venerdì 24 gennaio 2020

Decisione opportuna, tardiva e nel momento sbagliato----- DI MAIO SE NE VA. IL MOVIMENTO RITORNA? ----- E il mattocchio pidino di Sant’Ilario quando torna a facce ride?



Era ora, sospira una gran moltitudine dei 5Stelle, dopo aver dovuto assistere, nell’impotenza della mancanza di proposte alternative dichiarate, al precipitare nella quasi irrilevanza della più grande forza politica e sociale del paese, anche l’unica morale nel quadro depravato delle realtà partitiche dei tempi. Nel titolo esprimo impazienza per l’abbandono di uno che valeva tutti, cui non ho risparmiato critiche dure fino allo sberleffo. Sberleffo commisurato alla sua supponenza, alla spropositata ambizione, fonte di irrimediabili cantonate, poi sofferte da tutto il Movimento.

Ritiro “tattico”, secondo il garante
Va però visto anche il pericolo, per il futuro del movimento sopravvissuto alla cura Di Maio e sodali, che l’uscita di scena, per quanto probabilmente strumentale e parziale (in vista, magari, di un richiamo “per acclamazione” agli Stati Generali, o al Congresso), sia in questo momento, nell’immediata imminenza delle elezioni in Emilia-Romagna e Calabria, l’ennesima botta micidiale che l’improvvido capo politico infligge alla sua gente. Che, già disorientata prima, ora, in pieno marasma elettorale, si trova addirittura priva del riferimento a quel paparino-padroncino. La sua, da questo punto di vista, è una fuga. Altro che dare la colpa a “chi critica in modo distruttivo anziché costruttivo”. Distinzione falsa e tendenziosa di chi le critiche non le vuole in alcun modo. Come s’è visto con Paragone, esempio di fedeltà all’impegno. Dunque “costruttivo”.



Di Maio si scravatta a favore di telecamera, dopo aver incravattato l’intero movimento, fino al quasi suo strangolamento. Un indumento, quello col nodo, con cui l’uomo qualunque è tenuto ad assomigliare al padrone, come la creatura a quattro zampe col collare deve corrispondere al dettato di quella a due. Di Maio, uno che è divorato dall’ambizione senza averne i presupposti culturali e di carisma. se ne va per tornare e sono convinto che si tratta di ritiro tattico, partorito dall’idea diabolica dell’untore καλλίκομος (dalla bella chioma) promotore della pestilenza Cinquestelle-PD-Italia Viva. Non è stato Beppe Grillo, tra un vaffa e l’altro, a perseguire questo sposalizio, prima solo morganatico, poi congiunturale, infine inciucio ad eternum? Le stelle volessero che al rientro di Di Maio a Pomigliano d’Arco, a fare, che so, un bravissimo sindaco (il ragazzo è capace e svelto) corrispondesse anche il ritorno sulle scene, definitivo però, di questo teatrante plautino dai mille travestimenti.


 Fuga dalla casa cadente
Di Maio, se ne va perché, ritrovandosi la faccia sfregiata da un disastro elettorale dopo l’altro, fino a un sesto del patrimonio elettorale offertogli nel 2018 dal fior fiore del nostro popolo, a metterci la faccia anche alla reductio ad unum che gli riserva l’Emilia Romagna non ci pensava proprio. Di Maio se ne va non perché è stato “accoltellato alla schiena da traditori ingrati”, come ha lamentato, con la mancanza di gusto che gli riconosciamo da quando, inseguendo il papeetista, si è fatto sbaciucchiare dalla fidanzata a favore del peggiore fogliaccio scandalistico del “giornalismo” italiano; da quando, lusingando i gennarielli napoletani, ha baciato la teca del sangue del loro santo; da quando ha prestato la sua testa al barbiere dei calciatori; da quando ha messo la cravatta per assomigliare a Mario Draghi; da quando, ministro degli Esteri (non ci si crede!), appare al mare in Sardegna con Virginia, mentre il Medioriente esplode come il vulcano Krakatoa. Gesti spontanei, gesti di fede?  Non riesco a salvarmi dai miasmi che emanano da queste rozze captationes benevolentiae (vuol dire ruffianeria. Scusate, ma con il latino ci si esprime sempre meglio)

