mercoledì 7 aprile 2010
IRAQ, LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO
20 marzo: manifestazioni per il ritiro dall’Iraq a Washington e nelle maggiori città statunitensi.
Nessuno sopravvive quando cade la libertà. Gli uomini migliori marciscono in luride prigioni. E coloro che gridano “pacificazione, pacificazione” vengono impiccati da coloro che vollero compiacere.
(Hiram Mann)
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abbiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio.
(Italo Calvino, “Le città invisibili”)
Chi conosce l’opera del discutibile, contradditorio, geniale, squinternato, detestabile, adorabile, grande creativo pescarese, sa cosa questo titolo vuol dire. Agli altri spiego: è come il pugno che, nell’immagine qui sopra, sfonda le pareti USraeliane del carcere che lo imprigiona. Nel raccontare le recenti elezioni in Iraq, tutta la stampa, ma proprio tutta, ha ritrovato l’unanimità che si saldò a pietra tombale sulla verità e la libertà della Jugoslavia, prima, e della Serbia, poi. Le escort mediatiche hanno festosamente cinguettato di “affermazione della democrazia”, di “ritorno alla normalità”, di “stabilizzazione” e “uscita dal tunnel”, di “vittoria sul residuo terrorismo di Al Qaida”. In questo turbinìo di superficialità, falsità, deformazioni, occultamenti, ha eccelso, come al solito, la nota Giuliana Sgrena del “manifesto”, facendoci una volta di più rimpiangere lo scomparso Stefano Chiarini.
Escort all’inchiostro
Le sue articolesse sulle elezioni irachene del 7 marzo sono quanto di più inadeguato, incompetente, mistificante, embedded, si sia potuto inventare per mistificare la realtà irachena. Dopo aver strombazzato vaghezze sulla felice normalizzazione dell’Iraq in mano a Usa, Iran e banditi locali, quando la Resistenza risponde alla farsa elettorale con attacchi in tutto il paese titola su due colonne (6/4/10): “E’ incubo a Baghdad, Al Qaeda rialza la testa”. Segue una lamentazione sui brutti, sporchi e cattivi che impediscono all’Iraq di essere quello che il buongusto vuole e nella quale il “terrorismo di Al Qaida” è nominato venti volte. L’incubo del titolo è tutto suo. Quello degli iracheni è di essere raccontati in questo modo all’estero. Una vergogna che urla al cielo. Fa il paio con Sgrena la collega Marina Forti, punta di lancia della lobby ebraica, che spreca moltissimi soldi del “manifesto” per raccontarci dal Pakistan tutto sullo scontro di civiltà con i bruti islamici, sull’ l’orrido terrorismo dei Taliban che insiste a non piegarsi all'occupazione dei crociati, agli assassinii mirati delle forze speciali Usa, ai droni serial killer di civili, alle truppe governative i cui servigi mercenari agli Usa garantiscono la sopravvivenza al potere del fantoccio Usa, Zardari. Ma di queste cose Forti non parla: dai suoi paginoni esplode un’apocalisse tutta di marca indigena, ovviamente integralista, ovviamente kamikaze, ovviamente terrorista. A un viaggiatore del tempo, che so un Marx, un Weber, un Benjamin, un Sartre, una Luxemburg, perfino una Arendt, cui capitasse di incocciare nelle pagine internazionali dei nostri giornali di sinistra (vi comprendo anche Il Fatto, ottimo fino a quando non si avvicina a questioni estere, dove il raccapricciante solco è tracciato da Obama e difeso da Netyaniahu e perfino da La Russa), si presenterebbe un paradosso da traveggole: abbracci ai dannati della Terra che zatterano fin qua e calci in culo al tritolo, per interposti Usa. Israele e Nato, a quelli che si ostinano a volersi liberi nella propria terra Dopo pagine di pianto e collera per i proletari massacrati da Biagi, Treu o Sacconi, ecco quelle due escort col calamaio che, spappagallando sul terrorismo iracheno o afgan-pakistano, occultando il terrorismo imperialista, reggono le code ai frak dei padroni impegnati a massacrare cn droni e missili analoghi proletari a casa loro.
