Commento a Piazza
Indipendenza e sugli avvoltoi che vi calano e mia intervista su Eritrea e dintorni
imperialisti allo Studio Del Bianco: https://youtu.be/3zGUdTFOSCA . E’ lunghetta, ma quando ce vo’ ce vo’.
La
polpetta avvelenata confezionata da chi ha scatenato la baraonda di Piazza
Indipendenza a Roma, con lo sgombero del palazzo abitato da immigrati del Corno
d’Africa, etiopi, somali ed eritrei (ma per la stampa solo “eritrei”) e i
successivi scontri alimentati da una polizia diretta da un energumeno
provocatore e da lanciatori di bombole di gas, sassi e mazze, ha conseguito
tutti i risultati ripromessi. Una polpetta-fava e un bello stormo di piccioni
presi, come da piano preordinato (poi è a noi che danno del “complottista”). Ne
cito i primi che mi vengono in mente.
L’ordine di sgombero l’ha dato il
prefetto passando sopra la testa del Comune, ma è la sindaca Raggi, 5Stelle, che viene crocefissa per “le donne e
i bambini lasciati senza tetto, allo sbando, nelle aiuole, sotto gli idranti”.
Ordine dunque del governo. Piuttosto di qualche manina del governo che già si
era esibita a tirare palline d’inchiostro sulla lucida testa del
“ministro-anti-Ong” e affogatore di rifugiati, Minniti. All’insaputa di un
Comune preso alla sprovvista e che non ha potuto improvvisare che una soluzione
rimediata per una parte degli sfrattati.
Dopo
Raggi e Minniti , sullo sfondo a giganteggiare, le infami Procure che si sono
azzardate a scoprire magagne nei traffici di esseri umani tra Lagos e Pozzallo,
passando per la Grande Armada delle Ong finanziate dal golpista planetario
George Soros. Magistrati a busta paga di Salvini che, con tali vergognose
montature, hanno fornito a un ministro degli interni, chiaramente xenofobo,
razzista e pure un po’ nazista, il pretesto per bloccare coloro i quali sopperiscono
agli italiani che non vogliono più fare né figli, né certi lavori di merda.
E
siamo a quattro fave e passa. Fava-effetto collaterale è indubbiamente quanto
addirittura il vescovo di Rieti, poco tipicamente prete, ha proclamato
nell’anniversario del primo terremoto del 2016: siete una manica di incapaci,
ciarlatani, ritardatari, traffichini e trafficoni e con voi la ricostruzione
non si farà mai. Ho un po’ parafrasato, ma il senso era quello. In ogni caso,
le celebrazioni a reti ed edicole unificate sulla rinascita miracolosa di
Amatrice, a forza di centri commerciali, palestre, ristoranti e dove un
presunto ministro cosmopolita, quello a cui il segretario Renzi intima: “Vai
avanti tu, chè a me viene da ridere”, ha
internazionalizzato il tema inaugurando “l’Area Food”, non hanno potuto
azzerare lo spettacolo di un regime che, sul prima- e dopo-terremoto, ha
dimostrato tutta la sua cialtroneria, inettitudine, protervia.
Altra
fava-collaterale, l’oscuramento del fantasmagorico pasticcio spagnolo-catalano
su attentati fatti o programmati da un
presunto Imam ,cultore meno dell’Islam quanto del narcotraffico, che, una volta
ancora, fa apparire in tutta la sua spaventosa dimensione criminale la matrice
vera del terrorismo e i suoi obiettivi di guerra a tutti e ognuno.
Ma tutte queste favette scompaiono davanti al
favone grosso che, poi, dei cacciatori
di piccioni di Piazza Indipendenza era l’esca principale. Dal momento che agli
sponsor dello Stato Profondo Usa, quelllo che fa parlare il pappagallo Trump,
il genocidio in Yemen, lo sterminio di civili in Iraq, Siria, Afghanistan, da trasformare in cadaveri sul posto o in
fuggitivi, la promessa di obliterazione a Venezuela e Nordcorea, la parata di
marines, a bandiera Usa spiegata, a fianco dei nazisti ucraini del battaglione
Azov, non danno sufficienti soddisfazioni, ecco che doveva trovarsi un altro
paesuccolo impertinente da spiaccicare al muro.
Pensandosi
il generale prussiano Bluecher a Waterloo che lancia la sua cavalleria a
salvare Wellington dalla quasi sconfitta per mano di Napoleone, la caporale di
giornata italica dello Stato Profondo, Norma Rangeri, apre le stalle del
suo “manifesto” e lancia un tiro a tre
di somari (infinite scuse al nobilissimo animale) a depositare deiezioni che
coprano quanto è opportuno coprire (a partire dalle macerie di terremoto e
regime e a finire con i nazionicidi Pentagono e Cia) e che invece facciano
emergere quanto conviene far emergere.
