lunedì 25 febbraio 2019

Cosa ci dicono di Venezuela, Ong, agenzie di rating, P2, Assange….... NAZIONE CORROTTA, STAMPA INFETTA



L’Espresso di allora e i media di oggi



Il meme “Capitale corrotta, nazione infetta”, formulato nel 1955 da un “L’Espresso” del tutto eterodosso rispetto a quello ortodossissimo di oggi di Debenedetti, titolava una drammatica inchiesta di Manlio Cancogni sull’orrore della speculazione edilizia iniziatasi allora a imperversare su Roma. Espressione felice e inchiesta agghiacciante, che non impedì allo scandalo della devastazione di dilagare in tutto il paese e di raggiungere le vette parossistiche (vedi TAV, TAP, sottopassi, varianti, passanti vari) che sperimentiamo sulla pelle. Ora più che mai, in vista del passaggio dei poteri dello Stato unitario ai governatori  di quelle regioni che tanta buona prova hanno fornito in difesa di suolo, ambiente, sanità, istruzione, diritti sociali, onestà, legalità, parsimonia dei governanti.

Ho parafrasato quel meme quando mi sono chiesto in virtù di quale annebbiamento mentale si potesse credere anche a una sola parola (quando non fosse strumentale) di quanto pubblicato dai media, quando questi appartengono, o rispondono, a quegli stessi potentati alle cui successive e sempre più incontrollate e proterve generazioni  e loro imprese dobbiamo questa Roma e questa Italia. Per la prima volta, da pochi mesi, una forza politica ha messo sul piatto, in particolare con un ministro della Giustizia e uno dell’Ambiente, il proposito, subito sgambettato dal partner di governo, di invertire la marcia che ha portato alla bancarotta fraudolenta dell’impresa “Belpaese, SpA”. La cosa, del tutto incompatibile con i tempi che corrono ha suscitato bad vibrations, onde sismiche e maremoti, da un capo all’altro del paese, dell’Europa e fin dell’Occidente. E i padroni dei media, oggi un cartello atlantico, si sono mossi alla grande.

Arresto dei Renzi? Ci vuole il Piano di Rinascita.
Le reazioni UE non si sono fatte attendere e ce le troviamo sul gobbo. Quelle dello schieramento storico, prodotto dalle temperie catto-capitaliste postbelliche e strettosi come cappio al collo d’Italia fin dai tempi di quel “L’Espresso” eterodosso, ha reagito in vari modi. L’ultima essendo quella che recupera, da parte di tutti loro, opposizione e metà governo, l’insegnamento del maestro Licio Gelli: Piano di Rinascita.  Stimolata dallo sconcerto e dall’indignazione perché si è osato mettere i ceppi (domestici) ai genitori di un ex-premier di quel calibro, ne ha rilanciato, unanime da Martina a Salvini agli scontati Radicali, l’idea della separazione pubblici ministeri- giudici, conditio sine qua non per mettere le briglia a quella magistratura che non si era ancora spontaneamente legata al carro. Piano di Rinascita ora perfezionato con le “autonomie differenziate”  dove ogni cosa è di più facile controllo e gestione. E quale Stato, col ministro Costa e col ministro Bonafede, gli potrebbe dire più niente quando a decidere cosa fare e cosa non fare saranno governatori e consiglieri  di regioni in cui il controllo del territorio viene esercitato, lo dicono le recenti inchieste giudiziarie in Veneto, Lombardia ed Emilia, da ‘ndrangheta e camorra?

Sono i Reporter Senza Frontiere, bellezza!


Abbiamo sotto gli occhi un paginone del “manifesto” firmato da Guido Caldiron, che ricordiamo “pasionario” di tante belle rivoluzioni colorate, in particolare  di quella fallita, ma cara ai suoi correligionari, del Libano nel 2005 (scriveva su “Liberazione”). L’oggetto è l’esaltazione di un rapporto delle associazioni e cosiddette Ong che animano la Piattaforma per la Protezione e Salvaguardia del Giornalismo, organismo che serve a dire come stanno le cose nei media al Consiglio d’Europa. Comprende federazioni e sindacati, ma tra tutti, ai fili del consesso dei capi UE, pendono i Reporters Sans Frontieres (RSF). Quelli che si premurano di spiegare a Trum, Macron, al colto e all'inclita tutte le verità sui mascalzoni Putin, Assad, Rouhani, Kim Jong Un.  A loro, non ridete, Caldiron attribuisce il monitoraggio e la denuncia dello stato della libertà di Stampa.

