Due
cose sono infinite. L’universo e la stupidità umana. E non sono sicuro dell’universo”.
(Albert
Einstein).
“Le
azioni sono ritenute buone o cattive, non per il loro merito, ma secondo chi le
fa.Non c’è quasi genere di nequizia– tortura, carcere senza processo,
assassinio, bombardamento di civili – che non cambi il suo colore morale se commessa
dalla ‘nostra’ parte. Lo sciovinista non solo non disapprova atrocità commesse
dalla sua parte. Ha anche una notevole capacità di non accorgersene”. (George
Orwell)
Un
eroe? Calma e gesso.
Sulla persona di Giulio Regeni, trovato morto
con segni di tortura al Cairo, probabilmente fatto trovare morto con segni di tortura, non ho elementi e quindi
diritto di pronunciarmi. Prendo atto della sua formazione accademica
anglosassone, della sua vicinanza giornalistica al più discutibile e filoccidentale
informatore sul Medioriente (Giuseppe Acconcia, “il manifesto”), del suo impegno per i "sindacati indipendenti". Leggo anche
della notizia riferita dal “Giornale” secondo cui Regeni avrebbe lavorato per il
servizio segreto AISE. Prendo quest’ultima notizia con le pinze, come con pinze
lunghe cento metri prendo l’uragano di interpretazioni uniformi e apodittiche,
nella solita chiave razzista eurocentrica, scatenate, sul solito pubblico
basito e disarmato, in perfetta unanimità dai due giornali opposti di opposizione
(“manifesto” e “Fatto Quotidiano”) e dalla gran maggioranza dei mainstream
media di stampa e radiotelevisivi. In ogni caso, compiango la sua morte e il dolore dei suoi.
Non ho certezze, ma come per tutti gli avvenimenti
che rivestono una portata strategica ed esercitano una fortissima pressione
sull’opinione pubblica, potenziata dal
concorso dei media citati, mi permetto di rilevare indizi e raggiungere un’ipotesi
che, alla luce di quanto c’è di concreto e inoppugnabile, ha la stessa dignità
e validità di quelle conclamate con sospetta sicumera da tutti gli altri che, a
minuti dalla scoperta del cadavere, sanno già perfettamente su chi puntare il
dito.
Regeni scriveva per il “manifesto” sotto
pseudonimo. Per timore di rappresaglie, come dice la direttrice del suo
giornale, dotata di certezze incrollabili fin dalle prime ore della notizia del
ritrovamento, o perché sotto copertura? E tutti gli altri, che dal Cairo
sparano a zero sul governo Al Sisi, in prima linea il pasionario dei Fratelli Musulmani, Acconcia, e poi i corrispondenti del New York Times, del
Guardian, di Al Jazeera e tanti altri, in maggioranza non avari di critiche
anche sanguinose al “dittatore”, com’è che firmano con nome e cognome
rischiando ogni giorno di finire tagliuzzati in un fosso di periferia?
Un
criminale? Per chi?
Non mi pronuncio nemmeno sulla natura del
governo del presidente, ex.generale, Al Sisi. Mi mancano gli elementi e, alla
luce di esperienze solide come il marmo, non mi fido minimamente, anzi diffido
con tutte le mie forze, delle fonti portate, con scarsa avvedutezza giornalistica
(ma forse con comunanza di interessi e motivazioni) in palmo di mano e
consacrate come indefettibili dal “manifesto”, dal “Fatto”, dal “TG3”, dal “Corriere”,
e chi più ne ha più ne metta. Con numeri abbacinanti di detenuti, scomparsi,
seviziati, stuprati, forse veri, ma che sono il solito copia e incolla dalle
campagne contro altri leader di paesi da radere al suolo.Trattasi, per le
fonti, della famigerata genìa di Ong che governi più avveduti di quello
egiziano hanno messo al bando da tempo e che, quando domestiche, come la “Commissione
Egiziana per i Diritti e la Libertà” sono fautori di mercati e democrazie
occidentali, ripetono le vulgate sui diritti umani, ma mai riferite a Usa, o
Regno Unito, o Francia, o Bahrein, e fanno riferimento ad agenzie
sionimperialiste come HRW e Amnesty International, spesso, come queste ultime,
a guida della nota lobby e di veterani delle istituzioni di Washington. Sul “Fatto”
si è impegnato Leonardo Coen (interprete puntuale delle posizioni di Israele),
che aveva appena finito di intingere la sua penna nel sangue delle vittime
False Flag di Parigi e nella polvere da sparo delle katiuscia Nato anti-Putin.