E così
nell’ampio spazio informativo del “manifesto”, nulla si legge di terremoti,
Venezuela, Nordcorea, mentre tantissimo si legge sui migranti all’addiaccio a
causa della malvagità di Virginia Raggi
e su quanto il trattamento da loro subito si colleghi a quello
scellerato inflitto da Minniti e PM vari
alle Ong figlie di Soros (che,
oltre a pagare quelle, ha versato 50 milioni di dollari nei tascapane del
battaglione Azov e suoi camerati quando si trattò di rovesciare il governo
legittimo filo-russo). L’asso calato sulle pagine così pregne di eroismo diritto
manista è però un altro. Come da ordine di scuderia, l’Eritrea.
Affidandosi
alla penna di tale Alessandro Leogrande, che cito tanto per non far nomi di
coloro a cui va riconosciuta integrità deontologica e competenza professionale,
“il manifesto” infierisce sull’unico paese africano che non accetta né basi
Usa, né ricatti FMI e BM, che è autosufficiente e si fida solo di sé, che ha
per cardini della propria azione governativa l’ecologia e la giustizia sociale,
che non conosce né macrocriminalità, né microcriminalità, che è laico fino
all’osso e tiene insieme in fraternità le due grandi religioni, islamica e
cristiana, che per liberarsi della dominazione coloniale dei dittatori etiopici
sostenuti da Usa, prima, URSS, dopo USA e, infine, di nuovo Usa, che non si
piega alle periodiche aggressioni del vicino da 100 milioni di abitanti e
dall’armamentario Usa più ricco del continente e che, soprattutto,
anti-neoliberisticamente, garantisce a tutti i suoi abitanti istruzione e
sanità gratuite. Roba da far accapponare la pelle tanto a Goldman Sachs, quanto
Luciana Castellina e Norma Rangeri.
Avendo
Barack Obama, il presidente della sette guerre e della licenza di assassinio di
massa extragiudiziario mediante drone,
formulato il giudizio definitivo sull’Eritrea, pronunciando questa sentenza: “Corea del Nord e Eritrea sono le due
dittature più orribili del mondo”, come poteva esimersi “il manifesto” dal
corroborare e rimpinguire il verdetto, come ha fatto con tutti quelli dello
stesso presidente, lastricando di buone intenzioni umanitariste tutte le sue
mattanze belliche?
Naturalmente
un occhiuto analista come Leogrande non ha bisogno di documentarsi sul posto.
Che gli è del tutto ignoto. A uno dalla perspicacia come la sua basta ascoltare
un paio di rifugiati e la segretaria
(ex-Amnesty!!!) della Commissione d’inchiesta ONU. Una che ha ascoltato gente solo nella nemica
Etiopia e poi è stata sbugiardata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite
che ha rigettato il suo cumulo di menzogne. E allora vai con lo scroscio di
fandonie che i lustratori di scarponi del Pentagono rigurgitano ogni qual volta
quelli sentono l’uzzolo di calpestare qualcosa e qualcuno: “una delle dittature più feroci del mondo… un
regime cha ha privato il suo popolo di
ogni libertà civile e politica… che ha imposto il servizio militare
obbligatorio e a tempo indeterminato per ogni eritreo uomo o donna che sia (è
vero per Israele, non per l’Eritrea), un’immensa caserma-prigione da cui i
giovani fuggono in massa… i gulag eritrei dove si praticano le torture imparate
dagli italiani… almeno diecimila i prigionieri politici…”
E’
chiaro che al nostro arrivo ad Asmara, nel primo zighinì (l’ottimo piatto nazionale) offertoci ci devono aver
siringato una notevole dose di acido lisergico per colmarci di tali traveggole
da farci attraversare per due settimane un paese sereno, dove presidenti e
ministri circolano tra la folla senza l’ombra di una guardia del corpo, dove
non si vede un poliziotto se non quando passa la corsa ciclistica, dove le
ragazze girano libere e con jeans incollati a mezzanotte, dove in ogni locale
pubblico si può sghignazzare alle balle di CNN, BBC, e Euronews, dove i cafè
internet traboccano di ragazzi, dove i soldati hanno tutti meno di vent’anni e
dopo si fa anche un po’ di servizio civile per la comunità, dove peraltro si
può essere richiamati a difendere la patria perché ogni due per tre gli Usa
mandano gli etiopi ad attaccare, dove abbiamo potuto parlare liberamente con
bimbetti e vecchietti, studenti e operaie. Dove abbiamo colto l’orgoglio di una
nazione che si è liberata e libera intende rimanere.
