venerdì 3 ottobre 2008
ASSASSINI E SBIRRI
L’immagine qui sopra è dedicata a coloro che presidiano la trincea della libertà e della vita in Iraq, in tutto il Medio Oriente e ovunque si combatta, dalla Colombia alle Filippine, contro il battaglione di cavalieri dell’Apocalisse (statisti-gestapo, banchieri, multinazionali, militari himmlerizzati) che si stanno mettendo sotto gli zoccoli il resto dell’umanità e tutta le civiltà. Per noi il loro è un esempio etico e politico, oggi certamente non attuale sul piano operativo. Mica per l’astuto delirio della nonviolenza con cui il cialtroname revisionista e negazionista (nei confronti della rivoluzione socialista) di Vendolotti e delle quinte colonne Nato pacifiste scaturite a Sarajevo, Sofri, Langer, Tute Bianche, preti e pacifisti assortiti, ha staccato il biglietto per il villaggio vacanze “Una poltrona per te”, vigilato da Marines, Folgore e padrini. La simbiosi Stato-mafia è garanzia di dominio, dal narcofascista Uribe alla Cia della coca colombiana e dell’eroina afghana, alla sempre incinta mafipolitica nostrana. L’esempio dell’irriducibile, per quanto occultata o fatta passare per Al Qaida, resistenza irachena, è racchiuso nella frase sotto il guerrigliero: Don’t tread on me, non mi calpestare. Con il che si conclude il concetto riportato in un precedente post: “Se non vuoi piedi sul collo, non inchinarti”. Quale lezione più attuale?
Grandina fascismo. Rispetto allo Scelba-Cia della legge truffa (oggi passata in formato gigante), al Tambroni-Cia dello sposalizio con il MSI (oggi consacrato e governante), al De Lorenzo-Cia dei golpe, ai governanti-Cia stragisti, alla P2 piena di detriti mafio-fascisti, quella di oggi è un ciclone Ike a paragone di una pioggiarellina di marzo. Quando, durante la seconda berlusconeide scrissi un articolo sul “regime che avanza” a proposito dei provvedimenti ducisti del riciclatore riciclato, il mio allora direttore, Sandro Curzi, si alterò: “Ma quale regime! Non drammatizziamo! Non facciamo dell’allarmismo!” Si rivelò ancora una volta un cranio lucidissimo, questo Curzi. Doveva diventare consigliere RAI, poveretto. Ne avessimo fatto, allora, di allarmismo!
Grandina fascismo. Grandinate tutte firmate da un signore che l’intero Palazzo, tranne l’occhiuto Di Pietro, definisce “sopra le parti”, addirittura, con sprezzo del ridicolo e del pericolo, “garante della costituzione”! Ci meravigliamo? La pianta saprofita che svetta sul Colle (Quirinale circa 300 dipendenti; Buckingham Palace 90), tranne le mele sane Pertini e Scalfaro non ci ha offerto che frutti bacati con dentro il verme Cia.
