lunedì 28 giugno 2021

PALESTINA E DINTORNI: LA TRAVE NELL'OCCHIO DELL'AGGRESSORE E DEI SUOI CORIFEI --- A LEVANTE NIENTE ARCOBALENI Algeria, Ungheria, Iran, Myanmar, Afghanistan

https://playmastermovie.com/crimini-di-guerra-e-ingiustizia-mediatica-fulvio-grimaldi 

In questa mia intervista ad Alessandro Amori per "Playmastermovie" si osserva l'evoluzione della vicenda palestinese alla luce delle recenti acutizzazioni, del quadro mediorientale segnato da immense sofferenze, ma anche dai flop degli aggressori e di un apparato medatico che è degenerato in pura propaganda. Segue qui un racconto di quanto succede lontano dall'arcobaleno.

A LEVANTE NIENTE ARCOBALENI

Algeria, Ungheria, Iran, Myanmar, Afghanistan


Roma - I padrini dell'ISIS contro l'ISIS?

Il Segretario di Stato USA Blinken e il ministro degli Esteri israeliano Lapid

A Roma amoroso incontro tra il segretario di Stato Blinken, un falco di guerra da quando ha fatto la cresima, il suo equipollente israeliano,Yair Lapid, del plotone di esecuzione di civili palestinesi, preferibilmente bambini, e Mario Draghi dell'Anonima Sequestri di beni e cittadini. Per aver capito Blinken quando ha chiesto "drink", serve il rinfresco Di Maio. Alla sera hanno stappato il Moet Chandon alla notizia inaugurale e augurale che bombardieri USA, illegalmente stazionati in Iraq,  hanno polverizzato civili alla frontiera Iraq-Siria, dicendo di aver "mirato con precisione, in funzione difensiva", a milizie filoiraniane. Che sono quelle irachene che hanno sconfitto lo Stato Islamico. La vendetta di Biden-Al Baghdadi. 

A integrazione del video. Dal mondo arabo in resistenza e dalla Palestina che lotta, a dispetto degli sterminii e dei tradimenti dei suoi capi felloni e corrotti, ad altri mondi dove l'arcobaleno è solo quello dello sposalizio tra sole e pioggia. Mondi che vanno puniti perchè guardano a levante e non votano come dettano a ponente. 

Abu Mazen meglio di Netaniahu

In Palestina è atto finale tra una dirigenza di venduti peggio di Quisling, Badoglio, Laval o Eltsin e gli eredi di una resistenza rifiorita nella Seconda Intifada di Marwan Barghuti, oggi in carcere con cinque ergastoli, ma candidato alla presidenza palestinese con la lista "Libertà". L'aguzzino vendipatria Abu Mazen e la sua cricca di spie al soldo di UE,.USA e Israele, hanno fatto ammazzare a botte e torture il candidato di "Libertà" alle legislative (peraltro ancora una volta negate dal regime vassallo), Nizar Banat, amato e sostenuto da tutto il popolo. L'ultima goccia. E' in atto una rivolta. Si vedrà e si incrociano le dita.

Siria, Iraq, Libia, Egitto: è stato l'errore epocale - e per loro letale - delle organizzazioni palestinesi quando hanno assunto il paradigma imperial-globalista, interamente strumentale e falso, dei "diritti umani" e della "democrazia" con cui liberare i popoli dai rispettivi "dittatori" arabi. Pugnalando alle spalle Siria, Iraq, Libia,  hanno perso ogni opzione altermativa alla supremazia dei colonialisti di ritorno anglo-franco-americani. Incancellabile la vergogna di parteggiare contro chi li aveva difesi, sostenuti in armi, politica, assistenza materiale durante i 70 anni di ininterrotta Nakba. Inevitabile la vergogna di finire nell'abbraccio mortale delle tirannie tribalfeudali del Golfo e del Nordafrica.

