Intanto un plauso di cuore e di mente a Luigi Di Maio per
la solidarietà totale data ai Gilet Gialli di Francia , la più bella e forte
risposta alla globalizzazione finanzcapitalista da molti anni a questa parte,
augurandoci che tale riscatto dei 5 Stelle si estenda ad altre aree politiche,
sociali, ambientali che erano nell’anima
del MoVimento alle origini.
Due settimane davanti a Malta. Sarebbero bastate per
sbarcare a Calais, Dover o Amburgo
Grande dibattito e grande esplosione
di hate speech, discorsi dell’odio,
rancore, invidia sociale (quelli che venivano attribuiti agli italiani che
hanno votato questo governo) da parte dell’unanimismo politico-mediatico
globalista e antisovranità, sul decreto sicurezza. Hate speech ulteriormente animati dalle due navi di Ong tedesche
che girano per il Mediterraneo meridionale. Ong tedesche, vale a dire di quel
paese e appoggiate da quel governo (oltreché da George Soros) che, dopo aver
raso al suolo la culla della nostra civiltà (nuovamente barbari, alla faccia di
Goethe, Bach, Duerer e Schopenhauer), si sono fatti giustizieri, insieme ai
francesi e ai burattini di Bruxelles, del timido tentativo italiano di
invertire il flusso della ricchezza perennemente dal basso verso l’alto.
Navi tedesche, mi viene da
riflettere, che nel corso dei 18 giorni in
cui andavano lacrimando su mari in tempesta e migranti, secondo l’immaginifico
manifesto “in condizioni disperate”
(benché rifornite da Malta di tutto il necessario…), tra Malta e Lampedusa,
avrebbero potuto raggiungere, che so, New York, o magari Amburgo, visto che così
tante città tedesche si erano dichiarate disposte ad ospitare i profughi. O
Rotterdam, visto che è olandese la bandiera della Sea Eye. Non vi pare?
Posto che l’unica cosa buona fatta
dal socio neoliberista e ultradestro della maggioranza di governo è stato
mettere l’opinione pubblica di fronte al ricatto dell’Europa nei confronti dei
paesi rivieraschi del Sud – o mangiate la minestra della destabilizzazione
sociale ed economica di un’immigrazione incontrollata, o vi buttiamo dalla
finestra -, posto che strumento di questo ricatto è la società anonima creata
dal colonialismo tra multinazionali predatrici, trafficanti, Ong, santi
peroratori dell’accoglienza senza se e senza ma, per sottrarsi a tale ricatto
ritengo il decreto sicurezza del, per altri versi detestabile, fiduciario dei
padroni, il minimo indispensabile per salvare una serie di paesi destinati al
macero.
Razzista chi vuole rendere inappetibile l’Italia a
migranti? Il contrario, antirazzista e anticolonialista
Pensate, un anticolonialista e
antimperialista, uno che nel corso di quasi tutte le guerre e aggressioni di
altro genere da parte degli antropofagi occidentali, ha vissuto, operato,
scritto e filmato dalla parte delle vittime, con i rischi e le conseguenze
connesse sul piano delle condizioni personali, che dice: il decreto sicurezza
non basta! E che sarebbe giusto, umano, rispettoso dei diritti altrui, ostile a
trafficanti e speculatori sulle pelli nere o brune, opposto alla tratta degli
schiavi e agli eserciti industriali di riserva, evitare che vi possano essere
motivi, perlopiù illusori, ma anche veri, per sollecitare lo spostamento di
popolazioni. I famosi pull factor. Tutto
ciò che rende appetibile per un africano abbandonare terra, patria, identità,
cultura, fa torto e danno a lui e svuota e disarma il suo paese. Crudele,
razzista? No, l’opposto. Il massimo del razzismo è quello degli eredi di coloro
che sugli schiavi costruirono sviluppo, ricchezze, nazioni. Anche allora i
civili facevano il bene dei selvaggi.
Forse l’immenso divario che mi divide dai
buonisti accoglitori di vecchio stampo, quelli che si mascheravano da sinistra
(dal manifesto in su), come da quelli scopertisi tali dopo aver inflitto un
massacro sociale e culturale ad autoctoni ed immigrati con pari entusiasmo,
deriva in buona parte dal fatto che io dalle parti degli sradicati di oggi e
accasati di ieri ci ho speso almeno metà della mia vita. E loro no. Dal che
loro rivendicano il proprio diritto a stare, e bene, a casa propria, quella
civile, moderna, democratica, ma anche il “diritto” degli altri a venirsene via
da casa (chiamata “guerra, fame, dittatura”) e stabilirsi qui in un ghetto di
cartone, in una stanza per dieci, in un campo di pomodori, in una cosca della
mafia nigeriana, in una banlieu fuori dal mondo.. E io ho l’improntitudine
xenofoba e razzista di mettere al primo posto il diritto di ognuno di restare a
casa sua, di esservi trattato bene, di non essere oppresso e sfruttato.
