venerdì 15 novembre 2019

Internazionale fascista e Quarto Potere ------- BOLIVIA, CHI, COME, PERCHE’ ------ Quelli che gridano “al lupo fasciorazzista” e non lo vedono quando c’è.




“Una stampa cinica, mercenaria, demagogica produrrà nel corso del tempo una società altrettanto spregevole”. (Joseph Pulitzer)

Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, sono come quelli che vorrebbero mangiare vitello senza uccidere il vitello” (Berthold Brecht)

Lo strabismo autoindotto dei media
La manipolazione-mistificazione-falsificazione dei media di regime, che ciarlano, a proposito di Bolivia, di un paese rivoltatosi in nome della democrazia contro il caudillo che non vuole mollare il potere, è scontata. Come lo è la demagogia e retorica progressisto-cerchiobottista che celebra la Bolivia di Evo Morales, ma con la riserva che era estrattivista e lui si ostinava a fare il presidente a vita. Sono gli stessi sedicenti progressisti che rimpiangono gli Usa multilateralisti di Obama e Hillary. Che poi sarebbero i due protagonisti delle sette guerre di sterminio, dei colpi di Stato in Honduras, Paraguay e Ucraina e di varie rivoluzioni colorate. Tra l’altro utilizzando le stesse manovalanze: terroristi islamici o pseudo-islamici in Oriente, ancora quelli, più lo squadrismo neonazista, in Europa, squadristi fascisti in America Latina dove islamisti non ce ne sono. Con la particolarità asiatica degli squadristi neocolonialisti, fascioteppisti quanto altri mai, sotto le bandiere britannica e statunitense a Hong Kong. E dunque amati dal “manifesto”.

Di queste manovalanze il nostro paese sa tutto, sulla base di dati processuali e d’inchiesta, fin da De Lorenzo, paragolpe Borghese, Piazza Fontana, terrorismo mafiostatale. Sa anche tutto, ma alla Pasolini, sui relativi mandanti, interni ed esteri. E’ assordante il coro dei chierichetti dell’establishment che, ogni due per tre, gridano al lupo, vale a dire alla minaccia del fascismo risorgente, sotto forma di Salvini, Casa Pound, o Le Pen, Orban, AFD tedesca. O dell’antisemitismo, o del bullismo, o dell’odio dilagante da ogni poro. Per poi vedere nei golpisti boliviani il bisogno di democrazia.

Fascismo operetta e fascismo che opera
Minacce inventate, o gonfiate all’inverosimile, o solo potenziali, o perfino supposte, che stanno a quanto davvero ci viene inflitto dal capitalismo, come i razzi di Gaza stanno ai missili di Israele, o come l’% della ricchezza planetaria in mano al 50% degli umani sta al 45% dell’1% degli umani. O come le buggerature della mia locale Cassa di risparmio stanno agli interventi del Fondo Monetario Internazionale. Chi è più fascista, l’ungherese Orban, che ha la migliore distribuzione della ricchezza di tutti i paesi dell’UE, o la famiglia Walton che, con i suoi supermarket Walmart, guadagna 70.000 dollari al minuto grazie alla dabbenaggine di consumatori decerebrati e il lavoro schiavistico degli addetti?
Quando parliamo di manovalanza fascista parliamo di delinquenza pura e semplice, o di cretinotti  nostalgici di quanto non conoscono. Ma che indossano roboanti “valori” e simboli detti fascisti, valori che, rispetto a quelli imposti oggi dall’élite, valgono quelli di un Carminati a paragone di Jack lo Squartatore. Delinquenza teppista che indossa la camicia nera, mentre persegue obiettivi che gli vengono dettati da razzisti molto in alto nella scala sociale e geopolitica, perlopiù attraverso i centri nevralgici del capitalismo imperialista, servizi segreti e Ong. Questo nella fase della propaganda eversiva e del reclutamento di inclini alla violenza. Quando poi si tratta di venire alla luce del sole, nella battaglia risolutiva, ecco che si tramutano in attivisti dei diritti umani e della democrazia contro un dittatore…. fascista.

Cosa vi ricorda questa immagine?

Così è in Bolivia, in Ucraina, Venezuela, Honduras. Questo serpeggia nelle “rivolte popolari” finalizzate al cambio di regime in Stati che non si fanno riassorbire dal colonialismo. Il colpo di Stato in Bolivia parte da lontano, con una prima fase nel 2008 e quella attuale attivata nel 2016, in occasione del referendum per un terzo mandato di Evo Morales. Ha subito un’accelerazione quest’anno, alla vista del vento contrario al revanscismo neoliberale e fascistoide di Duque in Colombia, Pinera in Cile, Bolsonaro in Brasile, Hernàndez in Honduras: la sollevazione di un intero popolo in Cile, la vittoria del peronismo di sinistra con Cristina Kirchner e Alberto Fernàndez, le proteste di massa in Honduras e Haiti, la vittoria di Obrador in Messico, la resistenza vittoriosa di Maduro in Venezuela e Ortega in Nicaragua.