Qualcuno volò sul nido della cannaiola
Avete mai visto un nido di cannaiole in qualche zona umida? Spesso, di questi tempi, vi trovereste un pulcino molto più grosso degli altri due o tre e che i genitori nutrono con particolare accanimento: la sua inestinguibile fame li costringe a un superlavoro e va a scapito della crescita, a volte della vita, degli altri pulcini. E’ che quel pulcino non è una cannaiola e non è spuntato dall’uovo depositato dai presunti genitori: è l’uovo del cuculo, astuto parassita che, di soppiatto, infila il suo uovo nel nido altrui e se lo fa covare dagli ignari titolari. Frega le cannaiole e la loro prole fingendosi uno di loro. Comparendo in mezzi d’informazione che si appellano alla sinistra, sono andati/e a scuola del cuculo certi/e giornalisti/e. Del resto, i nidi delle cannaiole diventano ogni giorno più ospitali. Se si pensa che vi hanno trovato posto anche ovone di cuculoni come Ingrao e Bertinotti…
Ma poi. l’assenza di un qualsiasi increspatura di vita e di un minimo sussulto di conoscenza-coscienza in quel Carneade che è oggi la “sinistra antimperialista” italiana (vedere al confronto le manifestazioni di decine di migliaia di anti-guerra Usa nell’anniversario dell’aggressione, gli 80 parlamentari Usa che hanno chiesto un ritiro immediato, la crisi di governo in Olanda causata dalla decisione di ritirarsi dall’Afghanistan),
ha grandemente facilitato il lavoro dei cuculi mediatici. Il formicaio della miriade di
comunisti che si uniscono, si spaccano, si spippettano, ogni gruppazzo per conto suo, si attraversano, si fanno le scarpe, allestiscono convegni, se la cantano e se la suonano in rete, non ha espresso un singulto sull’inizio, il 18 marzo 2003, di un’aggressione assolutamente genocida, inserita in un programma di assassinio seriale denominato “guerra globale e infinita”, cui i propri rappresentanti mediatici hanno lisciato il pelo e quelli in parlamento hanno fornito, senza neanche trenta denari di compenso, il servizio che Giuda offrì a quelli del Sinedrio. E di conseguenza non ha saputo dire una parola di verità sull’ennesimo crimine commesso in Iraq ai danni di una popolazione ridotta allo stremo, ma tuttora non piegata: pensate a una Gaza moltiplicata per mille.
Mettere la fiaccola sotto il moggio significa occultare la verità (Il Nuovo Zingarelli: Nascondere qualcosa alla gente, tacere una verità). Cerchiamo ora di far uscire qualche barbaglio di questa fiaccola, di farle illuminare gli angoli oscurati dalla codardia e dalla complicità.
