmaceutici
-1 litro di benzina costa 0,14$ dunque è più economica dell’acqua
-Energia elettrica gratuita
-All’apertura di un’attività personale si riceve un finanziamento statale di 20.000$
-Per l’acquisto di una vettura il 50% è versato dallo Stato
-Prestiti per l’acquisto di un auto o di una casa senza alcun interesse
-Imposte e tasse extra PROBITE
http://tipggita32.wordpress.com/2011/04/22/eloquent-facts-of-the-socialist-li…
ALLA MANIFESTAZIONE DEL 30 AGOSTO A ROMA, ALLE 16 DAVANTI ALLA FARNESINA PER LA LIBIA E CONTRO LA GUERRA, IO CI VADO. HO SCOPERTO CHE TRA I PROMOTORI CI SONO ELEMENTI DELL'ESTREMA DESTRA "ANTIMPERIALISTA IMPERIALISTA CAROLINGIA", INSIEME A COMPAGNI E LAICI GENERICI. PAZIENZA. LO SPAZIO CHE OCCUPANO QUESTI ROSSOBRUNI GLIE LO HA REGALATO LA CODARDIA E L'OPPORTUNISMO DELLA SEDICENTE SINISTRA. NON VOGLIO COLLABORARE A QUESTA CESSIONE DI SPAZIO A FAVORE DEGLI EREDI DEI CONQUISTATORI DI ABISSINIA E LIBIA
venerdì 26 agosto 2011
Born in the Usa - Sofri: lo schifo oltre lo schifo
Born in the Usa
In Colombia paramilitari ed esercito hanno ammazzato in 6 mesi 27 sindacalisti, In tutto il 2010 con il narcofascista Uribe ne erano stati uccisi 49. In Honduras una Resistenza appiattitasi sul truffaldino modello elettoralista e partitista dei postgolpisti, salvo valorose eccezioni, soprattutto dello schieramento organizzato indigeno e afrodiscendente e degli studenti, subisce giornalmente la decimazione di militanti, difensori dei diritti umani, giornalisti e soprattutto di contadini del Bajo Aguan che difendono le loro terre dall’assalto delle monoculture di latifondisti e multinazionali. In Messico continua la carneficina delle donne, dei sicari rivali, di civili innocenti, di giornalisti, ad opera della coalizione narcotrafficanti-forze di sicurezza del regime Calderon, installato con frode elettorale e dai narcopadroni di Washington. In Yemen i 37 patrioti sud yemeniti massacrati ieri dall’esercito del fantoccio Usa-saudita Saleh si aggiungono alle migliaia di yemeniti sterminati dai droni Usa e dalle soldataglie del regime: annegata nel sangue, ma in continua espansione, la gigantesca rivolta popolare nonviolenta, devastati i territori tribali degli insorti del Nord, bombardato lo Yemen del Sud dove la maggioranza della popolazione sostiene la lotta armata di liberazione. Per i genocidi e i loro media (manifesto compreso), la copertura sta nel chiamare i rivoluzionari “Al Qaida”. In Somalia si specula su una carestia di proporzioni apocalittiche, ovviamente provocata da devastazioni ambientali causate dall’Occidente, per penetrare, sotto la mimesi degli interventi umanitari, con forze speciali (squadroni della morte) e debellare l’annosa resistenza popolare dei patrioti Shabaab. Alla regione da essi controllata vengono negati gli aiuti con la scusa che gli Shabaab rifiutano l’ingresso alle spie e ai terroristi delle Ong internazionali. Intanto il mercenario regime etiopico fa la sua parte attaccando e sterminando le popolazioni somale dell’Ogaden colpite da carestia anch’esse ma indegne di carità internazionale. Da vent’anni la strategia imperialista punta, a forza di stragi e di fame, a impedire che questa nazione, collocata in posizione di interesse cruciale per i traffici occidentali, abbia pace e sovranità, ne fa una discarica di rifiuti tossici e nucleari, ne depreda i mari (da cui i sacrosanti pirati), gli scatena addosso i vassalli vicini.
A Haiti, dopo aver occupato militarmente l’isola per farne una base anti-latinoamericana e anti-cubana, e dopo aver impedito per lunghi mesi i soccorsi alla popolazione agonizzante, gli Usa, certi conoscitori in anticipo del terremoto e forse suoi provocatori, divorano il paese pezzo per pezzo e favoriscono la diffusione del colera che ha infettato decine di migliaia di persone lasciate senza aiuti, casa, sanità. In Afghanistan, dove ai fini del mercato e delle banche Usa, il regime è stato affidato a una cosca di criminali vendipatria narcotrafficanti, la banda colonialista, in rotta per l’avanzata delle forze popolari di liberazione, uccide con droni e bombardieri quotidianamente decine di civili e altrettanto fa con le incursioni dei droni Cia nel paese alleato Pakistan, violandone la sovranità, come esemplificato in termini grotteschi dall’operazione-farsa Bin Laden. Chi viene risparmiato dai droni, se la deve vedere con gli attentati terroristici che, sulla falsariga dell’Iraq, agenti Cia e Mossad fanno compiere al loro mercenariato locale nelle moschee e nelle piazze affollate. Obiettivo: frantumazione del Pakistan e furto del suo potenziale nucleare in combutta con l’India, usurpatrice del Kashmir e contro la Cina. Il supporto mediatico viene da “giornalisti” del Manifesto come Marina Forti, Emanuele Giordana, Giuliana Sgrena e altri della Lobby, che, islamofobici viscerali, non vedono non sentono non dicono sugli eccidi Isaf-Nato, mentre attribuiscono la grande maggioranza delle vittime a chi lotta contro un’occupazione di marca SS.
In Costa D’Avorio l’assalto colonialista all’Africa si è concretizzato nell’intervento di ONU e forze speciali francesi, sterminatori di migliaia di persone, anche civili, contro il legittimo presidente difensore della sovranità del paese e l’installazione di un licantropo, già dirigente del FMI e fiduciario di Washington. In Siria, ultimo baluardo antimperialista e antisionista della regione, puntello arabo dell’Iran da obliterare presto o tardi, bande di mercenari infiltrati, armati e finanziati dai soliti noti, con il concorso delle satrapie del Golfo, rese apprensive da insurrezioni di massa disarmate che hanno soffocato nel sangue, stanno facendo carne di porco della popolazione civile e delle forze di sicurezza che la proteggono insieme alla sovranità nazionale, ai centomila palestinesi e al milione di iracheni ospitati da Damasco. Non c’è nessuno dei paesi capitati sotto il tiro di Usa, Ue e Israele che, dopo quegli interventi “umanitari” e “portatori di democrazia”, non sia stato infinitamente peggio di prima.
In Iraq, in vent’anni, la “coalizione dei volenterosi” è riuscita a far fuori 3 milioni e mezzo di persone, il 15% della popolazione, ha cancellato dalla faccia della Terra la sua più antica civiltà, ha messo il paese in mano a una banda di ladri e assassini (oltretutto passati al servizio dell’Iran) che hanno provocato la più sanguinosa guerra civile del nostro tempo. I boss di una “comunità internazionale” del tutto fittizia, hanno decretato e fatto accettare all’opinione pubblica la liquidazione dei residui, anche solo formali, del diritto internazionale, dell’autodeterminazione dei popoli, della non ingerenza, dei diritti umani, della sovranità. Nel deserto sociale o postbellico di paesi già liberi e prosperi installano a forza, o con brogli elettorali, despoti tratti dalla criminalità organizzata, alla quale sono affini e che tengono al laccio con il ricatto dei loro guardaroba affollati di scheletri: Karzai, Al Maliki, Jibril, Calderon, Pepe Lobo, Berlusconi, Sarkozy, Abdallah, Saleh…
Ogni tanto, in paesi con governi capricciosi e popolazioni da riportare nella retta fede della “guerra al terrorismo”, cioè della guerra contro tutta l’umanità e il suo habitat, escluse alcune migliaia di necrofagi, si ripete il modello “11 settembre”. Vedi Norvegia e le bombe del terrorismo stragista un po’ dappertutto, dette di “Al Qaida”. Non c’è nessun governante aggredito, diffamato, catturato, “processato”, giustiziato, minato da rivoluzioni colorate o destabilizzato con guerre di bassa intensità, che si possa dire peggiore di ognuno dei governanti della cosiddetta “Comunità internazionale”. La più efferata cupola criminale mai comparsa sulla faccia della terra avanza in oceani di sangue, con la coda della belva retta dal più codardo e ottuso gruppo di ominicchi, ruffiani e quaquaraquà, oscenamente autoproclamatisi “di sinistra”.
