L’Olanda, balilla Nato,
non per nulla ospita all’Aja il Tribunale Penale per la Jugoslavia. Quello che o ammazza, o
condanna patrioti serbi e manda liberi delinquenti kosovari e croati, a seconda
di come gli assassini della Jugoslavia dispongono. Alla luce di quanto in
Olanda s’è combinato nei giorni scorsi, non ci potrebbe essere sito migliore
per questo scempio della democrazia, della giustizia, della verità.
Il 13 aprile a Veldhofen in Olanda si sarebbe dovuto tenere
il convegno mondiale dell’organizzazione giovanile del Fronte Popolare per la
Democrazia e la Giustizia, il movimento che ha condotto e vinto la trentennale
guerra di liberazione dal colonialismo dell’Etiopia e delle potenze che ne
appoggiavano l’occupazione. Fronte che è oggi al governo del paese sul Mar
Rosso. Ma sono intervenute le forze coalizzate che da anni perseguitano questo
paese libero, autodeterminato e antimperialista con aggressioni militari,
sabotaggi, sanzioni e campagne di diffamazione affidate dal despotismo
imperialista ai soliti latifondisti della mediacrazia. Se ne sono fatti
protagonisti membri del governo olandese, il sindaco della città, Mikkers, la stampa, tutta atlantista, la solita Ong
griffata George Soros, “EEPA”, diretta da Mirjam Van Reisen, docente
all’università di Tilburg.
Far saltare una
generazione che funziona
Quella di Soros, Open
Society, è’ una ragnatela di vedove nere che copre tutti i paesi e ottiene
il neanche più tanto paradossale sostegno delle pseudo sinistre involutesi in
sinistre imperialiste, in questi giorni particolarmente infervorate sulle Ong
che trafficano migranti dalla Libia. In Italia, a fianco del “manifesto”,
abbiamo visto esibirsi prima Pippo Civati, assolutamente ignorante di cose
africane, ma disciplinato proponitore in parlamento di mozioni che accusano
l’Eritrea delle solite scelleratezze. Il suo gruppetto di reperti sinistri,
Sinistra Italiana-Possibile, si è coerentemente anche precipitato a convalidare
le porcherie russofobe diffuse in questi giorni da Cia e Soros sulla Cecenia.
Ne ho scritto la volta scorsa.
La tecnica è quella consolidata. L’arrivo dai cinque
continenti dei 650 delegati della diaspora giovanile eritrea per la loro 13ma
conferenza internazionale, che avrebbe dovuto tenersi durante tre giorni
nell’albergo Koningshof di Veldhofen, era stato preceduto dagli avvertimenti di
ministri del governo, che avevano qualificato come “inopportuna” e “disturbante”
l’iniziativa dei giovani. A contribuire a preparare il terreno ha poi
provveduto la Van Reisen, rinnovando sul sito della Ong sorosiana le solite,
truculente, accuse allo Stato eritreo che il governo Usa, quelli Nato, i loro
manutengoli nella commissione ONU per i Diritti Umani e la stampa sguattera, muovono da anni a
un paese sovrano, indipendente, non
allineato, che non accetta diktat Nato, UE o FMI, Eritrea Stato “terrorista, dittatoriale, repressivo,
violatore dei diritti umani, stupratore di donne, promotore di lavoro
schiavistico e fonte della fuga in massa dei suoi cittadini”.
Si trattava dell’atmosfera necessaria perché si giustificasse
la chiassata violenta di una trentina di teppisti del Corno d’Africa, fatti
passare per eritrei, ma nella loro maggioranza, come si capiva da lingua e
dialetto, etiopi. Questo manipolo di provocatori ha assediato l’albergo dei
convegnisti e aggredito fisicamente, al loro arrivo, le vetture dei diplomatici
e politici eritrei. Significative, tra i dimostranti, le bandiere azzurre della
vecchia federazione tra Etiopia e Eritrea, imposta dalle Grandi Potenze, ma
liquidata dalla lotta per l’indipendenza.
Comportamento civilissimo dei delegati, che non hanno
risposto all’aggressione e al comportamento scandalosamente complice della
mezza dozzina di poliziotti olandesi che, bonariamente, respingevano i più
facinorosi, non senza lasciarli
arrivate, urlando minacce di morte, a tempestare di pugni la macchina che
trasportava Yemane Gebreab, consigliere politico del presidente Isaias
Afewerki, suo braccio destro ed effettivo numero due dello Stato. A chiassata
esaurita, ne fermavano alcuni che venivano rimessi immediatamente in libertà
dal tribunale. Tutto questo doveva funzionare come prodromo alla decisione del
sindaco della città di proibire il raduno.