La preda del capitalismo del terzo millennio: litio
E, sul piano strettamente economico, la messa in opera, con due società tedesche e una svizzera, dell’immensa ricchezza mineraria della Bolivia, paese che, insieme all’Argentina, vanta i più vasti giacimenti di litio nel mondo, il minerale necessaria alla terza rivoluzione industriale, quella degli smartphone, dei tablet, delle vetture elettriche, eccetera. 


Hai visto mai che Morales avrebbe nazionalizzato quel popò di roba, indispensabile alla ripresa del profitto capitalista nel nome di Greta e con la supervisione delle piattaforme di Silicon Valley. Indispensabile anche alla prevalenza su Cina e Russia, come al controllo sugli esseri umani tutti? Molti, negli States, ricordano, con brividi lungo la schiena, la “Guerra del gas”  e poi quella dell’acqua in Bolivia, quando un intero popolo si ribellò alla svendita dei suoi beni maggiori alle multinazionali Usa e, guidato da Evo e dal partito Movimento al Socialismo (MAS), si liberò dell’ultimo dei suoi caudilli, Sanchez De Lozada. Costui, dopo aver massacrato 70 cittadini, se ne dovette fuggire. Dove? Indovinate un po’. Lo sostituì il suo vice, Carlos Mesa, poi sepolto, nel 2006, da una valanga di voti per Morales, a dispetto della sedizione dei separatisti fascisti di Santa Cruz, emersi in quell’occasione. Avevo intervistato Evo poche settimane prima. Potete vederlo nel mio “L’Asse del bene”.


Come falsare un referendum
In occasione del referendum sulla rielezione di Morales si è riattivata la piaga purulenta dei feudatari secessionisti di Santa Cruz, provincia del Sud, che Morales non è riuscito, nei suoi 13 anni, a ridurre alla ragione di un’equa distribuzione delle terre, fuori dalla logica del contadino indigeno servo della gleba e relegato ai margini della società da un razzismo più virulento di quello nostro, al quale dobbiamo lo sradicamento dei migranti africani, asiatici e mediorientali. Non mi riferisco alla vittoria di misura di Evo nelle ultime elezioni presidenziali, verificata da osservatori indipendenti, ma non dall’Organizzazione degli Stati Americani che, con il lacchè amerikano Luis Almagro, già sperimentato su Venezuela e Honduras, ha insinuato la probabilità di “inesattezze”.

Rivolta di un popolo, o pogrom di manovali fascioteppisti?

Abbiamo tutti potuto vedere il pogrom anti-indigeni di questi giorni che ha visto l’uscita di scena di Evo e del suo vice Linera e l’ingresso nel palazzo presidenziale dell’autoproclamata presidente Jeanine Anez, la Guaidò boliviana, subito riconosciuta da Washington, e del tribuno fascista dei Comitati di Santa Cruz, Luis Camacho. Entrambi hanno fatto ingresso in parlamento con in mano la bibbia e sulle labbra la maledizione alla pachamama, divinità degli indios Aymara e Quechua (“la pachamama non tornerà mai in questo palazzo, la Bolivia appartiene a Cristo”, così la signora presidente) e con sotto alle scarpe la wiphala, la loro bandiera, quella che, con l’indio Morales, sventolava insieme alla nazionale. Quando si parla di razzisti e fascisti a proposito. E di odio.

Parlo invece del 2016, referendum sulla rielezione di Morales, sancita dalla Corte Costituzionale e inizio della corsa al golpe. In un’atmosfera di pesantissime accuse di immoralità, irresponsabilità, frode e menzogna, Morales, che aveva trionfato con larghissimo margine in tutte le elezioni, perse il referendum per pochi voti. Sulla stampa che, come evidentemente l’esercito e la polizia, diversamente da Hugo Chavez in Venezuela, Evo non era riuscito a bonificare dal controllo dell’oligarchia della destra bianca, da sempre golpista e connessa agli Usa, si scatenò un urgano di atroci calunnie: Evo avrebbe avuto un figlio segreto da una relazione extraconiugale e poi avrebbe rinnegato il bambino e ripudiato la donna. Di cui, tuttavia, avrebbe favorito  una vertiginosa ascesa sociale e istituzionale.