Intanto, in Libia
Non c’è un episodio, un luogo, a cui qui sopra di corsa si accenna (e ne mancano altri), che non sia in relazione simbiotica con quanto sta succedendo in Libia, nuova tappa africana e mediorientale per il dominio sulla regione, dopo la conquista della Costa d’Avorio, la normalizzazione delle insurrezioni rivoluzionarie in Tunisia ed Egitto, lo squartamento della Somalia, la repressione nel sangue delle rivolte di massa in Bahrein e Yemen. Tanto per inquadrare la questione e sottrarla alle grinfie perlomeno dei conniventi sinistrati, quelli delle ordalie “democrazia”, “diritti umani”, “dittatura”, va ripetuto all’infinito, va urlato in tutte le direzioni, nelle orecchie di tutti gli zombi pacifisti, “comunisti”, diritto umanisti, mentre imputridiscono avvolti nelle bandiere di un sovranuccolo corrotto e venduto ai colonialisti e nel fango delle contumelie lanciate contro Gheddafi, che tutti i responsabili del terrorismo di portata planetaria con le mani in pasta nei mattatoio del mondo, sono i protagonisti-macellai anche qui. E non solo dalle consolle che da 10mila chilometri, in sale ariacondizionate, sterminano fette di umanità ma, come è stato visto, rivelato e perfino ammesso, con gli squadroni della morte SAS britannici, Seals statunitensi, commandos francesi, sauditi, qatarini, degli emirati. Quelli che hanno messo le spade per i sicari nei solchi di uranio tracciati dagli asettici terminator del Nevada.
Sotto il vestito niente
Frattini, untuoso cicisbeo nella corte dei freaks che nel nostro paese va elemosinando briciole del furto con scasso Nato da coloro che glielo hanno messo nel culo e dai loro pitbull drogati, va ripetendo, con l’ottusità del parvenue che ripete a papagallo le imbeccate del suo signore (un signore come Jibril!), che i presunti ventimila morti dall’inizio del pogrom di Bengasi sono tutti vittime di Gheddafi. Non delle ventimila incursioni Nato sulle città dei civili, non della teppaglia Al Qaida-forze speciali Nato-vendipatria che da Bengasi a Tripoli, non sapendo neanche combattere, ha disseminato la Libia di donne stuprate e di cadaveri inermi sgozzati, arrostiti, smembrati, appesi nelle piazze. Chi vi ha riferito dei 30 soldati lealisti trovati a Bab el Azizieh con le mani legate dietro la schiena e uccisi con un colpo alla nuca? Un barlume in Sky News e basta. Chi, in sei mesi di nefandezze ascari-Nato, vi ha mostrato i video che documentano le orrende atrocità compiute su operai africani neri, civili disobbedienti e prigionieri, donne minorenni, di cui ho inserito alcune sequenze nel mio documentario, traendole da chilometri di materiale digitale? Chi vi riferisce in queste ore della resistenza eroica dei patrioti, della popolazione tutta chiusa in casa a rifiuto dei vessilliferi di un re e di un tempo di abiezione nazionale e di miseria e di chiusura agli stragisti che da 200 giorni ne sterminano figli, mogli, mariti, padri, fratelli, amici.
Qui sotto c’è una testimonianza, diciamo “moderata” e perciò discutibile, della situazione tripolina. Attribuita a una giornalista, non pare avere i caratteri della professionalità, né una visuale esaustiva. Da fonti che, in questi mesi, si sono dimostrate alla verifica dei fatti documentate e attendibili, sappiamo di strade di Tripoli coperte di cadaveri di civili, di donne e bambine prima stuprate, di una città saccheggiata casa per casa, negozio per negozio. Tutto come a Bangasi e a Misurata. Alla guida e all’insegnamento delle orde di tagliagole nel nome di Allah, di Sarkozy e di Obama, i professionistii occidentali di decimazioni collaudati in Iraq e Afghanistan.
Il pifferaio della Farnesina, caricato a molla dal serialkiller Obama, si trascina dietro torme di ratti assatanati di croste scartate da mozzarellari alla diossina: carriera. I primis riconoscenza tra coloro che gestiscono la camera della morte. Flauteggia, per esempio, sui quattro giornalisti italiani malmenati e rapiti dai “gheddafiani” e poi liberati (implicitamente “dai ribelli”). Gli offrono zelanti conferma i quattro esemplari embedded, tentacoli mediatici dei bollettini aziendali del Capitale. Peccato che sulle prime, attingendo da testimoni oculari e oculati, tutte le agenzie e i maggiori giornali dello stesso Impero abbiano comunicato che i quattro avvoltoi delle macerie erano stati presi da malviventi (leggi “ribelli”) e liberati da elementi lealisti. L’avessero confermato, i quattro eroi dell’informazione bellica, chi li sentiva i loro padroni aziendali e politici? Si distinguono tra i ratti, per il rosso marcio, i “democratici”, i diritto- umanisti, i progressisti. Nel “manifesto” che, dopo la volgarmente dispotica intemerata della Rossanda contro chi usava mettere in dubbio la qualità dei “giovani rivoluzionari” e la necessità di brigate alla spagnola in loro soccorso, si va ad altalena tra chi, come Manlio Dinucci o Alessandro del Lago, o Maurizio Matteuzzi, disperatamente cerca di trattenere sulle pagine un minimo di decenza e verità su aggressori e aggrediti, e chi, come Marina Forti, maschera islamofobia ed eurocentrismo atlantico sotto cronache ipocritamente asettiche, senza mai buttare l’occhio sul retroscena geopolitico delle missioni “umanitarie” dei ricchi del mondo. E senza mai inciampare anche in un solo corpo, magari di bambino, frantumato dai persecutori del “Cane Pazzo”. E dire che ne sono lastricate le strade della Libia. Ma non ne vedeva neanche in Afghanistan.
Astarotte che celebra messa
Il colmo del grottesco lo celebra nel “manifesto” il solito Stefano Liberti. Forse per un colpo di questo sole, fatto mostro dalla sapienza ambientalista dei necrofori, forse per un irrefrenabile impulso all’imitazione di “Scherzi a parte”, la direttrice Rangeri ha affidato a questo noto celebratore delle virtù dei “giovani rivoluzionari”, a Bengasi mentre tutt’intorno a lui venivano scuoiati lavoratori neri e uccise famiglie di non consenzienti, un articolo intitolato, tenetevi forte, “La prima vittima della guerra e la verità. Mai così vero come nella guerra libica”. Questo immenso bugiardone, chierico del menzognificio Nato fin dal primo giorno, che ha impestato il mondo di olio di ricino etico per ungere la strada alla marmaglia wahabista stipendiata dai satrapi del Golfo e ai colonialisti di ritorno, ha il coraggio di denunciare menzogne di guerra! Quali poi! Elenca rapidamente un paio delle balle demenziali già sputtanate, come il viagra da stupri collettivi, o le città conquistate solo nelle immagini taroccate del canale del tiranno del Qatar, o i “mercenari africani di Gheddafi”. Ma questa strepitante prefica, che lamenta le bugie e “l’assoluta impunità” che ne copre i propagatori, fa pure il furbetto e, sbandierando, con mano sporca di mendacio, fa suo quello che definisce il “travisamento quasi patologico della verità”, mettendo sullo stesso piano le menzogne dei “giovani rivoluzionari” (mica della Nato, che sia mai!) e quelle di Gheddafi. Anzi, queste ultime risultano le più efferate: il leader che avrebbe ordinato di “snidare i drogati strada per strada” (un falso smentito dalle registrazioni: aveva promesso l’amnistia a chi cedeva le armi e l’arresto a chi le teneva e usava contro il paese), Bengasi che si sarebbe “sollevata in massa”, quando da Bengasi sono fuggite 50mila famiglie terrorizzate dagli orrori compiuti dai golpisti. Ma l’astuzia massima del “giornalista” del “quotidiano comunista” è quella che corona il finale. Perché i ribelli hanno mentito? Ma è ovvio, perché sono cresciuti “nel contesto di una Repubblica delle Bugie”. La “bugia istituzionale è diventato il loro modello di riferimento”… e loro, poveretti, “non hanno fatto altro che riprodurlo”. Già perché la Nato, loro Santo Subito, i regimi che compongono questo democratico concorso di civiltà, sono la più trasparente fucina di verità. Il paradosso con le stellette, Liberti, un passettino avanti però l’ha fatto. Gli va riconosciuto: dopo decine di farfugliate d’amore per i giovani rivoluzionari di Bengasi, stavolta a questi “giovani rivoluzionari” ha messo le virgolette. Deve essergli costato! Mettere uno così a scrivere di menzogne e verità e come affidare a un prete irlandese un orfanotrofio. Il potere ci si diverte.
Lo schifo oltre lo schifo
Non c’è niente di più simile alla rete fognaria di una metropoli monnezzara e cagona, che la rete mediatica dei nostri giorni. Ci sono canali con acque più o meno nere. Qui parlo della cloaca massima. Di un gaglioffo strascreditato, sia per la prosa tortuosa e fuffarola, sia per ciò di osceno quella esprime, condannato x-volte per omicidio e scampato alla totalità della condanna grazie ai suoi atti di sconcio asservimento alla criminalità organizzata ufficiale, burina o cosmopolita, c’era da aspettarselo- Ci sono anni di precedenti del suo sicariato mediatico (“Panorama”, “La Repubblica”, “Il foglio” del commilitone Ferrara) ovunque la necrofagia dei predatori finanziari e militari potesse avvantaggiarsi dei suoi miserabili puntelli. Adriano Sofri, spurgo tossico dell’intellighenzia nazionale, dopo essere stato il leader di un’organizzazione di cui si fece indegno, Lotta Continua (ero al giornale con lui, lo presi a cazzotti per la sua dispotica arroganza), è risalito la scala della rispettabilità pubblica offrendo lieto, piolo dopo piolo, il prezzo dell’autodistruzione morale e politica. La scala è lunga quanto gli anni che lo separano dai servizietti a Craxi. Un ristretto florilegio: le falsità, commissionategli dai servizi segreti bisognosi di pretesti per distruggere Jugoslavia e Serbia, sulle stragi del mercato di Sarajevo, 1993 e 1995, attribuite ai serbi e provate dall’inchiesta ONU responsabilità del compagno fascista Itzebegovic; la satanizzazione di Saddam e dell’Islam, il soffietto democraticista alle destabilizzazioni e ai golpe delle varie rivoluzioni colorate, l’avallo alle mistificazioni dell’11 settembre e seguenti, la militanza alla Apelius per ogni crimine di guerra, l’intimità con i nazisionisti perfino su Gaza… Non se ne è lasciata mancare una, Sofri, di occasioni per dare il suo contributo alle dittature e ai terrorismi del Capitale.