Ai 600 giovani riuniti nell’albergo, prenotato per tre giorni
e che avevano iniziato i lavori, è stato intimato di abbandonare l’albergo e la
località nella stessa serata, costringendoli a disperdersi istantaneamente e a
rimediare soluzioni di alloggio e trasporto di fortuna. Il che non gli ha
impedito di riorganizzarsi e portare avanti i lavori, divisi in gruppi di
lavoro e distribuiti in tre nuovi alberghi. I link elencati riportano alcuni
video della vicenda.
https://youtu.be/6o7zJWbKhDA scontri a Veldhofen
https://youtu.be/_xNghf0A8zs inizio convegno,
sindaco, dimostranti
https://youtu.be/gMN5eWpUSmk attacco alla vettura, sindaco, scontri, momenti del convegno
poi diviso tra tre città.
Due paesi, due governi, quale quello libero e democratico, quale quello nessuna delle due cose?
Tutto questo viene inflitto a un paese pacifico, reduce da
una lotta anticoloniale che lo ha dissanguato, ma non gli ha impedito di
rimettersi in piedi e costruire il suo progresso, la sua autosufficienza, la
libertà dei suoi cittadini, a dispetto di tutte le manovre che insistono a
voler eliminare una nazione che, unica in Africa a non accettare presenze e
basi militari Usa, né imposizioni degli organismi sovranazionali, rischia di
essere un contagioso modello per altre popolazioni. Nel Continente e non solo.
Tutto questo viene inflitto da un paese che passa per essere
un modello di democrazia, rispetto dei diritti umani, protagonista di quelli
civili. E che, dunque, è un attore di primo piano, a dispetto della sua modesta
dimensione geografica e demografica, nel protagonismo militarista
dell’Occidente, “a salvaguardia dei diritti umani e con la responsabilità di
proteggere”. Dinamico e assertivo membro della Nato, risponde con prontezza e
fervore indistintamente a tutte le chiamate di Pentagono, Cia, Wall Street. Che
si tratti di sfasciare l’Afghanistan, o partecipare alle varie “coalizioni dei
volenterosi” a guida Usa incaricate di radere al suolo paesi in Medioriente,
provocarne lo spopolamento, rapinarne le risorse, sradicarli dalla storia e dal
mappamondo. La logica applicata a Veldhofen è la stessa che l’Olanda sostiene
con i suoi alleati in giro per il mondo.
Zoccoli, mulini a
vento, tulipani e campioni Nato
Ha l’onore di far parte
della coalizione che ha recentemente tolto di mezzo 300 civili a Mosul, di
quelli che potevano infastidire i propri mercenari Isis; di condividere le
pratiche Usa, Nato e Cia, espressesi nell’uno due della provocazione chimica di
Idlib, allestita dai propri amici terroristi moderati, e della successiva
risposta dei 59 missili Tomahawk sul campo d’aviazione siriano. Esaurito il
torrente di lacrime spese sui finti bambini asfissiati a Khan Shaikhun,
l’Olanda non ne ha più avute per piangere i 78 bambini che, dai villaggi di Fua
e Kefraya assediati, andavano a rifugiarsi ad Aleppo liberata, e che un furgone dei “ribelli moderati”, gestiti
da turchi e Nato, aveva attratto a sé con la promessa di patatine e con il
carico di esplosivo che li avrebbe fatto a pezzi.
C’è anche il papa
Come l’Olanda e i suoi media, anche tutti gli altri fratelli
in Nato (e in Fratellanza Musulmana e derivati Isis-Al Nusra) si erano visti
seccare le riserve di pianto dopo che i fatti chimici di Khan Shaikhun erano risultati il contrario di
ciò che erano stati fatti apparire. Così
per i bimbetti siriani affamati, con gli occhi pieni di patatine spenti dal
tritolo, non ne è rimasto, di pianto. Chi dice che il disseccamento delle
ghiandole lacrimali era dovuto al fatto che i bambini che stanno con Assad sono
diabolici, mentre quelli dalle parti dei “ribelli moderati” sono angelici è
senz’altro uno sporco complottista diffusore di bufale settarie. E se papa
Bergoglio, provvido monarca e protettore di tutti i cristiani, quello contro
tutte le armi, riprende il governo di Damasco per la sua “violenza” e nulla dice sul fatto che, se cade Assad, laico e garante di ogni
minoranza, arrivano quelli che i cristiani li scuoiano, bruciano vivi e crocifiggono,
è perché un papa non può sbilanciarsi, ha da essere ecumenico, no?