Sinergie nella filiera dell’emigrazione
Non è segno di cecità, se non per
gli irrimediabili utili idioti, ma di ipocrisia o di calcolo non vedere la sinergia che esiste lungo la
filiera che porta da Raqqa in Siria, o Herat in Afghanistan, o Dakar in
Senegal, dove habitat ed economia sono stati occupati da necrofori armati o
briganti economici dell’Impero e sue marche, all’organizzazione di trasporti in
terra e traghettamenti da barca a barca (chiamati “salvataggi da naufragi”),
fino alle cooperative delle creste sulla sopravvivenza, ai caporali, alla
grande distribuzione dai prezzi discount, ai partner della criminalità
organizzata.
Questo dello svuotamento di
continenti e paesi da rapinare e della tracimazione di altri cui tagliare le
gambe è la Grande Operazione globalista
per rilanciare il capitalismo dopo la crisi. Una trasparentissima
strategia che ha il suo punto di forza nella cancellazione delle identità,
particolarità, storia, nazionalità, culture, da Palmira e dalla Biblioteca
Nazionale di Bagdad, fino alla cosiddetta integrazione del selvaggio nella
società civile, il presunto meticciato e multiculturalismo, un amalgama senza
faccia, senza anima e senza nome. E come con i barbari all’assalto di Roma, o con
i colonialisti della depredazione e dei genocidi di Africa, Asia, America
Latina e, oggi, con i neocolonialisti di
un mondialismo nel segno dell’élite finanzcapitalista e militarsecuritaria,
unica identità da salvaguardare, con chi sta la Chiesa, tuttora potenza morale
suprema a fianco dei manovratori? Ascoltate il papa.
Sudan, uno di quegli inverni che chiamano primavera araba
A proposito di Chiesa, sentivo stamane
a Radio Uno sui tumulti in Sudan, oggi paese d’origine di gran parte dei
migranti, l’immancabile frate missionario. E mi sono ricordato di quando, per
una conferenza a Palermo, a un centro sociale che ospitava alcuni profughi dal
Darfur, dovetti raccomandare di prendere cum
granu salis i loro anatemi contro il governo di Khartum. Il frate,
ovviamente comboniano, di quell’Ordine che in epoca pre-panarabista faceva il
bello e il cattivo tempo in Sudan, con mano morta su tutto l’apparato
scolastico e sanitario dell’immenso paese, sparava gli stessi anatemi sullo
stesso governo, quello di Omar el Bashir. Così, grazie alla puntualissima
Amnesty, i 12 morti ufficiali sono diventati 40 e la repressione, per quanto in
nulla dissimile da quella fisiologicamente nostra, da Parigi, a Genova,
Chicago, Atene, laggiù è ovviamente genocida. Come lo sarebbe al Bashir,
secondo il Tribunale Penale dell’Aja, che non ha mai accusato chi non fosse di
pelle nera. Nessuno dovrebbe negare che i manifestanti abbiano ottime ragioni, il
pane, i prezzi, il carburante, ma non dire che questo accade in un paese che
l’Occidente sottomette da decenni a sanzioni genocide e a mutilazioni che lo
destabilizzano e lo privano delle proprie risorse, conferma ogni sospetto sulla
nostra stampa.
Sono stato in Sudan o vi sono
passato parecchie volte sulla strada per l’Eritrea o l’Etiopia.Oggi ne leggo i
reportage da Khartum di una signora, Antonella
Napoli, il cui primo titolo, a mio avviso, non è tanto quello di giornalista della
Repubblica, ma di fondatrice e presidente dell’Onlus “Italiani per il Darfur”.
Basta e avanza per interpretare i suoi racconti.
