«È motivo di sorpresa e di
riflessione vedere persone che si danno da fare in tutti i modi per cercare di
sopravvivere mentre sono tenute nella condizione di animali in gabbia,
sottoposti ad un costante, casuale e sadico meccanismo punitivo che ha il solo
scopo di umiliarle. Fondamentalmente Israele e gli Stati Uniti non fanno altro
che tenerli in vita. Non vogliono affamarli a morte, ma hanno sistemato le cose
in modo tale che i palestinesi non possano avere una vita dignitosa. Ed in
effetti una delle parole che si sente pronunciare più spesso è dignità...
Fondamentalmente Israele non vuole che i palestinesi tirino su la testa. È una
pentola a pressione, pronta a scoppiare. Nessuno può vivere così, tanto a
lungo. È una prigione a cielo aperto».(Noam
Chomsky)
Siamo parte della sinistra radicale, non abbiamo
guadagnato voti avvicinandoci al centro. Abbiamo lottato a mani nude contro la
repressione più brutale d’Europa… Per noi socialismo e comunismo sono
indivisibili con la democrazia, la partecipazione e la libertà. Siamo nati e
cresciuti lottando contro la socialdemocrazia che ci ha portato in questa
crisi. Syriza rappresenta la grande bellezza del socialismo e comunismo, della
sinistra anticapitalista e rivoluzionaria, del comunismo libertario e
dell’autonomia dei nuovi movimenti. (Alexis
Tsipras).
Dicesi pantomima quando una o più persone dicono
o fanno alcuna cosa simulatamente per ingannare altrui e celare la propria
intenzione. Così Carlo Goldoni, che di pantomime (e pantomimi,
coloro che la fanno), alla luce dei poteri corrotti e truffaldini dell’epoca,
se ne intendeva e li metteva in scena perché i gonzi si trasformassero in
avveduti. Il suo tempo vedeva fiorire un illuminismo che, poi con la
rivoluzione francese, avrebbe scardinato e annichilito i regimi assolutisti e
schiavisti delle società
cristiano-feudali. Età di lumi che, attenuatisi nel secolo successivo,
sarebbero tornati a splendere per qualche tempo dopo il 1917, per poi spegnersi
del tutto negli anni del nostro sconforto. Anni in cui il fare alcuna cosa simulatamente per ingannare altrui e celare la propria
intenzione si è fatto regola di governo e di costume. E i gonzi si sono
fatti maggioranza assoluta e, per esempio, applaudono a Premi Nobel per la pace
come Obama, l’Unione Europea, Kissinger, Begin, Aung San Suu Kyi e Shirin Ebadi,
o si fanno governare da organizzazioni criminali come Goldman Sachs,
Bilderberg, mafia e loro surrogati locali. Nella schiera dei pochi avveduti
sopravvissuti ci si ostina a spiegare che la pantomima è perlopiù la
trasfigurazione di tragedie di cui non ci si rende conto e sulle quali non ci resta che…ridere.
Pantomima alla palestinese
La pantomima può essere o sceneggiata, o farsa. Da noi, vista
l’abbondanza di guitti tra gli attori, la tragedia viene di solito
metamorfizzata in farsa. Altrove, dove prevalgono i cattivi seri e garantiti da
totale impunità, si ha la sceneggiata, con tanto di sangue e lacrime.
Incominciamo da qui.
In Palestina, visto che, d’intesa con gli affini despoti
teocrati d’Egitto e del Qatar, Israele aveva fatto finta di concedere agli
ex-terroristi di Hamas una piccola comparsata sulla scena geopolitica
mediorientale, si trattava di ristabilire l’equilibrio tra i nominali
avversari, offrendo un biscottino anche a Fatah e ANP. E di coprire con il
ruolo del mediatore di pace il dittatore islamista, Mohamed Morsi, testè installatosi
in Egitto, paladino di Camp David e socio di minoranza Usa. Così avvenne, solo
pantomimicamente deprecato da USA e sodali, come dalla stessa banda nazisionista,
il riconoscimento all’ONU della Palestina come Stato-Nonstato, però
“osservatore”. Israele e gli Usa, sanno benissimo, nella temperie attuale con una
stragrande maggioranza di governi e opinioni pubbliche stufi della protervia di
Israele e della sua troppo evidente natura politically
incorrect e fuorilegge, che tirare ancora
la corda attorno al collo dei palestinesi avrebbe suscitato troppe perplessità.