Il ventennio del genocidio
Quello che i nazisionisti infliggono ai palestinesi da oltre 60 anni, gli iracheni lo hanno subìto concentrato in vent’anni, con uno sforzo apicale degli autori negli ultimi sette. Era la notte tra il 17 e il 18 marzo 2003 e mi trovai, con un autista morto di sonno e fatica per l’incessante andirivieni tra Baghdad e Amman (la gente fuggiva nell’imminenza di un attacco annunciato, altri rientravano per combattere l'invasore), a metà strada di quei mille chilometri. Di colpo, la notte è squarciata da una serie di lampi e di boati. Poche centinaia di metri dopo troviamo l’unico posto di ristoro del tratto iracheno ridotto in macerie e fumante. L’autista accelera, non riusciamo a vedere se c’è anima viva o morta, solo qualche pecora maciullata. Non capirò mai perché tutti datano l’inizio dell’aggressione al 20 marzo: quando arrivammo quel 18 mattina, Baghdad già bruciava. Restai fino al 9 aprile, tra bombe che infrangevano vetri e mura del mio albergo e che massacravano voluttuosamente una città che gli Abassidi e Saddam avevano fatto tra le più belle e vitali del Medioriente, con dentro un popolo fiero ed evoluto, a me più caro di tutti per le inenarrabili sofferenze pagate alla barbarie occidentale e per l’indomabile dignità e resistenza. Superata la sconfitta tattica subita nella battaglia dell’aeroporto, guidata personalmente da Saddam e che costò all’invasore più perdite di tutta la guerra, i lanzichenecchi angloamericani dilagarono per la città sterminando e distruggendo. Lasciai l’Hotel Palestine con l’ultimo pullmino che riuscì, divincolandosi per viottoli e sentieri sfuggiti ai barbari, a uscire da Baghdad. Alle mie spalle, da una stanza vicina alla mia, ancora fresco si spandeva il sangue di miei due colleghi frantumati da cannonate intese a punire giornalisti che, attestandosi a Baghdad, non avevano ottemperato all’ordine Usa di seguire, embedded, le truppe. Mentre dalla sua postazione sul terrazzo, Giovanna Botteri, inviata Rai, ululava nell’etere scomposti benvenuti a stelle e strisce. Indimenticabili i suoi saltelli di gioia e l’urlo: “arrivano, arrivano !” Quasi qualcuno le stesse prospettando un orgasmo da George Clooney.
Sgrena non vede, cuore non duole
Anche la Botteri, dalla sede Rai di New York, ha rievocato l’anniversario. Quelle di Sgrena e compari non differivano in niente dalla celebrazioni della “democrazia ritrovata” del cuculo Rai. Sotto il moggio, una pietra tombale posta da queste embedded e definita “normalità”, la fiaccola fa risplendere un oceano di sangue e infamità che, dal gennaio 1991, guerra del Golfo e inizio dell’embargo, a tuttoggi, trionfo democratico e finto ritiro di Obama, non cessa di allargarsi e sommergere vite, civiltà, giustizia, verità. Dal 1991 al 2007, dati sia ONU, sia dei più accreditati enti occidentali di ricerca (l’istituto ORB britannico, la rivista medica Lancet, tra gli altri) ci dicono di un milione e mezzo di civili iracheni uccisi dalle sanzioni e di un milione e due ammazzati dall’occupante e dalle milizie scite già solo entro quella data. Confermato anche da ELBaradei, già capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA). Si calcola che quasi metà delle vittime siano donne, ora, con i bambini, il settore più debole quando, prima, le donne dell’Iraq erano le più emancipate e politicamente presenti di tutta la regione. Chissà perché le nostre integraliste che pretendono di parlare a nome delle donne, quando a ogni femminicidio si chiedono “perché gli uomini uccidono le donne”, non si fanno venire in mente i femminicidi di massa sotto lo stivale dell’aggressore e le ciabatte dei suoi servi.
Se si calcolano le stragi collegate al surge Usa del 2007 e all’ulteriore pulizia etnica scita-iraniana, pur prescindendo dalle provincie in cui, a causa dei combattimenti non si sono potuti effettuare rilievi (le tre sunnite, su 18), non si sbaglia di molto a calcolare il numero delle vittime da occupazione e pogrom anti-sunniti di sciti e curdi in complessivamente tre milioni. Due milioni e mezzo sono i feriti e mutilati in un quadro sanitario che, dal più avanzato del Terzo Mondo, è stato degradato ai livelli dei tuguri di Teresa di Calcutta. Cinque milioni sono le foglie strappate dall’albero dissecato della nazione irachena, tra profughi all’estero – senza stato giuridico e prospettive di lavoro - e spodestati raminghi in patria, tutti condannati a una sopravvivenza senza titoli, diritti, mezzi di sussistenza adeguati, futuro. Se tornano, trovano le loro case occupate dai pulitori etnici e le loro vite minacciate di definitiva estinzione. Quasi il 20 per cento degli iracheni non ha più vita biologica o civile. Ne sono stati uccisi diecimila al mese. C’è da far impallidire l’olocausto.
