E’ lungo. Va bene che siamo nell’era veloce dei tweet, delle frasi
semplici, del chat, dei periodi senza subordinate. Ma talvolta fa pure bene al
cervello fare uno sforzetto. Come aille ginocchia quando cammini anziché stare
seduto in tram affondato nel cellulare.
Un quartiere può ben
essere paragonato a un albero. Se forte e bello, o sbilenco e stentarello
dipende dal terreno in cui affonda le radici. Trastevere era un albero forte,
grande e bello, con le fronde e i rami che per millenni hanno protetto e
coperto i suoi abitanti. Genti di varissimi colori, ma che Trastevere trasteverizzava,
lo ricambiavano curandone il suolo, potando ed accrescendo, a misura di
necessità. Stefano Rosso era l’uccellino nato tra quelle fronde e che ne abitava
i rami, gli dava voce. Suonava la chitarra e cantava le sue canzoni, tra le più
belle e significative del cantautorato degli anni felici. Non ha voluto altro
pubblico che noi, quelli che lo andavamo ad ascoltare a Piazza Santa Maria,
accrocchiati sulla fontana intorno a lui. Non aveva mai un soldo, Stefano, non
ci teneva ai quattrini. Ogni tanto mangiavamo un piatto di pasta da me e poi
giù con le chitarrate. Quando l’albero, maltrattato da turbe di colonizzatori,
ha incominciato a seccarsi, Stefano, il suo usignolo, era già diventato famoso.
Non se n’era neanche accorto. Era rimasto sul ramo di quell’albero, ancora a
cantare, a impollinarne le fioriture sempre più rade. E’ stato l’ultimo
canterino a volar via, l’ultima foglia a caderne, nell’inverno del nostro scontento.
E con lui è volata via la poesia e la profondità. Poi l’albero, millenario come
gli ulivi che vanno spazzando via in Puglia per far spazio alla modernità, è
marcito ed è crollato. Suggerirei a chi legge questo pezzo, di tenersi sullo
sfondo la dolce amarezza di Stefano: (www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=42666)
Sì, viaggiare (fuori, dentro, con e
contro i media)
Nel primo
tempo, quello del Vaffa, i 5 Stelle si astennero dal mescolarsi tra le anime
morte, ma esuberantemente ciarliere, dell’informazione-comunicazione-intrattenimento-rintronamento,
specie televisivi. Fecero bene a tirare un frego tra loro, che parlavano alla
gente nelle piazze e in rete (ahimè solo per chi la frequentava), e coloro che
le arrangiavano attraverso i canali consolidati del totalitarismo comunicativo.
Nel secondo tempo, maturati, iniziarono a mescolarsi, con un certo occhio alla
selezione. E fecero bene, giacchè ovunque apparissero e con chi, disintegravano
l’interlocutore. Nei supplementari, oggi, si mescolano con chiunque, vanno dappertutto,
anche da Barbara D’Urso. E non so se fanno bene, anche Renzi l’aveva fatto,
davanti alle stesse ginocchia nude, d’attrazione e distrazione (che poi se uno
le toccasse finirebbe alla garrota) della stessa intervistatrice, celebrante della
star di turno. Forse gli tocca, giacché tutti, dappertutto, ne parlano e nel
99,9% dei casi male. E visto che sei al governo e ti ha messo lì la nazione,
tocca rispondere. Sennò resta muto anche chi li ha eletti. E questo, in democrazia, non
dovrebbe andar bene.
Inesperti e
indisciplinati, non avvezzi alle buone regole, come sono tutti quelli che
arrivano da fuori e in ritardo, i 5 Stelle a volte rispondono male. Senza
neanche coprirsi la bocca. E tutti lo vengono a sapere e siccome quelli che
gestiscono l’informazione, da sinistra a destra, li hanno in uggia, potete
immaginare lo tsunami di riprovazione e damnatio
memoriae, praesentis et futuri che gli arriva addosso. Uno tsunami che ha a
disposizione tutti i venti per potenziarne la forza devastatrice: tv, stampa,
metà dei social, i chierici, i laici benpensanti, gli amici del bar che
guardano la Juve e le comari che festeggiano la gravidanza di Meghan e danno
retta a Gramellini.