Sud Sudan e Darfur: disfare il più grande e uno dei più
ricchi paesi dell’Africa
Già, il Darfur. Nel 1971 incontrai
Gaafar Nimeiri, presidente del Sudan, e alcuni suoi ministri. Passammo una
notte intera, in un villaggio del sud, a discorrere di storia, presente e
futuro del paese e della rivoluzione araba. Sulla scia della rivoluzione
anticoloniale di Gamal Nasser in Egitto e poi di Muammar Gheddafi in Libia, il
colonello Nimeiri aveva preso il potere sostituendo il precedente governo di
obbedienza britannica, storica potenza coloniale. Resosi di conseguenza ostico
al sion-imperialismo, si vide innescare un’insurrezione separatista nella parte
meridionale, cristiana, del paese. Protagonisti Israele, gli Usa, la Nato e il
Vaticano, al quale il governo, nazionalizzando ogni cosa aveva sottratto il
controllo dell’istruzione e degli ospedali. Li stavano i tre quarti dei ricchi
giacimenti di idrocarburi del paese. Valse la pena per i cospiratori calare sul
tavolo la carta di qualche centinaio di migliaia di morti. Neri. Quelli così
cari ai loro prosecutori di oggi.
Nel 1986 il governo di Nimeiri, nel
frattempo islamizzato, venne sostituito da quello di Sadiq el Mahdi, esponente
dell’aristocrazia islamica, da tempo esule a Londra e strettamente collegato
agli interessi di quella potenza. Più in nome dell’Umma, la comunità
panislamica sostenuta dall’Occidente (vedi i Fratelli Musulmani), che del
nazionalismo afro-arabo, ma sempre di segno contrario al neocolonialismo
occidentale e favorevole all’Iraq di Saddam e all’URSS, fu il colpo di Stato
che portò al potere, nel 1989, Omar al Bashir. L’ostilità revanscista
dell’Occidente si manifestò presto e in vari modi. La rianimazione della
rivolta cristiana nel Sud, il bombardamento di Clinton, nel 1997, della
fabbrica farmaceutica di Al Shifa indispensabile per il Sudan e gran parte
dell’Africa per i medicinali antimalarici. Rimasero sepolti 300 operai e si
calcola che a seguito di quella distruzione morirono almeno 10mila sudanesi.
Terza operazione, di lunga prospettiva e affine alla destabilizzazione del Sud,
fu una specie di guerra civile nel Darfur, centro-ovest del paese, subito
sostenuta da tutti gli arnesi delle rivoluzioni colorate, con in testa Soros e George
Clooney. Il contributo di Roma sono i già menzionati “Italiani per il Darfur”.
La vera storia del Darfur
Con una validissimo ambasciatore
italiano, innamorato del paese, a realizzare un reportage per il TG3, allora
libero, andammo in Darfur e mi vennero spiegate le cose. Zona a gravissima
desertificazione (dono del cambio climatico da noi inflitto a loro), tanto che
la pista del nostro fuoristrada era seminata di carogne di ovini e bovini,
subiva lo scontro per la pochissima acqua e le scarse terre fertili rimaste, cioè
per la vita, tra tribù nomadi di allevatori e tribù stanziali di agricoltori.
Il revanscismo colonialista, munito delle solite Ong, si gettò a pesce sull’occasione,
inventandosi che il regime stava compiendo un genocidio, favorendo bande di
briganti Janjawid (demoni a cavallo),
che poi erano gli allevatori nomadi. E vai con vittime sudanesi raccolte nei
campi e invitati poi a impinguire le colonne di rifugiati verso l’Europa, dove
altre Ong si sarebbero occupate di loro.
Lo Stato più giovane del mondo muore subito. Nel sangue
Nel 2011, poi, sempre nel corso
della collaudata strategia del divide et impera, il neocolonialismo riuscì a
strappare a un Sudan indebolito da conflitti e dalle immancabili sanzioni, la
sua parte meridionale, ricca di petrolio, di biodiversità, acqua, legname e
altre ricchezze minerarie. Non c’era
solo il petrolio. C’era il Nilo con il quale, chiudendo il rubinetto, si
potevano mettere in ginocchio, a valle, i riottosi Sudan ed Egitto. Un certo giro
imperial-clericale festeggiò la nascita del più giovane Stato democratico del
mondo e si tacque, da allora, sul bagno di sangue in cui questo artificio
coloniale è sprofondato in seguito alla ferocissima lotta per i giacimenti tra
due etnie opposte, i Nua e i Dinka, rappresentate rispettivamente da presidente
e vicepresidente, con i loro immancabili sponsor. Una guerra civile con
l’impiego di soldati bambini che nessuno denuncia. Un altro successo
occidentale nell’Africa della “fuga da guerre, fame e persecuzioni”. Attendo
ancora i comboniani “Nigrizia” e Zanotelli denunciare lo squartamento di un
pacifico e acculturato paese africano, all’origine di una delle migrazioni più
massicce.