Riassumo le tracce che questo muselide ha evacuato su La Repubblica il 24 agosto scorso. “Sogno una polizia del mondo, catastrofica la rinuncia ad abbattere Gheddafi, irresponsabile non distruggere con tutti i mezzi la tirannide sanguinaria di un buffone, buffone sanguinario che pianta le tende a palazzo Marigny, mentre Sarkozy sfotte l’ottimo Bernard Henry Lévy che lo rimprovera di averlo ricevuto” (questo pagliaccio reazionario, pseudofilosofo come il nostro cacasenno da robivecchi della letteratura, caricatura goblin del pensiero politico, cantore di ogni infamia, è di Sofri il modello supremo). E poi avanti: “fare stragi di civili per abbattere regimi è la contraddizione largamente inevitabile nelle relazioni internazionali; chi vi si sottrae per rispetto alla cosiddetta sovranità nazionale (cosiddetta!) si fa complice attivo di crimini immani”. Trema, Sofri, al pensiero di “cosa sarebbe accaduto alla popolazione indifesa di Bengasi se la Nato non avesse impedito ciò che Gheddafi e i suoi ferocemente giuravano”. Che Gheddafi non ha mai giurato, né immaginato, ma che i briganti del golpe hanno attuato oltre ogni immaginazione splatter darioargentesca.
Non rinunciando a nessuna leccatina ai piedi di coloro a cui deve farsi perdonare, non tanto l’assassinio (si trova tra compari), ma di aver alimentato e organizzato una speranza rivoluzionaria, Sofri pietisce attenzione e remunerazione ai carnefici dissotterrando altri pezzi dall’obitorio: “Sebrenica, Ruanda, Kosovo, il Tibet, gli Uiguri”. Autocastratosi sul piano dell’originalità ideologica, Sofri è ridotto a copiare gli ordini di servizio di Cia, Mossad, MI6 . E meno male che c’è un Tribunale Penale Internazionale che incrimina esclusivamente personaggi dalla pelle più scura e che non stanno alla disciplina della Gestapo planetaria. Peccato che questa benedetta polizia del mondo, dall’ “efficacia universale” contro chi sfugge al brigantaggio di cui Sofri è canarino, quel debosciato di Ban Ki Moon non sappia metterla in piedi. Ma menomale – è questa è grossa – che “Obama ha mostrato di stare dalla parte della primavera nordafricana”. Di quella normalizzata dai generali e fantocci USA-UE in Egitto e Tunisia. Mica dell’altra, quella che l’Obama arabo e primaverile ha lasciato e lascia triturare in Bahrein e Yemen, con migliaia di morti, di cui ci si compiace, mentre si è goduto dei diritti umani importati a Gaza da Piombo Fuso sulle ali dei bombardieri e dei missili d’uranio e fosforo forniti dagli Usa. E menomale che Sarkozy – e questa è ancora più fetida – “forzò la mano a Lega Araba e ai liberatori e salvatori dei diritti umani del Qatar e degli Emirati”, peraltro impegnati a sterminare ribelli dalle loro parti, “e proclamò l’impegno giacobino della Francia ovunque siano minacciati la libertà dei popoli e la democrazia”. Aspettiamo una prossima rettifica storica dell’eccidio degli indiani d’America, inizio di un pallottoliere sul cui il nostro vorrà calcolare i trionfi della democrazia Usa.. Poi l’omuncolo si adira: “Ma come la Libia sì e la Siria no?” Per favore, anche se non c’è il petrolio (questa gli è sfuggita), “in Siria sì”. 20mila morti, almeno, in Libia non bastano a questo botolo mannaro. Il lugubre ruffiano, come ho detto, non si nega nulla e a forza di “interposizione e prevenzione” da generalizzare (alla jugoslava o irachena, 1.5 milioni di vittime dell’embargo) arriva all’auspicio che lo consacra quanto da trent’anni cerca di essere: al meglio un buffone di corte, al peggio un bruffolo della metastasi del capitalismo impegnato nell’estinzione planetaria: “l’intervento di terra, fosse pure a costo della sporca nozione di guerra mondiale”. Quel “sporca” era un atto dovuto all’ipocrisia, che si sa madrina del vizio. Giacchè “ l’esclusione di ogni intervento di terra”, per completare la mattanza, “è un feticcio ingiustificato e anche odioso, espressione del culto imbelle dei nemici di principio di ogni ingerenza”.
Il sogno supremo di Sofri? Un paese democratico e custode dei diritti umani come il Qatar, generosamente precipitatosi in soccorso di una Libia che detiene un petrolio assai più apprezzato del suo, che non aspetta altro che installare sul trono della repubblica rivoluzionaria l’erede dell’illuminato monarca Idris e che dunque viva la vita felice dei sudditi di una famiglia Khalifa Al Thani che dal 1824, per grazia di ottomani e inglesi, ha potuto servire efficacemente i padroni coloniali facendo dello Stato proprietà privata sua e dei soci di maggioranza esteri e dei suoi abitanti un popolo disperso che nome non ha. Per Sofri, l’emiro del Qatar è del mondo arabo, anzi, del mondo, il battistrada.
Ce n’è per vomitare ancora. Quanto, tuttavia, qui si è rigurgitato di sofrismo dovrebbe bastare per annichilire nella vergogna anche l’ultimo stronzo nostalgico del “leader di Lotta Continua”. Questo è il suo finale: “Siamo liberi, abbiamo gridato noi nel 1861, o nel 1945… furono belle giornate”. Già, per te che ti maceri nel rimpianto di non aver potuto essere un Crispi, o un Junio Valerio Borghese
Chi è Jibril
Mahmud Jibril, capomafia di Bengasi. Abbiamo visto questo ominicchio da Berlusconi elemosinare, in cambio di qualche litro di benzina, 350 milioni di dollari rubati al popolo libico (mentre nella Commissione Sanzioni dell’ONU solo il Sud Africa è riuscito a stoppare la rapina Usa di 1 miliardo e mezzo di dollari del Fondo Sovrano Libico, congelati dai predatori per trasferirle nelle tasche proprie e in quelle dei mercenari libici e di altri briganti di strada). Questo burattino sta guadagnandosi rapidamente il riconoscimento occidentale di partner affidabile, come il narcos Karzai o l’assassino di massa Al Maliki, nella depredazione del proprio popolo. Direttore, nel governo libico legittimo, dell’Ufficio Nazionale per lo Sviluppo economico da anni l’infiltrato lavorava alla demolizione delle conquiste sociali, della sovranità e dell’autosufficienza della Libia. Addestrato negli Usa a “Pianificazione Strategica e processi decisionali”, corso per rapinatori imperialisti, era diventato l’interlocutore privilegiato di aziende di consulenza internazionali, prevalentemente britanniche e statunitensi, cioè dei paesi che rosicavano per essere tenuti ai margini della greppia libica. Come tale, ha speso le sue migliori energie al servizio di multinazionali e regimi occidentali, ansiosi di ricondurre la Libia renitente, attraverso rapine, liberalizzazioni, privatizzazioni, esclusioni di potenze rivali, soffocamento della strategia gheddafiana di autonomia panafricana, liquidazione di ogni struttura pubblica, all’ordine della globalizzazione neoliberista, cioè alla condizione di stato fallito e di colonia da predare. Bloccato e neutralizzato da Gheddafi due anni fa, insieme alla risma di sciacalli riunitasi attorno a lui e impedito dal fare altro danno, ha colto il primo istante del colpo di Stato per precipitarsi a Bengasi e concordare con la teppa alqaidista (scuola Cia) e con i razziatori internazionali la spartizione del bottino. Oggi va in giro attuando quanto promesso agli Usa nei cabli del 2008 venuti alla luce: Venite, stiamo cacciando Russi, Cina, India, anche quel po’ d’Europa, non c’è che da investire, anche in infrastrutture, sanità, istruzione, immobili, il petrolio per voi è gratis, e i giovani libici li istruiremo tutti nelle università americane. Quelli che non avremo sgozzati perché parte dei 6 milioni di libici che stanno con Gheddafi, che ancora Gheddafi guida e che con tanti Gheddafi renderanno rovinosi vita e furto dei crociati negli anni a venire.
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Qui sotto una testimonianza diretta da Tripoli, da prendere cum grano salis. Ambiguità o ingenuità?
Testimonianza da Tripoli invasa e devastata
Posted on August 25, 2011 by libyanfreepress| Leave a comment
IN GIRO PER TRIPOLI MESSA A FERRO E FUOCO
di Jacinta Ryan per LibyanFreePress
Sono andata a fare un giro in città!