Già non si sta mettendo molto bene in Siria, con quegli scalmanati di alleati petrotiranni
e ascari islamisti tagliagole, che sempre meno riescono a proiettare al mondo l’indispensabile
immagine di “giovani rivoluzionari e portatori di democrazia”. E poi, sbattere
in faccia al quisling Abu Mazen - Mahmud Abbas – lo spioncino del portone dell’ONU,
dopo aver massacrato quasi 200 civili e polverizzato un altro po’ di quartieri
a Gaza, poteva colmare la misura al punto da costringere i reggicoda arabi ed
europei di Israele a emettere qualche uggiolìo di disagio.
Le perplessità e alcune controindicazioni nel bugiardino di
questo placebo prescritto dall’ONU ai palestinesi, espresse da competenze in
loco (penso a Michele Giorgio del “manifesto” e a commentatori arabi), sono
state spazzate via dalle mille bandiere
svettanti in una Palestina festante e dall’uragano di applausi levatosi
indistintamente lungo tutto l’arco dei solidarismi palestinesi e dei regimi
registi, protagonisti o figuranti, della rappresentazione. In prima fila a
spellarsi le mani per la “vittoria epocale”, la “svolta”, il “primo passo verso
il riscatto”, i predicatori della nonviolenza, i pacifisti ad oltranza, i
dirittoumanisti, quelli del “fuori gli estremisti, dentro i moderati”. Insomma
quelli alla “manifesto”, alla “Morgantini”, alle varie ONG che perorano il
dialogo tra israeliani e palestinesi ”buoni” e che, con il quisling riscattato,
finalmente potevano, senza vergogna, sostenere l’ANP. Indifferenti al dato che
di israeliani “buoni” in Israele ne
trovi pochi più di quanti Diogene con la lampada ne trovava di uomini. E i palestinesi
buoni sono tutti quelli che Abu Mazen intrattiene a tavola con le pietanze
elargite dai suoi pupari in cambio della totale liquidazione dei “cattivi”.
La collera diventa incontenibile quando si pensa a questi gentlemen e gentlewomen che predicano ai palestinesi la nonviolenza e il
dialogo, senza aver lontanamente vissuto l’enormità dei soprusi e dei crimini
da loro subiti per sessant’anni. Fregoli che, quando passano per la porta
girevole nelle vesti di laici dirittoumanisti, si sgolano a deplorare i veli in
testa alle donne afghane o iraniane e, un attimo dopo, uscendone coperti dal
burka, festeggiano il rinsavimento pacifista palestinese, assicurato dai
sultani wahabiti che spediscono cacciatori di teste femminili in Libia e Siria.
Amici del giaguaro che chiudono gli occhi sul fatto che, dalla frode di Oslo in
qua, ogni fase di dialogo ha strappato ai palestinesi un altro pezzo di terra,
di diritti e di vita, mentre i rovesci più gravi gli occupanti li hanno subiti al
culmine della seconda Intifada, quando l’immigrazione ebraica si rovesciò in
fuga, gli insediamenti si bloccarono, gli investimenti esteri si arenarono, o si
sottraevano e l’entità sionista vacillò, subendo la prima recessione dagli anni
della sua creazione. Quando nel mondo le strade riecheggiavano del grido Fe-Fe-Fedayin.