 Mi viene da piangere a sentire, mentre sulla Siria imperversano Nato, USA, Daesh, curdi e turchi, un responsabile del FPLP a Cagliari dire, come meglio non avrebbe potuto un neocon qualsiasi: "Ma Assad è un dittatore". L'ha detto a me che, quando stavo con i Fedayin, mangiavamo e agivamo grazie al sostegno dei "dittatori" Assad, Saddam, Nasser, Gheddafi.

 

Tutta quanta, è questo l'obiettivo?

Passiamo al Levante. Lasciamoci alle spalle chi sotto arcobaleni artificiali, fatti di chimica, guerre, menzogne e tagliati col bisturi del gender," (chiedere a Siria, Iraq, Libia, ai paesi sotto sanzioni), fa dei migranti, neri, terroristi, le donne, i presunti virus e i presunti farmaci, i gradini della sua scalata al potere. E contemporaneamente si fa largo tra i popoli liberi a forza di bombe, sanzioni e ISIS.

Algeria, fallisce la rivoluzione colorata

Paese arabo tuttora stabile e saldo, libero e sovrano, a dispetto di un assalto islamista (Fratelli Musulmani, tentacolo del colonialismo europeo) e, negli ultimi due anni, della solita "primavera araba" detta "Hiraq", sostenuta dalla panoplia dei colonialisti di ritorno politico-mediatici nel nome degli inevitabili "diritti umani": Soros, Amnesty, Cia, Pentagono, Ong, neocon e, ovviamente, dal "manifesto" vessillo ideologico (sovvenzionato) della "sinistra" imperialista. Tre volte il voto, poi risultato impeccabilmente corretto, è stato rifiutato dai "colorati" dell' "Hiraq", consapevoli del proprio scarso seguito, per quanto strumento conclamato di "democrazia". 


 L'Hiraq non vuole votare, gli algerini sì.

Così alle presidenziali, al referendum per una nuova costituzione e ora alle legislative, hanno vinto i garanti di una politica indipendente e sovrana. Battute le formazioni politiche dei berberi della Kabila, da sempre quinta colonna del revanscismo francese, le finte sinistre, le ONG delle classi fighette. La maggioranza resta al Fronte di Liberazione Nazionle, artefice della prima, più dolorosa e bella liberazione dal colonialismo. La sua colpa? Non aver seguito l'impero  e i suoi clienti e cortigiani nelle guerre ai fratelli arabi. E, come l'Egitto di oggi, rivendicare laicità e autodeterminazione negli affari interni e nelle scelte internazionali.

Ungheria invitta e de-arcobalenizzata

A Levante, dove sorge il sole, libera da falsi arcobaleni, incontriamo per prima l'Ungheria del "tiranno fascista" Viktor Orban. Io ci sono stato e non ho visto nessuna tirannia. Un "tiranno fascista" che difende e promuove l'integrità sociale, culturale, del suo popolo e perciò ha un consenso più alto di qualsiasi governante UE, che vince elezioni al cui confronto quelle condizionate, se non altro dai media, di molti paesi occidentali sprofondano nella vergogna. Su Orban si è abbattuto l'odio del Mefistofele smascherato, dell'imperatore nudo, dell'Europa carolingia e bio-tecno-totalitaria. Carlo Magno, nel nome della Croce, riuscì ad affogare i sassoni pagani in un oceano di sangue. I suoi succedanei ricorrono al gender.

Da "il manifesto"


Orban e gli ungheresi hanno rifiutato di vendere la propria identità all'operazione sradicamento, spostamento e anonimizzazione dei popoli; hanno tagliato le unghie al neoliberismo in termini di equità sociale; hanno sottratto alla presa privata materie come la sanità, l'interruzione della gravidanza e l'inseminazione artificiale; hanno cacciato ONG al servizio pagato di interessi stranieri; hanno mostrato la porta all'istituto accademico del killer di Stati  e pirata finanziario George Soros (compare di Draghi, ricordate?). E già questo bastava per gli anatemi di Lilli Gruber, Gad Lerner, Furio Colombo, Von der Leyen e tutto il cucuzzaro che canta la messa al bio-tecno-farmaco-fascismo dal quale è gratificato. 