Dal Gronchi all’olio di ricino, al Saragat nella botte di Barbera, al Leone becco e trafficone aeronautico, al Ciampi della svendita dei gioielli di famiglia, all’attuale ex-leader dell'unica fazione PCI finita sotto le sacrosante zanne di Mani Pulite. Tutta gente avvoltolata in bandiere nazionali ricamate di clamori verbali ipocriti e cretini, a copertura dell’avallo alle malefatte della malavita politica. Nulla ha da dire il Capo dello Stato su niente, salvo l’ossessivo “invito al dialogo” tra opposizione e maggioranza affinchè la prima non ostacoli eccessivamente il rullo compressore che asfalta il fascismo della seconda. Nulla ha da dire sulla caccia di massa al migrante, al rom, al rumeno, all’africano, all’omosessuale, aperta per decisione e iniziativa dei governanti e delle forze politiche, fin da quando il vuoto incartato Rutelli si mise all’inseguimento di zingari che, ohibò, andavano in macchina. Va bene così: più li massacriamo di botte, fucilate, burocrazia, persecuzioni e diffamazioni, e più si presteranno a farci da schiavi e a fare da modello per i nostri, di lavoratori. Altro che contratto nazionale, altro che aggancio all’inflazione reale, altro che pretese nella contrattazione di secondo livello. O ti ammazzi di lavoro per due fichi secchi, o ti ammazzo io. Modello agrari, Fiat, Breda degli anni’ 20. Che vengano in massa questi migranti, a dispetto della pantomima delle frontiere vigilate e delle espulsioni minacciate. Hanno le facce degli schiavi di appena 130 anni fa. Si prestano da modello. E se non vengono da soli, perbacco se non li sappiamo far venire noi: genocidi, carnai confessionali o etnici indotti, pandemie, disastri climatici mirati, saccheggi multinazionali, bombe. Pensate a quanti bravi iloti e quanti spacciatori della materia prima fondamentale del capitale (forza lavoro e droga) hanno fatto arrivare dal Kosovo e dai Balcani le nostre bombe. Per nascondere il progetto schiavista, dai “giornalisti” facevamo raccontare che questi disperati fuggivano dalle sevizie serbe. Ci hanno creduto tutti, che ridere! Siamo straordinari in questi travestimenti. Abbiamo scosso l’universo mondo con la storia dei fuggitivi da Saddam (quattro nostri collaboratori) e riusciamo a non far sapere niente di cinque milioni di iracheni fuori casa e fuori confine per merito degli Usa e dei loro sicari iraniani.
Grandina fascismo, mentre da sinistra si guarda sbigottiti al rancido revival forzanuovista dello squadrismo del ’22 che, come quello, serve a distogliere dalla demolizione dello Stato liberal-democratico intanto portata avanti da montezemoli, marcegaglie, ecclesiastici, piduisti, paolimieli con "La Grande Storia" tv che bonifica il fascismo, bossisti, generali e istituzioni tutte. Il guitto-mannaro mussolineggia annunciando che d’ora in poi governerà per decreti da “imporre” al parlamento (Fini, neodemocratico convinto e terza carica dello Stato, s’inalbera: “Il parlamento farà sentire la sua voce!”. Sì, ma da quale orifizio?). Siamo al mai dimenticato “”parco buoi”. I pretoriani del teatro dei guitti, intanto, convincono le masse rivendicando la bellezza etico-estetica della Diaz e di Bolzaneto e menando senza remore donne, bambini e uomini che vorrebbero evitare di farsi depredare o avvelenare. Sono ben addestrati in vista delle turbolenze che s’imporranno quando la loro insipienza predatoria ci avrà bruciato anche l’ultimo euro sul conto corrente. Tocca prepararsi alla bisogna, anticipare. Terrorizzare. Mica vorranno che si ripeta il fenomeno ineliminabile delle resistenze armate di popolo, o delle insurrezioni di massa vittoriose che ci propone l’America Latina, capaci di cacciare a calci in culo teorie di presidenti berlusconidi.
Grandina fascismo. Il Consiglio di Stato, giustizia amministrativa, potere indipendente per Costituzione, si fa dipendente di Bush e, a scendere, di Prodisconi, di La Russa (e ci vuole dello stomaco) e di Paolo Costa, commissario governativo a Vicenza e compare di Rossana Rossanda, ragazza di qualche secolo fa, nel sostegno al micidiale ludibrio scassa-Venezia che è il Mose. Il guitto-mannaro cuce la bocca a quasi metà parlamento (al resto no, perché sbraita convenienti stronzate), il Consiglio di Stato lo affianca sfilando al cittadino il diritto costituzionale di esprimersi con referenda sui cazzi suoi, di tutti e del territorio. A Vicenza, sulla base di morte Usa, zitti e mosca. Marco Revelli, collateralista di Toni Negri e del quale non condivido quasi nulla, anche perché a gufare come lui ce n’è pochi, stavolta giustamente parla sul “manifesto” di “colpo di Stato amministrativo”. Siamo in vista del golpe contro il referendum di Di Pietro e altri sul “Lodo Alfano”. Dispositivo che chiude nell’ecoballa camorrista-governativa l’articolo 3 della Costituzione, tutti uguali davanti alla legge, accanto all’art.11 contro la guerra già infilatovi da Napolitano, e permette alla quadriglia di tiro della carrozza fascista di infischiarsene di dieci chili di codice penale, civile, procedura penale, procedura civile. E leggi annesse.