Per cui i pur sgargianti vestiti con cui il reuccio
cisgiordano si è esibito dal palco delle Nazioni Unite, allo sguardo del
bambino incontaminato non potevano nascondere le nudità oscene di un proconsole
che da anni fa da palo ai rapinatori e assassini del suo popolo. Cosa mai ci si
poteva aspettare da uno, e dalla sua cricca di grassatori agli ordini
dell’Impero, che aveva, insieme all’agente
Cia Mohammed Dahlan, discusso con gli israeliani l’eliminazione di Arafat; che
reprimeva nel sangue e nel carcere ogni resistenza all’occupazione e a dispotismo
e corruzione; che da anni, e anche alla vigilia del voto ONU, a Israele ha
concesso ogni cosa, compreso il silenzio-assenso sul crimine storico del ’47. Fino
al raccapricciante tradimento del diritto al ritorno di 5 milioni di profughi e
all’obbrobrio di giustificare “Piombo Fuso” con i razzetti di Hamas. Uno la cui
debacle alle recenti elezioni in
Cisgiordania, con Hamas, forza politica maggioritaria esclusa, aveva misurato
il consenso di cui godeva e aveva preoccupato i suoi sponsor.Toccava
rimpannucciarlo un po’. Anche perché i padrini Usa, sia di Israele che dei petroleotenientes del Golfo, preferiscono, ceteris paribus, un’ ANP con dietro nessuno a un Hamas con dietro
una spalla miliardari sauditi e qatarioti e, dietro l’altra, potenze
demografiche e militari islamiste come Egitto e Turchia, tutti quanti in
fregola di egemonia regionale.
Ai fuochi d’artificio di Ramallah e Gaza corrispondevano poi,
con meno attenuanti e meno sincerità, i peana sollevati dai plaudenti delle
nostre parti. Un plauso alimentato, al meglio, da dabbenaggine, al medio da
pacifismo, al peggio da collusione. Ma soprattutto dall’ipocrisia di chi si
sentiva sollevato dall’incubo di dover sostenere una lotta di liberazione vera,
sempre a rischio di qualche sassata o Molotov. Bisogna però anche capire gli
ingenui e illusi in buona fede, soprattutto i disperati di Palestina, che hanno
voluto vedere nell’emersione momentanea di uno Stato palestinese dalla sua
esistenza di videogioco, pur fuori dalla famiglia delle nazioni “normali”, pur
surrealisticamente configurato sul terreno come un lego su cui si sia
schiantato un macigno, una novità positiva. Di Palestina, bene o male, s’è
parlato alle Nazioni Unite, 150 paesi le hanno concesso di osservare cosa fanno
gli Stati veri, i palestinesi potranno ricorrere al Tribunale Penale
Internazionale (quello di Moreno Ocampo, quello che incrimina esclusivamente
governanti del Sud del mondo sgraditi agli Usa), seppure non alla più
attendibile Corte di Giustizia. Però tocca vedere fino a che punto questi
boccaloni e speranzosi copriranno con la mimetica della loro fiducia la realtà
che andrà sviluppandosi sul terreno. Sarà imbarazzante e penoso essere costretti
a rinsavire, quando si vedrà come nella realtà nulla cambierà in meglio per il
popolo palestinese, come la presunta primavera araba trapiantata in Palestina
dal voto dell’ONU sia stata presto desertificata, allo stesso modo, con gli
stessi pupari e con le stesse marionette, visti all’opera altrove.
Al momento il bilancio è il seguente. Come Stato Osservatore,
al popolo palestinese è ora concesso di osservare che: l’emergente necessità
storica e morale di uno Stato democratico e laico unico, di alloctoni e
autoctoni, è stata rimpiazzata dall’illusione dei Due Stati, di cui il primo la
reggia e l’altro la baracca della servitù; Israele continua ad ammazzare gente
a Gaza e a incarcerarla e torturarla in Cisgiordania; l’Egitto, per quanto
fratello musulmano di Hamas, non si sogna di infrangere il blocco di Gaza,
aprendo il valico di Rafah; Netaniahu aggiunge altre 3000 abitazioni ai
carcinomi urbani che hanno frantumato il residuo 17% della Palestina storica (che
l’ONU, avendole già staccata la Transgiordania affidata a re Hussein, aveva
diviso più o meno a metà); gli USA, per non sverniciare troppo il nero Obama,
si sono limitati a alzare il sopracciglio sinistro, ma anche a minacciare di
tagliare i viveri qualora emergessero elementi di disturbo; il reggente di
Israele, Abu Mazen, di conserva con Hamas, ha affidato le sorti della sua gente
alle dittature famigliari proprietarie dei popoli del Golfo, le stesse che
hanno annientato, o stanno annientando, o promettono di annientare, gli ultimi
autentici sostenitori della causa palestinese, dall’Iraq alla Libia, dalla
Siria all’Iran; lo stesso rinnegato ha assicurato ai genocidi l’esilio, senza
fine mai, di cinque milioni di fratelli profughi e ha svenduto il diritto dei
palestinesi a denunciare Israele per un olocausto peggiore di quello attribuito
ai nazisti, perché durato sessantacinque anni anziché tre. Chissà se ci saranno
ancora palestinesi quando, alla fine di tutto, potrebbero osservare la cricca
di Abu Mazen incastrata nel ghiaccio di Antenore, IX Cerchio, accanto a Gano di
Maganza e Ugolino della Gherardesca.