Il presidente non negò la relazione e neanche la nascita del figlio, che però sarebbe quasi subito morto. Mentre della donna, convolata ad altri rapporti, non si sarebbe più occupato. Quella che una prestigiosa femminista aymara, Adriana Guzmàn, definisce una “élite bianca, razzista, patriarcale, clericale e padronale”, non si diede per vinta e, alla vigilia del voto, produsse un ragazzo di cui la presunta madre, passata all’opposizione, affermava essere il figlio di cui Evo si sarebbe disinteressato. Fu il fattore che probabilmente determinò disgusto e delusione in settori dell’elettorato e, quindi, determinò l’esito del voto in tal modo manipolato. Troppo tardi gli architetti del complotto rivelarono l’inganno, rifiutandosi di fare il confronto del DNA. Da allora il presunto figlio è svaporato nel nulla.

 13 anni di indipendenza ed emancipazione


Tuttavia, l’uomo che aveva cacciato l’FMI e le Ong colonialiste, che aveva ridotto la povertà dei boliviani dal 40 al 15%, garantito a tutti istruzione e sanità, aumentato l’aspettativa di vita dai 56 ai 72 anni, ridotto la disoccupazione al 4%, risultato migliore del subcontinente, ed elevato il tasso di crescita al quasi 7%, anche questo il più alto dell’America Latina, solidificato l’asse antimperialista ed emancipatorio, da quella campagna rimase indebolito. Al punto che a dargli la maggioranza di 10 punti alle recenti elezioni, evitando il ballottaggio, ci vollero i 600mila voti arrivati nelle ultime ore dai distretti più lontani, indigeni e contadini. Coloro sui quali in queste ore si abbatte la furia genocida degli squadristi del multimilionario Luis Camacho, detto, per la gioia di Adriana Guzmàn, “el macho Camacho”.

Se il cosiddetto Quarto Potere, quello che è passato da “cane da guardia contro il Potere” a “cane da guardia contro il popolo”, non fa trasparire, neanche fra le righe la definizione “colpo di Stato”, e si guarda bene di dare del fascista al carcinoma che punta a rimangiarsi la Bolivia, “el macho Camacho”, è il classico prodotto coltivato dalle Ong e dai servizi  di quei paesi che hanno dato vita all’orda Al Qaida e Isis, come a Ordine Nuovo e  succedanei da noi. Se noi abbiamo avuto Delle Chiaie (e poi, più raffinatamente, le finte BR), loro hanno Luis Fernando Camacho. El Macho era, fino a ieri, un oscuro squadrista di una famiglia arricchitasi col gas, poi nazionalizzato da Morales, a capo della fascistissima Uniòn Juvenil Crucenista, di Santa Cruz, affratellata al battaglione nazista Azov di Kiev, ai suprematisti indù della RSS e a quanto resta della Falange spagnola. Fino adesso si era fatta le ossa nei pestaggi di indigeni, contadini Semterra che lottano contro il latifondo, giornalisti non conformi, sostenitori di Evo, tv di Stato. Grazie alla benevolenza della CNN, del New York Times e dell’agenzia britannica Reuter, è assurta a popolarità internazionale e a vindice della democrazia boliviana. Ci fosse ancora Delle Chiaie, sarebbe lì.

 
Camacho con il presidente colombiano Duque


Sempre facenti parte della manovalanza fascio-teppista per i regime change imperiali, che poi diventano gli organizzatori del sostegno fascio-teppista ai regimi tirannici, grazie a loro dagli Usa installati ovunque possibile, sono i consiglieri ideologico-organizzativi della dimensione fascio-teppista internazionale, stavolta senza Otpor e pugno chiuso, ma con tanto di logo simil-SS e saluti romani.
 Fascisti della Unione Juvenil Crucenista

Washington e l’Internazionale nera
Padrino e maestro di Camacho è il fascistissimo oligarca e terrateniente croato Branko Markovic, erede di una famiglia legata agli Ustasha di Ante Pavelic, oggi fervente sostenitore di Bolsonaro e del terrorista venzuelano Leopoldo Lopez. Nel 2008 fu accusato di un tentativo di assassinio di Morales in combutta con elementi croati e ungheresi e un neofascista irlandese, Michael Dwyer. Ai cospiratori aveva fatto avere 200.000 dollari. In fuga, aveva ottenuto asilo politico negli Usa. Rientrato,  avendo avuto parte delle sue terre espropriate da Morales, ha creato e presieduto il Comitato Santa Cruz, punta di lancia di un separatismo che, adesso, punta al paese intero. La Federazione Internazionale dei Diritti Umani, pur tenera nei confronti degli abusi Usa, ha stigmatizzato il Comitato come “attore e promotore di razzismo e violenza in Bolivia”. Quella che si vede ora per le strade del paese, nella caccia all’indio e all’evista (fenomeno di cui i nostri media invertono cacciatori e prede). Il Comitato è il successore della Falange Socialista Boliviana, gruppo fascista, stavolta con precisa ideologia, che ospitò molti gerarchi nazisti, compreso Klaus Barbie.

