Succede che certe volte i governi,
specie quando capita per sbaglio che siano, almeno parzialmente, espressione genuina
del popolo, dirazzino e si dimentichino il motivo per il quale stanno lì. Che è,
tra le altre cose e in prima linea, quella di sostenere, onorare, rafforzare e
retribuire chi ha il gravoso compito di difendere i sacri confini della patria,
che siano al Brennero, in Crimea, Etiopia, Somalia, Serbia, Libia, Iraq, o
Afghanistan. E anche l’onere e l’onore di stare a fianco, costi quel che possono
costare 90 F35, di coloro che stanno sopra di noi. Queste dimenticanze da parte
di governanti che insistono a voler essere civili e non uniformati, il popolo
le paga. Pensiamo al Cile, all’Argentina, a tutto il Sudamerica (escluso il
Venezuela, dove un fenomeno del tutto anomalo e contrario ha infranto la
regola).
Succede che tre dei più illustri
nostri generali, pluridecorati per meriti acquisiti nelle campagne per la democrazia
e i diritti umani, che hanno fatto il lustro del nostro paese e offerto alle giovani
generazioni esempi di amor di patria e di vittoria, rispettivamente già capi di
Stato Maggiore della Difesa e capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, alla
parata militare del 2 giugno non ci sono voluti andare.
Rinunciare a vedere sfilare, al
suono di esaltanti marce e fanfare, i corpi reduci da guerre di liberazione,
come quelle sopra elencate, e candidati a chissà quali nuove imprese di
diffusione della civiltà, magari in Iran, Russia, Cina, perdersi quei momenti
di batticuore, tensione muscolare e spirituale, che valgono la sopportazione di
un resto dell’anno alle prese con politici che remano contro, con opinioni
pubbliche corrotte da turpi messaggi culturali, tipo il devirilizzante “love and peace”, deve
essere stato causato da qualcosa di molto, molto grave.
Qualcosa di davvero scellerato, che
si è abbattuto come un infausto ciclone sulla nobile selva dei nostri monumenti
e lapidi, sparsi dal più grande al più piccolo borgo della nazione, in memoria
dei generali che hanno saputo opporre all’invasore straniero i corpi di 600mila
nostri eroici cittadini (in buona parte anche da essi fatti fucilare perché in
errore di direzione d’assalto); di quegli altri che, sfoltendo le turbe di
selvaggi con gli scintillanti strumenti della tecnologia e chimica italiana,
hanno portato tra faccette nere e brune la prestanza del maschio italico e il
suo retaggio di civiltà; di coloro, ancora, che alle popolazioni stremate dal
bolscevismo, hanno offerto il conforto di chi per riscattarle ha lasciato tra
le loro nevi la propria pelle e i propri scarponi di cartone. Si potrebbe
proseguire su questa strada lastricata di eroismo degli umili, di sublime
scienza strategica dei rispettivi comandanti, di sacrifici alla patria e all’umanità,
offerti con spirito stoico e coscienza di missione civilizzatrice da operai,
contadini, poeti e navigatori della
patria italiana. Nel senso, largo e generoso, di patria prima germanica e poi
atlantica.
Ma veniamo al fatto. Uno dei
generali, Tricarico, ha dichiarato di non poter partecipare perché “sarebbe ipocrita applaudire i nostro soldati
in compagnia di soggetti che stanno contribuendo a un progressivo e, per certi
versi, irreversibile indebolimento delle Forze Armate”. E ha aggiunto: “Una componente della maggioranza gialloverde
sta portando avanti un atteggiamento ostile nei confronti di una delle poche
istituzioni che funzionano bene in Italia: le Forze Armate”. A qualcuno di noi,
mosso da odio di classe, come
denuncia il generale Arpino, un pensiero cattivo e fazioso è corso a Emanuele
Scieri della Folgore, a Stefano Cucchi della stazione CC di Tor Sapienza, ma anche
a qualche distesa di macerie scavalcate a Belgrado, Baghdad, Mogadiscio e
Tripoli. Effetti collaterali dell’istituzione che funziona meglio in Italia.
A sua volta, un altro generale,
Camporini, dichiara di non voler assistere alla parata perché “troppe sono le disattenzioni del governo nei
confronti dei tempi della Difesa, spesso snaturata con un’ipocrita enfasi sul ‘Dual
use’ … da dichiarazioni di vuoto pacifismo del presidente del Consiglio… e
potrei continuare”. E chissà come avrebbe potuto continuare se quel
pacifismo anziché “vuoto” fosse addirittura pieno, mentre comprendiamo il suo
risentimento rispetto a militi che, anziché offrire il petto al fuoco nemico il
fuoco al petto nemico, sono costretti ad umiliarsi a tirare fuori sepolti dal
terremoto, a rimuovere rifiuti dalla Terra dei Fuochi, o a fare i piantoni a metro e treni.
Insomma, come conclude ancora, il
generale, qui si “sta minando un’istituzione
di cui il paese deve essere orgoglioso”!. E allora ci tocca andare a
scovare e denunciare i fin qui impuniti, se non dall’indignazione delle megastellette,
responsabili e fatti di tanta dolorosa defezione nel giorno della più alta
celebrazione della Repubblica, quella al vibrante sound di scarponi, trombe, cingoli e rombi tricolori in cielo.