Pantomima all’Italiana
ROSSANA ROSSANDA SU “SBILANCIAMOCI”
Quello di Renzi è soprattutto un giovanilismo
senza troppi interrogativi e senza complessi: spostatevi, vecchi e incapaci, e
fateci posto. Non me la sento neanche di rimproverargli l’effetto che il
giovanilismo fa a chi si ricorda “Giovinezza giovinezza” da piccolo, perché il
fascismo aveva un carico di contenuti che Renzi non ha, salvo forse un certo
disprezzo, ai limiti del turpiloquio anch’esso toscano. Per il resto il
renzismo non vuol dire nulla, salvo una smania di cambiare il personale
politico, resa dubbia dall’essere tutti e inevitabilmente circondati da giovani
intelligenti e vecchi scemi o viceversa, praticamente in eguale misura.
Va citata, questa scientifica analisi della vacca sacra
della sinistra italiota, per la solita ottusa sottovalutazione e spocchiosa
banalizzazione del fenomeno, reazionario e restauratore, più che conservatore,
Matteo Renzi, quale “giovanilista senza troppi interrogativi” e turpiloquente.
Il personaggio è tanto un pirlotto burino, saltimbanco tattico, quanto l’astuto
strumento strategico di una Vandea di ritorno che, da “sinistra”, agli ordini
della Cupola, punta alla prosecuzione e alla radicalizzazione del sociocidio
montiano. Scintillante aspirapolvere spedito a sottrarre al deleterio fenomeno
Grillo il pulviscolo di masse insofferenti, con la promessa del ricambio
generazionale. Che però sottintende il vero grande cambiamento a venire: la restaurazione
di un’oligarchia assolutista di feudale memoria, che verrà però chiamata Terza
Repubblica. Il maturetto fighetto, per sottrarre questo lavoro al detrito
migliorista che qualcuno osa definire “socialdemocratico” (Rosa Luxemburg si
rivolta nella tomba), protagonista di un’era di stragi liberiste,
cementificatrici e guerrafondaie un tantino moderate, non ha ritenuto di opporre
contenuti. Scontro tra vuoti con mascalzonate in cassetta di sicurezza.
Giustizia sociale, ambiente, equità, uguaglianza, salute, istruzione, legalità,
sovranità, pace, unité, egalité,
fraternité, li lascia ai dibattiti tra i gentiluomini del Terzo Settore,
ora Quarto Polo e Quinto Girotondo. Tanto meno ci si deve curare di arcaismi
come la costituzione. Sarebbe stato fare “demagogia”, “antipolitica” e “populismo”.
Gli è bastato indicare nei peggiori criminali di guerra
dei millenni cristiani i suoi mandanti e garanti: Obama, Blair, Clinton, i loro
santoli a Wall Street e nelle Cayman, giù giù, fino a Fornero e Monti. Per la
politica estera, il solco è tracciato dal Mossad: mentre i rivali bofonchiavano
qualcosa sullo Stato della Palestina accanto a quello degli ebrei, lui
accantonava come irrilevante la questione, individuando l’ombelico del male
mondiale nell’Iran, “sul quale si dovrà pure intervenire”, quanto meno
rilanciando (facendo rilanciare dalla Cia) quella “rivoluzione verde” le cui
gnocche dalle unghie laccate tanto lo avevano affascinato. E se a sinistra
qualcuno insiste a rimpiangere la democrazia ateniese, dove, pazienza, c’erano pure
gli schiavi, anche lui, innovatore rivoluzionario, si rifà a un modello greco: l’Atene dei Trenta
Tiranni, sotto i quali schiavi divennero tutti (vedi Seneca). Del resto anche
gli epigoni di Hitler e Mussolini si dicono nuovi e “fascisti del terzo
millennio”.