Al contadino non far sapere…
La
differenza è che, quando non parlano attraverso i canali che qualcuno ha
sancito istituzionali, anche se rispondono a privatissimi magnati del soldo,
del mattone, del farmaco, questi formidabili catoni parlano di nascosto. Sono i
casi in cui il teleobiettivo, o l’orecchio, o lo sguardo puntati non sono sotto
loro stretto controllo. Parlano fitto fitto coprendosi la bocca. E non è per
infastidire l’altro con l’alitosi. Qualunque sia il lezzo emanante dalle
parole. Lo hanno imparato anche i calciatori che, bisbigliandosi trovate
tattiche, o suggerendosi di spezzare le tibie a quello lì, pensano di fregare
l’avversario. O magari lo spettatore tv
perché non sappia della combine.
Così è
successo che Di Maio, quello più cornuto nella coppia di governo, secondo gli illibati che c’erano prima, perché non fa
smargiassate, o cose palesemente riprovevoli da ogni punto di vista, ma
qualcuna di quelle che questi avrebbero
dovuto fare e non si sono mai sognati e per questo sono stati messi dietro la
lavagna, ha detto sulla stampa ciò che tutti sanno. Nulla più. Quando è uscito un DEF in tutto e per tutto simile a quelli fatti
prima, ma stavolta in odio al babbo UE, alla mamma BCE, alla zia FMI e al
curato e con provvisioni non per due dozzine di ricchi, ma per qualche milionata di pezzenti sul divano, al maremoto
forza 10 che gli si è sollevato contro, Di Maio è sbottato in “terrorismo mediatico”. Ha addirittura
osato riferire che, come i dati ahinoi da tempo denunciano, la carta stampata
perde lettori e anche Repubblica. Non
sarà mica perché i lettori, più che leggerla, hanno mangiato la foglia? Ma
come si permette, il parvenu! Quello delle gazzose allo stadio San Paolo!
Ha preso la
per lui inusuale penna, Mario Calabresi e, a nome di tutti i vilipesi, ha
vergato su tre paginoni del suo giornale, “la Repubblica”, membro
dell’oligopolio “Stampubblica” (Stampa, Repubblica, Secolo XIX e gazzettini
associati, più L’Espresso), formatosi in nome del pluralismo e dell’ editoria
pura, una catilinaria che, a confronto, quella del povero Cicerone contro il
reo difensore delle libertà repubblicane pare la reprimenda della mamma per
togliere i gomiti dalla tavola. Prima uno squillo di trombe: “Noi continueremo a raccontare la verità”,
Poi un rullo di tamburi: “Quell’ossessione
per Repubblica dei nuovi potenti”. Dove per “potenti” non credo abbia
inteso né Debenedetti, né Berlusconi, né Cairo, né Caltagirone che, tra loro,
hanno per le mani tre quarti dei media significativi di questo paese. Nè è
probabile che abbia pensato a chi a Bruxelles, Francoforte, Parigi, Berlino e
Washington mette i suoi poveri mezzi e poteri a disposizione della vendetta di
coloro che il 4 marzo sono stati spodestati da una banda di barbari. E neppure,
come adombra tremando il direttore di Repubblica, dovrebbero essere, Putin e
Trump, stavolta in coppia alla Bonnie and
Clyde? Quei “potenti” del Calabresi
restano l’enigma della fase.
Il resto
dell’articolessa, come l’arguto Sergio Saviane chiamava le opere che per lui
non meritavano altra qualifica, è un frenetica successione di spazzolate, un
vorticoso impazzare di “Folletto”, un ripetuto passaggio in lavatrice della
coda, per eliminare il sale che Di Maio gli aveva schizzato sopra. “Campagna con i giornali e contro Repubblica
in particolare ogni giorno più ossessiva e più aggressiva…vogliono liberarsi
dei corpi intermedi, delle critiche e delle domande scomode… peccato che tu,
grillino, possa solo ascoltare, al massimo commentare o votare in un sondaggio
e se i voti non sono quelli desiderati in un attimo spariscono…chi insiste nel
fare domande (ai grillini) disturba,
mette in evidenza contraddizioni, errori e furbizie, deve essere messo
fuorigioco… si sono chiesti (i grillini)
come possiamo provare a imbavagliarli, indebolirli, mandarli fuori strada?....Hanno
preso di mira la nostra pubblicità (i grillini), un trucco delle aziende per comprare i giornalisti, hanno reso
immorale la pubblicità… nemmeno Berlusconi arrivò mai a tanto (bum!)… sterilizzare qualunque critica al ministro (grillino).