E diffido di chi, per anatemizzare Al Sisi,
si schiera vigorosamente dalla parte dei Fratelli Musulmani, storica Quinta
Colonna del colonialismo occidentale e oppositori, politici e terroristici, di
ogni Stato arabo laico e antimperalista. Diffido di chi sorvola, in tutti i
commenti e reportage, sul catastrofico – per la democrazia e per le condizioni
sociali – periodo nel 2013 in cui, grazie a pochissimi voti, perlopiù frutto di clientele, ricatti e brogli alla
Achille Lauro, si era impadronito del potere il Fratello Musulmano Mohamed
Morsi. E con lui ci si è disinvoltamente scordati dell’imposizione forzata di un integralismo
islamico paragonabile a quello wahabita dell’Isis (che, del resto, è una delle
varie filiazioni della Fratellanza), con tanto di Sharìa e relative punizioni
corporali, della soppressione del diritto di sciopero e dei sindacati non
islamisti, delle sparizioni di oppositori, dell’ulteriore crollo dell’economia
e delle condizioni sociali, delle sparatorie sugli operai manifestanti ad
Alessandria.
Il fascista religioso buono
Si reitera all’infinito il rosario delle
nefandezze del golpista Al Sisi. Golpista e dittatore, non più di quanto non
sia stato Morsi, ma forse meno in quanto esente da strangolamenti religiosi di
una società strutturalmente laica. Si trascura il fatto che, dopo pochi mesi di
regime integralista e autocratico, Morsi fu spazzato via, prima ancora che dai
militari, da una rivolta di venti milioni di egiziani, dei quali alcuni milioni
in piazza Tahrir, dichiaratisi contro il “fascista religioso”. Al Sisi fu messo in sella da questi moti di
massa e poi confermato in elezioni che non erano meno democratiche di quelle
della vittoria di Morsi, anche a rischio di scegliere il cosiddetto male minore
del “fascista laico”. Lo scontro divenne cruento quando, il 13 agosto 2013, i Fratelli
arroccati in Piazza Rabi’a presero a fucilate le forze dell’ordine, che
risposero in maniera dissennata, con l’esito di alcune centinaia di vittime.
Non sono più stato nell’Egitto di Al Sisi e
non posso esprimere giudizi che non soffrano di interpretazioni strumentali.
Ma
se è vero che ci sono tanti arresti, condanne a morte di massa (poi quasi mai
eseguite), se la sorveglianza sull’opposizione, essenzialmente quella più
organizzata da sempre dei FM, è asfissiante, se la repressione è intollerabile,
buona parte di tutto questo si può accreditare al micidiale terrorismo lanciato
dalla Fratellanza sotto varie sigle in Sinai e nelle metropoli, da Assuan a Suez,
costato nei mesi dall’assunzione della presidenza del generale, migliaia di
morti tra militari, poliziotti, civili inermi, turisti. Una campagna di stragi
e di boicottaggi della sicurezza e dell’economia a cui ha fornito un contributo
decisivo l’abbattimento sul Sinai, il 31 ottobre 2015, del Metrojet russo con
224 passeggeri, contributo di matrice anti-russa e anti-egiziana e, dunque,
chiarissima. Abdel Fatah Al Sisi sarà quel che sarà, ma per arrivare ad
attribuirgli la proliferazione del terrorismo jihadista, come risposta al suo
regime repressivo, fino al delirio di descriverlo responsabile degli attentati
di Parigi, bisogna essere, o ottenebrati dall’amore per il mostro islamista,
generato dai soliti noti, o esserne al servizio. O essere Acconcia che queste
cose è arrivato a scriverle.
Norma Rangeri, da sempre in buona compagnia dei corifei
di tutte le False Flag, parla di “avvoltoi”
sul corpo del povero ragazzo così malamente scomparso. Ci sono, come no, gli avvoltoi.
Ma per riconoscerli bene la direttrice di un giornale in cui si avvicendano,
accanto ai Fratelli Musulmani, i corifei della civilizzazione dell’Afghanistan
e i compagni dei “rivoluzionari democratici di Bengasi”, dovrebbe guardarsi
attorno da vicino. Mi ricorda molto il volteggiare di avvoltoi su carcasse da
predare, l’uso geopolitico che si va facendo di Giulio Regeni.