Insegue trafelato un po’ lo Stenterello fiorentino, un
po’ il Balanzone bolognese, l’umiliato e deriso Vendola, cui per emergere dal
vuoto politico, non sono bastati i crediti scolastici accumulati con la
corruzione della sanità pugliese,il consociativismo con Marcegaglia e Don
Verzè, la privatizzazione dell’acqua, la compiacenza verso l’Ilva, l’altarino
bifronte eretto al cardinal Martini e a Israele, l’invocazione di D’Alema
ministro degli esteri (condivisa anche da quella bandiera della sinistra che è
Haidi Giuliani), magari perché dica qualcosa di sinistra come al tempo delle
sue bombe su Belgrado (oltreché sulle spendibili teste mia e del bassotto
Nando) e degli omaggi a Berlusconi e all’Opus Dei. A uno così c’è chi affida la
mission impossible di tirare dal lato
sinistro la giacchetta di Bersani, quella fatta di pelle di comunisti. Lato
sinistro che non c’è.
Speculare all’indulgente sottovalutazione dell’infiltrato
Renzi (di quella Rossanda che aveva ben valutato gli eventi in Libia, invocando
brigate internazionali a sostenere la “rivoluzione democratica” di Nato-Al
Qaida), è la sopravalutazione della presunta “riscoperta della politica”, “voglia
di partecipazione”, espressa dai tre milioncini delle primarie PD. A guardar
meglio, si tratta di un fritto misto di disperati tra padella e brace che si arrabattano
per salire su una qualche zattera e di
furbetti che montano su questo carretto perché li porti nel paese della
cuccagna (dove non ricordano che, poi, in capo spuntano orecchie di somaro).
C'è più riscoperta della politica e voglia di partecipazione non fasulla, come
lo è questa americanata tra bonzi prezzolati da lobby, cosche, logge e chiese,
in uno spezzone di corteo studentesco, in una battaglia No Tav, in una frase di
Ingroia, che nella sceneggiata tra un detrito PCI e un logoro bisnonno che si
fa passare per giovinetto, manco fosse Dorian Gray. Del resto, finchè c’è lo
stesso capocomico a scrivere il copione e a dirigere la commedia, che sia
quella di Renzi, Bersani, Abu Mazen o Khaled Mashaal (Hamas), simul stabunt simul cadent.
Rossanda si sbilancia
Finisco con una citazione da Giulio Marcon, patron di
“Sbilanciamoci”, Terzo Settore alternativo al neoliberismo, di cui pochi
ricordano i fasti all’epoca in cui era alternativo alla Serbia libera e
sovrana, dove manovrava, a capo dell’International
Solidarity Consortium, i collaterali pacifisti cripto-Nato a sostegno di
altri “giovani democratici” del tipo libico
o siriano, quelli di Otpor e dell’UCK. E’ sul suo bollettino che Rossana
Rossanda, con coerente scelta ideologica e morale, ha eletto di scrivere quelle
sue osservazioni su Matteo Renzi.
Si è visto sin qui come le guerre in ex Jugoslavia siano state il
risultato di molteplici cause:storiche ed economiche, internazionali e interne….
È però riduttivo ricondurre l'intera origine della guerra soltanto alle cattive
influenze dei paesi occidentali (nella vicenda dei riconoscimenti delle
repubbliche secessioniste), al ruolo degli Stati Uniti e della NATO, alla
ricerca di un progetto di dominazione politica e militare o alla lotta delle
grandi potenze per le risorse economiche e le rotte commerciali dei Balcani
sud-orientali. Questa interpretazione (basata sul peso degli interessi
strategici ed economici occidentali), se ridotta a unica chiave di lettura è
ideologica ed economicistica e non tiene conto della complessità dei conflitto
jugoslavo. Così è fuorviante l'assunto dell'esistenza di un disegno
imperialista - rispolverato in occasione dell'attacco della NATO alla Serbia -
volto alla distruzione dell'ultimo baluardo socialista nell'Europa orientale.
Il regime di Milosevic non ha niente di socialista: è semplicemente
l'espressione di un sistema autoritario e populista, violento e nazionalista,
che si è affermato proprio grazie al tradimento dei valori, della pratica e
dell'ispirazione universalistica del socialismo titoista, che certo non era
democratico e liberale ma almeno era avverso nei principi al nazionalismo.