L'abisso delle nequizie sarebbe, per l'UE, una legge, ovviamente sacrosanta, che vieta la promozione delle diversità di genere tra i bambini delle scuole. Niente a che fare, se non per i più fetidi malafedosi, con qualsiasi fobia di genere. Che in Ungheria è combattuta come nei paesi più civili e meno ipocriti. Una legge che, posso giurarlo, nessuno dei suoi denigratori ha letto. E', sì, il contrario della legge promozionale LGBTQI+ voluta dalla lobby della varietà dei generi, fatta passare per difesa da un inesistente nemico, mentre non è che propaganda e proselitismo, anche malthusiano I missionari alla Zanotelli, apripista della rovina dei popoli, chiamano questo metodo "evangelizzazione". Sotto l'operazione si nasconde dell'altro. L'Ungheria, che già è a levante, guarda dove non si deve neanche guardare: ancora più a levante. Lì ci deve essere solo il deserto dei tartari, sbarrato dal fortino UE, cioè Nato. Ecco perchè lo chiamano "tiranno fascista". Mentre noi abbiamo Draghi che comanda da solo e ha appena prorogato l'emergenza.

 

Budapest, 60.000, Portogallo fermato.

Di voi non so, dipende a chi date retta. Di me aggiungo cha vedere 60.000 smascherinati e coesi in festa allo stadio di Budapest che fermano i campioni portoghesi d'Europa e poi assistere ai prodigi di impegno patriottico, più che calcistico, della Nazionale di quel paese così bistrattato da cialtroni mentitori, ho goduto come una scimmia. E poi m'è venuto il magone.

Torna l'Iran resistente di Mahmud Ahmadinejad?

In Iran ha vinto le presidenziali Ibrahim Raisi, già capo della Magistratura e ayatollah vicino ai Guardiani della Rivoluzione e alle posizioni "intransigenti" della Guida Suprema, Ali Khamenei. La sedicente "comunità internazionale", in rappresentanza del 17% di popolazione mondiale peggio governata, si è strappata i capelli per il trionfo dell'"ultraconservatore". La prima mossa di Biden è stata quella di sequestrare il dominio di "PRESS-TV", emittente  iraniana in inglese di alto livello professionale, di cui ebbe l'occasione di intervistare il direttore. La legge mosaica dice: l'altro non ha voce.

Battuti i candidati "liberal-moderati"che, per continuare a subire sanzioni genocide USA-UE e la minaccia di olocausto israeliano, preceduto da attentati terroristici contro scienziati e civili, sarebbero stati disposti a starsene "buoni", più o meno come il predecessore "moderato" Rouhani.

Con Raisi, pronosticato anche successore di Khamenei, l'Iran dovrebbe riprendere un corso di fermezza, dignità e rifiuto di ogni cedimento e intimidazione. Nel suo programma il rafforzamento dell'asse con Russia e Cina, una politica di equità sociale che, dopo un esponente dell'alta borghesia iraniana come Rouhani, dovrebbe ridare voce e potere alle classi lavoratrici. Come avvenne sotto i due mandati del rimpianto Mahmud Ahmadinejad, presidente laico, amico di Ugo Chavez e grande aperturista sul piano del costume e della cultura. Rouhani e il suo moderatissimo ministro degli esteri Javad Zarif, sempre disposti a mediazioni al ribasso, avevano concluso il disastroso accordo sul nucleare (ICPOA), garantito da altre cinque potenze, ma disdetto da Trump. Un accordo che si pretendeva inteso a bloccare lo sviluppo militare del nucleare, mai nè programmato, nè realizzato, ma che aveva l'unico obiettivo, insieme a quarant'anni di sanzioni, di fermare il progresso tecnologico del paese. 