Il 13 febbraio 2019, il “manifesto”  accredita una relazione di RSF, bocca della verità, sulla condizione dei media italiani. Il 2 gennaio del 2016  allo stesso giornale era sfuggita una svista. Sul suo supplemento “Le Monde Diplomatique” il fondatore e padre nobile di RSF, Robert Ménard, era stato bollato di stipendiato della Cia e lui e la sua organizzazione di estrema destra. Un faux pas per il giornaletto che non si perde una campagna di Soros e della fazione Hillary del Partito Democratico, dunque dello Stato Profondo Usa. Forse inevitabile, dato che non solo autorità del giornalismo come Gianni Minà o Reseau Voltaire, ma la totale identificazione di RSF con tutte le cause care al Dipartimento di Stato e alla base dei macelli libico, iracheno, siriano, afghano, africano, migrantesco, avevano solidamente corroborato tale assunto.

Mafie? Golpe? Gorilla? Maddechè.
Cosa denuncia, dunque, quel rapporto sulla guerra atomica alla libertà di stampa in Italia? Un report destinato all’indignazione e, necessariamente, ai conseguenti provvedimenti dei notabili UE. Che, mettiamo, il “manifesto”, prodigo di ogni informazione anche sul minimo malumore causato al “rifugiato” dalla xenofobia razzista, fascista e antisemita del manigoldo italiano, ci riferisca anche dello scandalo del Cara di Mineo, da cui si estendono su tutta l’Italia i tentacoli della quarta mafia, quella nigeriana? Che, come  prefetture, commissariati, carabinieri,  tribunali, inchieste ci rivelano, in Italia lo spaccio di cocaina e della rediviva eroina, il business della prostituzione, il controllo di larghe fette di territorio, sono ormai quasi monopolio dei nigeriani (arrivati con le Ong, come se no?)? Che è ora di smetterla di piangere sui “salvati” nel mare e schiavizzati dai caporali e attaccare a fondo sia la Grande Distribuzione che campano sulla loro schiavitù e le multinazionali che li sradicano dai loro paesi?

O pensate che il rapporto di RSF e affini ci parli della libertà di stampa manomessa e compromessa da 99 giornali e canali su 100 che, messo l’orecchio a Trump, Bolton e a quello dei genocidi nel Centroamerica, Elliott Abrams, danno a Maduro del dittatore e affamatore del suo popolo, senza dire mai una sola parola sulle sanzioni sociocide degli Usa? O sulla ricomparsa degli stessi arnesi del golpe 2002, sul retroterra terroristico di Guaidò, su vent’anni in cui Chavez e Maduro hanno fatto uscire più popolo dall’indigenza e dall’ignoranza di qualunque altro paese latinoamericano, Cuba inclusa? O  esaltando  le 300 tonnellate di aiuti dell’agenzia Cia USAID, al confine con la Colombia, da qualche gazzettiere volenteroso pompate a 600, e occultando le 1000 tonnellate che ogni giorno il governo di Maduro distribuisce alla popolazione?

Lamenta forse, il rapporto, che nessun mezzo d’informazione abbia avuto quel minimo di deontologia da richiamare alla memoria dei lettori la storia dei colpi di Stato Usa in America Latina e nel mondo, con successiva immancabile installazione di dittatori e ladroni, quelli sì, dall’Argentina al Brasile al Cile al Perù al Venezuela al Nicaragua all’Honduras al Guatemala ad Haiti a Cuba al Messico dei narcopresidenti, fino all’Ucraina dei corpi speciali nazisti, a metà Africa in combutta con Parigi…?