Il bene e il male a 5Stelle
Di Maio se ne va perché, agli occhi e al cuore dei malamente detti “grillini”, risulta alla fine squilibrato al negativo il rapporto tra cose buone e cose non buone. Ne cito alcune, prima le non buone. Intanto l’incapacità, o la non volontà e la mancanza di rispetto per i seguaci, della mancata organizzazione capillare sul territorio, per non intaccare la degenerazione verticistica del capo. L’inversione a U sul rifiuto ontologico all’alleanza con ognuno dei due peggiori arnesi della politica tradizionale italiana. La disastrosa scelta, per il biumvirato Premier-Vicepremier nel Conte 1 e poi, ancora, del Premier per il Conte 2, di un finanzdemocristiano per ogni stagione, mezzo Scilipoti e mezzo Forlani. Vero Jago, se Giggino si sentiva Otello, e il MoVimento era Desdemona. La mancata rottura con Salvini sul TAV, pilastro formale e sostanziale di tutta la politica 5Stelle su popolo, sovranità, ambiente, economia.Ne sarebbe uscito un MoVimento da almeno il 40%.

 
Di Maio con il Segretario di Stato Pompeo e  con il ministro degli Esteri israeliano Katz


Eppoi,TAV, TAP, MUOS, tutti no e dopo sì, UE ed Euro no, ma dopo come no! Nato ni e dopo sì, missioni militari no e dopo sì, migranti no, ma dopo sì, revoca concessioni no e ora boh, sanzioni Russia no, ma poi zitto. Voto scandaloso per Ursula von der Leyen eurocommissaria, già la più austerista e militarista ministra dell’imperial-regime Merkel. Corsa e ricorsa a rendersi graditi agli strangolatori di Washington e Tel Aviv. Passione smodata, chissà perchè, per le Forze dell’Ordine, per quanto si sappiano pretoriani del sovrano. Ce ne sarebbe, ma chiudo con il terribilissimo voto pro MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) di cui tutti, da Draghi a von der Leyen a Bergoglio a Mario Rossi sappiamo che serve esclusivamente a trasferire talleri dalle tasche sbrindellate di noialtri, ai caveau dei banchieri, soprattutto francesi e tedeschi e a fare di noi sudeuropei un’altra Graecia infelix

Cinque Stelle luminose
Quante alle buone cose, a dispetto dei rosiconi, pidocchiosi dell’ideologia, livorosi odiatori (questi sì) sorosiani e Bilderberghiani, alla Gruber o “manifesto”, ce ne sono state tante e grosse, come non se n’erano mai viste, almeno dalla decennale insurrezione di studenti, operai, intellettuali e sottoproletari, partita nel 1968. La tiritera da ossessione compulsiva dei “dilettanti, incompetenti, impreparati” fa giustizia di sé alla vista dei malavitosi, truffatori, ladri, inetti totali e servi delle lobby, che la eruttano. Anche qui lo spazio mi costringe al braccetto corto. Su tutto, il reddito di cittadinanza per i senzalavoro che ha tolto dalla miseria metà dei miseri: 520 euro a ciascuno dei due milioni e mezzo. Ignobili agiati lo schifano perché ai 520 euro non è seguito un lavoro e tra i beneficiati c’è stato anche qualche furbetto del quartierino. Senza contare che il lavoro non c’è perché UE e capitalisti hanno bisogno di un esercito di disoccupati di riserva e quanto ai furbetti del quartierino, si pensi piuttosto alle varie centinaia di costoro in Parlamento che beccano 15mila euro al mese a sbafo, o, meglio, per far danno alla collettività.

E poi, il decreto spazzacorrotti, la galera agli evasori, il decreto Dignità contro i torturatori di lavoratori, la prescrizione bloccata, alla faccia di farabutti, frodatori e famelici azzeccagarbugli, per evitare che dai 400mila ai 600mila processi all’anno vadano in fumo, ridandoci in giacca e cravatta personcine ammodo come Andreotti o Berlusconi e grassatori e mariuoli vari. Qualcuno minimizza, si mette a spidocchiare quasi fosse un cammelliere al caravanserraglio, trova un limite là, un’imperfezione qua, una macchia d’olio sulla copertina. Si tratta, vuoi di tutta quella canea arroventata d’odio aristocratico, borghese, padronale, che s’è vista sbattere sul muso lo specchio con il riflesso della sua pochezza, bruttezza, abiettezza, vuoi gli innamorati delusi che non si sanno fare una ragione dell’arcadia sognata e svaporata.