Sanzioni rese via via più sadiche, condivise dall'UE, e che sono arrivate a impedire che l'Iran potesse rifornirsi di medicinali per l'epidemia detta Covid19. L'ONU a stelle e strisce, dal canto suo ha sospeso il diritto di voto di Tehran, con il pretesto che non avrebbe pagato la sua ultima quota. Pagamento impossibile dato che i fondi dell'Iran sono bloccati in tutte le banche straniere!


 
Ora, con la nuova dirigenza, un'eventuale riattivazione del ICPOA sarà fatta dipendere dalla totale rimozione delle sanzioni e dal diritto di Tehran di completare il suo programma missilistico (l'aggressore israeliano vanta 200-400 bombe atomiche). Raisi ha anche negato all'agenzia atomica internazionale, AIEA, screditatasi con la sua faziosità filo-USA, di accedere a immagini e filmati delle centrali di ricerca nucleari iraniane. Il Fronte della Resistenza si rafforza. Quanto all'assistenza a Iraq e Siria, decisiva per la vittoria sullo strumento terrorista USA dell'ISIS, Raisi ne ha assicurato la continuità

Aung San Suu Kyi in Myanmar come Guaidò in Venezuela

Resta da dire del Myanmar, altro satana nell'asse del male de-arcobalenizzato che si è andato prolungando a levante, in direzione opposta a quella del tramonto. Liberatasi della spina statunitense nel fianco statunitense di Aung San Suu Kyi al momento in cui stava lanciando la solita "rivoluzione colorata", sempre attiva sul piano dei suggerimenti del Dipartimento di Stato, la dirigenza militare del paese vede ora soffiarsi addosso il fiele rovente della già menzionata "comunità internazionale". La Lega democratica, partito della "Lady" con quartier generale a Washington, ha poi provato a dare al suo tentativo di eversione una forma istituzionale formando un Governo Provvisorio. L'accusa occidentale di "colpo di Stato" al presidente Ming Aung Hlaing, non è stata condivisa nemmeno dall'Asean, alleanza dei paesi del Sudest asiatico. Nell'eseguire l'ordine del giorno di Washington del "divide et impera", questo "governo provvisorio" non ha avuto scrupoli ad allearsi con le varie guerriglie armate, su basi etniche e confessionali, da anni alimentate dai servizi occidentali.

 

Il presidente del Myanmar Ming Aung Hlaing

Il paese deve essere frantumato, come si è provato con la Siria, l'Iraq, la Libia e si è riusciti con la Jugoslavia. Il suo torto sono i legami con la Russia e, soprattutto, con la Cina, che qui trova per la sua Via della Seta un passaggio vitale verso l'oceano, evitando gli Stretti di Malacca presidiati dagli USA. Altro torto, che lo avvicina all'Egitto al pari criminalizzato con trucchi vari, è il possesso di un vasto giacimento di idrocarburi al largo delle sue coste. E dove appare il petrolio, i marines non sono lontani.

 


I pianti del "manifesto" per la liberazione dell'Afghanistan

 

Dal "manifesto"

C'è ancora un  anello in fieri nel levantino Asse del Male e noi ce ne compiaciamo. Siamo felici di leggere nel "manifesto", addolorato e incollerito peggio del Pentagono e della CIA, che il massacro di afghani da parte di USA e Nato stia per cessare (forse), che il governo fantoccio, caro agli inviati del "manifesto" Battiston e Giordana, crolli sulle sue fondamenta marce e che i Taliban stiano avanzando travolgendo ogni resistenza. Avrei preferito che, nell'Afghanistan liberato, ci fosse ancora il presidente laico e socialista Najibullah, ma come insegnano Marx e Lenin, conta la liberazione nazionale e la sconfitta dell'imperialismo. 

 

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