Squadrismo internazionale: Dwyer e Rosza

Altro esponente dell’internazionale squadrista a disposizione del terrorismo Usa, protagonista della campagna golpista era Eduardo Rosza-Flores, che combinava la sua iscrizione all’Opus Dei, organizzazione cattolica cara al franchismo, con la maschera del giornalista sinistrorso. Protagonista del tentativo di assassinare il primo presidente indio dell’America Latina (Chavez era meticcio), aveva combattuto contro la Jugoslavia unita nella formazione neo-ustasha croata, “Primo Plotone Internazionale (PIV)”, un reparto tracimante elementi criminali, fascisti e nazisti, tedeschi e irlandesi. Rientrato in Bolivia, fu ucciso in un hotel di lusso di Santa Cruz. Il governo boliviano pubblicò una serie di messaggi email tra il terrorista e l’agente Cia ungherese Istvan Beloval.




Altro collegamento tra Washington e i cospiratori era costituito da Hugo Acha Melgar, fondatore della filiale boliviana dell’americana “Human Rights Foundation”, Ong che ospita una “Scuola della rivoluzione” per fascioteppisti disposti a impegnarsi in rivoluzioni colorate e regime change. Una dirigente di questa Ong, finanziata anche da Amnesty International, Jhanisse Vaca Daza, contribuì al lancio del Golpe, diffondendo accuse a Morales per gli incendi nell’Amazzonia boliviana. Un gruppo, questo, che si vanta di essere attivo anche nei pogrom di Hong Kong.


Verso la resistenza
Su questa manovalanza squadrista internazionale ci sarebbe ancora parecchio da aggiungere, tra nomi e fatti. Ora conta osservare cosa succede. Se la forza maggioritaria del popolo, che sono i sostenitori di Morales e del MAS, riesce a prevalere sulla sanguinaria repressione di polizia, militari e relative orde fascioteppisti. Se finisce in uno stallo, comunque fallimentare per i golpisti, come in Venezuela. O se i i feudatari razzisti bianchi, con la loro manovalanza, riescono a consolidarsi. Forse Evo Morales ha fatto un errore a rifugiarsi nel lontano Messico dell’ottimo Obrador. Semmai era più vicina la confinante Argentina, dove Kirchner e Fernandez stanno subentrando al virgulto Usa Macri. Forse avrebbe potuto restare tra i suoi sostenitori che, privati del leader, potrebbero sentirsi senza guida, addirittura abbandonati. Vai a sapere. Un grosso errore il presidente l’aveva già commesso, quando ha invitato l’OAS, ambasciata degli Usa pe l’America Latina, con il fantoccio dello Stato Profondo Almagro, a verificare i risultati elettorali. L’avevo definita, nel pezzo precedente, un’ ingenuità incomprensibile.



Tocca chiudere. E finisco con un riferimento alla recente votazione delle Nazioni Unite sulla condanna del nazismo e del fascismo. Una risoluzione presentata dalla Russia (oltre 20 milioni di morti nella guerra contro il nazismo) e votata da 121 Stati contro 2. Il resto, Italia compresa, ha ritenuto non valesse la pena pronunciarsi. A favore, oltre a Russia, Bielorussia, Cina, Cuba, La Repubblica Popolare di Corea, Nicaragua, Venezuela, Siria, Zimbabwe, tutti paesi sotto sanzioni decretate dagli Usa o dall’ONU. Contro, Stati Uniti e Ucraina. C’è coerenza tra quel voto degli Usa e quanto succede in Bolivia. E non solo in Bolivia.


2 commenti:

  1. Le sue analisi sono dense e illuminanti. grazie

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  2. Che poi uno si chiede come possa avere un seguito un personaggio come Camacho.ma sono i miracoli di questa fascioglobalizzazione orwelliana,come ha spiegato lei in questo articolo,illuminante come sempre. Molto,molto più pericoloso il Fmi,la Nato e tutta la compagnia che non un Orban. Però trovo ingeneroso paragonare Jack lo Squartatore alle elites,il povero Ripper ha fatto quello che ha fatto ma era un'anima candida se paragonato a questi mostri. Comunque io lo preferisco a Carminati.
    Cordialmente.
    Paolo P.

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