Carcerieri per conto dell’Europa
Tutto questo non lo leggerete nei
dispacci della fondatrice e presidente di “Italians
for Darfour”, cronista invece della “primavera sudanese, repressa dal
regime con tanto di lacrimogeni”, né in
altri reportages di quella nostra stampa libera e indipendente che, tanto per
fare un esempio della sua linearità, coerenza e trasparenza, oggi si fa
deprecatrice dei “tradimenti” dei 5 Stelle su Tap, Ilva, trivelle in mare,
Terzo Valico, eccetera. Peraltro tutte questioni non definite e su cui sarà
decisiva la scelta del ministro dell’Ambiente. Ma, stupefacentemente, tutte
dispute in cui i deprecatori di oggi si trovavano ieri a deprecare chi
ostacolava il progresso opponendosi a Tap, Ilva, Terzo Valico e altre loro
remunerative devastazioni. Accanto a quei sindaci e governatori PD (con di
mezzo un De Magistris che non capisce), oggi scopertisi umanitari benefattori,
purchè di migranti. E al tempo stesso violatori di una legge votata dal
parlamento e firmata dal venerato Capo dello Stato. Sono pubblici ufficiali e
non possono farlo. Potrebbero farlo se si dimettessero. Ma perderebbero la
poltrona. Del resto, conta il gesto, no? Tocca farsi vedere antirazzisti. E tocca contribuire a sfasciare quest’Italia
ancora maledettamente unita e sovrana. Che giostra il mondo, ragazzi, tutta un
“calcinculo”.
Appello ai buoni
Voglio fare un appello, vediamo che
succede. Tra i migranti sudanesi si moltiplicano anche quelli del Niger. Tra
sindaci, governatori e altre voces
clamantes in moltitudine, ci siamo chiesti come potesse essere che
sant’uomini come Zanotelli, Ciotti, Revelli, Noury, Bergoglio, Strada, non si
fossero accorti che quel paese è stato rubato ai suoi abitanti. Eredi di
antichissima civiltà, i nigerini si dissanguano nella resistenza a bande armate
Nato, Usa, con la gigantesca base di droni, 500 italiani a fare da caporali di
giornata, francesi in capo alla vecchia colonia, tedeschi, britannici, tutti a
guardia di un colossale bidone zeppo di uranio, coltan , litio e altri beni
utili alle bombe e all’elettronica delle democrazie occidentali. Ebbene,
carissimi clericosinistri, non vogliamo allargare le nostre braccia, estendere
le nostre grida, far tracimare le nostre lacrime anche sulle vittime e sui
carnefici di questo episodietto della globalizzazione colonialista? Dai, su,
facciamo in modo che possano restare a casa loro!
Ascolteranno l’appello i buoni? Accetto
scommesse: il “SI” è dato a 97 a 1. Dovuto a una coda di paglia lunga da qui a
Niamey.
Hanno
sepolto sotto anatemi i Cinque stelle per aver parlato di “terrorismo
mediatico”. Per chiarivi le idee sui nostri media, andate su Facebook
Adriano Colafrancesco
"Liberateci
dalla stampa:
la tentazione del nuovo potere globale"
L'iniziativa al teatro Brancaccio di Roma: una mattinata di
incontri con Mario Calabresi, Ezio Mauro, Lucia Annunziata,
Massimo Giannini, Roberto Saviano e Vittorio Zucconi
la tentazione del nuovo potere globale"
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incontri con Mario Calabresi, Ezio Mauro, Lucia Annunziata,
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Vale davvero la pena.
Forse non c'entra con l'Africa, ma sul "Corriere" l'ineffabile Panebianco si candita per il premio "AntiRussia 2019". Notate quando da alla Russia "sottosviluppata" e quando parla della Russia "andata a prendersi la Crimea", dimenticandosi che la Nato si è andata a prendersi il Kossovo a forza di bombe e di pulizia etnica.