Ci sarebbero anche provvedimenti che, per una parte, si possono qualificare buone e, per l’altra, cattive. Un esempio sono i decreti Sicurezza dai 5Stell condivisi. Sacrosanti per quanto riguarda il contrasto agli infami speculatori sullo svuotamento dell’Africa e di altri paesi per rifornire di schiavi il nostro padronato, ma sciagurati nella parte fascistoide che punta a criminalizzare ogni dissenso, paralizzando con estremismi punitivi ogni diritto a manifestare, a protestare contro gli abusi della repressione, a usare i propri corpi contro i soprusi. Altro che “democrazia diretta”, oligarchia feroce.

MoVimento senza visione, ma con un cuore


Ce ne sarebbero ancora parecchie di cose concrete delle quali essere grati al MoVimento. A partire e a chiudere dall’avere, con la parola d’ordine e la testimonianza dell’onestà, dimostrato che, dopo tutto, non siamo un popolo di mafiosi, mafiosetti, mafizzati e cialtroni. Ma, su tutte, albeggia la luce che si è accesa nelle menti e il calore che ha invaso i cuori di milioni di esseri umani perbene, proiettati in un futuro migliore. Cittadini stufi di essere sudditi e consapevoli che le cose si potevano prendere nelle proprie mani, senza affidarsi a coloro che campano bene pretendendo di saper fare meglio. Quelli con la cravatta e le tre carte. S’è visto che non c’era organizzazione, che qualcuno andava esautorando quel movimento di protagonisti, incominciando a togliere di mezzo elaborazioni collettive, come i Meet Up (parolaccia inglese), convogliando tutto in un percorso digitale inadeguato e opaco, sotto controllo di chi da nessuno era controllato, che nessuno conosceva, nessuno aveva scelto. S’è sentita la mancanza di una casa, di un corpo a corpo, faccia a faccia, parola a parola tra iscritti, militanti, simpatizzanti, popolo, per contribuire alla tattica, alla strategia, alla coscienza collettiva, per sapere scegliere consapevolmente e non a cazzo i rappresentanti e non congelare ogni elaborazione in un ghiacciolo digitale leccato solo dal Capo. Tutto vero.

Ideologia, postideologia, destra, sinistra?
S’è anche detto che al movimento mancava una “visione”, un progetto compiuto di società e di mondo. Un’ideologia. E anche questo è vero. Però si pensi cosa ne è stato del PCI, che di visione si vantava di averne una, globale e precisissima. Ma l’ideologia resta in ogni caso imprescindibile. L’ideologia e l’idea e il logos (la parola) con cui vedi il mondo. L’ideologia è concezione e progetto, tipo “sto con chi vale, soffre, è giusto e onesto, o sto con chi non vale, sta bene a spese di altri, è ingiusto e disonesto”. E’ la distinzione tra sinistra e destra e, da che mondo e mondo, altre non ce ne sono. E se si guarda a principi e azioni dei 5Stelle, su dove vada collocato non rimane il minimo dubbio. Serve anche vedere come tutti i media italiani, tutti indistintamente di destra, detestino e attacchino senza posa i 5Stelle, che siano al governo o all’opposizione. Vorrà pur dire qualcosa, no? Capisco il motto “né di destra, né di sinistra”, nasce spontaneo se si fa riferimento a quanto di falso e turpe oggi rappresentano queste due posizioni, la sinistra che è diventata destra e la destra che è diventata ancora più di destra. Reazionarie entrambe. Ma questo non cambia il dato, né in filosofia, né in ideologia, né in politica.