Infatti, nella storia della Repubblica non s’era mai visto nessun governo così
indenne da critiche e così universalmente magnificato.
Se non basta Hitler, ecco la Stasi
Messo il
paese sull’avviso contro la dittatura dei potenti, razzisti, xenofobi e
populisti che sprigiona dai primi cinque mesi del governo salvimaio, soprattutto
“maio”, chè con il “salvi” in comune già c’erano sensi liberali e liberisti, capannoni
lombardoveneti, Saia e Toti, banchette vernacolari varie. Poi il giornale dei
Debenedetti dà una sistematina anche alla
dittatura d’antan, tanto per far notare l’accostamento. Due pagine
dell’illustre storico (?), Pietro Citati, dedicati a Hitler. Cito: “Falsi miti. Non sapeva far nulla, non
lavorava, amava smisuratamente la madre, pensava di essere un artista. Poi
scoprì di avere una vera passione, l’odio e un unico talento: saper parlare” . Insomma,
un Fuehrer mammone, un po’ coglione, in fondo nient’altro che uno spurgo
d’odio. Un po’ come i grillini? Il
ricorso a Hitler vi pare un po’ scontato, abusato? C’è sempre la Stasi, la CIA
cattiva della Germania Orientale, con i suoi spaventosi metodi di coercizione e
punizione. La Stasi è’ quella, per Faenza sul “Fatto Quotidiano” , come per
Ciccarelli sul “manifesto” (uno resosi icona della credibilità quando ha
spernacchiato alcune migliaia di scienziati, tecnici, testimoni, che mettevano
in discussione la versione ufficiale delle Torri Gemelle), che stanno copiando
i 5 Stelle quando al reddito di cittadinanza uniscono 8 ore di “lavoro forzato”
socialmente utile e misure perché i 750 euro vadano a Pinocchio e a Geppetto e
non finiscano in bocca al gatto e alla volpe
Libera stampa in libero Stato
Sul “manifesto” Marina Catucci, già scatenata agit
prop di Hillary Clinton, nota esultatrice
su cadaveri violati, dedica un paginone con fotona a un gruppetto di teenager rivoluzionarie anti-Trump
ben individuate, che tutte lamentano la perdita di Hillary e Obama e si
dichiarano pronte alla guerra contro l’oppressione delle donne, delle
minoranze, dei LGBTQ, contro negazionisti, misogeni, omofobi, razzisti. E anche
contro la libera disponibilità di armi che provoca il “mass shooting” nelle scuole americane. Bravissime, Soros esulta.
Legittimo.
Legittima la scelta delle notizie da dare e non dare. Forse legittima, ma non
deontologica la scelta di NON dare neanche un trafiletto alla Marcia delle
donne sul Pentagono nel fine settimana 20-21 ottobre, organizzata da Cindy
Sheehan, madre di un soldato ucciso in Iraq, diventata la più nota militante
antiguerra degli Usa. Ai tempi di Trump, ma anche di Hillary e Obama. E neanche
una notiziola sul convegno internazionale contro la Nato a Dublino dal 16
novembre con la partecipazione di rappresentanti di 120 nazioni e centinaia di
organizzazioni anti-guerra. E neanche un accennino alla manifestazion di massa
programmata contro il prossimo vertice Nato a Washington il 4 aprile prossimo,
per il quale si raccolgono adesioni dal mondo. Legittimo occultamento. Un po’
meno legittimo quando si esibisce la testata “quotidiano comunista”.