Grandina fascismo. In Iraq, Afghanistan, Darfur, Tibet, Palestina, Colombia e Africa gli assassini euro-anglosassoni, o loro ascari anche nostrani, lo fanno arrivare a forza di bombe, attentati terroristici, Abu Ghraib. Dalle nostre parti, gli sbirri in doppiopetto e loro mercenari dallo sparo facile e dalle mazzate sui crani, avanzano su decreti legge cingolati.. I SUV dei padroni, voraci di schiavismo, viaggiano trainati dai loro blindati.
E ancora l’immarcescibile “manifesto” eleva inni al “resistente” Epifani e alla sua CGIL: due paginoni dedicati al reduce dalla firma sotto al regalo dei vivi e dei morti di Alitalia a una banda di grassatori, per la sua inflessibile opposizione alle ecatombi marcegagliane. E pensare che, in ottemperanza al totalitarismo dei padroni, la firma di Epifani sta sotto a un accordo che esime da ogni conseguenza penale, al pari dei boss istituzionali alfanizzati, tutti i boiardi e manager che hanno coscientemente rovinato un bene di tutti per servirlo gratis a nuovi banditi e si sono lasciati dietro le macerie con centinaia di milioni di buonuscita in bocca. Il modello è stato ancora una volta Washington che, di fronte agli spasmi digestivi dei cannibali bancari, non solo gli ha dato 850 miliardi dei rapinati, ma ha anche stabilito che nessuna corte li potrà mai processare per i loro delitti di appropriazione indebita, aggiotaggio, truffa, circonvenzione di incapace, inettitudine. Un temerario cronista vede nella CGIL di Epifani un parallelo con l’Autunno Caldo, trascurando il fatto che se quella CGIL fu spinta alla lotta lo si deve unicamente alla pressione di un gigantesco, umanamente e teoricamente attrezzato, movimento extraparlamentare. Quello di cui non si vede l’ombra oggi. E anche al fatto che il collega principale non era Bonanni, ma Carniti. Altri tempi, altri uomini. E’ tornato Giano Bifronte: da un lato il sindacato unitario, dall’altro Marcegaglia. Uniti nella lotta. Dall’alto in basso. Modello USA: rubare a man bassa, fare guerre da tre trilioni contro l’Iraq e rimanere in rosso per tre trilioni, indebitarsi fino alla bancarotta spremendo nullatenenti stritolati da salari di fame e inflazione e farsi rimettere nella carreggiata delle rapine dai soldi degli spennati. Tutto questo lo puoi fare fino in fondo solo se ti premunisci mettendo spie appresso a tutti, rastrellando “sospetti”, abolendo il parlamento con i decreti, mettendoci alle calcagne parà reduci dalla Nassiriya del “annichiliscilo!”, o dalla Somalia degli elettrodi sui prigionieri.
Grandina fascismo. Un campione dell’ambiguità come Spike Lee, camminando sulle impronte del massimo alfiere cinematografico dell’imperialismo USraeliano, Steven Spielberg (“Lo squalo” per metterci contro gli ambientalisti e la natura, “Guerre Stellari” per arruolarci nello scontro di civiltà, “Il Soldato Ryan” per inserirci nella guerra permanente), fornisce il quadro storico. I tedeschi compivano stragi come quella di Sant’Anna di Stazzema solo perché agevolati dai tradimenti di partigiani comunisti, e gli americani non erano affatto i nuovi colonizzatori, bensì i veri salvatori di un bambino e di tutto il popolo italiano. Ecco rifatta vergine l’America, anche di Bush. Ecco riscattati i 40mila stupri compiuto dai GI’s nella risalita dalla Sicilia, pavimentata dalla mafia in cambio di una cogestione in perpetuo della nazione, nonché Vicenza e tutti i carcinomi d’assalto, nucleari e non, impiantati tra Brennero e Capo Passero. Buoni anche come retroterra strategico dei Gladio del fascismo agognato e, oggi, del fascismo in corso di attuazione. Spike Lee come, a livello italiota, il Giampaolo Pansa de “Il sangue dei vinti”, correttamente passato dall’ondivago “L’Espresso” al “Riformista” del bombarolo dalemiano.
