domenica 30 maggio 2021

Con Paolo Villaggio e Gianmaria Volontè --- ALTRO MEZZO SECOLO TRA IL LUSCO E IL BRUSCO --- Dalla tessera, al mosaico di un tempo che vogliono far sparire


https://www.youtube.com/watch?v=amH1_gFXv94  

https://comedonchisciotte.org/sancho-17-fulvio-grimaldi-il-secolo-con-gli-occhi-di-fulvio-2a-parte/ 

A teatro con Paolo Villaggio e Gianmaria Volontè

Le reazioni arrivate a commento della prima puntata su "Sancho" ("comedonchisciotte"), "IL SECOLO", in cui si narra del mio attraversamento del secolo che corre dal 1934 al 2034 (dove per fortuna nostra non siamo ancora arrivati), mi hanno liberato da un timore. Che i miei, più o meno benevoli/malevoli, interlocutori potessero interpretare questa storia centrata sul personale come un narcisistico esibizionismo in cui tutto è inteso a illuminare l'ego del sottoscritto  Non era questa l'intenzione. L'intenzione era di utilizzarmi come filo, con gli amici di "Sancho" realizzatori dell'intervista, filo prima nero pallido poi rosso intenso, che si snoda lungo ambienti e momenti storici di rilievo generale, politico, sociale, culturale.



Fasi del nostro passato recentissimo che costituiscono il patrimonio mnemonico certamente mio, ma dovrebbero anche infrangere l'annichilimento della memoria di tutti, come è oggi accanitamente perseguito  dagli imbonintori dell' "innovazione". Il Grande Resettaggio necessita di oblio, di incomprensione del presente e di esproprio del futuro. Insomma, questo nostro è un modo un po' dilettantesco di riattivare una memoria che pare essere la cosa più sgradita e funesta degli operatori di un presente sul quale ci muoviamo come su un aquilone. Che appare in balia dei venti, ma è saldamente ancorato e manovrato da un quasi invisibile giocololiere a terra. 

Pare, dalle risposte degli amici, che questo sia stato compreso. Non per nulla sono "cittadini liberi e pensanti" coloro che seguono "comedonchisciotte".

Al lungo racconto, seconda parte, che ci porta più o meno ad oggi, voglio però aggiungere un paio di episodi, curiosi, ma significativi per lo spirito del tempo, lo Zeitgeist, e ciò che lo disegnava e vi si agitava.dentro. A dispetto di Scelba, Andreotti, Nixon Boia, o Cossiga.

Villaggio, io, la Compagnia Goliardica Mario Baistrocchi 

 

Correva il 1913 a Genova, quando Mario Baistrocchi, studente di Giurisprudenza, raggruppò la sua "Allegra Brigata". Lo scopo di ieri, rinnovato anche oggi, era mostrare il meglio della propria follia, liberarsi per qualche giorno dei doveri universitari, civici, borghesi, per calcare lo stesso palco dei grandi del Teatro, ma con una maschera di impertinenza e  perfino insolenza. La Baistrocchi ha visto passare sul suo palcoscenico giovanissime promesse diventate poi celebrità nel mondo dello spettacolo e della musica: Paolo Villaggio, Enzo Tortora, Popi Perani, Umberto Bindi, Fabrizio De Andrè, Maurizio Crozza, Ugo Dighero, Maurizio Lastrico, Enzo Paci. E, uno che celebrità dello spettacolo e della musica non è diventato, Fulvio Grimaldi.

Non ricordo se fosse il 1953, o il 1954. La guerra e il seriosissimo dopo democristiano avevano fatto cadere in disuso quella geniale goliardata che era lo spettacolo scritto e interpretato da studenti dell'ateneo genovese in Via Balbi, perlopiù di giurisprudenza. Io lo frequentav da un anno. Mi ritrovai nella vasta sede del Movimento Sociale Italiano, in piena Via XX Settembre, dove i postfascisti, non sapendosi cosa stavano facendo, avevano affittato un'ampia sala a Paolo Villaggio, per uno scopo misterioso, ma inoffensivo, si riteneva. Invece se ne è avvalso per elaborare e realizzare con i compagni una Baistrocchi rinata, più esplosiva ed eversiva che mai.

