lunedì 24 maggio 2021

Videointervista di "Sancho" ("comedonchisciotte) --- UN LUNGO SECOLO BREVE


https://youtu.be/gd_zwpFJ4vs 

https://comedonchisciotte.org/sancho-16-fulvio-grimaldi-il-secolo-con-gli-occhi-di-fulvio-1a-parte/ 

Amici, interlocutori, contatti silenti e pazienti, non è per un futile, sciocco e improduttivo narcisismo che qui, nella videointervista fattami da Massimo Cascone per "Sancho" ("comedonchisciotte"), faccio la storia, a volo d'uccello, dei miei primi quarant'anni, da zero al '68. Se ho camminato su quel filo sospeso tra due mondi, quasi due pianeti, è perchè l'ho ritenuto buona occasione per riferire di quanto intorno a me, a noi di quelle generazioni, c'era, non c'era, si muoveva, stava fermo, ci faceva male, ci faceva bene. Diventando così, a partire dal mio sguardo, dai miei passi, una storia collettiva che, in tempi in cui provano a cancellarci il passato per non farci capire il presente e condurci a un pessimo futuro, o a nessun futuro, potrebbe anche essere utile. 

 


Quanto lente e poi rapide, fulminee, storditrici, si sono mosse le cose in questo scorcio di vicenda umana! Dal carro dei buoi, dal trotto del cavallo eravamo passati alla quarta di un'Alfa, tanto da perderci la testa. E il ricordo. "La bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna..." notava frastornato Eugenio Montale nella "Casa del Doganiere". Nella mia esperienza tutto, a dispetto dei mutamenti politici, era rimasto più o meno uguale,  persino a un decennio dalla guerra, con la mia prima moto Guzzi, m'aggirai per l'Italia, da cima a fondo.Di Amerika c'era ancora poco, quasi niente. Era diversa solo la Germania, nella quale tornavo di tanto in tanto, adolescente, a ritrovare gli amici della guerra, per autostop, clandestino sui treni o carri bestiame, tra macerie e cupezze ancora smisurate. Un'atmosfera da "Portiere di Notte", o "Il Terzo Uomo", o Germania Anno Zero", se questi tre grandissimi film li avete visti. Quelle macerie, di cose e di umani, sarei andato poi a ritrovarle in giro per il mondo. Alla faccia di Norimberga.

 


Fine anni '50 e saltò tutto, più che nella e dopo la guerra. Il capitalismo industriale spiegò le ali nel vento Marshall a stelle e strisce che  da Occidente soffiava sulle nazioni e, per razionalizzare i rapporti di lavoro, tranciò esistenze, costumi, culture. Qualcuno decise che era bene copiare da chi le colonne di Pestum non l'aveva ancora nè concepite, nè costruite (e non lo avrebbe poi fatto mai). Una civiltà che, a vedere l'oggi, aveva più pregi che difetti. Più libero arbitrio e più scelte. Più comunità. In Calabria scomparvero le donne col fazzoletto nero in testa e i tanti grembiuli colorati sul vestito. Dai paesi scomparvero i rastrelli e i forconi. Nei miei giri in moto più tardi non mi capitò più che, a vedermi sboconcellare un panino sul muretto, una donna sconosciuta mi chiamasse dalla finestra che la pasta era pronta. Accadeva nel Sud. Le città si cingevano di catene di montaggio. Pensate, tra i miei venti e trent'anni, sempre alla ricerca del mestiere ambito, cambiai datore di lavoro come si cambiano i calzini: 9 volte in 8 anni. E non si trattava di mestieri occasionali: Mondadori, Bompiani, Itamco e Radar (agenzie di pubblicità), Alitalia, Ford, RCA, BBC... .Il lavoro c'era, ma pesantemente di classe, secondo l'impostazione scolastica di Giovanni Gentile. Filosofo grande, ma mussoliniano. Non per questo andava giustiziato. E in quel modo.

 


Direi che l'adesivo che ci legava al passato, in tutte le sue forme, abbigliamento, riti e tradizioni, produzione, istruzione, ma anche ideologia, teneva più dell'Attack. Trascinarci fuori dal fascismo, per chi non era passato per il trauma dell rottura partigiana, non era stato facile. E neanche arrivare a quella catarsi che prospettava il comunismo. Ne arrivava il polline nel vento. Ai padroni dava l'allergia e, per uscirne, acceleravano con i ceppi agli operai e le scuole dei preti (ecclesiastici o laici, poca differenza). A noi portava il profumo di nuove fioriture. Entrammo nella Storia. Personalmente nel 1967, per la prima volta inviato di guerra. In Palestina, guerra dei Sei Giorni, Dayan contro Nasser, sulla pelle dei palestinesi. Per tantissimi come la "Storia siamo noi" incominciò nel '68. Ma qui siamo al capitolo successivo. 


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