Ero partita per aiutare alcuni miei amici e colleghi al Rixos, per collaborare ad evacuarli e andare all’hotel Corinthia
Ma sono arrivata tardi e la CROCE ROSSA li aveva già portati al Corinthia: erano tutti fuori.
.
Facce stravolte, appena mi hanno visto mi hanno abbracciata, allucinati! Pensate che Thierry e Mahdi sono stati minacciati da altri giornalisti!
Gli unici giornalisti che ho salutato sono stati quelli di Telesur e uno di CNN, che ho salutato a denti stretti.
Il tragitto che ho fatto, l’ho fatto facendo strade normali, e ci siamo spostati anche sul lungomare.
L’autostrada era stata chiusa, bloccata dalle barricate dei ribelli.
Tutta la città, a parte il quartiere di Buslim e l’hotel Rixos, è sotto il controllo dei ribelli: ci sono check points ogni 100 mt, resti di combattimenti dappertutto e di barricate. Avevano usato containers della MSC, macchine, auto, alberi, ecc., per creare barricate.
Ci sono bandiere monarchiche dappertutto, dipinte su tutti i muri!
La città è veramente un campo di battaglia! Una desolazione!
I ribelli sono tutti giovani, su pick up con artiglieria leggera e pesante! Con loro ci sono pochi adulti. Carne da macello. Che pena mi fanno.
Alcuni di loro forse hanno fatto questa che credono sia una “rivoluzione” perchè vogliono il “cambiamento”, vogliono belle strade, lavori ben pagati, vogliono discoteche, alcool, vogliono una vita come da noi, cioè consumistica e aspirano a quelle inutili e deleterie porcherie che col governo di Tripoli erano limitate.
Chi dirà loro: “grazie, puoi tornare a casa e a scuola, ora prendiamo noi il potere e tu puoi andare a zappare la terra”?
Il problema è che questi “ribelli” di lavorare sul serio e duro non ne hanno proprio voglia: è più facile fare i “rivoluzionari”, sparare in aria e beccarsi la paga da mercenari dagli alleati Nato. Qualcuno spera in un posto nel futuro esercito o polizia, per continuare a fare nulla di costruttivo. Perchè oltre che distruggere e uccidere senza scrupolo chi si oppone alla loro “rivoluzione petroliera”, Nato-Alqaedista, non sono capaci a fare altro.
Hanno al momento il potere, controllano ogni auto e ogni portabagaglio.
Per poter andare in giro tranquillamente io e mio marito abbiamo dovuto accettare un compromesso con un vicino di casa, anti-Gheddafi (ma non “rivoluzionario” fanatico).
Lo so non è bello, ma volevamo vedere con i nostri occhi la situazione in città: sono andata in giro con questo amico, a cui non piace il governo libico, perchè ho amici su entrambi i fronti.
Prima ai check points ti lasciavano passare se avevi la bandiera verde (falso), ora ti lasciano passare se hai quella a strisce monarchica.
Dicono: Allah Akbir, cioè Allah è grande!
Vorrei però sapere che cosa c’entra Allah in questa guerra!
La città è attraversata in lungo e largo da migliaia di pick up con sopra individui armati. Poche auto con “tripolini” con la bandiera monarchica, solo alcuni giovani per strada. Gli adulti sono maggiormente chiusi in casa. I veri tripolini non supportano questi invasori.
Sembra una città fantasma. Che tristezza…..
Sperano che questo sia il momento di inizio per una era di ricchezza, di….tutto!
Non si rendono conto che tutto ciò, a differenza dei loro vicini algerini, marocchini, tunisini, egiziani, loro l’avevano già, o erano sul punto di averlo più pienamente appena le commesse e i contratti, stipulati con varie nazioni in questi ultimi anni, avessero dato i loro frutti.
Ben lo sapevano i petrolmonarchi e signori del petrolio e delle banche occidentali che hanno provocato, finanziato, armato e coperto (con bombardamenti intensi che hanno fatto migliaia di morti civili libici) questa sporca “missione umanitaria”, per rubare le risorse energetiche libiche e stoppare i progetti di Gheddafi di sviluppo per la Libia e l’Africa intera.
Gli adulti di Tripoli sono quasi tutti chiusi in casa…
Prima erano in piazza quelli con le bandiere verdi e in casa nascosti quelli con le bandiere a strisce, ora è esattamente il contrario!
In ogni caso in strada non ci sono FIUMI DI PERSONE, come succedeva prima!
Banche e uffici sono tutti chiusi. negozi sono chiusi al 90%
Quei pochi che supportano questi teppisti armati, che stanno devastando e saccheggiando la Libia, consegnandola incaprettata nelle mani dei vampiri petrolieri euro-yankee, davvero credono che gli uomini che comandano a Bengasi, i quali erano stati emarginati precedentemente dal governo di Gheddafi perchè ladri e corrotti, porteranno loro libertà e benessere più di quanto non ce ne fosse prima.
L’ignoranza e la creduloneria, insieme all’avidità e alla corruzione degli animi, fanno le stesse vittime ovunque nel mondo. E ovunque nel mondo è la stessa organizzazione di uomini di potere e d’affari che spreme e sfrutta il genere umano come polli d’allevamento.
Jacinta Ryan, free-lance australiana, sposata con un libico, professore alla Alfateh University, è da sei anni residente nel centro di Tripoli..
In Colombia paramilitari ed esercito hanno ammazzato in 6 mesi 27 sindacalisti, In tutto il 2010 con il narcofascista Uribe ne erano stati uccisi 49. In Honduras una Resistenza appiattitasi sul truffaldino modello elettoralista e partitista dei postgolpisti, salvo valorose eccezioni, soprattutto dello schieramento organizzato indigeno e afrodiscendente e degli studenti, subisce giornalmente la decimazione di militanti, difensori dei diritti umani, giornalisti e soprattutto di contadini del Bajo Aguan che difendono le loro terre dall’assalto delle monoculture di latifondisti e multinazionali. In Messico continua la carneficina delle donne, dei sicari rivali, di civili innocenti, di giornalisti, ad opera della coalizione narcotrafficanti-forze di sicurezza del regime Calderon, installato con frode elettorale e dai narcopadroni di Washington. In Yemen i 37 patrioti sud yemeniti massacrati ieri dall’esercito del fantoccio Usa-saudita Saleh si aggiungono alle migliaia di yemeniti sterminati dai droni Usa e dalle soldataglie del regime: annegata nel sangue, ma in continua espansione, la gigantesca rivolta popolare nonviolenta, devastati i territori tribali degli insorti del Nord, bombardato lo Yemen del Sud dove la maggioranza della popolazione sostiene la lotta armata di liberazione. Per i genocidi e i loro media (manifesto compreso), la copertura sta nel chiamare i rivoluzionari “Al Qaida”. In Somalia si specula su una carestia di proporzioni apocalittiche, ovviamente provocata da devastazioni ambientali causate dall’Occidente, per penetrare, sotto la mimesi degli interventi umanitari, con forze speciali (squadroni della morte) e debellare l’annosa resistenza popolare dei patrioti Shabaab. Alla regione da essi controllata vengono negati gli aiuti con la scusa che gli Shabaab rifiutano l’ingresso alle spie e ai terroristi delle Ong internazionali. Intanto il mercenario regime etiopico fa la sua parte attaccando e sterminando le popolazioni somale dell’Ogaden colpite da carestia anch’esse ma indegne di carità internazionale. Da vent’anni la strategia imperialista punta, a forza di stragi e di fame, a impedire che questa nazione, collocata in posizione di interesse cruciale per i traffici occidentali, abbia pace e sovranità, ne fa una discarica di rifiuti tossici e nucleari, ne depreda i mari (da cui i sacrosanti pirati), gli scatena addosso i vassalli vicini.
A Haiti, dopo aver occupato militarmente l’isola per farne una base anti-latinoamericana e anti-cubana, e dopo aver impedito per lunghi mesi i soccorsi alla popolazione agonizzante, gli Usa, certi conoscitori in anticipo del terremoto e forse suoi provocatori, divorano il paese pezzo per pezzo e favoriscono la diffusione del colera che ha infettato decine di migliaia di persone lasciate senza aiuti, casa, sanità. In Afghanistan, dove ai fini del mercato e delle banche Usa, il regime è stato affidato a una cosca di criminali vendipatria narcotrafficanti, la banda colonialista, in rotta per l’avanzata delle forze popolari di liberazione, uccide con droni e bombardieri quotidianamente decine di civili e altrettanto fa con le incursioni dei droni Cia nel paese alleato Pakistan, violandone la sovranità, come esemplificato in termini grotteschi dall’operazione-farsa Bin Laden. Chi viene risparmiato dai droni, se la deve vedere con gli attentati terroristici che, sulla falsariga dell’Iraq, agenti Cia e Mossad fanno compiere al loro mercenariato locale nelle moschee e nelle piazze affollate. Obiettivo: frantumazione del Pakistan e furto del suo potenziale nucleare in combutta con l’India, usurpatrice del Kashmir e contro la Cina. Il supporto mediatico viene da “giornalisti” del Manifesto come Marina Forti, Emanuele Giordana, Giuliana Sgrena e altri della Lobby, che, islamofobici viscerali, non vedono non sentono non dicono sugli eccidi Isaf-Nato, mentre attribuiscono la grande maggioranza delle vittime a chi lotta contro un’occupazione di marca SS.