Su tutto il territorio iracheno si va inciampando in fosse comuni, fresche di scavo, 84 solo quest’anno, dette di nemesi delle fosse comuni di Saddam mai trovate, nemmeno di quei 400mila curdi, secondo la combriccola di George Soros Human Rights Watch trucidati da Saddam e che, però, si possono ritrovare vivi e vegeti in Kurdistan, sotto la tutela di Israele e Iran nell’ “autonoma” colonia disputata tra Sion e Tehran. Fatte le debite proporzioni, l’Iraq supera il Kosovo da noi “liberato” come centro mondiale del traffico di donne, bambini, organi. Inevitabilmente, come il Kosovo, sta diventando uno dei passaggi principali per la droga coltivata da occupanti e fantocci in Afghanistan. Al brigantaggio occidentale i non-Stati conquistati e resi criminali non servono solo per il petrolio e il turnover di armi. I traffici che alimentano l’impero, come sappiamo bene per esperienza nazionale, sono molteplici e tutti turpi. A garanzia di tutto questo, restano a tempo indeterminato nell’Iraq obamizzato e vaiolizzato da 12 megabasi, 50mila occupanti, il ritiro degli altri 80mila diventa ogni giorno più incerto, mentre non si fa parola dei 105mila mercenari privati detti contractors. Alla pratica corrente degli assassini mirati provvederanno, insieme ai tagliagole delle milizie scite, 4.500 forze speciali Usa in servizio permanente effettivo.
Si calcolano tra 50 e 80mila le teste pensanti strappate al corpo trafitto della società irachena. Ci hanno pensato soprattutto gli esperti israeliani a uccidere uno per uno professionisti, accademici, medici, ingegneri, scienziati, ricercatori, scrittori, architetti, poeti. Dopo le razzie e devastazioni – carri armati e bivacchi di soldataglia ottusa contro i muri e sulle vie di Babilonia e Niniveh ! - dell’immenso patrimonio archeologico e culturale iracheno, dai sumeri alla prospera modernità, ci si doveva disfare dell’élite intellettuale di una possibile rinascita. In Germania, quelle teste gli Usa le reclutarono per i loro laboratori degli stermini nucleari, chimici, farmaceutici. Qui USraele ha preferito toglierli di mezzo. Nessun nome iracheno fuori dal mattatoio. La poca acqua che esce dai rubinetti del paese già più ricco di acqua del mondo arabo è avvelenata. La gente trae le risorse idriche da un Tigri su cui galleggiano cadaveri putrefatti e che la Turchia con le sue chiuse ha ridotto a un fiumiciattolo. Il 50% della forza lavoro è disoccupata, l’elettricità, nel paese della seconda più vasta riserva energetica del mondo, arriva sì e no per due-tre ore al giorno e compromette ogni efficienza delle strutture cliniche. Quel petrolio, che aveva fatto del paese il più benestante, dinamico e socialmente giusto dell’intera regione, se lo sono accaparrate le compagnie degli invasori, con qualche pizzo pagato al domestico locale. Basta l’esempio di Tony Blair che ha barattato il suo falso allarme per ordigni iracheni su Londra nel giro di 45 minuti, con i 30 milioni di utili avuti quest'anno dai suoi soci nella sudcoreana UI Energy Corporation. Non è l’unico. Sul libro paga dei predatori petroliferi ci sono Bob Hawke, ex-premier australiano, Frank Carlucci, già capo del Pentagono, il generale John Abizaid, Comandante Usa nel Medioriente, Ross Perot, due volte candidato alla presidenza Usa e profittatore di guerra. Si aspetta ancora di vedere cosa abbiano fruttato all’ENI gli eccidi compiuti dai “nostri” soldati a Nassiriah.