Forse il rapporto si risente della mancanza di una qualche ricerca in profondità che ci spieghi come chiunque abbia toccato il dollaro, tipo il Venezuela col petro, la Libia con la moneta panafricana, Saddam con l’euro, o abbia un bel po’ di petrolio sotto i piedi da suscitare l’interesse tonitruante degli Usa? Per cui lasciare a distanza di schioppo, anziché di oceani e mari, la più vasta riserva di idrocarburi del mondo (più coltan, oro, acqua), non rientrerebbe nella vicenda dell’eccezionalismo statunitense?  Che il rapporto trovi sconcertante che la rivelazione di uno dei più grandi e autorevoli editori americani, la McClatchy (29 quotidiani in 14 Stati, centinaia di siti web, agenzie di notizie), sui 40 voli segreti  in due settimane della compagnia privata Usa, “21 AIR LCC”, di cui gran parte sono stati scoperti dalle autorità venezuelane pieni di armi leggere e pesanti destinati all’opposizione?

Non credete che sicuramente il rapporto per il Consiglio d’Europa abbia rilevato quanti occultamenti, travisamenti, depistaggi, distrazioni di massa, manipolazioni, autentiche balle, squalifichino ogni credibilità della stampa italiana, senza dubbio, per quanto riguarda deontologia e grammatica democratica, la più penosa del continente? Stampa  mainstream” la chiamano in inglese, “flusso principale”. Da noi sarebbe “stampa di regime”. Mica nel senso di governo, che di stampa ne ha pochina. Di regime, quello vero. Non, no, per RSF che, avendo la faccia  come il clown Grock, sono i 5 Stelle responsabili  del 46° posto nel mondo che l’Italia avrebbe per libertà di stampa.

Pagliuzze e travi
Tipo il vindice della correttezza mediatica, Il Fatto Quotidiano, cui, togliendogli una t, spetta il fato quotidiano di scoprire la pagliuzza nell’occhio altrui, con tanto di trave nel proprio. Non che le pagliuzze non ci siano e non siano grosse come covoni, ma che dimensione si può dare a una trave che denuncia (fonte l’immancabile Ong dei “diritti umani”) il dilagare in Germania di spie siriane, reduci dall’aver torturato 2000 prigionieri politici (Amnesty!), talpe russe, sabotatori iraniani? Mentre parrebbe ancora vivo lo stupore di Frau Merkel per essere stata spiata, insieme alla Rousseff e a qualche miliardo di umani, dalla NSA statunitense. Agenzia che, insieme a Cia, Mossad, MI6, BND tedesco, DGSE francese, secondo RSF, si preoccupa unicamente della nostra sicurezza e privacy.

E che trave è quella, condivisa con il “manifesto” e con tutti gli altri sodali della “guerra al terrorismo”, che nasconde dietro a Giulio Regeni il tentativo delle 7 Sorelle di fottere all’Italia gli idrocarburi al largo dell’Egitto? Per cui l’Egitto va rappresentato come il mattatoio del solito “dittatore”, mentre si tace sul terrorismo vero dei cari Fratelli Musulmani che, con le loro milizie Isis, lo assale da tutti lati, assassinando giudici, massacrando poliziotti e civili, incendiando chiese copte, situazione di guerra civile in cui parrebbe difficile tenere in piedi un’immacolata democrazia. Terrorismo considerato dai nostri informatori alla stregua di un’opposizione un po’ vivace. Ovviamente al dittatore.

Illusione, dolce chimera sei tu (https://www.youtube.com/watch?v=rFauAo457nE)
Che però alla fin fine il rapporto di questi segugi delle manchevolezze della nostra informazione abbia scoperto che c’è stata trattativa Stato-mafia e che perciò Borsellino è stato ammazzato, che tra mafia e certo Stato sotto Cia si faceva a chi faceva i migliori attentati; che quello che si diceva di Gheddafi, Assad, Maduro è lo stesso di quanto s’inventava sulle armi di distruzione di massa di Saddam, o sulle buone ragioni di un plusvalore di 7 miliardi ai clienti appaltatori del Buco in Valsusa; che dal corridoio 5 Lisbona-Kiev si sono ritirati tutti sghignazzando, salvo il Chiamparino del pezzetto Torino-Lione; che le agenzie di rating che pretendono di infilarci in paradisi, purgatori o inferni, non sono altro che i terminati delle più scellerate banche d’affari che, con la crisi, hanno moltiplicato per 2000 la ricchezza dei ricchi e per due miliardi la povertà dei poveri. E che al concerto pro-Guaidò del miliardario da bassifondi  di Wall Street (trionfo:18mila sfigati al posto del milione atteso) a un gigante come Miguel Bosè s’è contrapposto un terza fila pro-Venezuela come Roger Waters dei Pink Floyd.