In Costa D’Avorio l’assalto colonialista all’Africa si è concretizzato nell’intervento di ONU e forze speciali francesi, sterminatori di migliaia di persone, anche civili, contro il legittimo presidente difensore della sovranità del paese e l’installazione di un licantropo, già dirigente del FMI e fiduciario di Washington. In Siria, ultimo baluardo antimperialista e antisionista della regione, puntello arabo dell’Iran da obliterare presto o tardi, bande di mercenari infiltrati, armati e finanziati dai soliti noti, con il concorso delle satrapie del Golfo, rese apprensive da insurrezioni di massa disarmate che hanno soffocato nel sangue, stanno facendo carne di porco della popolazione civile e delle forze di sicurezza che la proteggono insieme alla sovranità nazionale, ai centomila palestinesi e al milione di iracheni ospitati da Damasco. Non c’è nessuno dei paesi capitati sotto il tiro di Usa, Ue e Israele che, dopo quegli interventi “umanitari” e “portatori di democrazia”, non sia stato infinitamente peggio di prima.
In Iraq, in vent’anni, la “coalizione dei volenterosi” è riuscita a far fuori 3 milioni e mezzo di persone, il 15% della popolazione, ha cancellato dalla faccia della Terra la sua più antica civiltà, ha messo il paese in mano a una banda di ladri e assassini (oltretutto passati al servizio dell’Iran) che hanno provocato la più sanguinosa guerra civile del nostro tempo. I boss di una “comunità internazionale” del tutto fittizia, hanno decretato e fatto accettare all’opinione pubblica la liquidazione dei residui, anche solo formali, del diritto internazionale, dell’autodeterminazione dei popoli, della non ingerenza, dei diritti umani, della sovranità. Nel deserto sociale o postbellico di paesi già liberi e prosperi installano a forza, o con brogli elettorali, despoti tratti dalla criminalità organizzata, alla quale sono affini e che tengono al laccio con il ricatto dei loro guardaroba affollati di scheletri: Karzai, Al Maliki, Jibril, Calderon, Pepe Lobo, Berlusconi, Sarkozy, Abdallah, Saleh…
Ogni tanto, in paesi con governi capricciosi e popolazioni da riportare nella retta fede della “guerra al terrorismo”, cioè della guerra contro tutta l’umanità e il suo habitat, escluse alcune migliaia di necrofagi, si ripete il modello “11 settembre”. Vedi Norvegia e le bombe del terrorismo stragista un po’ dappertutto, dette di “Al Qaida”. Non c’è nessun governante aggredito, diffamato, catturato, “processato”, giustiziato, minato da rivoluzioni colorate o destabilizzato con guerre di bassa intensità, che si possa dire peggiore di ognuno dei governanti della cosiddetta “Comunità internazionale”. La più efferata cupola criminale mai comparsa sulla faccia della terra avanza in oceani di sangue, con la coda della belva retta dal più codardo e ottuso gruppo di ominicchi, ruffiani e quaquaraquà, oscenamente autoproclamatisi “di sinistra”.
Intanto, in Libia
Non c’è un episodio, un luogo, a cui qui sopra di corsa si accenna (e ne mancano altri), che non sia in relazione simbiotica con quanto sta succedendo in Libia, nuova tappa africana e mediorientale per il dominio sulla regione, dopo la conquista della Costa d’Avorio, la normalizzazione delle insurrezioni rivoluzionarie in Tunisia ed Egitto, lo squartamento della Somalia, la repressione nel sangue delle rivolte di massa in Bahrein e Yemen. Tanto per inquadrare la questione e sottrarla alle grinfie perlomeno dei conniventi sinistrati, quelli delle ordalie “democrazia”, “diritti umani”, “dittatura”, va ripetuto all’infinito, va urlato in tutte le direzioni, nelle orecchie di tutti gli zombi pacifisti, “comunisti”, diritto umanisti, mentre imputridiscono avvolti nelle bandiere di un sovranuccolo corrotto e venduto ai colonialisti e nel fango delle contumelie lanciate contro Gheddafi, che tutti i responsabili del terrorismo di portata planetaria con le mani in pasta nei mattatoio del mondo, sono i protagonisti-macellai anche qui. E non solo dalle consolle che da 10mila chilometri, in sale ariacondizionate, sterminano fette di umanità ma, come è stato visto, rivelato e perfino ammesso, con gli squadroni della morte SAS britannici, Seals statunitensi, commandos francesi, sauditi, qatarini, degli emirati. Quelli che hanno messo le spade per i sicari nei solchi di uranio tracciati dagli asettici terminator del Nevada.
Sotto il vestito niente
Frattini, untuoso cicisbeo nella corte dei freaks che nel nostro paese va elemosinando briciole del furto con scasso Nato da coloro che glielo hanno messo nel culo e dai loro pitbull drogati, va ripetendo, con l’ottusità del parvenue che ripete a papagallo le imbeccate del suo signore (un signore come Jibril!), che i presunti ventimila morti dall’inizio del pogrom di Bengasi sono tutti vittime di Gheddafi. Non delle ventimila incursioni Nato sulle città dei civili, non della teppaglia Al Qaida-forze speciali Nato-vendipatria che da Bengasi a Tripoli, non sapendo neanche combattere, ha disseminato la Libia di donne stuprate e di cadaveri inermi sgozzati, arrostiti, smembrati, appesi nelle piazze. Chi vi ha riferito dei 30 soldati lealisti trovati a Bab el Azizieh con le mani legate dietro la schiena e uccisi con un colpo alla nuca? Un barlume in Sky News e basta. Chi, in sei mesi di nefandezze ascari-Nato, vi ha mostrato i video che documentano le orrende atrocità compiute su operai africani neri, civili disobbedienti e prigionieri, donne minorenni, di cui ho inserito alcune sequenze nel mio documentario, traendole da chilometri di materiale digitale? Chi vi riferisce in queste ore della resistenza eroica dei patrioti, della popolazione tutta chiusa in casa a rifiuto dei vessilliferi di un re e di un tempo di abiezione nazionale e di miseria e di chiusura agli stragisti che da 200 giorni ne sterminano figli, mogli, mariti, padri, fratelli, amici.
Qui sotto c’è una testimonianza, diciamo “moderata” e perciò discutibile, della situazione tripolina. Attribuita a una giornalista, non pare avere i caratteri della professionalità, né una visuale esaustiva. Da fonti che, in questi mesi, si sono dimostrate alla verifica dei fatti documentate e attendibili, sappiamo di strade di Tripoli coperte di cadaveri di civili, di donne e bambine prima stuprate, di una città saccheggiata casa per casa, negozio per negozio. Tutto come a Bangasi e a Misurata. Alla guida e all’insegnamento delle orde di tagliagole nel nome di Allah, di Sarkozy e di Obama, i professionistii occidentali di decimazioni collaudati in Iraq e Afghanistan.
Il pifferaio della Farnesina, caricato a molla dal serialkiller Obama, si trascina dietro torme di ratti assatanati di croste scartate da mozzarellari alla diossina: carriera. I primis riconoscenza tra coloro che gestiscono la camera della morte. Flauteggia, per esempio, sui quattro giornalisti italiani malmenati e rapiti dai “gheddafiani” e poi liberati (implicitamente “dai ribelli”). Gli offrono zelanti conferma i quattro esemplari embedded, tentacoli mediatici dei bollettini aziendali del Capitale. Peccato che sulle prime, attingendo da testimoni oculari e oculati, tutte le agenzie e i maggiori giornali dello stesso Impero abbiano comunicato che i quattro avvoltoi delle macerie erano stati presi da malviventi (leggi “ribelli”) e liberati da elementi lealisti. L’avessero confermato, i quattro eroi dell’informazione bellica, chi li sentiva i loro padroni aziendali e politici? Si distinguono tra i ratti, per il rosso marcio, i “democratici”, i diritto- umanisti, i progressisti. Nel “manifesto” che, dopo la volgarmente dispotica intemerata della Rossanda contro chi usava mettere in dubbio la qualità dei “giovani rivoluzionari” e la necessità di brigate alla spagnola in loro soccorso, si va ad altalena tra chi, come Manlio Dinucci o Alessandro del Lago, o Maurizio Matteuzzi, disperatamente cerca di trattenere sulle pagine un minimo di decenza e verità su aggressori e aggrediti, e chi, come Marina Forti, maschera islamofobia ed eurocentrismo atlantico sotto cronache ipocritamente asettiche, senza mai buttare l’occhio sul retroscena geopolitico delle missioni “umanitarie” dei ricchi del mondo. E senza mai inciampare anche in un solo corpo, magari di bambino, frantumato dai persecutori del “Cane Pazzo”. E dire che ne sono lastricate le strade della Libia. Ma non ne vedeva neanche in Afghanistan.