Dipaniamo i fatti. Mohamed Al Sisi liquida la
Fratellanza che è, con tutti i suoi derivati tossici, Isis, Al Nusra e altri,
lo strumento principe dietro al quale mascherare la guerra agli Stati arabi
liberi, laici e non proni. Sostiene in Libia, anche militarmente, il governo
laico e parzialmente gheddafiano di Tobruk
e il suo comandante militare Khalifa Haftar (bau bau di Acconcia), l’unico
che contro l’Isis, rintanato a Derna e
Sirte (ora anche con i suoi capi fuggiti da Siria e Iraq), prova a fare
qualcosa di concreto. Rappresenta, per la soluzione del groviglio libico una
soluzione alternativa a quella colonialista bramata dalla Nato, parzialmente
già in atto con forze speciali-squadroni della morte.
Dopo
Iraq, Libia, Siria, l’Egitto?
Ma questo è niente. Con il raddoppio del
Canale di Suez, realizzato prodigiosamente in solo un anno, e con la scoperta,
orgasmatica per il partner ENI, del più vasto giacimento di gas del
Mediterraneo, l’Egitto diventa la prima potenza energetica che si affacci su
questo mare, libera da condizionamenti esterni, riferimento politico ed
economico per gli Stati e, più ancora, per i popoli della regione. Con enorme
dispetto di Israele e dei suoi stretti alleati sauditi, turchi e del Golfo.
Accentuato dal crescente rapporto politico, economico, militare con quei russi
che ai suddetti hanno davvero rotto le uova nel paniere, scompaginandone i
piani di annientamento di Siria e Iraq. Obama fa buon viso a cattivo gioco,
rinnovando forniture militari, temporaneamente sospese. Ma qui si tratta di non
lasciare campo completamente libero a Mosca. A esprimere il risentimento e la collera
degli Usa e di Israele ci pensano le citate Ong sionimperialiste, quelle che il
“manifesto” e compari atlantici definiscono “indipendenti”, le stesse che hanno
liberato le vie del cielo ai bombardieri su Belgrado e Tripoli (ricordate il “dittatore
sanguinario” Milosevic, o il “dittatore pazzo” di Libia che bombardava la sua
gente e foderava di viagra i suoi supratori in uniforme?).
E’ tanto paradossale, quanto deontologicamente
perverso, il fatto che tutti questi commentatori e cronisti si parino il culo
ammonendo contro le conclusioni avventate e precipitose su quanto accaduto al
Cairo, per poi immediatamente giungere alle più spericolate aporie per le quali
il responsabile, diretto o indiretto, è uno e soltanto,lui, Mohamed al Sisi. E
diventa un segno della sua colpa il fatto che due sospetti siano stati
arrestati “così presto”. Figuriamoci, cosa avrebbero detto se gli arresti fossero
arrivati con “sospetto ritardo”. Nessun sospetto invece, per carità, sul fatto
che un regime che vuole eliminare un fastidio, sia talmente sprovveduto da
farlo ritrovare. Perlopiù pieno di bruciature, tagli e con la testa rotta. Cose
che una vulgata diffusissima attribuisce alle abitudini consolidate degli
sgherri di regime.
Un
giovane italiano. Perché?
Diventando seri, qui si è voluto infliggere
un’altra mazzata all’Egitto straricco di gas e incline ai giri di valzer. Non
si sarà riusciti a portagli via il gas, come sé’ fatto con il petrolio dei
libici, iracheni, siriani. Ma intanto gli si è tolto il turismo, oggi ancora la
prima voce delle sue entrate. Ma perché hanno messo di mezzo un giovane e a
tutti simpatico italiano? Tale da prestarsi subito ai gazzettieri e avvoltoi
(non quelli a cui spara la strabica Rangeri) per la necessaria
vittimizzazione-eroificazione e concomitante diabolizzazione del presunto
colpevole? Anzi, del colpevole, senza presunto.