Ce ne sarebbe, ma concludiamo esprimendo la certezza che il rapporto, così come l’Associazione dei Giornalisti Investigativi Europei, avrà buttato un occhio sul fenomeno dell’antisemitismo dilagante in tutta Europa e in Francia soprattutto. Svastiche, aumento del 74% degli episodi, Gilet Gialli che danno del sionista al sionista Fienkelkraut, apparso come per incanto in mezzo a loro. Come ci hanno inzuppato Repubblica, Corriere, Stampa e seguito! E sicuramente avranno concluso che è una ben misera stampa investigativa quella che non sospetta di cronisti secondo cui è stato detto “sporco ebreo”, mentre poi l’audio del fatto riporta solo “sporco sionista”.  Che magari non è educato, ma non è neanche antisemita (ancora per poco). E che magari toccava ai colleghi anche riflettere suil fatto che, se quattro mesi di mazzate e pallottole ai Gilet non sono stati sufficienti a spazzarli dalla scena, forse l’accusa di antisemitismo, missile a testata nucleare, sarebbe servito alla bisogna.

Pesi e misure

Avete cercato tutto questo nel report circonciso da Calderon sotto il titolo “Roma minaccia la libertà di stampa”. Roma sta per 5 Stelle. Ma non lo avete trovato, neanche l’ombra. Invece  avete trovato che la libertà dei media è a rischio, intanto per gli omicidi  e le minacce di morte nei paesi cattivi: Russia, Bulgaria, Slovacchia, Turchia, Ungheria (mica in Honduras dove, dopo il golpe Obama-Hillary, li fanno fuori prima ancora che il dito raggiunga la tastiera, mica nell’ultraliberale Saudia). Ma, soprattutto, per le violenze e la repressione verso la stampa indipendente (“Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun  lo sa”, Metastasio). Che poi, secondo il “manifesto”, sarebbe esso stesso, il Foglio e l’Avvenire, indipendenti grazie allo Stato che ne compensa l’assenza di audience, a Soros, alla Cia e ai vescovi. E, naturalmente, “la maggior parte degli allarmi registrati nel 2018 sono stati inviati dopo l’insediamento del nuovo governo di coalizione il 1.giugno”. Il giorno in cui da Palazzo Chigi è sceso il nuovo Goebbels. Che, a parte dare degli sciacalli e delle puttane a qualche scriba, ha commesso il peccato mortale di voler togliere i regali di Stato a chi non viene comprato nelle edicole. Assassinio della stampa “indipendente”.

E quando, a fianco, in senso letterale e figurato, sempre sul “manifesto” un altro vindice della libertà di stampa titola “Stampa sotto attacco perché ostacola il potere”, pensate che qui si parli delle nostre eccellenze che hanno bombardato la Serbia e disfatto la Jugoslavia socialista e democratica, dell’Ucraina dove le redazioni antigovernative vanno a fuoco, di Facebook e Google che fanno fuori (da internet) chi pubblica critiche al tiro al piccione praticato su Gaza (198 vittime, di cui 40 bambini, 3000 feriti e mutilati, tutti disarmati)? Errore. Si piagnucola sul dato che, dal 2008, le vendite di giornali siano calate del 20% e se ne dà la colpa al web. Non alle balle. Si ringrazia un congresso della Federazione della Stampa (FNSI), quella che trovate accanto (in senso figurato e letterario) a ogni piazzata di Anpi e Arci per cause sbagliate, per aver denunciato la “forte ostilità” manifestata dal governo alla stampa. Mica il contrario, per carità. Trovatemene uno, tra giornali, riviste, tg e talkshow che non spari a palle incatenate sui 5 Stelle. Meschinelli, che non hanno neanche una fanzina. E si rende merito a Mattarella, Casellati e Fico per aver sottolineato l’importanza di deontologia ed etica nella professione. Lo scrivono senza ridere.

Julian Assange? Mai coverto...