Astarotte che celebra messa
Il colmo del grottesco lo celebra nel “manifesto” il solito Stefano Liberti. Forse per un colpo di questo sole, fatto mostro dalla sapienza ambientalista dei necrofori, forse per un irrefrenabile impulso all’imitazione di “Scherzi a parte”, la direttrice Rangeri ha affidato a questo noto celebratore delle virtù dei “giovani rivoluzionari”, a Bengasi mentre tutt’intorno a lui venivano scuoiati lavoratori neri e uccise famiglie di non consenzienti, un articolo intitolato, tenetevi forte, “La prima vittima della guerra e la verità. Mai così vero come nella guerra libica”. Questo immenso bugiardone, chierico del menzognificio Nato fin dal primo giorno, che ha impestato il mondo di olio di ricino etico per ungere la strada alla marmaglia wahabista stipendiata dai satrapi del Golfo e ai colonialisti di ritorno, ha il coraggio di denunciare menzogne di guerra! Quali poi! Elenca rapidamente un paio delle balle demenziali già sputtanate, come il viagra da stupri collettivi, o le città conquistate solo nelle immagini taroccate del canale del tiranno del Qatar, o i “mercenari africani di Gheddafi”. Ma questa strepitante prefica, che lamenta le bugie e “l’assoluta impunità” che ne copre i propagatori, fa pure il furbetto e, sbandierando, con mano sporca di mendacio, fa suo quello che definisce il “travisamento quasi patologico della verità”, mettendo sullo stesso piano le menzogne dei “giovani rivoluzionari” (mica della Nato, che sia mai!) e quelle di Gheddafi. Anzi, queste ultime risultano le più efferate: il leader che avrebbe ordinato di “snidare i drogati strada per strada” (un falso smentito dalle registrazioni: aveva promesso l’amnistia a chi cedeva le armi e l’arresto a chi le teneva e usava contro il paese), Bengasi che si sarebbe “sollevata in massa”, quando da Bengasi sono fuggite 50mila famiglie terrorizzate dagli orrori compiuti dai golpisti. Ma l’astuzia massima del “giornalista” del “quotidiano comunista” è quella che corona il finale. Perché i ribelli hanno mentito? Ma è ovvio, perché sono cresciuti “nel contesto di una Repubblica delle Bugie”. La “bugia istituzionale è diventato il loro modello di riferimento”… e loro, poveretti, “non hanno fatto altro che riprodurlo”. Già perché la Nato, loro Santo Subito, i regimi che compongono questo democratico concorso di civiltà, sono la più trasparente fucina di verità. Il paradosso con le stellette, Liberti, un passettino avanti però l’ha fatto. Gli va riconosciuto: dopo decine di farfugliate d’amore per i giovani rivoluzionari di Bengasi, stavolta a questi “giovani rivoluzionari” ha messo le virgolette. Deve essergli costato! Mettere uno così a scrivere di menzogne e verità e come affidare a un prete irlandese un orfanotrofio. Il potere ci si diverte.
Lo schifo oltre lo schifo
Non c’è niente di più simile alla rete fognaria di una metropoli monnezzara e cagona, che la rete mediatica dei nostri giorni. Ci sono canali con acque più o meno nere. Qui parlo della cloaca massima. Di un gaglioffo strascreditato, sia per la prosa tortuosa e fuffarola, sia per ciò di osceno quella esprime, condannato x-volte per omicidio e scampato alla totalità della condanna grazie ai suoi atti di sconcio asservimento alla criminalità organizzata ufficiale, burina o cosmopolita, c’era da aspettarselo- Ci sono anni di precedenti del suo sicariato mediatico (“Panorama”, “La Repubblica”, “Il foglio” del commilitone Ferrara) ovunque la necrofagia dei predatori finanziari e militari potesse avvantaggiarsi dei suoi miserabili puntelli. Adriano Sofri, spurgo tossico dell’intellighenzia nazionale, dopo essere stato il leader di un’organizzazione di cui si fece indegno, Lotta Continua (ero al giornale con lui, lo presi a cazzotti per la sua dispotica arroganza), è risalito la scala della rispettabilità pubblica offrendo lieto, piolo dopo piolo, il prezzo dell’autodistruzione morale e politica. La scala è lunga quanto gli anni che lo separano dai servizietti a Craxi. Un ristretto florilegio: le falsità, commissionategli dai servizi segreti bisognosi di pretesti per distruggere Jugoslavia e Serbia, sulle stragi del mercato di Sarajevo, 1993 e 1995, attribuite ai serbi e provate dall’inchiesta ONU responsabilità del compagno fascista Itzebegovic; la satanizzazione di Saddam e dell’Islam, il soffietto democraticista alle destabilizzazioni e ai golpe delle varie rivoluzioni colorate, l’avallo alle mistificazioni dell’11 settembre e seguenti, la militanza alla Apelius per ogni crimine di guerra, l’intimità con i nazisionisti perfino su Gaza… Non se ne è lasciata mancare una, Sofri, di occasioni per dare il suo contributo alle dittature e ai terrorismi del Capitale.
Riassumo le tracce che questo muselide ha evacuato su La Repubblica il 24 agosto scorso. “Sogno una polizia del mondo, catastrofica la rinuncia ad abbattere Gheddafi, irresponsabile non distruggere con tutti i mezzi la tirannide sanguinaria di un buffone, buffone sanguinario che pianta le tende a palazzo Marigny, mentre Sarkozy sfotte l’ottimo Bernard Henry Lévy che lo rimprovera di averlo ricevuto” (questo pagliaccio reazionario, pseudofilosofo come il nostro cacasenno da robivecchi della letteratura, caricatura goblin del pensiero politico, cantore di ogni infamia, è di Sofri il modello supremo). E poi avanti: “fare stragi di civili per abbattere regimi è la contraddizione largamente inevitabile nelle relazioni internazionali; chi vi si sottrae per rispetto alla cosiddetta sovranità nazionale (cosiddetta!) si fa complice attivo di crimini immani”. Trema, Sofri, al pensiero di “cosa sarebbe accaduto alla popolazione indifesa di Bengasi se la Nato non avesse impedito ciò che Gheddafi e i suoi ferocemente giuravano”. Che Gheddafi non ha mai giurato, né immaginato, ma che i briganti del golpe hanno attuato oltre ogni immaginazione splatter darioargentesca.
Non rinunciando a nessuna leccatina ai piedi di coloro a cui deve farsi perdonare, non tanto l’assassinio (si trova tra compari), ma di aver alimentato e organizzato una speranza rivoluzionaria, Sofri pietisce attenzione e remunerazione ai carnefici dissotterrando altri pezzi dall’obitorio: “Sebrenica, Ruanda, Kosovo, il Tibet, gli Uiguri”. Autocastratosi sul piano dell’originalità ideologica, Sofri è ridotto a copiare gli ordini di servizio di Cia, Mossad, MI6 . E meno male che c’è un Tribunale Penale Internazionale che incrimina esclusivamente personaggi dalla pelle più scura e che non stanno alla disciplina della Gestapo planetaria. Peccato che questa benedetta polizia del mondo, dall’ “efficacia universale” contro chi sfugge al brigantaggio di cui Sofri è canarino, quel debosciato di Ban Ki Moon non sappia metterla in piedi. Ma menomale – è questa è grossa – che “Obama ha mostrato di stare dalla parte della primavera nordafricana”. Di quella normalizzata dai generali e fantocci USA-UE in Egitto e Tunisia. Mica dell’altra, quella che l’Obama arabo e primaverile ha lasciato e lascia triturare in Bahrein e Yemen, con migliaia di morti, di cui ci si compiace, mentre si è goduto dei diritti umani importati a Gaza da Piombo Fuso sulle ali dei bombardieri e dei missili d’uranio e fosforo forniti dagli Usa. E menomale che Sarkozy – e questa è ancora più fetida – “forzò la mano a Lega Araba e ai liberatori e salvatori dei diritti umani del Qatar e degli Emirati”, peraltro impegnati a sterminare ribelli dalle loro parti, “e proclamò l’impegno giacobino della Francia ovunque siano minacciati la libertà dei popoli e la democrazia”. Aspettiamo una prossima rettifica storica dell’eccidio degli indiani d’America, inizio di un pallottoliere sul cui il nostro vorrà calcolare i trionfi della democrazia Usa.. Poi l’omuncolo si adira: “Ma come la Libia sì e la Siria no?” Per favore, anche se non c’è il petrolio (questa gli è sfuggita), “in Siria sì”. 20mila morti, almeno, in Libia non bastano a questo botolo mannaro. Il lugubre ruffiano, come ho detto, non si nega nulla e a forza di “interposizione e prevenzione” da generalizzare (alla jugoslava o irachena, 1.5 milioni di vittime dell’embargo) arriva all’auspicio che lo consacra quanto da trent’anni cerca di essere: al meglio un buffone di corte, al peggio un bruffolo della metastasi del capitalismo impegnato nell’estinzione planetaria: “l’intervento di terra, fosse pure a costo della sporca nozione di guerra mondiale”. Quel “sporca” era un atto dovuto all’ipocrisia, che si sa madrina del vizio. Giacchè “ l’esclusione di ogni intervento di terra”, per completare la mattanza, “è un feticcio ingiustificato e anche odioso, espressione del culto imbelle dei nemici di principio di ogni ingerenza”.