Paolo Riccò, altro generale di quelli dai tanti nastrini, a Viterbo lasciò la
cerimonia del 25 aprile - già di per sè fastidiosa concorrente di quella del 2
giugno – perché qualche diffamatore
della nostra storia imperiale andava cianciando
di quelli che definiva “i crimini di
guerra fascisti in Etiopia”. Grave offesa alla bandiera, per mere trecento tonnellate
di iprite lanciate sui neri riottosi e qualche esecuzione di massa del maresciallo
Graziani, dio l’abbia in gloria. La ministra della Difesa, la grillina Trenta,
ha osato aprire un’istruttoria sul difensore della nostra missione
civilizzatrice!
Ma l’improvvida femmina ha fatto di
peggio. Il nervo scoperto e arroventato sta lì. E non mancano di cantargliela i
nostri generali. Tergiversa da tempo sull’emanazione del decreto missioni
militari, quelle che, contribuendo alla spesa militare di quasi 100 milioni al
giorno, ci mantengono liberi e democratici nei favori dei nostri papà Usa e mamma UE; non
provvede all’ammodernamento dei mezzi e quel varo da lei fatto a Castellamare della
più grossa nave militare italiana, il mezzo d’assolto anfibio “Trieste”, con
tanto di F35 a bordo, non è che una goccia nel deserto se si vuole giocare nel
Golfo Persico alla pari almeno con i lituani. Senza contare che quei F35 sono
ancora bloccati da perplessità, solo per dare ascolto ad alleati tentenna che
li hanno chiamato “bare volanti” e li hanno disdetti.
Quanta nostalgia dei tempi quando una
ben diversamente simpatica Elisabetta Trenta fungeva da entusiasta consulente al
nostro apparato militare ai tempi delle imprese di Nassiriya e di quelle dei
nostri alleati su Falluja.
Il decadimento dello spirito di corpo
di questa donna anomala (se si pensa a Pinotti, Mogherini, Albright, Rice) si è
poi manifestato anche nell’assurda decisione di far sfilare davanti ai
combattenti che, invece, sono quelli che rappresentano la virile baldanza della
nazione, i mollaccioni della Riserva (quelli che risalgono all’infausto periodo
della Leva, pre-professionismo), i veterani col pannolone, gli atleti olimpici
e addirittura paraolimpici. Il tutto presentato in un manifesto ufficiale in
cui – incredibile dictu! – non appaiono
armi. “Vogliamo una cerimonia all’insegna
dell’inclusione”, ha detto la ministra. Concetto stranissimo e straniante
per qualsiasi sano spirito di corpo.
Insomma quel “vuoto pacifismo” da “peace and love” che tanto aveva in
passato indebolito il nerbo della patria e che tanta fatica si è fatta, grazie
ai governi di guerra, da Andreotti, attraverso D’Alema, Berlusconi, Monti,
Letta, Ranzi, Gentiloni, fino ad oggi, a corroborare e lanciare verso nuove
imprese, nuove glorie. Non ci fosse stato il nefasto influsso sulla già valente
Trenta di quella “componente” del governo che l’amico Salvini non è riuscito a
temperare.
Ma c’è un’accusa più grave, mossa ancora dal generale Tricarico
con le seguenti sofferte e dannanti parole: “Noi militari siamo stati trattati da malfattori”. Possibile che dai
gialli del regime si sia arrivati a questo? Possibile, ahinoi. Nella loro
fregola indistinta e acritica di sforbiciare a manca e a destra, soprattutto a
destra giacchè a manca non ce n’è, hanno tagliato le pensioni d’oro perfino ai
generali. Pensate, niente di meno che il 2% a tutte le pensioni da 100mila l’anno,
tutte meritate sul campo e calcolate non sul contributivo, come per i civili,
ma sul retributivo, come merita una categoria esposta a incalcolabili rischi.
Ecco, è qui, soprattutto qui, che casca l’asino. Anzi, il generale. Con tutti i
suoi nastrini. Non vogliamo solidarizzare con il boicottaggio di una parata
militare civilizzata? E’ questione d’onore.
Ah, dimenticavo. Alla parata farà
spiacevole difetto anche la melodia dei rauchi borborigmi di un’eccellenza nel
campo delle criptostellette: il potenziale maresciallo d’Italia ed ex-ministro
della Difesa La Russa. Le sue limpide corde vocali hanno raschiato:”La
ministra manca di rispetto ai militari”. Incredibile: offesa al ministro
della difesa.
Resta una domanda: quale potrebbe
essere la prossima mossa dei generali alla luce di quanto questi nostri
Tupamaros stanno combinando?
N.B. La parata fu sospesa nel 1977,
poi dal 1989 al 1994 e più nulla fino al 2000. Altri tempi, altre temperie. E i
generali si limitarono a borbottare. Nel 2000 Ciampi la restaurò. E nessuno
fiatò più.
incredibile.....
RispondiEliminaCi sono in ballo "affari" (capisc a me) per miliardi di euro, bisognerebbe poi capire chi comanda gli uffici di forte Braschi...