Legittima la
scelta di Repubblica, del manifesto e di tutti gli altri, di giudicare l’Egitto
preda di una dittatura. Legittima, ma sospetta quando si dice di arresti e non
di terrorismo Isis dilagante, che uccide civili e funzionari a gogò, brucia
chiese copte, tiene in scacco il paese. Legittimo esigere la verità
sull’uccisione di Giulio Regeni,
ricercatore italiano. Ma legittimo anche, nello sceverare ogni minimo
particolare dell’accaduto, occultare che il ragazzo era lì per sollecitare
progetti anti-regime, che era stato bruciato da un suo interlocutore e,
soprattutto, che era stato alle dipendenze di una ditta di spionaggio
angloamericana diretta da ceffi come l’inventore dagli squadroni della morte,
Negroponte, l’ex-capo dello spionaggio britannico, McCollin, e il protagonista
del Watergate David Young? Un pensierino
su chi poteva aver combinato il pastrocchio, chiaramente anti-egiziano e
anti-italiano, no? Giornalismo d’inchiesta?
Luci intermittenti sulla realtà
Santificare
le Ong delle migrazioni e celare che sono finanziate dallo speculatore e
destabilizzatore internazionale George Soros? Definirlo filantropo e perdersi il dettaglio (vero “manifesto”?) del
furto di miliardi a Italia, Regno Unito e Tailandia (dove, se ci va, lo sbattono
al gabbio per sempre), cui in combutta con agenti locali quali la Regina,
Draghi e Andreatta, ha demolito la valuta nazionale facendo arrivare sul
mercato degli amici una produzione industriale a prezzo di saldo? Non
aggiungere che c’è la manina di Soros in ogni porcata fatta a Stati sovrani,
tipo golpe e rivoluzioni colorate, da Kiev a Managua? Modello BBC, standard
aureo quanto il New York Times delle armi di Saddam, che, dopo aver attribuito
alla provocazione dell’IRA la strage della domenica di sangue di Derry
perpetrata dai parà di Sua Maestà, solo dopo trent’anni si è rassegnata a
un’inchiesta imposta a furor di popolo e di testimoni (compreso il
sottoscritto), ma solo per spostare la colpa del crimine, dal governo che
l’aveva ordinato, all’ intemperante testa calda
al comando dei militari (nessuno dei quali è ancora, 46 anni dopo, è
finito sotto processo).
Perché, di
Stefano Cucchi finalmente restituito alla verità dalla confessione di un carabiniere che ha
denunciato i suoi colleghi nell’Arma nei secoli fedele, quanti dei nostri
innumerevoli talk show di
approfondimento giornalistico hanno parlato? Nessuno, salvo Porta a Porta. E
quanti degli eminenti giornaloni, così arruffati dalle maldicenze di Di Maio,
hanno istantaneamente rivelato ai loro lettori che quelli del Ponte di Genova
erano i Benetton? Nessuno. Il nome uscito dopo giorni e giorni e nascosto in
fondo alla foliazione. E il processo alla trattativa Stato Mafia del PM Nino Di
Matteo? E la sentenza che inchioda una classe dirigente al connubio con la
mafia nella più orrenda campagna di attentati mai vista in Europa? Tutti zitti
tranne il Fatto Q.Fin qui siamo agli occultamenti, detti “legittima scelta
delle notizie da dare e non” a un volgo che rischia di essere composto da
zotici “deplorables”.
C’è la
notizia che non lo è, c’è quella falsa, quella occultata, quella travisata,
quella opportunamente collocata. Ma c’è
anche il come queste notizie si danno, lasciando da parte i commenti, tutti
ovviamente legittimi. Quando le fonti di informazioni che tratteggiano in nero
i nemici dell’Occidente sono “anonime, sicure, affidabili, diplomatiche, di intelligence, di organi
altrui, sono i “si dice” e sono avvolti in condizionali come parrebbe, avrebbe,
sarebbe”, si tratta nel 90% dei casi di propaganda, spazzatura. Tenetevi il
10%, vagliatelo e rovistate piuttosto in rete. Lì qualche barbaglio di luce
lampeggia. Per il come basta un esempio.
Quello del vilipeso quotidiano di Calabresi-Debenedetti che con grande enfasi
titola “Centri impiego flop, 2 milioni di
richieste, 37mila posti trovati, ogmni sede va per conto suo, sono falliti i
tentativi di coordinamento…” Uno legge e si dice: cazzo, anche su questo i
grillini hanno toppato. Bersaglio centrato. Da nessuna parte c’era scritto che
tutto il disastroso ambaradan era il frutto di decenni di quelle politiche
governative, sostenute da “Repubblica” (Amato, Dini, Prodi, D’Alema, Monti,
Letta, Renzi, Gentiloni) , in cui il lavoro non
lo si doveva proprio trovare. Come si sarebbe fatto, senza disoccupati,
a tenere a bada “l’odio” degli occupati a strozzo e a ore/giorni?