Il sogno supremo di Sofri? Un paese democratico e custode dei diritti umani come il Qatar, generosamente precipitatosi in soccorso di una Libia che detiene un petrolio assai più apprezzato del suo, che non aspetta altro che installare sul trono della repubblica rivoluzionaria l’erede dell’illuminato monarca Idris e che dunque viva la vita felice dei sudditi di una famiglia Khalifa Al Thani che dal 1824, per grazia di ottomani e inglesi, ha potuto servire efficacemente i padroni coloniali facendo dello Stato proprietà privata sua e dei soci di maggioranza esteri e dei suoi abitanti un popolo disperso che nome non ha. Per Sofri, l’emiro del Qatar è del mondo arabo, anzi, del mondo, il battistrada.
Ce n’è per vomitare ancora. Quanto, tuttavia, qui si è rigurgitato di sofrismo dovrebbe bastare per annichilire nella vergogna anche l’ultimo stronzo nostalgico del “leader di Lotta Continua”. Questo è il suo finale: “Siamo liberi, abbiamo gridato noi nel 1861, o nel 1945… furono belle giornate”. Già, per te che ti maceri nel rimpianto di non aver potuto essere un Crispi, o un Junio Valerio Borghese
Chi è Jibril
Mahmud Jibril, capomafia di Bengasi. Abbiamo visto questo ominicchio da Berlusconi elemosinare, in cambio di qualche litro di benzina, 350 milioni di dollari rubati al popolo libico (mentre nella Commissione Sanzioni dell’ONU solo il Sud Africa è riuscito a stoppare la rapina Usa di 1 miliardo e mezzo di dollari del Fondo Sovrano Libico, congelati dai predatori per trasferirle nelle tasche proprie e in quelle dei mercenari libici e di altri briganti di strada). Questo burattino sta guadagnandosi rapidamente il riconoscimento occidentale di partner affidabile, come il narcos Karzai o l’assassino di massa Al Maliki, nella depredazione del proprio popolo. Direttore, nel governo libico legittimo, dell’Ufficio Nazionale per lo Sviluppo economico da anni l’infiltrato lavorava alla demolizione delle conquiste sociali, della sovranità e dell’autosufficienza della Libia. Addestrato negli Usa a “Pianificazione Strategica e processi decisionali”, corso per rapinatori imperialisti, era diventato l’interlocutore privilegiato di aziende di consulenza internazionali, prevalentemente britanniche e statunitensi, cioè dei paesi che rosicavano per essere tenuti ai margini della greppia libica. Come tale, ha speso le sue migliori energie al servizio di multinazionali e regimi occidentali, ansiosi di ricondurre la Libia renitente, attraverso rapine, liberalizzazioni, privatizzazioni, esclusioni di potenze rivali, soffocamento della strategia gheddafiana di autonomia panafricana, liquidazione di ogni struttura pubblica, all’ordine della globalizzazione neoliberista, cioè alla condizione di stato fallito e di colonia da predare. Bloccato e neutralizzato da Gheddafi due anni fa, insieme alla risma di sciacalli riunitasi attorno a lui e impedito dal fare altro danno, ha colto il primo istante del colpo di Stato per precipitarsi a Bengasi e concordare con la teppa alqaidista (scuola Cia) e con i razziatori internazionali la spartizione del bottino. Oggi va in giro attuando quanto promesso agli Usa nei cabli del 2008 venuti alla luce: Venite, stiamo cacciando Russi, Cina, India, anche quel po’ d’Europa, non c’è che da investire, anche in infrastrutture, sanità, istruzione, immobili, il petrolio per voi è gratis, e i giovani libici li istruiremo tutti nelle università americane. Quelli che non avremo sgozzati perché parte dei 6 milioni di libici che stanno con Gheddafi, che ancora Gheddafi guida e che con tanti Gheddafi renderanno rovinosi vita e furto dei crociati negli anni a venire.
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Qui sotto una testimonianza diretta da Tripoli, da prendere cum grano salis. Ambiguità o ingenuità?
Testimonianza da Tripoli invasa e devastata
Posted on August 25, 2011 by libyanfreepress| Leave a comment
IN GIRO PER TRIPOLI MESSA A FERRO E FUOCO
di Jacinta Ryan per LibyanFreePress
Sono andata a fare un giro in città!
Ero partita per aiutare alcuni miei amici e colleghi al Rixos, per collaborare ad evacuarli e andare all’hotel Corinthia
Ma sono arrivata tardi e la CROCE ROSSA li aveva già portati al Corinthia: erano tutti fuori.
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Facce stravolte, appena mi hanno visto mi hanno abbracciata, allucinati! Pensate che Thierry e Mahdi sono stati minacciati da altri giornalisti!
Gli unici giornalisti che ho salutato sono stati quelli di Telesur e uno di CNN, che ho salutato a denti stretti.
Il tragitto che ho fatto, l’ho fatto facendo strade normali, e ci siamo spostati anche sul lungomare.
L’autostrada era stata chiusa, bloccata dalle barricate dei ribelli.
Tutta la città, a parte il quartiere di Buslim e l’hotel Rixos, è sotto il controllo dei ribelli: ci sono check points ogni 100 mt, resti di combattimenti dappertutto e di barricate. Avevano usato containers della MSC, macchine, auto, alberi, ecc., per creare barricate.
Ci sono bandiere monarchiche dappertutto, dipinte su tutti i muri!
La città è veramente un campo di battaglia! Una desolazione!
I ribelli sono tutti giovani, su pick up con artiglieria leggera e pesante! Con loro ci sono pochi adulti. Carne da macello. Che pena mi fanno.
Alcuni di loro forse hanno fatto questa che credono sia una “rivoluzione” perchè vogliono il “cambiamento”, vogliono belle strade, lavori ben pagati, vogliono discoteche, alcool, vogliono una vita come da noi, cioè consumistica e aspirano a quelle inutili e deleterie porcherie che col governo di Tripoli erano limitate.
Chi dirà loro: “grazie, puoi tornare a casa e a scuola, ora prendiamo noi il potere e tu puoi andare a zappare la terra”?
Il problema è che questi “ribelli” di lavorare sul serio e duro non ne hanno proprio voglia: è più facile fare i “rivoluzionari”, sparare in aria e beccarsi la paga da mercenari dagli alleati Nato. Qualcuno spera in un posto nel futuro esercito o polizia, per continuare a fare nulla di costruttivo. Perchè oltre che distruggere e uccidere senza scrupolo chi si oppone alla loro “rivoluzione petroliera”, Nato-Alqaedista, non sono capaci a fare altro.
Hanno al momento il potere, controllano ogni auto e ogni portabagaglio.
Per poter andare in giro tranquillamente io e mio marito abbiamo dovuto accettare un compromesso con un vicino di casa, anti-Gheddafi (ma non “rivoluzionario” fanatico).
Lo so non è bello, ma volevamo vedere con i nostri occhi la situazione in città: sono andata in giro con questo amico, a cui non piace il governo libico, perchè ho amici su entrambi i fronti.
Prima ai check points ti lasciavano passare se avevi la bandiera verde (falso), ora ti lasciano passare se hai quella a strisce monarchica.
Dicono: Allah Akbir, cioè Allah è grande!
Vorrei però sapere che cosa c’entra Allah in questa guerra!
La città è attraversata in lungo e largo da migliaia di pick up con sopra individui armati. Poche auto con “tripolini” con la bandiera monarchica, solo alcuni giovani per strada. Gli adulti sono maggiormente chiusi in casa. I veri tripolini non supportano questi invasori.
Sembra una città fantasma. Che tristezza…..
Sperano che questo sia il momento di inizio per una era di ricchezza, di….tutto!
Non si rendono conto che tutto ciò, a differenza dei loro vicini algerini, marocchini, tunisini, egiziani, loro l’avevano già, o erano sul punto di averlo più pienamente appena le commesse e i contratti, stipulati con varie nazioni in questi ultimi anni, avessero dato i loro frutti.
Ben lo sapevano i petrolmonarchi e signori del petrolio e delle banche occidentali che hanno provocato, finanziato, armato e coperto (con bombardamenti intensi che hanno fatto migliaia di morti civili libici) questa sporca “missione umanitaria”, per rubare le risorse energetiche libiche e stoppare i progetti di Gheddafi di sviluppo per la Libia e l’Africa intera.
Gli adulti di Tripoli sono quasi tutti chiusi in casa…
Prima erano in piazza quelli con le bandiere verdi e in casa nascosti quelli con le bandiere a strisce, ora è esattamente il contrario!
In ogni caso in strada non ci sono FIUMI DI PERSONE, come succedeva prima!
Banche e uffici sono tutti chiusi. negozi sono chiusi al 90%
Quei pochi che supportano questi teppisti armati, che stanno devastando e saccheggiando la Libia, consegnandola incaprettata nelle mani dei vampiri petrolieri euro-yankee, davvero credono che gli uomini che comandano a Bengasi, i quali erano stati emarginati precedentemente dal governo di Gheddafi perchè ladri e corrotti, porteranno loro libertà e benessere più di quanto non ce ne fosse prima.
L’ignoranza e la creduloneria, insieme all’avidità e alla corruzione degli animi, fanno le stesse vittime ovunque nel mondo. E ovunque nel mondo è la stessa organizzazione di uomini di potere e d’affari che spreme e sfrutta il genere umano come polli d’allevamento.
Jacinta Ryan, free-lance australiana, sposata con un libico, professore alla Alfateh University, è da sei anni residente nel centro di Tripoli..
martedì 23 agosto 2011
Tripoli, oggi più che mai suol d'amore. Il nostro.
