lunedì 24 luglio 2023

Lo Stato ebraico verso il crack --- RAZZISTI OK, TOTALITARI NO --- --- L’altra Ucraina, lunga 75 anni

 

ragazzi palestinesi uccisi da Israele

https://youtu.be/ajj67ejvxHU

https://www.youtube.com/watch?v=ajj67ejvxHU

 

Fulvio Grimaldi sul canale di Paolo Arigotti, a proposito di Jenin, di pogrom, di Apartheid e di quelli che dovevano bombardare Damasco, o Tehran e ora rifiutano il servizio allo Stato fascistizzato.

La notizia è di quelle che fanno tremare la Storia: l’esercito più forte dello Stato più saldo butta e calpesta le stellette. Peggio di questo, delle trenta settimane di ininterrotta rivolta popolare contro un regime totalitarista, di estrema destra, retto da tre pregiudicati corrotti e condannati, che vuole mettersi sotto i piedi la magistratura, c’era stata soltanto la Seconda Intifada, quella detta di Al Aqsa. 2000-20005. La resistenza di massa palestinese, guidata da un Al Fatah non ancora “normalizzata”, con alla testa Marwan Barghuti e una nuova generazione di dirigenti post-arafattiani, aveva determinato una crisi esistenziale, paragonabile neanche a quella del 1973, quando la Guerra del Kippur aveva sorpreso e quasi sopraffatto lo Stato sionista.

Per la prima volta il vitale afflusso migratorio, indispensabile per battere la prolificità araba, si era invertito, gli ebrei non arrivavano più, anzi tornavano nei paesi d’origine. E gli investimenti esteri, altrettanto cruciali e colpiti dall’insicurezza strutturale, erano cessati del tutto. L’ininterrotta marcia di conquista e radicamento, iniziata nel 1948, a forza di graziose concessioni ONU e della comunità internazionale tutta e di inauditi massacri della popolazione autoctona, rischiava di insabbiarsi.



Non restava allo Stato di Ben Gurion e Golda Meir e degli immigrati Ashkenaziti euroamericani che il rimedio della violenza militare, superiore a ogni possibilità interna e regionale di opporsi. E’ fu la decimazione di una generazione e i sei ergastoli a Barghuti, tuttora l’eroe e il leader più amato dalla comunità palestinese in casa e nella diaspora. Colui che, se mai lo screditato e scaduto caudillo dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, inventore dello sciagurato “coordinamento” con le forze della repressione israeliana, dovesse indire le prime elezioni dal 2005, secondo tutti i sondaggi verrebbe incoronato da un trionfo senza precedenti. A dispetto della forza oggi egemone degli islamisti di Hamas.

Al popolo padrone della terra di Palestina era stato promesso il vanto di essere agli occhi del mondo “l’unica democrazia del Medioriente”. E, anche se quella democrazia si fermava fuori dai confini mai dichiarati (impediti dal proposito storico del “Grande Israele”) e in perenne sanguinosa espansione della comunità immigrata, la comunità ci credeva e ci fondava il suo sentirsi virtuosa. Al di là e a nascondimento delle complicità operativa, ideologica e morale, con i genocidii dei nativi originari. Ogni pogrom, ogni sterminio di Gaza, raccoglievano fino al 90% dell’approvazione nazionale.

Davanti a tanta contraddizione, l’ossimoro di un’Apartheid democratica, l’autodichiaratasi “comunità internazionale”, ammutoliva. Un po’ per il sempre serpeggiante revanscismo colonialista, intrinseco all’euro-anglo-centrismo, al quale lo Stato ebraico, potente e nucleare tanto da poter polverizzare chi avesse alzato anche solo un ditino di disapprovazione, forniva un presidio nella regione colonialmente più strategica del pianeta. E un po’ per quel senso di colpa per quanto inflitto agli ebrei nella Storia vicina e lontana, psicopatologicamente preso in prestito da generazioni successive del tutto innocenti. E ora involutosi in complicità con le vittime fattesi carnefici.


Di quanto la triade di malfattori processati e condannati, Netaniahu-Ben Gvir-Smotrich, benevolmente definita di estrema destra, ha scatenato da qualche mese contro quanto ancora pare formicolare sotto il tacco degli anfibi di Tsahal, a Jenin, Nablus, Hebron, Gerusalemme Est, Gaza, discutiamo ampiamente nell’intervista. Rilevando come una cosca di razzisti senza scrupoli possa utilizzare incursioni, massacri, pogrom di inermi e innocenti (o vogliamo parlare della sproporzione tra i 147 palestinesi uccisi dall’occupante dall’inizio dell’anno e i 28 israeliani colpiti dai resistenti?) Qui ora vanno rilevati due aspetti geopoliticamente e socialmente interessanti.

Primo. Il fatto che il fior fiore bombarolo e repressore delle forze armate di Israele si stia accompagnando alla protesta di popolo contro il tentativo del regime di fare fuori la magistratura, sottomettendo la Corte Suprema alle prepotenze dei partiti, Sottraendo in particolare al regime, con il rifiuto del servizio dei piloti riservisti (l’intera aeronautica israeliana), di presentarsi alla chiamata, la soddisfazione di disintegrare periodicamente pezzi di Gaza, Siria o Libano e di prospettare analoghe soddisfazioni da bombe sull’Iran. Hanno firmato in massa una dichiarazione in appoggio alla protesta popolare mettendo in ginocchio la forza con cui Israele, da 75 anni alla Jenin di oggi, ha saputo prevaricare giustizia e diritto. Chiamandola autodifesa.

Secondo. Sul piano dello scontro che ci dicono sia in atto tra democrazie e autocrazie (nel quale è di evidenza solare che noi ci troviamo dalla parte sbagliata), assistiamo a un diffondersi dell’esempio Zelensky. Quello che ci pone inesorabilmente nello schieramento opposto a quello in cui ci dicono di trovarci. Con Zelensky legislativo, esecutivo e giudiziario si riuniscono nei panni color oliva di una giunta militare che più classicamente nazista non si può.

Con Netanjahu e camerati il decreto che abolisce il controllo giudiziario sugli atti dei governanti delinquenti, ha per ora risposto il tentativo delle masse insubordinate di invadere, l’aeroporto, la strada Tel Aviv-Gerusalemme, la Knesset. Ma il solco è tracciato. Degli USA di Biden, dove le strepitose malefatte sue e del figlio vengono sommerse dall’uragano di accuse, inchieste, processi ai danni del rivale politico, inutile parlare. Cosa aspettarsi da chi campa di guerre, attentati e autoattentati? Addirittura la democrazia?

E noi? Trottiamo appresso, tutti in fila. Il pifferaio lo fa Nordio, mentre procede falciando giudici e pubblici ministeri di qua e di là e allungando chilometri di spago a imbroglioni e peggio. Dall’alto veglia una madonna il cui amor di patria e di democrazia è autentico quanto il colore dei suoi capelli.


 

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