Il tasso di mortalità infantile, grazie a uranio e fosforo, a inedia e infanticidi, è cresciuto di un agghiacciante 150%. Quando ero stato là nel 1996, a Basra i pediatri mi avevano documentato un incremento di dieci volte rispetto al 1991. E quella e tante altre volte avevo dovuto inorridire davanti a bimbetti che l’uranio (400 tonnellate nella prima guerra, 2000 nella seconda) aveva fatto nascere deformi. Già nel 2005 un bambino su sei moriva prima dei cinque anni. In Afghanistan ci si perfeziona: 257 bambini su mille nascono morti. Senza che il Papa e Bagnasco se ne occupino. Un quinto dei minorenni iracheni e sottonutrito e rischia la morte per fame. Altri bambini senza occhi, con un occhio solo, con tre o senza braccia, con la testa a forma di anguria, con i genitali al posto delle orecchie, con la scatola cranica vuota, li ha aggiunti ora il fosforo di Falluja. Le prove si erano fatte, con risultati ancora oggi, con l'agente Orange in Vietnam.
La totalità delle infrastrutture irachene è e rimane distrutta. Ogni genere di prima necessità è importato, per i quattro gatti addomesticati che se li possono permettere perché stanno nel girone dei venduti e succubi. L’agricoltura è morta di sete e inquinamento. Ma Madeleine Albright, allora segretaria di Stato, non aveva detto che "500mila bambini uccisi dall’embargo erano un buon prezzo da pagare per la democrazia in Iraq"? Tali sono i governanti – donne comprese – dell’impero.
Due milioni sono le vedove irachene e cinque milioni gli orfani, perlopiù resi tali dai trapanatori di corpi sunniti delle milizie dei partiti sciti finanziate e armate dall’Iran per una guerra civile mai neppure adombrata in passato, ma funzionale a disegni di spartizione israelo-iraniano-statunitensi. Il 75% delle vedove non riceve sussidi, al restante arrivano 50 euro al mese, ma solo a condizione che concluda un “matrimonio temporaneo” con uno dei papi burocrati che, in un apoteosi di corruzione generale, amministra le sovvenzioni. La sopravvivenza si chiama vendita di bambini, di organi, del proprio corpo. O fuga. O resistenza armata. Ne hanno parlato nei convegni organizzati in Italia da femministe, pacifisti, Un Ponte per, le gentili signore irachene in grado di viaggiare perché grate alla cosca criminale al potere? Questa è la sgreniana normalità dell’Iraq quasi pacificato, con regolari elezioni, presidente, premier, ministri, polizia, esercito e governo legittimi e degni di tale qualifica, senza l’aggiunta di “fantoccio” ancora praticata da qualche rimestatore. A casa mia e anche negli statuti dell’ONU si chiama genocidio.
Dunque la contesa elettorale di marzo, dopo quella grottesca del 2005 che, nonostante il boicottaggio dei bravi iracheni, ma graazie alle camionate di schede prevotate per i partiti sciti, in provenienza dall’Iran, aveva rigurgitato lo spione Cia Al Maliki, ha sputato Ayad Allawi, già pappone premier nel postribolo Usa eretto dal vicerè Paul Bremer a occupazione compiuta. Poi giocavano nella partita, truccata (anche questa volta brogli, killeraggi e intimidazioni, 200mila elettori e 250mila militari non votanti perché mancanti dalle liste, 89mila nomi illegali inseriti nelle liste solo a Najaf, roba da fare invidia a Karzai in Afghanistan o Calderon in Messico), già dal solo fatto di avvenire sotto occupazione straniera, gli sciti del Consiglio Supremo Islamico di Ammar Al Hakim e quelli dell’altro manutengolo iraniano nel suo covo di Qom, Moqtada Al Sadr, specialista di trapanamenti di massa. Contendenti minori, ma decisivi per una coalizione, i curdi dell’Alleanza Curda dei due narcotrafficanti Barzani e Talabani (quest’ultimo, presidente iracheno) e quelli del Partito del Cambiamento.