Giulio
Marcon, ICS.
che poi, sbaglierò, ma sta farsa del riconoscimento del tutto scontato della palestina, finisce per legittimare definitivamente uno stato invece del tutto artificioso come israele.
RispondiEliminaps. ci siamo incrociati al no-monti day...
egregio fulvio,
RispondiEliminascardinare i luoghi comuni della politica estera e nazionale non è cosa da poco; esige impegno, sapere, cultura e intelligenza; anzi, benianamente parlando si può esprimere questo concetto: rigorosità.
dunque, cosa è rigorosità?
l'essere rigoroso è appunto spaccare il capello in quattro, in questo caso significa conoscere a fondo le cose e le questioni che riguardano direttamente i fatti oggettivi, quelli che la massa eterodiretta non può per definizione conoscere a fondo; e non può conoscere a fondo perché il tempo della conoscenza e della virtù è stato sussunto dall'informazione consumistica oggettivamente orientata a contestualizzare la società nell'ambito della società aperta di mercato.
tutta la nostra società è organizzata in relazione al livello di capacità di consumo pro-capite e l'informazione non solo non ne è da meno, ma è il perno su cui si fonda tutta l'architrave di questo sistema, financo le istituzioni dei vari stati; la libertà di consumo è l'indicatore ideologico di massa che contraddistingue una società di distribuzione dei redditi ad uno di distruzione dei redditi.
se si metaforizza il contesto israelo-palestinese si evince che non è differente dal conflitto tra capitale-lavoro; tutta l'informazione, tutto lo sforzo mediatico è stato ferreamente applicato affinché il conflitto capitale-lavoro sia messo nelle condizione di non nuocere; rinfocolare il conflitto significa permettere alle masse il ritorno alla ragione e alla fine dell'era consumistica, cioè la fine del capitalismo in se stesso.
se le masse questo non lo intendono, lo hanno intese per bene i dirigenti delle oligarchie oggi al potere e lo manifestano in tutta la loro crudeltà privando ai popoli la libertà, privando il reddito ai cittadini e lavoratori e imponendo modelli di consumo inappropriati a un moderato e razionale uso delle risorse planetarie.
perché in realtà ogni rivoluzionario è estremista nelle rivendicazioni politiche, ma moderato nel consumo; ciò che è esattamente il contrario nei cervelli fritti dei nostri governanti a qualsiasi livello.
saluti fulvio
alberto
Ciao Fulvio,
RispondiEliminavolevo chiedere solo una precisazione riguardo al riconoscimento della Palestina come stato "osservatore" all'ONU.
Non era gia' stato riconosciuto nel 1988 come ultimo atto della gestione Reagan, cosa che fece infuriare Israele all'epoca? Quindi o questa rappresentanza e' stata cancellata oppure non sarebbe nient'a;tro che una minestra riscaldata, con la perniciosa aggiunta dei "confini al 1967, che gia' penalizzerebbero un ipotetico mini Stato senza continuita' e con limitate risorse idriche, ed alla rinuncia dell'opzione di rientro dei profughi. Di fatto un contentino per ridare credibilita' ad una dirigenza palestinese screditata e tenere buone le masse oppresse per un altro po'. Mica si possono fare affari con un partner democratico ma in perenne conflitto e con spese militari fuori controllo no?
Alex ciao.
RispondiEliminaNon ricordo quel primo riconoscimento, ma ricordo la proclamazione dello Stato palestinese fatta da Arafat a Tunisi, nel '90 o '91 e riconosciuta da molti Stati. Comunque concordo.
Sulla pagina facebook di bersani,per chi vuole vomitare,il racconto del suo viaggio in libia,compresa foto delle parlamentari libiche che hanno il destino della libia nelle loro mani.Ripeto,ci vuole stomaco forte.
RispondiEliminaCompagno, non ti è passata ancora l'infatuazione per lo Tsipras?
RispondiEliminaNel frattempo che ti passa, saresti così gentile da spiegarci cos'è che ha fatto di bello, lui e i suoi amici, con tutti i voti che hanno preso?
No perché sembra che continuino a fare più cose quei brutti cattivi settari stalinisti del KKE... con molti meno voti ma, soprattutto, con molte meno chiacchiere vuote al vento.
Con stima come sempre