Stesso
trattamento dello zighinì al peyote
deve essere capitato a tanti giornalisti che hanno visto, scritto e filmato
quello che abbiamo visto, scritto e filmato noi (“Eritrea, una stella nella notte dell’Africa” è il documentario
mio). E pure alle numerose delegazioni parlamentari, ricordo quella danese e
quella svizzera, che hanno visitato il paese e se ne sono venuti via sbigottiti
non da quello che avevano visto, ma da quanto Obama andava blaterando. Gente
che di sicuro al ripetitore Leogrande suggerirebbe quello che gli suggerirei
io, ma che la mia difettosa pronuncia del romanesco gli risparmia.
Comunque,
bravo “il manifesto”, per aver assolto ancora una volta al meglio, con i
generosi ragli della sua cavalleria, quanto da Wellington gli veniva chiesto.
P.S.
E ancora una volta complimenti anche al comunista Manlio Dinucci che si pregia di poter raccontare dallo
sgabuzzino del “quotidiano comunista” qualche notiziola su dove gli USA
manovrano e su dove mettono i loro missili. Fa bene. Vuoi forse dubitare che i
suoi trafiletti non sappiano ripulire tutta una foliazione imbrattata come
sopra?
Un avvenimento che sentivo poco fa su RadioRai,riguarda la detenzione di un Italiano in Egitto. Evidentemente sta un po' scemando la tensione sul caso Regeni, per cui si e' parlato di un vacanziero italiano che avrebbe causato la morte di un ingegnere egiziano che dirigeva i lavori presso lo stesso resort con un pugno. Sembra che l'ingegnere, come giusto che fosse voleva impedire al vacanziero il transito nell'area di cantiere, dove il turista insisteva a passare forse per accorciare il percorso per la spiaggia Il cronista Rai insisteva, nella narrazione, sul fatto che l'ingegnere fosse un uomo di 52 anni (vecchio?) e cardiopatico con due crisi cardiache, come per diminuire le responsabilita' della lite e del pugno dato, forse mortale. Mi immagino che al contrario di Regeni si chieda la "verita'"ma solo per scagionare il turista manesco. O che si faranno illazioni sulla morale del tecnico vittima ("pirata", come per I poveri pescatori obliterati, per volonta' o per sbaglio, dai famosi maro' imbarcati sulla Lexie? uomo dei servizi egiziani al servizio del "dittatore"? sbandato che "taglieggiava i turisti, perche' l'Egitto e' un"paese allo sbando e pericoloso"?) per fare come per I maro', una campagna che facesse passare i responsabili come vittime di una macchinazione. Staremo a vedere. Per intanto segnalo un bel servizio di Mario Albanesi su Udo Ulfkotte, giornalista tedesco morto in circostanze poco chiare a 57 anni,poco dopo aver denunciato le pressioni dei vari servizi segreti sulla stampa mainstream occidentale.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=rpGyQ7oYKdY
Intanto la "democratica Premio Nobel" Aung San Suu Kyi: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Myanmar-esercito-contro-civili-con-colpi-di-mortai-Birmania-militanti-Rohingya-92-morti-musulmani-fce66904-3d52-4686-bd97-7f3bbf304af9.html
RispondiEliminaFabrizio Casalegno@
RispondiEliminaUno degli idoli assoluti del "manifesto". Coerentemente.
Infatti sulla questione Birmania si sente un silenzio assordante dei "democratically correct". Non un interrogazione parlamentare, non una esternazione della ministra Mogherini di solito subito pronta a scagliarsi contro le varie dittature, Russia in testa, ed a finanziare con collaborazioni i paranazisti in Ucraina. Ed il "Manifesto" cosa dice a proposito?
RispondiElimina@alex1
RispondiEliminaE difatti stamattina su "La Stampa" articolone a due pagine sui movimenti neonazisti europei che, di ritorno dall'Ucraina, stanno iniziando ad allestire campi di addestramento nei propri paesi con intenti reazionari. Ed ovviamente di chi è la colpa? Ma di Vladimir Putin, l'orco russo che li finanzia di tasca propria per fare a pezzi la nostra civiltà. Ah, se non ci fosse la NATO a proteggerci...
http://m.huffingtonpost.it/antonella-napoli/il-silenzio-sui-rohingya-del-premio-nobel-aung-san-su-kyi-che-rinnega-la-sua-storia_a_23186884/
RispondiEliminaAncora sulla paladina dei diritti umani. Ha addirittura rifiutato di concedere i visti agli invitati dell'ONU. Al contrario del "dittatore" Saddam.
A proposito del "Manifesto" sulla rubrica "notizie dal mondo" come si trattasse di un semplice fatto di cronaca, parla in sole cinque righe di "scontri armati fra l'esercito birmano e la minoranza rohingya", che secondo una fonte giornalistica "avrebbe coinvolto anche civili" ma che al momento "non sarebbe possibile verificare" in quanto l'esercito avrebbe limitato l'accesso all'area". Niente di più.
