giovedì 15 giugno 2023

Un funerale, un’intimidazione, un avvertimento --- BERLUSCONI NON DEVE MORIRE

 

 


Un funerale, un’intimidazione, un avvertimento

BERLUSCONI NON DEVE MORIRE

 

Visione TV Dietro il sipario

https://www.youtube.com/watch?v=sE63hTqnbH8

https://youtu.be/sE63hTqnbH8

Francesco Toscano conduce. Partecipano Glauco Benigni, Fulvio Grimaldi, Umberto Pascali

 

Stiamo assistendo a qualcosa alla quale ci hanno gradualmente e poi possentemente abituati il trattamento inflittoci tramite pandemia, cambiamento climatico, guerra,  mutazione del linguaggio: la trasformazione della realtà nel suo contrario, o, comunque, nella sua deformazione. Così nei giorni nefasti e grotteschi delle celebrazioni di un imprenditore-politico-guitto e brigante, il fenomeno da assegnare alla damnatio memoriae non sono più Berlusconi e il berlusconismo, ma l’antiberlusconismo e coloro che insistono a praticarlo. Bel colpo.

Un punto equilibrato e dialettico lo ha messo la puntata di Dietro Sipario dedicata alla questione che non è esagerato definire drammatica nelle sue premesse, nel suo svolgimento e nelle ripercussioni in atto e che minacciano di aggravare ulteriormente una nostra sconvolgente mutazione antropologica.

Un equilibrio dialettico sostenuto da Francesco Toscano che, da abile moderatore, ha salvaguardato la voce di quella vasta schiera di né-né. Né del tutto contro il sovrano malvivente di Arcore, pur garante degli interessi suoi, più che di quello degli italiani onesti, protetto dal boss; né del tutto in sua difesa, per essersi esso in qualche modo differenziato dai testi sacri imposti alla nostra condizione di marca imperiale alzando un po’ più il capino nei consessi internazionali. E verso i “giudici cattivi”.

Sorvolo sul contributo, ultrageneroso nei confronti dell’oggetto del contendere, dell’esperto da Washington Umberto Pascali, col suo tentativo di fare del microbo Berlusconi una copia ideologico-politica del gigante Trump. Entrambi bizzarri, fuori-registro e per certi versi eversivi rispetto all’ordine codificato dal capitalismo ultraliberista e guerrafondaio, ma resta comunque il confronto tra un provincialotto sfornito di strumenti culturali che non fossero quelli dell’anticultura, di Drive In e del “mi consenta”, e un improvvisatore strategico, visionario, ma incerto tra passi di lato e passi in lockstep.

Ho trovato illuminante la grande competenza di Glauco Benigni in materia di strutture, poteri, meccanismi e condizionamenti della comunicazione nell’era in cui si è fatta funzione cruciale del capitalismo del terzo millennio fondata sulla pubblicità. Della quale Berlusconi non è stato che il più o meno complice, dipendente e poi vittima.

Quanto a me, ho visto la nostra vicenda umana nel tempo del Tardo Impero nell’agghiacciante volto, fatto e rifatto, gonfiato, modellato, mutatosi infine nella grottesca maschera di un clown del Circo dell’Orrore. Faccia artificiale al posto di quella naturale, quanto l’Intelligenza Artificiale è chiamata a obliterare quella naturale.  Altro rovesciamento della natura, neanche nella sua caricatura, ma proprio nel suo contrario.

Ma questa è la superficie. L’assegnazione a Berlusconi di una funzione di rottura del sistema è fondata su pure apparenze, colpetti di testa che non lasciavano traccia alcuna in un percorso che, nella sostanza, era quello calcato da un’ininterrotta schiera di faccendieri, opportunisti, omuncoli impegnati, più o meno tutti, nel servile encomio e nel codardo oltraggio. Il primo, riservato al padrone ontologico, il secondo, alle masse nazionali e al nemico da sputacchiare via via indicatoci.

Non c’è sostanziale soluzione di continuità rispetto all’ordinamento accettato dai vinti nel 1945 e assegnato a forze politiche corrotte dalla minaccia e dalle sovvenzioni, sotto controllo di Gladio, servizi segreti stragisti eterodiretti, criminalità associata organizzata e manovalanza terroristica neofascista. I nodi del filo nero differiscono soltanto nei modi e nell’intensità dell’esecuzione, nello spessore intellettuale e nel tasso di criminalità dei vari vendipatria, proconsoli imperiali: De Gasperi (al quale va riconosciuta l’impossibilità di andare oltre al salvataggio del salvabile), Andreotti, Craxi, Berlusconi, Prodi, Monti, Renzi, Draghi, tralasciando le scartine di ieri e quelle di oggi.

Siamo ridotti a scavare nella melma della politica ed economia subalterna a grandi poteri basilarmente nemici dei popoli, per appendere alcuni di questi “protagonisti” a un gancio di alterità: Il Craxi, superladro, a Sigonella, ma poi nell’assoluta continuità dell’obbedienza cieca e assoluta; il Prodi per (de)meriti euro ed europeisti, il Berlusconi amico del vilipeso Putin, ma nella più bieca osservanza delle regole e dei sorveglianti assegnatici nel dopoguerra

Nel mito greco, contenitore di ogni saggezza umana, l’amicizia, Achille-Patroclo per dirne una, è il vincolo più forte, e infrangerlo è il crimine massimo. Quando pensiamo al riscatto di un governante da avanspettacolo, perché simpatico, barzellettiere d’angiporto, invidiato puttaniere che metteva (o lasciava) le donne al loro posto, fissato dai sani costumi, prescritto solo nove volte, ma condannato per aver rubato agli italiani tramite frodi fiscali, corruttore di giudici, finanziari e giornalisti, elargitore di pacchianerie televisive che hanno degradato l’Italia di Dante e Raffaello fino a renderla irriconoscibile, quando pensiamo, o non pensiamo, a tutto questo e altro, ci appendiamo alla lungimiranza che avrebbe manifestato nei rapporti con Gheddafi e Putin, amici.

Amici accoltellati alla schiena, non appena il sicario ha intravvisto alzarsi il sopracciglio del padrone.

Ha fatto lo stesso con gli italiani. Ma, come stiamo vedendo, al peggio non c’è mai fine. Quei funerali di Stato, con tanto di Mattarella, sono un avvertimento.

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