Mentre di tutta la compagine scita è inconfutabile e vantata l’assoluta obbedienza a Tehran, con i due caporioni del partito “Stato di Diritto”, Ahmed Chalabi e Nuri Al Maliki, premier uscente, transitati dai rispettivi lupanari Cia a Londra “Congresso Nazionale Iracheno” e “Accordo Nazionale Iracheno” (da dove trasmettevano verità come le armi di distruzione di massa di Saddam) al servizio degli ayatollah iraniani, l’Alleanza Nazionale Irachena, “Iraqia”, dello scita Ayad Allawi, era fatta passare da partito “nazionalista” e “laico”. I sunniti, come ha detto l’ex-governatore della città martire Falluja, fatta massacrare nel 2004 con Allawi capo del governo, lo hanno votato per disperazione: viste le incessanti stragi e persecuzioni di sunniti perpetrate dagli sciti su ordine di Tehran, era meglio dar forza a chi rappresentava nella congiuntura il male minore, il rivale dei serial killer persiani. Come dire, una boccata di ossigeno sotto il sacchetto di plastica. Con alle spalle di Allawi gli Usa, in affannosa rincorsa all’egemonia iraniana, e tutti gli altri appoggiati dall’Iran, dei 325 seggi Allawi ne ha conquistati 91, Al Maliki 89. I sunniti che hanno votato (55% l’astensione!) prevalevano a dispetto dei brogli, dei soprusi e di 500 tra i più autorevoli candidati sunniti di “Iraqia” fatti passare per baathisti e abusivamente esclusi dalla contesa. Altri, eletti, ne verranno arrestati o ammazzati all’indomani del voto. 40 seggi ne ha presi l’orrido fondamentalista Moqtada, che incrocia le gambe all’ombra della casa di Khomeini a Qom, e qualcosa di meno gli sciti di Al Hakim. Ed è subito iniziata la resa dei conti a forza di assassinii, sequestri di persona, traffici di Tehran. Ed è a Tehran che si sono precipitati all'indomani, per istruzioni, indistintamente tutti i protagonisti della gazzarra tra la teppa scita.
Non ne usciranno rapidamente, dalla gazzarra. Troppi gli appetiti interni ed esterni da conciliare. Al momento pare esclusa una coalizione dominante tra gli sciti di Al Maliki, Moqtada e Al Hakim. Mentre Moqtada ha da svolgere contro Allawi il ruolo di evidente quinta colonna persiana, il boss dello SCIRI (Supremo Consiglio Islamico), Al Hakim, secondo il “Washington Post”, avrebbe ricevuto ordini da Tehran di considerare una coalizione proprio con l’antidio “laico” Allawi. Uno scaltro modo, sempre che non si realizzi una coalizione scita “tutta iraniana”, per appendere sulle spalle dell’eventuale premier ”amerikano” il peso del subimperialismo iraniano, evitando la pur ossimorica alleanza tra i “nazionalisti” di Allawi e i separatisti del Kurdistan. D’altro canto, dalla bocca di Ahmadinejad è uscito questo impegno: “Non permetteremo mai che baathisti tornino al potere”, intendendo per “baathisti”, non quelli veri, impegnati come sempre nella resistenza di popolo e armata, ma tutte le forze non scite e non prone a Tehran. I giochi, comunque, resteranno aperti, fino a quando all’interno non si siano accordati sulle spoglie del paese e, all’esterno, si sia stabilito un rapporto almeno temporaneo tra nucleare iraniano da stoppare e l’Iraq da condividere. Così, finchè Ahamdinejad sarà in grado di destabilizzare il controllo USraeliano sull’Iraq, difficilmente USraele calcherà troppo la mano sulla sovranità e sulla pace iraniane.