RispondiEliminahttps://www.corriere.it/opinioni/19_gennaio_08/russia-che-piace-europa-0482d8cc-1385-11e9-a4df-a6b0a8e62ca7.shtml
questo è il comunicato ufficiale di Unicef sulla questione -Play Therapy Africa- di cui si trovano in rete numerose versioni https://www.unicef.it/doc/8464/note-sulla-vicenda-play-therapy-africa.htm - Tuttavia il punto che dovrebbe saltare all'attenzione è di natura tecnica, la cui puntualizzazione nel comunicato delinea perfettamente la freddezza scientifica ed imprenditoriale dell'umanitaria Unicef: Dice l'Unicef -sebbene ci sembri assurdo doverlo sottolineare, un committente non può essere chiamato a rispondere di ciò che un fornitore fa con i soldi ricevuti a seguito di un servizio reso- o ancora -....tutelare i propri legittimi interessi e quelli dei suoi donatori, e soprattutto per il bene dei bambini, che rischiano di pagare il prezzo della campagna di disinformazione e diffamazione in corso in Italia.
RispondiEliminaImmagino quanta informazione ed esaltante apprezzamento possa diffondere la Procter & Gamble essendo la più illustre ed inquinante (al mondo) delle aziende amiche. Struttura del sito Unicef, veramente strabiliante. Dimenticando la denominazione originale ::Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia:: sembra venga descritto come l'ennesima piccola grande Opera. Talìa.
Salve Fulvio mi sono appena iscritto al tuo blog, perche' ti ritengo uno dei pochissimi giornalisti che in questo paese fanno ancora il loro mestiere e cioe' informare.
RispondiEliminaOttimo l'articolo sul Sudan e sui nostri accoglitori senza se e senza ma che hanno fatto dell'emergenza umanitaria una professione ben remunerata.
Come cantava il buon Gaber ormai una ventina di anni fa'...il potere dei piu' buoni.
Grazie e buon lavoro.
Starburst3@
RispondiEliminaCiao, esplosione di stelle, benvenuto.
accesa ancora una luce, per vederci più chiaro! La fortuna è di averne come Lei, di quelli che in fondo alla tasca hanno sempre almeno un cerino, a schiarire l'ambiente!
RispondiEliminaBellissimo
Fulvio, sai di paolo barnard in difesa di assange?
RispondiEliminaVeramente sarebbe esplosione stellare, riferita ad una supernova, mi sono rifatto alla starburst fondation del prof. Paul LaViolette, di cui ammiro la sua teoria della superonda galattica...segnalo a te e a tutti quelli del blog il suo libro...earth under fire.
RispondiEliminaPersonalmente lo ritengo molto interessante.
alberto@
RispondiEliminaNo, non ne so niente. E tu? Non lo seguo molto e non so dove si materializzi. Lo ritengo un po' fuori di testa.
Ennesimo pezzo da incorniciare caro Fulvio; in un paese normale dovremmo leggere pezzi come questo sul Corrierone o su Repubblica che magari ospitandoli non avrebbero il crollo verticale di vendite che hanno e si meritano.
RispondiEliminaSpero non ci farai aspettare troppo per i prossimi pezzi.
Massimo@
RispondiEliminaGrazie dei generosi apprezzamenti, ma si incorniciano la immagini dei parenti morti...
Comunque ci vuole poco a sbugiardare i fabbricanti sistemici di fake news padronali.
Tra grillo che firma insieme a renzi(siamo in attesa del grande rottamato berlusconi) dei manifesti politici,altro che scientifici, di burioni! Tra di maio e salvini che dicono cose opposte,tra politici in campagna elettorale permanente e confusione esistenziale generale, in questo blog trovo articoli chiarificatori.
RispondiEliminaEvidentemente la coerenza e' diventata un optional difficile da trovare.
fulvio@
RispondiEliminaBarnard semplicemente sta manifestando sotto l'ambasciata dell'ecuador in UK in solidarietà ad Assange. Ha fatto appello di seguirlo a molti giornalisti famosi tipo Pilger ma non ha ricevuto nessuna adesione.Pensavo tu fossi al corrente; io l'ho saputo tramite il blog di CDC.
Comunque che barnard sia un pò sbalestrato non lo metto in dubbio però bisogna riconoscergli una certa caparbietà, a suo modo, di lottare contro il sistema.
saluti
Alberto
Anonimo@
RispondiEliminaBarnard ne ha sparate troppe, evito di fare le cose che fa lui.
Ma da diverse settimane, ogni settimana, c'è un vigilia per Assange sotto l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, promossa anche da Pilger. Quella mi sta bene.
Ok. Non volevo innescare alcuna polemica. Non sapevo delle iniziative altrui e di quella di pilger.
EliminaSaluti. Alla prossima.
Alberto