RispondiEliminaIntanto sul "Fatto" qualcuno, sembra il portavoce di Amnesty si accorge dopo sei anni che i Twargha sono stati perseguitati, massacrati o dispersi e che non hanno avuto diritto non dico alla giustizia, ma nemmeno al ritorno nelle loro case. Meglio tardi che mai? Oppure, visto che la Libia è saltata ci si può rifare una credibilità?
RispondiEliminahttp://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/28/libia-dopo-sei-anni-i-tawargha-non-tornano-ancora-a-casa/3817934/
http://www.corriere.it/politica/17_agosto_28/verita-negate-profughi-eritrea-che-scappano-dall-ex-colonia-italiana-b388b832-8b6e-11e7-8cc1-96f10f6b1c3d.shtml
RispondiEliminaquesto è un articolo di gian antonio stella sulla questione eritrea.
Cito: ''generale prussiano Bluecher a Waterloo che lancia la sua cavalleria..'': ma non era stata la fanteria prussiana, magistralmente orchestrata poi da Beethoven, a dare man forte agli inglesi ? Misteri della Storia, quella maiuscola...oggi ( per il momento ) abbiamo di fronte solo quello che agli storici che verranno parrà un periodo confuso di torbidi e di uomini mediocri. Il che non ne fa un momento meno pericoloso, odioso e doloroso delle tante vicende che l'umanità ha dovuto affrontare nel passato.
RispondiEliminaAnonimo@
RispondiEliminaNon so se quella di Anonimo è una provocazione o una denuncia delle fake news diffuse dai media italiani. La pubblico tanto per ribadire quanta merda cola dal giornale italiano più "autorevole".
Oriundo 2006#
RispondiEliminaCome infatti ho scritto: Bluecher arrivò in soccorso al comandante inglese Wellington che stava per soccombere a Napoleone. Il resto del commento non mi è molto chiaro.
caro fulvio,
RispondiEliminanessuna provocazione.
stella si sà che un "bufalorio"*
però mi sembrava istruttivo anche leggere la sua opinione; così almeno si sà cosa ne pensa il lettore del corriere sull'etiopia.
saluti
alb
*
termine in dialetto piemontese per definire un racconta palle.
http://m.huffingtonpost.it/filippo-miraglia/il-summit-del-vergognoso-fermiamoli-a-casa-loro_a_23188964/
RispondiEliminaArticolo sul summit di ieri all'Eliseo sulla "crisi migratoria". Più che l'articolo mi hanno colpito i commenti, simbolo del degrado raggiunto dal popolo bue e lobotizzato grazie ai social e ai media mainstream.
Anche qui sulla battaglia di Waterloo ho seguito recentemente una ricostruzione su Rai Storia e mi chiedevo perche' il ruolo dei prussiani viene sempre sminuito (anzi si parlo' addirittura di sconfitta degli stessi che avrebbe messo in difficolta' le truppe inglesi) e quello di Wellington sempre enfatizzata. Sara' che anche in quell'occasione la storia l'hanno curata di piu' quelli che erano dalla parte dell'impero piu' forte del mondo nel 1815?
RispondiElimina@alex1
RispondiEliminaHai centrato perfettamente il punto. Alessandro Barbero, uno dei migliori storici italiani, lo ha sempre ribadito. Gli inglesi hanno sempre enfatizzato Wellington (che comunque era l'unico generale capace di tenere testa a Napoleone, almeno a livello tattico) e la tenacia dei loro soldati (sorvolando sul fatto che solo un terzo dell'armata era britannica). Anche nel bellissimo film di Sergej Bondarčuk i prussiani arrivano solo alla fine, dimenticando completamente gli scontri furiosi a Plancenoit tra le milizie prussiane e la Guardia Imperiale. I prussiani quel pomeriggio hanno impegnato l'intero fianco destro francese costringendo Napoleone a distogliere prima il VI corpo di Lobau e poi la Giovane Guardia. Quando anche questa fu respinta l'imperatore fu costretto ad impiegare due battaglioni della Vecchia Guardia, tra i migliori in assoluto, che respinsero ben 14 battaglioni prussiani. Se tutte queste truppe fresche si fossero riversate su Wellington la battaglia avrebbe preso sicuramente una piega diversa. C'è anche da dire che alla fine vinse chi fece meno errori, visto che sia i francesi che gli alleati ne commisero parecchi, non solo a Waterloo ma nel corso dell'intera campagna. Se tre giorni prima, il 15 giugno, Ney avesse occupato Quatre-Bras come gli aveva ordinato Napoleone, il piano dell'imperatore sarebbe perfettamente riuscito. Avrebbe annientato i prussiani a Ligny e a quel punto, rimasto solo, Wellington si sarebbe probabilmente ritirato. Ma, alla fine, la Storia non si fa con i se e con i ma.