L’Italia è dell’Egitto il primo partner commerciale
europeo. Con Renzi al Cairo, 6° aziende al suo seguito e l’Eni su un mare di
gas davanti alle coste, si sono recentemente conclusi accordi commerciali e
industriali per parecchi miliardi. Questi scambi e la bonanza in arrivo dal
mare, il raddoppiato introito dai diritti sul Canale raddoppiato e con sei
nuovi porti, potrebbero contribuire a dare un ruolo di grande rilievo all’Egitto
a livello regionale e internazionale. Darebbero peso alla sua indipendenza e
alla indipendenza dei suoi partner da fonti energetiche controllae dagli Usa L’Italia,
ovviamente per i tornaconti suoi, anzi della cricca economico-politica che
puntella il regimetto Renzi, è controparte non irrilevante di questi sviluppi. Tutto
questo va contro i piani, in primis, di Israele e della sua strategia di
frantumazione delle grandi realtà nazionali arabe, condivisa dai principati
arabi, dal sultanato di Ankara, dai colonialisti europei e dai predator Usa.
Per mettere i bastoni tra le ruote del carro egiziano, a guida buona o cattiva
non interessa una cippa, gli strumenti sono quelli collaudati in tanti regime change e in tante rivoluzioni
colorate. In questo caso lo strumento per colpire l’Egitto, mirando al suo leader, e punire l’Italia, potrebbe essere stato un giovane italiano. Giovane
e inerme, ma capace di far volare gli avvoltoi sul cadavere dell'Egitto.
si e' talmente evidente che questo morto lo hanno fatto trovare li apposta in bella mostra, massacrato da far gridar vendetta, che chi da la colpa ad Al Sisi e' come chi leggendo un romanzo poliziesco da sempre la colpa al maggiordomo. Eppure ci stanno cascando quasi tutti...
RispondiEliminaOttimo articolo con considerazioni molto profonde ed attente. Proprio adesso su Rai news intervistano un opinionista con I capelli brizzolati. Quello che mi ha colpito e' che ha detto che in Egitto ci sono tre servizi segreti di cui uno sarebbe "di scuola Mossad" (almeno cosi' ha detto) e che nonostante la presa di potere di Al Sisi, il processo di stabilizzazione e' molto lontano, per cui il conflitto Fratelli Musulmani e regime militare e'tutt'altro che risolto. Probabilmente il giornalista italiano potrebbe essere finito in un gioco piu' grande di lui, "usato" per far passare certe tesi contro una parte ed indirettamente a favore di un altra. Fermo restando che il regime di Al Sisi non e',in quanto a repressione antioperaia e sindacale, molto diverso dai fratelli musulmani di Morsi, la vicenda potrebbe essere usata per accelerare l'intervento in Libia(Al Sisi appoggerebbe il governo di Tobruk) e per evitare un'alleanza de facto Libia Egitto. La fretta di Norma Rangeri per attribuire tutta la colpa al governo di Al Sisi prima ancora di capire lo svolgimento dei fatti deve far pensare.
RispondiEliminaUn italiano sparisce il 25 gennaio per essere trovato morto dieci giorni più tardi, mercoledì 3 febbraio sera. Cosa è successo in quel tempo lo accerteranno le indagini o, più probabilmente, la verità storica "a tempo scaduto": del resto, il buon Bonatti per molto, ma molto meno, pure questioni di miseria umana, ci mise 54 anni per veder ricostruita ufficialmente la vicenda del K2. Prepariamoci al peggio, quindi. Spiace solo che, fra tutti gli opinionisti e maestri di pensiero interpellati per l'occasione, nessuno abbia detto qualcosa che assomigliasse al tuo "Non sono più stato nell’Egitto di Al Sisi e non posso esprimere giudizi che non soffrano di interpretazioni strumentali. ". Pazienza, siamo abituati anche a questo.
RispondiEliminaRestiamo in campana, che è solo l'inizio.
Paolo Selmi
Anche io modestamente come Fulvio non ho elementi per pronunciarmi in maniera chiara e diretta su questo caso riguardante questo sfortunato ragazzo nostro compatriota.
RispondiEliminaMa la sinfonia mediatica della simultanea attribuzione della responsabilità di questo omicidio e delle terribili violenze che lo hanno preceduto evidenziate dai segni sul corpo della povera vittima, al presidente egiziano mi puzzano di bruciato lontano un miglio, alla maniera delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein o dei fantasiosi e ugualmente inesistenti bombardamenti gheddafiani sui libici.