 


La faccio breve. L'allora già genialissimo attore e creatore della storica maschera dell'impiegato vessato, radunò una banda di incoscienti, volenterosi di rompere un po' i cristalli e, tutti insieme, scrivemmo il copione per uno spettacolo che riprendeva la gloriosa tradizione dell'irriverenza e dello sberleffo, in ispecie agli uomini (e donne) di panza e di rispetto. La "commedia" andò in scena nell'ambitto intellettualmente più prestigioso, "Il Piccolo Teatro di Genova" e già questo era uno sketch. Ricordo poco, ma certamente che Paolo impazzò in tutte le scenette, fintotragiche, musicali, sganascione, paradossali, assurde e trascinò il lavoro a un grandissimo successo, poi perpetuato in giro per l'Italia. 

Ho chiara memoria di un mio ruolo femminile. Seduto, scosciato e in calze di rete su un barile, facevo Marlene Dietrich nell' Angelo Azzurro di Von Sternberg e strepitavo indecentemente la sua sensualissima canzone: "Da capo a piedi sono disposta all'amore..." Meno bene mi ricordo di una recita biblica in cui mi alternavo a un bravo compagno vestito da Mosè di nome Cocco, sui sacri testi della Grande Fiaba .

Dallo sberleffo al pugno nello stomaco con Gianmaria Volontè

La televisione, nell'inconsapevolezza del carattere potentemente eversivo del film, continua a mettere in onda il capolavoro di Elio Petri e Gianmaria Volontè "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" (1970). Succede che alcuni riescano a guardare oltre l'attuale intrico di rughe e prolassi e riconoscere il sottoscritto nel ruolo del giornalista Patanè, confidente del commissario assassino e impunito, al di sopra della legge.

Il vostro cronista da "Patanè" in "Indagine..."

Non so se fosse per darci una mano in tempi di squattrinamento diffuso (eravamo in piena sovversione sessantottina), ma il gentile, generosissimo Gianmaria volle diversi di noi a fare parti e particine in quel grandioso smascheramento del potere, nel caso della polizia,  come andava configurandosi nell'Italia di Andreotti e Piazza Fontana. Ci eravamo incontrati qualche tempo prima nel giro del centro storico, di Piazza Navona, dove, ancora per affitti incredibilmente bassi, si rintanavano e si incontravano i "nemici del Sistema". Io abitavo per 20.000 lire in un quartierino stupendo sopra la trattoria di "Bombolo" che, prima di fare l'attore comico, cucinava, vendeva piatti da un carretto e grandinava battute ai coinquilini.. 

 


Gianmaria aveva da anni lasciato uin cinema che al suo genio aveva riservato inadeguate parti nei Western. Ci vedevamo perlopiù a casa mia, o di Lorenzo Magnolia a Trastevere. Affittato un quartierino dalle parti di Campo de' Fiori, ci si riuniva per discutere e programmare un progetto che chiamammo "Teatro di Strada" e che doveva essere il corrispettivo spettacolare e culturale delle contestazioni militanti di piazza. Si trattava di provocazioni finalizzate al confronto e alla presa di coscienza. Esempio: andavamo in due o tre nell'atrio della stazione Termini e iniziavamo una discussione sul divorzio, la cui legge era allora in ballo. Si univano altri, nostri "attori", la cosa si faceva rumorosa, attirava persone, le coinvolgeva, a volte finiva in quasi rissa. Ma la miccia era stata accesa.

 

Volontè fermato

Altro tema, la guerra del Vietnam, pacifismo, violenza, nonviolenza, colonialismo, liberazione, il Terzo Mondo che ci deve riguardare, oppure non riguardare. A volte succedeva il patatrac, specie quando agivamo dalle parti del Palazzo. A volte il gruppazzo, con tanto di Gianmaria, finiva in guardina per la notte. Poi arrivò Elio Petri e, per nostra fortuna nazionale, Gianmaria tornò al cinema. Mi ricordo una persopna per la quale non so inventare che queste parole: dolcissimo, sensibile, modesto, intenso, fraterno, giusto. Come attore, profondissimo. 

Poi Gianmaria continuò a fare un film più importante dell'altro. Io, per somma di reati di stampa da direttore responsabile di "Lotta Continua" finii latitante e all'estero. Poi seguii varie guerre da inviato. Ci perdemmo di vista. E' un rimpianto che non passa.

 


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