E poi ci
sono i tempi. A occhio e croce, nel TG del mio ex-collega al TG3 Luca Mazzà, le
proporzioni sono queste: 20% a due esponenti del governo, 25% all’opposizione
di destra (PD), 25% a quella di destra-destra, con la sfilata sui tacchi di Bernini,
Gelmini, Carfagna e le epifanie di Berlusconi e Tajani, richiamati da Mazzà in
vita, 10% alle micro-opposizioni di Meloni, Grasso, Fratoianni e Fassina. A
ognuno di questi si strappa l’immancabile 1% che corona la politica con
Bergoglio e Mattarella. Il quadro statistico è questo.
Dati AGCOM
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
“pluralismo
politico/istituzionale sul servizio pubblico televisivo”
Minutaggio
complessivo, tra interviste e notizie date in terza persona, che Tg1, Tg2,
Tg3 e Rai News hanno riservato alle diverse forze politiche nel
periodo 1 - 30 settembre 2018 .
Partito
Politico
|
Tempo
dedicato
|
Quota elettorale
marzo 2018
|
Movimento 5 stelle
|
4 ore e 44 minuti
|
32,7 %
|
Lega
|
5 ore e 39 minuti
|
17,4 %
|
Partito Democratico
|
15 ore e 16 minuti
|
18,7 %
|
Forza Italia
|
12 ore e 14 minuti
|
14 %
|
Nota Bene: sommando il tempo dedicato alle due forze che compongono la maggioranza
di governo si arriva a un totale di 10 ore e 23 minuti, contro le 27
ore e 30 minuti di PD+FI.
|
Tutto questo
fa parte della strategia dell’informazione come concepita ai tempi in cui i
voti li danno Reporters Sans Frontieres che dalla Cia ricevono un guiderdone
annuale. Poi c’è la tattica, quella delle notizie fieramente false, la
famigerate fake news che, per la
Boldrini e diversi legislatori d’Occidente starebbero tutti in rete. E qui non
c’è che nuotare per non affogare. Vado alla rinfusa, ‘ndo cojo, cojo: troll
russi contro Mattarella, penali miliardarie se cancelli il Tav o cacci
Autostrade, Foa, neopresidente Rai, ha scritto un libro che spiega come
falsificare le notizie a servizio dei governi (vero il contrario), gli amanti
della Raggi, il Ponte Morandi è crollato perché il M5S ha bloccato la Gronda,
Assad, come si sveglia, spara armi chimiche sui civili, la Casaleggio è
tutt’uno con la Spectre….
Dalla censura ai tabù
Apoteosi
della nostra libertà di stampa, d’espressione, di critica RAI 3 ha coronato
quanto con tanta forza ha rivendicato il
direttore di Repubblica e, con lui, tutti i paladini schierati davanti al
castello delle nostre libertà, minacciate e aggredite dal feroce Saladino.
Sabato 13 ottobre, “Le parole della settimana”, programma buonista ultrà di
Gramellini. A troneggiare sul proscenio tre sommi sacerdoti della nostra corretta informazione; lo stesso
Gramellini, Enrico Mentana (standard aureo del giornalismo tv) e Andrea
Vianello. In collegamento skype, Diego Fusaro, filosofo marxista: presenza
diversa e divergente, ma di notevole appeal
per il feticcio Audience, garanzia di pluralismo e benevola tolleranza
pur verso chi ti è odioso. Nei pochi secondi
che gli sono stati concessi, Fusaro era subito riuscito a solleticare la
sensibilità pluralistica, la fedeltà ai principi costituzionali della libertà
d’opinione dei tre luminari del giornalismo democratico, citando Heidegger e,
con lui, spernacchiando un’informazione che nasconde la realtà dietro
chiacchiere, pettegolezzi, allusioni, fonti mai dichiarate, “si dice”, falsità
conclamate. Bufale a gogò, aveva denunciato, tipo gli avvelenamenti dei russi,
o le armi di distruzione di massa, cui si sono inchinate, e le hanno propagate,
tutti i più prestigiosi media della democrazia occidentale.