Ho appena letto un commento di Purgatori, giornalista investigativo esperto di questioni internazionali che avanza due ipotesi: la situazione sfuggita di mano agli apparati di sicurezza governativi egiziani o, molto più convincente e probabile a mio parere, una polpetta avvelenata confezionata apposta per sputtanare lo stesso Al Sisi proprio mentre si è scoperto un importante giacimento di gas sulle coste di quel paese e lo stesso Al Sisi continua a giocare un ruolo relativamente autonomo rispetto ai predoni usraeliani, fautori da sempre dello spezzettamento dei paesi islamici su basi etnico religiose, per spolparne al meglio le risorse petrolifere.
D'altronde come dice Fulvio, non credo che il governo di Al Sisi sia peggiore di quello sperimentato per poco più di un anno dagli egiziani, guidato dai Fratelli Musulmani, vera quinta colonna dei colonizzatori occidentali soliti.
Infatti col generale mi pare che il paese si sia stabilizzato relativamente, al netto del terrorismo sempre perseguito dalla solita Fratellanza.
Con tutto il rispetto degli avvoltoi, l'avvoltoio sei tu Grimaldi!... Solo una cosa. Dimentichi che l'attuale regime egiziano sia il miglior alleato dei sionisti, nello spietato blocco della martoriata Gaza?... Chi ha distrutto i tunnel di Rafah, vitali per la propria sopravvivenza, nonchè una parte della città stessa, blindando ermeticamente la frontiera Gaza/Sinai?......VERGOGNATI!!!
RispondiEliminaNiente da aggiungere,quello che posso dire è che ho provato a fare una ricerca su siti arabi,col traduttore naturalmente,e tutti gli articoli sembrano scritti dal medesimo autore stesse considerazioni stesse intuizioni e stessi numeri,articoli peraltro in maggioranza non firmati o mancanti di fonte,unica divergenza qualche autore aggiunge un trafiletto di poche righe dove afferma che nulla vi è di ufficiale che a mio parere conferma il "copiaincolla" globale
RispondiEliminaFranco, Massimo, Anonimo, Alex1, Pierluigi @
RispondiEliminaGrazie per gli interventi, anche per quello scorbutico di Franco. Che però è strabico e vede solo una cosa, Gaza. Sono stato tra i primi che sono entrati a Gaza dopo Piombo Fuso. Ci abbiamo messo tre giorni di trattative, pressioni, assedio a Rafah. Anche Mubaraq aveva chiuso il confine eppure era gradito a Israele. Anche Morsi ha sbarrato Rafah e distrutto tunnel, se non per aprire a feriti e malati (fatto anche dagli altri) e a qualche Fratello musulmano di Hamas. A Morsi interessava l'internazionale islamista e quindi Hamas, non la liberazione palestinese. Hamas, come Morsi, si sono trovati riuniti sotto l'ala protettrice e finanziatrice del Qatar, sodale di Israele.
Se andiamo a vedere la stampa a egemonia filo-israeliana e atlantica, a parte qualche eccezione - il Mossad sa come dare un colpo al cerchio e 10 alla botte -è tutto un uragano di contumelie orrende a Al Sisi. Come con Gheddafi, Milosevic, Saddam, Assad, l'Eritrea, gli Shabaab somali, Chavez, Putin... E c'è chi continua a inciampare e a cascarci. Resta un dato incontrovertibile: chi flirta con i russi, chi ha risorse energetiche e se le tiene, come quelle enormi scoperte al largo dell'Egitto, va fatto fuori e le risorse rapinate. Non bastano gli esempi?
Al Si si non è uno stinco di santo, ma rappresenta una contraddizione (antitesi) all'imperialismo (tesi). Quindi va (dialetticamente) sostenuto. Quella che manca è la sintesi.....
RispondiEliminaLudovico
La prima cosa che mi sono chiesta è: come mai un dittatore ed i suoi servizi segreti non sono stati in grado di far scomparire il corpo ed invece lo hanno fatto ritrovare e restituito con ben impressi i segni delle torture? E' talmente evidente che non servirebbe neanche porre la domanda.
RispondiEliminaAnna
quindi pare di capire che per grimaldi:
RispondiElimina1) al sisi è al di sopra di ogni sospetto per essere un foraggiato ed assistito (economicamente e militarmente) partner occidentale
2) è troppo scontato che ad eseguire materialmente l'assassinio di Giulio sia stata la polizia criminale di al sisi, che pure aveva (chissà perché, forse perchè depistata al suo interno dal mossad) parlato per prima di "incidente stradale";
3) la tortura è la pratica comune e quotidiana della polizia criminale di al sisi, ma è troppo semplice dare la colpa alla polizia criminale di al sisi, il fatto è avvenuto su suolo egiziano, in pieno centro urbano, da persone identificate come agenti, sarebbe come se l'assassino lasciasse la sua carta d'identità sul luogo del delitto, chi sarebbe tanto avventato da incolparlo?