Chi è questo Ayad Allawi (due ville milionarie a Londra e Amman, grazie a Cia, MI6 e sauditi), “nazionalista e laico”, che al momento, utilizzando tutte le forze armate ai suoi ordini, regolari o miliziane, sta epurando quanti più possibili avversari eletti. Ve lo ha raccontato la Sgrena quando festeggiava la “democrazia” ristabilita in Iraq? Uno che, al servizio degli anglosassoni e su ordine di Clinton, negli anni 90 ha massacrato concittadini, disseminando Baghdad di bombe nei cinema, ristoranti, università., alle fermate degli autobus (100 morti). Uno che, nominato primo capo del governo dall’invasore il 28 maggio 2003, a Iraq disossato, si è tolto la soddisfazione di ammazzare a bruciapelo personalmente sei giovani presunti combattenti della Resistenza, ammanettati e incappucciati. Tanto per dire il tipo. Leggendaria la corruzione del suo regime, incondizionata la sudditanza e complicità con l’occupante nelle sue razzie stragiste, formidabile il suo impulso allo sterminio dei sunniti irrispettosi dei devastatori del paese, ancora prima che i macellai “iraniani” Al Maliki, Al Hakim e Moqtada al Sadr, prendendo pretesto dalla distruzione della cupola di Samarra sacra agli sciti (un’operazione che ricorda analoghe a New York, Londra, Madrid), tutti tuttora in lizza per gestire la disintegrazione dell’Iraq e lo sminuzzamento del suo popolo, scatenassero la pulizia etnica, anzi confessionale, definitiva. E’, Allawi, un efferato delinquente, un macellaio, un terrorista, un ladrone senza pari, un escremento morale del suo popolo. Del resto, in tutta la muta di bulimici assoldati dai nemici esterni, come suol dirsi, il migliore ha la rogna. Ve lo aveva raccontato, questo, Giuliana Sgrena in visita di vero piacere a Baghdad?
Chi vivrà… Iraq
E la Resistenza? Non ne parla Sgrena, se non per pervertirla in Al Qaida, non ne parla nessuno, salvo deplorare, in ideologica comunione con Giuliano Ferrara e Robert Gates, gli occasionali scoppi di “terrorismo”. Al recente vertice della Lega Araba a Tripoli, la delegazione dei fantocci iracheni ha fatto il diavolo a quattro perché Gheddafi aveva ricevuto un’altissima delegazione della Resistenza Irachena. Aveva dato ascolto all’appello lanciato ai governi arabi dal capo della Resistenza laica, Izzat Ibrahim Al Duri, taglia di 10 milioni di dollari sul capo, di riconoscere la Resistenza come rappresentante autentica del popolo iracheno. Una crepa grande come la faglia di California nel consenso arabo al regime dei sicari. Soprattutto una crepa nella quale si affollano masse arabe sempre più insofferenti alle complicità imperialiste e sioniste dei propri satrapati. Segno che, nonostante l’assiduo sforzo di Sgrena e affini di soffocare nel silenzio la perdurante insubordinazione patriottica irachena, la Resistenza è viva e colpisce. Tutto viene fatto passare per Al Qaida, che siano terrorismi intercannibalesche tra le fazioni al potere per aggiornare rapporti di forza all’ombra dei grandi predatori multinazionali, che siano sciti a liquidare esponenti di Al Sahwa, Consigli del Risveglio, creati dagli Usa tra i sunniti in funzione di contrasto al dilagare scita-iraniano e poi dagli stessi Usa abbandonati alla loro sorte, o che siano vere operazioni della Resistenza nazionale.
C’è stato durante il 2008 e la prima metà del 2009 un momento di sospensione della guerriglia, necessitata da una riorganizzazione dopo gli arretramenti subiti con l’offensiva Usa Surge e l’indebolimento causato dalla creazione dei Consigli del Risveglio. Dall’estate scorsa le operazioni contro gli occupanti, ma soprattutto, dato che i primi stanno ormai rintanati nelle loro basi, contro gli ascari dell’esercito e della polizia fantocci, sono in costante e inarrestabile aumento. Epicentri Mosul, Kirkuk (che i curdi vorrebbero annettersi), le province di Niniveh, Anbar e Baghdad. A dispetto delle escort che fanno passare ogni colpo al regime come massacro di civili, non è difficile distinguere: gli attacchi sincronici dell’altro giorno alle ambasciate nemiche di Iran, Egitto e Germania, i ministeri dei burattini fatti saltare, le migliaia di notabili e sgherri delle forze mercenarie colpiti in caserme, pattuglie, convogli, stazioni di polizia, portano la chiara firma dei partigiani iracheni. Sulla fine dell’anno scorso, rompendo un ostracismo e, peggio per noi, un’indifferenza di molti anni, la rappresentanza politico-religiosa della Resistenza, l’Associazione degli Ulema Islamici (AMSI), ha potuto far sentire in Europa una voce finora mai voluta udire. Quella di una resistenza di popolo che, come mai prima era successo nelle lotte contro il colonialismo, deve agire nel più assoluto isolamento, senza la possibilità di comunicare all’esterno, senza solidariertà, senza amici politici, né rifornitori, circondata da frontiere dietro alle quali tutti le sono nemici. Senza un’ombra di attenzione neppure dell’ONU e delle sue agenzie umanitarie, che pur nella loro magna carta hanno sancito il diritto alla rivolta “con tutti i mezzi” contro l’occupante.