Assaltano il numero 2
eritreo. Tutti zitti. Pensa se fosse stato Pence.
Ho partecipato a un altro convegno mondiale dei giovani
eritrei, quella volta in Italia a Montesilvano, Pescara. Un centinaio di
convenuti da tutto il mondo per discutere del loro paese, di come affrontarne
l’ostilità e le calunnie subite dai necolonialisti e dai loro clienti e
mercenari nella regione. Raramente ho incontrato tanta maturità politica, tanto
amor patrio, tanta perizia organizzativa. Vi ha parlato anche Yemane Gebreab,
il vice del presidente che poi ho avuto la fortuna di intervistare a Keren per
il docufilm “Eritrea, una stella nella notte dell’Africa”. E non rischio
l’agiografia se dico che, tra i tanti che ho incontrato in una lunga vita, mi
ha colpito come uno degli uomini di Stato più saggi, colti, ideologicamente e
culturalmente preparati , con uno spessore morale e una sensibilità umana di
cui andiamo, nel nostro emisfero, cercando le tracce. Vox clamantis in deserto.
Eritrei veri ed eritrei
farlocchi
Ho incontrato larghi settori della diaspora della nostra
ex-colonia. Sono presenti e attivi in molte delle nostre città. La vecchia
generazione è scampata alla guerra di sterminio degli etiopi. Quella nuova è
qui per trovare occasioni di vita e lavoro rese scarse in un paese che, da
pochissimi anni e tra grandi difficoltà, esce da guerre distruttrici e soffre
di ingiuste sanzioni, che hanno aggravato un sottosviluppo di cui anche
l’Italia è responsabile. Altro che fuga da una dittatura. Di quelli che se ne
dicono fuggiaschi non se n’è mai visto manco uno nei miei incontri con chi
evidentemente rappresentava adeguatamente la comunità. In tutta l’Olanda, con
lo zuccherino dell’asilo politico, sono riusciti a rastrellarne una quarantina.
E neanche tutti eritrei.
I disobbedienti non
sono accettati, specie se occupano quella posizione strategica all’imbocco del
Mar Rosso, la giugulare dell’economia tra Nord e Sud, Est e Ovest. Specie se non
stanno alle regole. Siccome anche a noi quelle regole non piacciono, dobbiamo
stare con l’Eritrea. Sempre più. Un altro avamposto della liberazione umana non
deve cadere. E che agli olandesi di regime e di sudditanza il loro formaggio
gli rimanga nella strozza.
Errore enorme del Papa insieme ad altre terribili uscite e "rinunce" a deplorare con la opportuna drammaticità crimini atroci
RispondiEliminaErrore enorme del Papa insieme ad altre terribili uscite e "rinunce" a deplorare con la opportuna drammaticità crimini atroci
RispondiEliminaerrare è umano perseverare e disumano ed il Papa persevera ma di lui sappiamo vorrei piuttosto sapere chi nell'universo mondo oltre a Fulvio Grimaldi si fa carico delle istanze eritree
RispondiEliminaNon entro nel merito delle analisi anti-eritree, per cui le sue analisi saranno senz'altro veritiere, ma c'è una cosa che non mi rende proprio "alternativa" questa Eritrea ed è il fatto che, dopo che Gibuti ha cacciato le basi degli Emirati, utilizzate per colpire lo Yemen, sia dal punto di vista militare che economico, è stata proprio l'Eritrea a concedergliele.
RispondiEliminaNon mi sembra un segnale di coerenza, sono sempre i soldoni a comandare anche lì, evidentemente.
intanto a rimetterci è il disgraziato popolo yemenita, verso cui, evidentemente, i leader eritrei non sembrano nutrire sentimenti di pietà e di coesione di lotta verso un sistema talmente iniquo, di cui gli emiri sono tra i più rilevanti protagonisti locali ed internazionali.
Con simpatia
Geo@ Mi tocca condividere quello che scrive Geo, sempre però in attesa di verifica. L'eventuale bruttissima mossa non cambia la mia descrizione dell'Eritrea e della sua società. In ogni modo lo sconcerto è grande.
RispondiEliminaGrazie, sapevo della tua onestà intellettuale ed il fatto che mi hai condiviso lo dimostra.
RispondiEliminaAttendiamo tuoi approfondimenti in merito alla questione.
Ciao
Geo