Del resto non è la FNSI, assieme all’Ordine dei Giornalisti,  quella che, diversamente dai sindacati giornalistici di mezzo mondo (non Nato), non ha mai speso una sola parola in difesa della condanna a morte strisciante praticata nei confronti di Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks che ha rivelato al mondo, con documenti ufficiali, più crimini commessi dagli Usa assieme agli alleati di qualsiasi gola profonda della Storia, da 7 anni è chiuso nell’ambasciata dell’Ecuador dove gli aveva assicurato asilo l’ex-presidente Correa e in cui ora è privato di qualsiasi contatto con l’esterno, anche elettronico, dal nuovo presidente voltagabbana, Moreno. Simbolo e martire della libertà di stampa, è a rischio di condanna a morte se estradato negli Usa, ma dal “manifesto” è stato vilipeso come “stella appannata”. Giudizio che alla FNSI basta per starne alla larga. Deontologia ed etica.

La tv, invece…
Non mi dilungo anche sulle televisioni. Della deontologia e obiettività di Mediaset non fa conto parlare. Evitiamo Lapalisse. Di La7, a seguirne i talkshow dei vari Capitan America anti-5Stelle: Lilli-Bilderberg-Gruber (“la magnifica ossessione” della tirolese mette in campo sistematicamente tre contro uno, più il suo ghigno, quando si tratta di crocefiggere Di Maio & Co.), Zoro, Giletti, Formigli, si impone l’urgenza di una disintossicazione. Della RAI so meno, non seguo che il TG3, per antica consuetudine e perverso masochismo. Quando ero al dignitoso Telekabul, curavo con Giuseppina Paterniti una rubrica di delitti eco- e sociologici. Cattolica e grande tifosa della Caritas, Paterniti è ora direttrice del TG3. Un TG3 che, dismesso da tempo il berretto frigio, s’è messo la tonaca con tanto di zucchetto porpora. Si apre con l’ordine di servizio atlantico, si passa in Vaticano, si prosegue con i migranti bistrattati, si sfotte un po’ il governo, ci si eleva con Mattarella e si chiude con il prete misericordioso.

E qui arriva il due dell’uno-due appoppiato a chi offende l’etica e la deontologia del giornalismo italiano. Ce lo molla l’Agcom, l’Autorità per le Comunicazioni, nella persona di Angelo Cardani, già della Bocconi e del gabinetto di Mario Monti all’UE. E’ nella forma di monito che si esprime Cardani, alla maniera di Napolitano quando dettava la politica ai sottoposti. Mentre noi, accecati dalla faziosità, avevamo l’impressione che, nei vari TG, alle epifanie dei governativi succedesse, col triplo del tempo, la moltitudinaria opposizione nelle sue infinite articolazioni di partito e di corrente, Agcom ci istruisce sul dato agghiacciante che il governo si prende il…90% del tempo! “Inedita sovra-rappresentazione del governo e sistematicamente sotto-rappresentazione delle opposizioni”.


Avevamo visto male. Ci dovremmo mettere gli occhiali. Quelli di Carpenter in “Essi vivono”. Ci renderemo conto di quanto RFS e Agcom accoratamente e rabbiosamente denunciano. E la libertà di stampa sarà salva.







3 commenti:

  1. Parlando di femministe alla riscossa... avete notato il duro attacco subito da Collovati per aver fatto notare che Wanda Nara (come tutte le veline dei programmi di calcio) non capisce un'acca di calcio. Nessuna però che abbia mai contestato il fatto che queste belle presenze vengono messe lì solo per far arrapare gli spettatori, quai tutti maschi. Tra l'altro in abitini sempre succinti e molto provocanti. Non è anche quello un modo di ledere la dignità femminile?

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  2. A proposito di femministe: anche la rivista alternativa "Contropiano" ricade nel vittimismo misandrico dei luoghi comuni in preparazione all'otto marzo, giornata passata dall'essere la "festa della donna" con atti di gentilezza verso l'altro sesso, quelle che ci sono vicino e ci aiutano, alla giornata della misandria e dei sensi di colpa e di rivalsa atavici da instillare rispettivamente negli uomini (i primi) e nelle donne (i secondi). Mi sono preso anche a male parole l'anno scorso con la sigla USB in occasione dello sciopero anti maschio indetto per l'otto marzo. Giudicate voi.
    http://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/02/27/sciopero-globale-femminista-lotto-marzo-2019-0112824#comment-154399

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  3. Lo è eccome se lo è Fabrizio ma non diciamolo se no rischiamo di essere lapidati come misogini sulle pubbliche piazze e attentatori della libertà di espressione delle suddette donzelle.

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