Stava per dire
che gli hate speech, discorsi
dell’odio, attribuiti h24 a chiunque non si trovi a suo agio nei tempi
correnti, sono proprio di coloro che
accusano l’intero mondo fuori dal loro salotto Luigi XV di non fare che
discorsi dell’odio, che in scena si percepisce una certa agitazione. Poi, come
fosse un ectoplasma spento da qualcuno, Fusaro sparisce nella foschia dello
sfumato. Che peccato, Skype interrotto, ghignano i commensali del pasto nudo dell’informazione.
E la Federazione Nazionale della Stampa, con la succursale Articolo 21, presenti in ogni piazza in cui
si celebri la verità, da Regeni alle Ong di Soros, il giorno dopo non poteva
mancare a denunciare la soppressione della libertà d’espressione perpetrata
da…. Luigi Di Maio.
Ci rimane
pur sempre la satira. Rai 3 e Tg3, quelli detti “Kabul” quando c’ero io, magari
danno solo tre volte lo spazio alle opposizioni di quello che danno al governo
(proporzioni invertite rispetto ai governi precedenti), noblesse oblige, perchè stare con gli oppositori oggi fa fico, ma
mantengono in vita addirittura Blob. La satira! Quella che graffiava tutto e
tutti, senza sconti per nessuno, ma con il piatto della bilancia sempre
pencolante dalla parte del più sfigato, di quello fuori dall’ordine perbene
delle cose, quello in basso. Con un occhiolino di complicità verso chi
disturbava E sui supponenti e protervi
rovesciava quell’orrido blob che usciva dal cinemino di Piccadilly Circus. Come
è missione della satira. Anche oggi fa così, anche oggi sbertuccia i potenti e accarezza i deboli. Pensate, sulla
kermesse del PD in Piazza del Popolo ha messo la canzone “I comunisti della capitale, è giunto alfin il dì della riscossa….”.
Ma non era satira, non era ironia. Era l’omaggio commosso del giullare del re
ai partigiani della nuova resistenza. A Renzi, Martina, Del Rio, Calenda,
Zingaretti e Franceschini. Ecco dove era arrivata la trave di Calabresi per
estirpare la pagliuzza di Di Maio.
Diceva quel
destraccio di Leo Longanesi: “Non è la libertà che manca, mancano gli
uomini liberi”. Faceva dire Orson Welles a Humphrey Bogard: Questa
è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente' -
Ottimo e prezioso articolo Fulvio, che ho prontamente condiviso su Facebook.
RispondiEliminaHo solo qualche dubbio su Stefano Rosso. Ho letto su Wikipedia (per quel che vale, aspetto smentite) che nei primi anni 80, per un calo di successo, per delusione amorosa o chissà, si arruolò nella Legione Straniera rimanendovi due anni. Non so cos'abbia fatto in quel periodo, ma non credo che impastasse zucchero filato al luna park. Di questi tempi si giudica un po' troppo, specie i morti che non possono difendersi, ma alle frustrazioni si può reagire in maniera costruttiva, autodistruttiva o distruttiva. Si direbbe che Rosso abbia scelto quest'ultima.
Mauro Murta@
RispondiEliminaNon ne sapevo niente, caro Mauro. A me risultava in sterilità creativa e in preda a depressione. Si era trasferito a Ostia ed è morto per problemi etilici.
Mi informerò su questa storia della Legione.
Grazie dell'apprezzamento.
E' un gran bel ricordo di Stefano Rosso. Alcune sue canzoni come Bologna 77 sono poche pennellate che descrivono con poesia il movimento del 77 e la dura repressione. Io me lo ricordo una volta, avrò avuto 12 anni, a San Remo, uno dei primi che ho visto, che cantava mentre teneva in mano un giornale. Servirebbe uno che metta alla berlina certa stampa di oggi. Riguardo alla Legione Straniera, prenderei un pochino con le molle wikipedia. Ognuno può scriverci e non c'è accertamento, oltre nella fattispecie tutto non cita neanche le fonti relative.
RispondiEliminaOttimo come al solito Fulvio. I dati del AGCOM sono allucinanti, sono la prova scientifica della faziosità dei servi di Renzi che furono inculcati nella selva oscura della rai e tutt'ora sguazzano nel putridume della disinformazione.