A chi tocca ora, secondo gli uni e secondo gli altri
E ora tutti rimpiangono la dipartita, vera o farlocca che sia, del bravissimo partner e onesto oppositore Giggino. Sono gli stessi, e con lo stesso spirito e interesse, che celebrano l’arrivo delle Sardine. E si fanno voti e pronostici sul, più o meno temporaneo successore. Tra quelli ventilati non ce ne dovrebbe essere uno che si discosti dal luminoso modello Di Maio. Intanto abbiamo un “reggente”, quasi fossimo in attesa del minorenne Tutankamon. E’ Vito Crimi, personalità non troppo definita da poter diventare Tutankamon lui stesso, ma gradita alla cerchia Casaleggio e, dunque, non a me. Cui, peraltro, era graditissimo da responsabile per l’editoria quando doverosamente voleva evitare, a  vantaggio di giornali locali, che ignari pagassero media che nessuno o pochi compravano e che, perlopiù, disseminavano fake news: il manifesto, il Foglio, l’Avvenire dei poverissimi vescovi, Radio Radicale con gli ululati, anche postumi, di Pannella. 
Gli altri cultori della civile convivenza PD-5Stelle vedono bene Vincenzo Spadafora, specialista, con la Lombardi, di spazzatura rovesciata sull’ottima Virginia Raggi; la Sardina Roberto Fico, resasi meritevole per l’avallo all’operazione italo-britannica Regeni e per l’antisovranismo espresso con la Festa della Repubblica dedicata a migranti e Rom; Chiara Appendino, perché è cara al fuggiasco e non rompe più le palle sul Tav, Paola Taverna, perché da controfigura di Alessandro Di Battista è passata a quella boiata, ovviamente nominata dal capo, dei “facilitatori”.
Roba, questa, che coltiverà la guerra per bande e lacererà ulteriormente la schiera dei parlamentari 5Stelle, tra poltronari, gente che non sa come sia finita lì e cosa ci stia a fare, e i non pochi che non si sono dimenticati per cosa sono stati eletti. Se ci possa essere un futuro per il MoVimento dipende da questi ultimi. E soprattutto dalla maggiore e migliore parte del MoVimento, che è anche la migliore parte del nostro popolo. Sanno come va il mondo e come deve andare il mondo. O ne conoscete altri?


 
Vedete, c’è la foto di un pannello luminoso che decora l’ingresso alla sede dei 5Stelle di Macerata. Ingranditela e leggete: c’è un elenco di “cose fatte”. Poi accanto ce n’era un altro con le cose da fare. I “grillini” maceratesi sono quelli che, anni fa, accolti e apprezzati ovunque, mi hanno accompagnato per tutto il territorio terremotato in Centro Italia. Che hanno spiegato, denunciato, lottato. Giorni fa, sono stato nella loro sede. Sede voluta e creata da loro, senza aspettare un tardivissimo via dal vertice. Come suole per un’organizzazione radicata tra la gente. C’era, convocata dai consiglieri comunali del MoVimento, un’assemblea di una cinquantina di persone, iscritti, attivisti, simpatizzanti, interessati e molti esperti appassionati alla materia. Si discuteva di urbanistica, di cosa fare di una città rimasta ferma nel tempo tra integrità storica e carenze strutturali. Si denunciava, si proponeva, si dibatteva. Ci si preparava, con COMPETENZA, a fare di questo pezzo del paese e del mondo, una cosa migliore.

Dice che i 5Stelle non hanno una visione, una strategia. Se ci fosse stata dall’inizio sarebbe letteratura, o dogma. Questi miei amici sono la materia  che ci vuole per far nascere la famosa visione strategica. Di questo c’è bisogno per sapere che fare e poi leggere le “Lettere dal carcere”. Di Maio lascia un Movimento al minimo storico, in crisi di identità, privo di organizzazione. Ma a Macerata non siamo al minimo storico, non c’è crisi di identità, né mancanza di organizzazione. Il terreno idea da dove far fiorire la “visione”.  E così in tante parti d’Italia. Il MoVimento è qui. E da qui e da nessun’altra parte, tocca ricominciare.

O preferite farvi, con Annunziata, Formigli, Gruber. Zoro, Repubblica, manifesto e tutti i megafoni del potere, Sardina al petrolio, come Santori? O fondare un altro PaP del Sacro Ordine delle pippe? O lasciare la vostra vita in mano all’ossario della triade Zingaretti-Renzi-Salvini?




1 commento:

  1. Immagino i padroni del M5S che alla casaleggio e Associati preparavano la revolucion hahaha. Ma per piacere,va bene l'ingenuità ma qui ci si prende per i fondelli.

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