Grandina fascismo. E il modello sono sempre lo Stato Guida, quello che Natizinger, intrecciato a Bush, ha definito “Il modello etico del mondo”. Abolito l’habeas corpus, permettendo di sbattere in galera senza imputazione formale e senza diritto di difesa, gli Usa hanno, per la prima volta nella storia, destinato un reparto dell’esercito, la Prima Brigata di combattimento della Terza Divisione, 4000 uomini sottoposti al Northcom del Pentagono, all’ordine pubblico su suolo statunitense. Nel caso che qualche renitente alla strage di lavoratori si mettesse in testa di parlare male di Wall Street. Si tratta dell’unità più sanguinaria delle FFAA , quella che ho visto personalmente capeggiare l’assalto a Baghdad nell’aprile 2003, sparando a qualsiasi cosa si muovesse, compresi noi giornalisti nell’Hotel Palestine, quella che ha decimato la popolazione a Ramadi, capitale della Resistenza, quella che nei tre anni in Iraq ha costruito un cursus honorum con più carneficine di civili di qualsiasi altro reparto occupante. E prontamente quel ministro che alla parola sostituisce il rutto, ha mandato i Parà della Folgore a ripetere l’esercizio, quelli con un curriculum degno dei colleghi statunitensi, per un totale anche lui di 4mila sgherri con le stellette.
Grandina fascismo dal primato mondiale di escatologia totalitaria delle due sciacquette che, a turno, spazzano apprendimento, intelligenza, maturazione da scuole e università, consegnandole ai corsi di alienazione, superstizione e sottomissione di preti e privati, e spazzano le strade dalle prostitute e dall’esercizio della propria sessualità, magari irrealizzabile altrove, di coloro che non si possono permettere i coca party al chiuso dei deputati e dei signori. Reprimere il sesso è, dallo sfruttamento dell’Aids, Vaticano in testa, dalla sostituzione del corteggiamento con il reato di “molestia sessuale”, dal terrorismo mediatico su pedofili e stupratori (smentito dalle statistiche e dagli esiti processuali), lo strumento basilare di castrazione di tutte le libertà. Fa il paio con l’utilizzo che si è fatto delle Torri Gemelle per scopi paralleli.
Grandina fascismo dall’himalaya di ipocrisia di Gianfranco Fini quando proclama, dopo un’intera vita di contrasto alla libertà e di nostalgia per il regime, che “la destra italiana deve essere antifascista. Libertà, uguaglianza e giustizia sociale sono valori anche nostri”.