La storia è un resoconto perlopiù falso di eventi perlopiù insignificanti provocati da governanti perlopiù delinquenti e da soldati perlopiù idioti. (Ambrose Bierce, scrittore Usa, 1842-1914)
Liquidiamo per prima cosa gli sciacalli collateralisti travestiti da sinistri, oggi tutti o rintanati in un abisso di vergogna, o garruli, più impudichi, celebratori di diritti umani e democrazia ristabiliti. Come Vendola - "Israele ha fatto fiorire il deserto" - Rossanda -"Brigate internazionali a sostegno dei giovani rivoluzionari di Bengasi", o il poco noto sedicente esperto di Latinoamerica e spocchioso tuttologo dell'intossicazione imperialista, Carotenuto - "I cecchini di Gheddafi sparano sui bambini". Li scopriamo, sotto gli scintillanti panni arcobaleno, imbrattati di merda e grondanti di sangue del popolo libico e confinati per l'eternità nella fangazza dei caimani, peggiori del guiitto mannaro: traditori e rinnegati.
Liquidiamo per prima cosa gli sciacalli collateralisti travestiti da sinistri, oggi tutti o rintanati in un abisso di vergogna, o garruli, più impudichi, celebratori di diritti umani e democrazia ristabiliti. Come Vendola - "Israele ha fatto fiorire il deserto" - Rossanda -"Brigate internazionali a sostegno dei giovani rivoluzionari di Bengasi", o il poco noto sedicente esperto di Latinoamerica e spocchioso tuttologo dell'intossicazione imperialista, Carotenuto - "I cecchini di Gheddafi sparano sui bambini". Li scopriamo, sotto gli scintillanti panni arcobaleno, imbrattati di merda e grondanti di sangue del popolo libico e confinati per l'eternità nella fangazza dei caimani, peggiori del guiitto mannaro: traditori e rinnegati.
Calpesta questi vermi Hugo Chavez che, ancora una volta, ha tuonato contro le aberranti nefandezze dei “democratici governi europei e Usa impegnati a radere al suolo Tripoli, le scuole, gli ospedali, le case, i posti di lavoro, i campi coltivati, le fabbriche, i rifornimenti idrici ed elettrici con il suo milione e mezzo di abitanti”, adducendo a scusa una “rivoluzione” che non è che un colpo di Stato “mirato a prendersi il paese e le sue ricchezze” . Dietro a Chavez c’è quasi l’intera America Latina, quasi tutta l’Africa, gran parte dell’Asia, a dispetto degli infingardi medvedeviani e cinesi. E questi cavalieri dell’Apocalisse, rappresentanti di un mero 7% dell’umanità, in maggioranza, poi, nemmeno omologati sui crimini dei loro “rappresentanti”, osano definirsi “comunità internazionale”. Senza contare che ormai, nella “comunità internazionale”, questi non sono da tempo rappresentanti di nessuno, se non della manica di criminali psicopatici rintanati nei forzieri.
E veniamo a come sembra stiano le cose secondo le uniche voci oneste sopravvissute a Tripoli. Sopravvissute, perchè ne va della loro vita, visto che le spie della Cia e dell'MI6, fattesi passare per giornalisti nell'Hotel Rixos, li hanno minacciati di morte e cercano di farli fuori. Me li ricordo, quei "giornalisti" yankee e britannici, in ascolto spocchioso e irridente alle nostre conferenze stampa in cui portavamo documenti, immagini e testimonianze degli orrori compiuti dai mercenari e dalla Nato. Ricordo le loro domande di spie: "A quale formazione politica appartieni?" "Cosa guadagnate dal farvi trombettieri delle truffe e bugie di Gheddafi?" "Chi vi paga?" "Siete complici dei mercenari di Gheddafi che stuprano bambini". "Vi rendete conto che siete operativi del terrorismo contro la democrazia e la comunità internazionale?"
Ora quell'hotel, senza più personale, si è diviso in due contrapposti fortini: da un lato i giornalisti veri, in prima linea Thierry Meyssan e Darius Nazemroaya, che gli agenti angloamericani cercano di far fuori, dall'altro i mercenari mediatici. Gli stessi che viaggiando per le strade della Libia segnalavano alla Nato i posti di blocco da disintegrare. E' per le strade così "ripulite" che le bande del mercenariato Nato hanno potuto avanzare grazie all'intervento incessante degli elicotteri d'assalto, dei droni e dei bombardieri, che spazzavano gli spazi davanti a loro. Nulla di quanto sta avvenendo è merito di questo branco di belve subumane unicamente motivate dal bottino e dagli orgasmi da sevizie e morte. Senza le stragi Nato non sarebbero stati capaci di far altro che continuare a dare la caccia agli africani neri, alle ragazze da violentare e poi uccidere (stile narcos al soldo degli Usa in Messico), a chi non si schierava con loro. La forza d'urto principale è stata esercitata dalle montagne alle spalle di Tripoli nelle quali nelle scorse settimane erano arrivate, su piste improvvisate, valanghe di armamenti pesanti, con il beneplacito del governo dellaTunisia, da qualcuno (Giuliana Sgrena e mistificatori vari) ancora definito espressione della "primavera dei gelsomini" (qualifica tesa a sacralizzare anche le operazioni Cia delle rivoluzioni arancioni, dei garofani, delle rose e di colori e fiori vari). Governo tunisino che, rivoluzionariamente, spargendo gelsomini, è balzato sul carro da morto di passaggio e ha riconosciuto il sedicente Consiglio di Transizione, così tagliando il cordone ombelicale a tutto un popolo, E' la democrazia, cretino!
I tumulti di Tripoli, comunque, sembra non siano tanto merito di contingenti di mercenari invasori, in ogni caso guidati e appoggiati da teste di cuoio occidentali, quanto da "cellule dormienti" infiltrate da tempo e che si sono mosse al segnale lanciato da certi muezzin dai minareti a partire da sabato scorso. Il meccanismo, ripetuto in questi giorni, è questo: la Nato lancia di notte attacchi di portata terrificante su una zona, o un centro, distruggendo tutto e facendo fuggire o uccidendo la popolazione (1.300 in 9 ore domenica scorsa, 5000 feriti). Nel vuoto si precipitano i mercenari con telecamere al seguito, sbraitano, sparacchiano e... spariscono, mentre l'area torna ad essere popolata da abitanti che rientrano sotto la protezione delle forze lealiste. Si parla addirittura di "ribelli" cacciati dalle loro posizioni 80 km a ovest di Tripoli (Zauija).
Così, pare, oggi a Tripoli, dove sarebbe in corso la controffensiva dei lealisti che avrebbe svuotato la città dai mercenari per il 90%, salvo sacche nei sobborghi. E a ennesima dimostrazione della rozzezza dei bugiardi: i figli di Gheddafi, Seif e Mohammed, sono liberi e in lotta. Il problema grande è che, come si creano distanze tra i due fronti, i killer Nato hanno agio di infierire su Resistenza e popolazione civile, ovviamente, come fatto a partire del 19 marzo, senza il minimo riguardo per la popolazione nella quale i combattenti patrioti si muovono. L'altra notte è passato su RAI Tre un grande film su Marzabotto. Sinistri e celebranti vari commemorano in lacrime quegli eventi. in Libia la nostra "comunità internazionale" di Marzabotto e S.Anna di Stazzema ne hanno perpetrato centinaia, all'ennesima potenza. E' la democrazia, cretino! E ora stanno facendo a Tripoli quello che hanno fatto a Dresda, a Baghdad, a Falluja, a Gaza. Terminator nutriti di morte, amici, anzi padroni omaggiati, di Napolitano, Bersani, Flavio Lotti, Pannella e tutta la fangazza sinistrata d'Italia. Lordi tutti del sangue di un popolo genocidato dopo l'altro. A quando l'incendio purificatore e salvifico che li incenerirà?
Non finisce qui. Non c'è nessuna stretta finale, Gheddafi morirà in combattimento o trucidato, come Saddam e Milosevic, in qualche postribolo da tutti consacrato tribunale e dove, sullo scranno delle marchette, sono assise "madame" come Carla del Ponte, Antonio Cassese (quello del tribunale farsa prima della Jugoslavia e poi del Libano), Moreno Ocampo. Così come si omaggia Napolitano, il peggiore presidente mai avuto nella Repubblica, "difensore della Costituzione". Colui che rischia, avvenuta la nemesi, di passare alla storia giusta con il titolo di "presidente fellone". Accanto a gentaccia come Laval, Petain, Badoglio e, oggi, accanto a pagliacci zannuti Nato alla Karzai, Al Maliki, Micheletti, Calderon, Abu Mazen, Mesic... L'uomo che ha spianato la strada alla P2
Gheddafi, mille Gheddafi, continueranno a guidare la lotta dei libici, dovesse durare un'altra volta trent'anni, come sotto i macellai Graziani, Badoglio, Mussolini (avete constatato come questi massacratori dei mandanti Obama e Cameron e banchieri che li manovrano, siano addirittura peggio, molto peggio, di quegli antesignani della civiltà superiore bianca cristiana?). Alimentiamo i fuochi sacri dei libici. A partire dalle palle infuocate di verità da lanciare addosso alle prostitute nel postribolo. .