RispondiEliminaRidolini
in questi giorni mi sono chiesto, soprattutto dopo aver ascoltato (su RAI GR PARLAMENTO, esiste! e non su radio radicale) l'interrogazione parlamentare per me incomprensibile (nel senso che non ho capito cosa chiedeva) di Donna Rauti alla ministra 'Peace 'n love' Trenta ... mi sono chiesto, dicevo, se il due giugno ricorresse la celebrazione della Repubblica o la giornata delle forze armate, la quale però dovrebbe, se non erro, essere celebrata il quattro novembre, il mese dei morti (mese più indicato non avrebbero potuto scegliere). Anche perché, per quel poco che so di storia patria, fosse stato per le ff.aa. saremmo ancora sudditi dei Savoia, di conseguenza per le divise non ci dovrebbe essere partita in questa giornata.
RispondiEliminaPisellove a tutti
Michele
PS. abitando a Roma, zona San Giovanni, proprio sotto la rotta che i caccia seguono il due giugno per raggiungere i Fori, mi sento in dovere di ringraziare la Ministra per aver risparmiato alle mie povere orecchie buona parte del frastuono degli anni passati.
PPS come dice @Ridolini, ci sono affari. Sbaglio o uno dei generaloni indignati aveva (o ha ancora?) altissimi incarichi in aziende (private) del settore c.d. difesa (Vitrociset, per esempio)? E il conflitto di interessi?
Quindi l'inclusione non è più roba sorosiana funzionale al colonialismo 2.0 delle plitocrazie dell'occidente?
RispondiElimina@Michele la festa delle Forze Armate è il quattro novembre, anniversario dell'unica vera vittoria raccolta dal Regio Esercito. Ma poi, di cosa ti sorprendi? Le Regie Armate sono da sempre il braccio armato dei rispettivi sovrani. Non solo nella nostra Italietta.
RispondiElimina@Fulvio ho finalmente visto i documentari che avevo ordinato "Maledetta Primavera", "Armageddon sulla Via di Damasco" e "Target Iran". Grazie per il tuo preziosissimo contributo e per l'onestà intellettuale. Ho molto apprezzato come in "Target Iran" tu abbia specificato che sicuramente molto era sfuggito di quel paese alle vostre telacamere. Grazie per farci sentire la voce dell'altro.
Anonimo@
RispondiEliminaEterogenesi dei fini.
Dipende da cosa s'include.
va bene che sono passati 40 anni, ma ci siamo dimenticati delle FF.AA. infarcite di P2isti?
RispondiEliminacerto, a quei tempi i generaloni piagnoni odierni erano forse ancora solo AUC, ma per dovere di memoria storica dovrebbero ricordarlo ogni volta che volessero aprire bocca.
saluti (non militari)
Alberto
Potrei raccontare un episodio personale forse poco significativo in sé, ma può essere un contributo all'idea di "riscossa" per certi ufficiali delle FF. AA. Erano circa due mesi che una comandanta di un reparto Carabinieri Forestale, di cui per ovvie ragioni ometto il nome, mi stava dietro chiedendo di fare direzione lavori e progettazione esecutiva per un magazzino a supporto di una loro segheria. Dopo aver proposto al mio ufficio una convenzione, ricevo da loro continui solleciti verbali affinché questo lavoro possa essere svolto "in tempi rapidi" e "fuori dalla convenzione" peraltro ancora da ufficializzare. Io ottenevo l'autorizzazione ufficiale dal Provveditore del mio ufficio, con la ovvia condizione di comunicazione e di non svolgere tale attività a discapito degli altri compiti d'ufficio. Alla mia richiesta di un incarico ufficiale anche per definire esattamente cosa volessero, visto i loro tentativi grazie anche ad una quinta colonna interna, di sminuire tale lavoro "è un lavoretto...", "tanto puoi farlo i giorni di sopralluogo", ricevevo parole ma nessuno incarico, o proposta scritta. Dopo aver precisato la mia posizione, ho ricevuto una richiesta inviatami su mail di ufficio con i compiti specificati (progettazione, direzione lavori, pratica Genio Civile, piano di sicurezza operativo) io proponevo una parcella professionale ridotta, come prassi del 50% in quanto dipendente di pubblica amministrazione. L'avessi mai fatto! Era ovvio tale lavoro svolto oltre i compiti ordinari e in via di urgenza, con responsabilità e timbro di iscritto ad un ordine dovesse, per tale comandante, essere assolutamente gratuito e senza altro compenso alcuno. Il Provveditore ha scritto a tali militari "di non tenere assolutamente conto della mia richiesta", richiamandomi come avessi chiesto una tangente, poco prima la comandante mi ha detto che "loro non prendono neanche l'incentivo per i lavori (fatti svolgere da altri, ndr) e che se avesse solo pensato ad una richiesta simile avrebbe fatto pubblicare un bando". Avrei voluto rispondere dei loro scatti di anzianità ogni due anni, dei posti di villeggiatura praticamente gratuiti ma la mia esperienza mi ha giustamente consigliato di starmi zitto. Tanto è...
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