Questo è il Fini, compare del piduista golpista, comandante in seconda nel più feroce attacco alle libertà civili, ai diritti umani (guerre di sterminio) e al lavoro che sia stato mai condotto dalla liberazione in quà, regista ai suoi esordi democratici dei giochi di polizia nella Genova del G8. Il Fini, biecamente opportunista in vista della successione al guitto-mannaro, che sguinzaglia contro la gente rozzi parvenu del bushismo d’assalto come La Russa e Alemanno. Il Fini che sta a Berlusconi come Starace stava a Mussolini, “più grande statista del secolo”, come la Palin sta al mostricciattolo McCain, e che trasuda da ogni poro un nulla intellettuale vestito di autoritarismo. Ebbene, anche per lui “il manifesto” ha buone parole. Ha messo in campo tre dei suoi cavalli di razza per esultare su pagine e pagine: “Sono di gran buon senso politico e istituzionale le dichiarazioni di Gianfranco Fini, per i contenuti e il momento particolare in cui sono state pronunciate… Quello di Fini, presidente della Camera, è il primo discorso chiaro e netto di un uomo della destra italiana che rivendica un ancoraggio senza ambiguità, alto e forte ai valori della nostra Costituzione, come libertà, uguaglianza e solidarietà e giustizia sociale. E anche il primo giudizio storico complessivo che da questo mondo viene sull’esperienza del fascismo storico…” Un Fini alto e forte. Agghiacciante, ma non basta. Si arriva all’epitaffio eroico: “Ci voleva Fini per ricordare che nell’esperienza italiana l’antifascismo è la democrazia quale noi abbiamo storicamente e concretamente conosciuta”. Fa eco a questo abbagliato Santomassimo, dalla colonna accanto, una Daniela Preziosa in preda a vertigini di credulità con: “ La destra italiana diventa antifascista. Perlomeno Fini ci prova… E ricorda commossa e convinta, di Fini i viaggi a Auschwitz e in Israele dove aveva definito il nazifascismo “male assoluto”; il sessantennale genocidio in Palestina è ovviamente solo un “male relativo”. Anzi, neanche quello, è autodifesa. Peccato che nessuno possa ricordare un qualche viaggio di Fini a Gaza, o a Guantanamo. Ma questo non turba “il manifesto” che, anzi, si specchia nell’omaggio di Veltroni: “Fini si è espresso in modo chiaro , inequivocabile e assolutamente corretto”. Ma è stato Fini a chiedere al "manifesto" di fornirgli alibi falsi? Non ci resta che piangere. E capire come quel quotidiano, al di là delle fascistiche misure contro i giornali di cooperativa, vada a ramengo per l’inesorabile perdita di lettori che non apprezzano nella stessa misura Fini, o Epifani, o Hillary Clinton, o Obama, o la valutazione delle resistenze di popolo come “terrorismo islamico”, alla Giuliana Sgrena.
Ma ci resta anche un po’ da ridere. Barbara Berlusconi, recente virgulto accademico della dinastia regnante, a una platea della combriccola d’elite “Milano Young”, capeggiata da un tipino incravattato che il solito dio, amico del giaguaro, ha tratto da una costola di La Russa, ha dato lezioni nientemeno che di “etica imprenditoriale”. Subito si sono prenotati per seminari simili: La Russa padre sulla “salvaguardia di donne e bambini afghani dalle intemperie della guerra”, Roberto Maroni sulla “necessità democratica di far sposare sua figlia a un Imam”, Veltroni su come “arginare con ogni forza il berlusconismo e le interferenze del Vaticano", Napolitano sull’"immediato obbligo costituzionale di uscire dalla Nato" e del sottoscritto sull’impellente opportunità di dare all’ex-senatrice bertinottista, Lidia Menapace, la medaglia al valor militare per il suo voto al rinnovo della missione di pace in Afghanistan.
Bel post, finalmente quasi tutto incentrato sulla politica interna, attenzione però a non elogiare il giustizialista Di Pietro.
RispondiEliminaNon ho capito però una cosa, quando dici : "dal terrorismo mediatico su pedofili e stupratori (smentito dalle statistiche e dagli esiti processuali)"...al di la di cosa tu voglia dire, purtroppo sulla cosiddetta "violenza contro le donne" le lobby femministe spalleggiate dai Media stanno facendo la più completa disinformazione, cercando di avvalorare le loro tesi usando approcci disonesti e fraudolenti nelle ricerca statistica del fenomeno. E poi del resto, per le femministe il rapporto sessuale in se è una forma di "stupro" in quanto sarebbe "una prevaricazione nei confronti del corpo femminile".
HASTA LA VICTORIA
RispondiEliminasplendido post fulvio. il 24 ottobre stiamo organizzando la proiezione del tuo video grazie all'arci provinciale.
RispondiEliminahanno detto che ci sarai, confermi?