RispondiEliminaIl manuale Cencelli degli anni che furono, permetteva se non altro una scelta del canale da seguire. Oggi questo non è più possibile. Aspettimao fiduciosi grandi cambiamenti dai nuovi arrivati.
Un saluto Pierluigi
Stefano Rosso è morto il 16 settembre del 2008, portato via da un tumore arrivato "come il mal di denti, quando meno te lo aspetti".Un po’ poeta e un po’ trasteverino che ha guardato il mondo dall’uscio di casa, senza salvare nessuno.
RispondiEliminaA proposito di cantautori, mi permetto di ricordare un altro cantautore recentemente scomparso il quale è rimasto sempre se stesso e non ha mai cercato il successo ad ogni costo, Claudio Lolli. Neanche una trasmissione per ricordarlo, spesso etichettato da anni come "vecchio", ma aveva solo 68 anni, come "politico" in senso quasi dispregiativo, perché non si è mai legato alle tendenze mainstream. Ma era un cantautore che ha toccato molti temi esistenziali, il rapporto con la famiglia, con la giovinezza, l'inquietudine della vita metropolitana, la solitudine, l'amicizia.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=cOZopQ8g238
Spero apprezziate questo ricordo.
Alex1@
RispondiEliminaCondivido, Alex. Lo stesso vale per il compagno Sergio Endrigo, riesumato solo superficialmente in questi ultimi tempi e ridotto alle sole sue produzioni più commerciali, dopo vent'anni di oscuramento, dagli anni '80 in poi, per punizione del suo essere comunista e aver cantato il Che e nell'imbarazzo che al regime destro-sinistro hanno sempre provocato i nostri profughi giuliani (poi riscattati da un magnifico lavoro teatrale di Cristicchi.
Sono appena tornato dal cinema dove ho visto il trailer di A Private War, film ispirato alla storia di Marie Colvin. La giornalista con la benda sull'occhio uccisa ad Homs durante l'offensiva delle forze governative. Aspettiamoci una nuova carrellata di propaganda contro Assad e i popoli libico e siriano. Vi dico solo che ho visto una scena dove attaccava Gheddafi durante un'intervista a proposito dell'imminente aggressione occidentale alla Libia...
RispondiElimina@Fabrizio: in effetti anche le proiezioni cinematografiche possono essere segnali sui possibili sviluppi politici. Questi sarebbero pessimi segnali. A febbraio del 2011 alcuni studenti fuori dal cinema di Westwood davano inviti per il film "the dictator" dove si faceva anche sulla locandina riferimento ad un personaggio con vestito chiaro lungo, capelli neri ed occhiali da sole. Chiaro riferimento. Di lì a poche settimane si scatenerà l'attacco alla Libia e all'assassinio di Gheddafi. Non per essere pessimisti ma poco tempo fa in una trasmissione radio si diceva che in Siria la guerra " sembra dover durare ancora a lungo"...
RispondiEliminaIeri pomeriggio, ad alcuni tifosi della S.P.A.L a Roma è stato impedito l'accesso allo stadio. La loro "colpa" è stata quella di avere indossato una maglietta con l'immagine di Aldrovandi il giovane torturato ed ucciso da quattro agenti dopo l'arresto a Ferrara. Notizia dimenticata dalla maggior parte della stampa, concenrata tutta sul "fallimento" della manifestazione M5s al Circo Massimo.
RispondiEliminaHo notato che in diverse librerie sono ultimamente usciti alcuni fumetti sul conflitto siriano che stanno contribuendo ad indirizzare la massa ad una certa idea sul conflitto. Ad esempio ho trovato un volume di Zerocalcare che raccoglie un reportage fatto a fumetto che era apparso su Internazionale in due puntate. Le tavole sono un resoconto del suo viaggio a Kobane ed esaltano "l'utopia democratica della Rojava" contrapposta alla distruzione ideologica dell'Isis.
RispondiEliminaFabrizio Casalegno@
RispondiEliminaZerocalcare, fumettista di regime, nel senso di Soros e del buonismo globalista. Esaltare quei curdi, mercenari degli Usa e pulitori etnici degli arabi, è degno di chi viene periodicamente esaltato da quei cialtroni di Propaganda Live di Zoro (Diego Bianchi)