4) l'italia non può maltrattare il suo cane da guardia egiziano, in fondo già è acceduto che i servizi egiziani (o forse era il mossad travestito?) rapissero tale abu omar su suolo italiano, lo torturassero nelle carceri egiziane (o forse erano carceri del mossad travestite?) per poi liberarlo (che imprudenza, già questo li scagiona). Rusultato: l'italia appone il segreto di stato, la consulta conferma e la cassazione assolve obtorto collo tutti i responsabili del rapimento.
5) è ovvio che alla fine l'assassino è quello che meno ti aspetti, cioè israele, salvo spiegare come facesse ad agire liberamente in egitto, perchè la polizia egiziana lo coprisse parlando di incidente, come mai si abbia la strana impressione che sia poco restia a collaborare (a cominciare dalla secretazione dei risultati dell'autopsia): vuoi vedere che al sisi è nientemeno che netanyahu in uno dei suoi mefistofelici travestimenti?
Emilio sereni.
RispondiEliminaQuando uno si beve tutto quello che gli raccontano il Corriere, il manifesto e Soros, il Fatto, la Stampa, i tg, il NYT, la BBC, si finisce con lo scrivere queste cose. Come risposta preferisco citare quanto ha scritto chi non si fa intossicare.
1. L'attacco all'Egitto è una cosa insensata sotto ogni punto di vista. La vicenda Reggeni ha puzzato di "servizi" fin dall'inizio e dubito proprio che siano quelli di Al Sisi, sul quale, guarda caso, immediatamente tutto il mainstream, gli Usa e Gentiloni hanno puntato il dito prima ancora che fosse stata fatta l'autopsia. Cremaschi all'inizio della riunione ha cercato di sostenere la stessa tesi con ragionamenti che non avevano né capo né coda, primo fra tutti la volontà di Al Sisi di far ritrovare il corpo di Reggeni. Perché? Come minaccia "antioperaia"? E così mettere a repentaglio affari appena conclusi con l'Italia per ben 9 miliardi e lo sfruttamento ENI dei giacimenti egiziani di gas naturale? Forse bisognerebbe partire invece proprio da quest'ultimo punto per capire qualcosa. Ci è arrivato alla svelta anche Il Giornale che ha immediatamente scritto "In forse l'asse Italia-Egitto". Già! E chi lo vuole mettere in forse? Al Sisi? Ma non facciamo ridere!
Interessante interpretazione. Non mi convince però una cosa: che ne pensa Fulvio Grimaldi delle dichiarazioni di Edward Luttwak (autentico interprete italiano della CIA), di forte sostegno ad Al Sisi e di spregio per Regeni?
RispondiEliminaHo solo una domanda: quest'ultimo commento, di chi è? Intendo questa citazione, efficace e inappuntabile, che riporto in basso. Aggiungo un ringraziamento per il tuo lavoro, acuto e illuminante in questa fase di pericoloso torpore.
RispondiElimina"L'attacco all'Egitto è una cosa insensata sotto ogni punto di vista. La vicenda Reggeni ha puzzato di "servizi" fin dall'inizio e dubito proprio che siano quelli di Al Sisi, sul quale, guarda caso, immediatamente tutto il mainstream, gli Usa e Gentiloni hanno puntato il dito prima ancora che fosse stata fatta l'autopsia. Cremaschi all'inizio della riunione ha cercato di sostenere la stessa tesi con ragionamenti che non avevano né capo né coda, primo fra tutti la volontà di Al Sisi di far ritrovare il corpo di Reggeni. Perché? Come minaccia "antioperaia"? E così mettere a repentaglio affari appena conclusi con l'Italia per ben 9 miliardi e lo sfruttamento ENI dei giacimenti egiziani di gas naturale? Forse bisognerebbe partire invece proprio da quest'ultimo punto per capire qualcosa. Ci è arrivato alla svelta anche Il Giornale che ha immediatamente scritto "In forse l'asse Italia-Egitto". Già! E chi lo vuole mettere in forse? Al Sisi? Ma non facciamo ridere!"