Il medico iracheno Mohammed Bashir Al-Faidhi, portavoce dell’AMSI, ha potuto parlare a Stoccolma dei 100mila combattenti nella resistenza armata, delle loro cento azioni al giorno dal tardo 2009, di come vengono demonizzati in “terroristi di Al Qaida”, per quanto i loro obiettivi siano esclusivamente l’occupante, i suoi alleati e i suoi collaboratori. Sono due le principali organizzazioni-ombrello: “IL Comando Generale delle Forze Armate- Esercito Iracheno” e il militarmente più forte “Esercito Al Rashedin”, cui concorrono anche molti patrioti sciti. L’auspicio ancora non realizzato è l’unificazione in unico Fronte di Liberazione. Ha ricordato quello che è sfuggito ai notori Reporters Sans Frontieres: dei circa 200 giornalisti uccisi in Iraq la maggior parte erano coloro i quali denunciavano i crimini dei poteri di fatto, o seguivano le attività della Resistenza.
Sono rimasti, ha detto Al Faidhi, quelli che parlano al mondo esclusivamente di violenza settaria e di Al Qaida, con il risultato di sabotare qualsiasi legittima e necessaria solidarietà che si potrebbe e dovrebbe sviluppare tra mondo perbene e iracheni perbene. Io che ho incontrato e intervistato Izaat Ibrahim, quando era vice di Saddam, e di quell’uomo ossuto, segaligno, alto, di rosso pelo e occhi chiarissimi, ho potuto apprezzare la forza morale e l’impegno assoluto per il suo paese; io che conoscevo molti degli iracheni, allora studenti, insegnanti, artisti, militanti, medici, venditori ambulanti, filosofi, portieri d’albergo, pescatori, osti, ragazzini con la maglia di Roberto Baggio, donne a capo di ministeri e nella fila per la razione di viveri garantita fino all’ultimo a ogni iracheno (oggi non più), so che quella qualità umana, consolidatasi nella resistenza dopo la prima aggressione e negli anni genocidi dell’embargo, oggi o è stata soppressa, o sta col fucile in mano, vero o metaforico che sia. So che è stata sporcata da pochi. Noi, invece, stiamo all’Iraq come Pio XII stava alla shoah, come Ratzinger sta ai delitti dei preti. L’immondizia è tutta nostra.
Combatto la tirannia Usa in nome degli iracheni, degli arabi, de popoli di tutto il mondo. Sono certo che gli Stati Uniti non saranno in grado di imporre un Nuovo Mondo. Quanto a me, ho operato per gli arabi e ho fatto il mio dovere. Sono convinto che il popolo iracheno combatterà fino all’ultimo… Non m’importa di morire, non è che sono molto attaccato a questa vita. Per ogni essere umano c’è un tempo per andare. La vita di ogni singolo iracheno vale quanto la mia… Avete conosciuto bene il vostro leader e fratello, che non si è mai piegato ai despoti ed è rimasto un simbolo e una spada, come volevano coloro che lo hanno amato… Vi chiedo di non odiare, perché l’odio toglie all’individuo la possibilità di essere equo, lo acceca, chiude tutte le porte della ragione e tiene lontano dal pensiero equilibrato e dalle giuste scelte.. Vi invito a non odiare la gente delle altre nazioni che ci hanno attaccato e a fare una distinzione tra coloro che decidono e la gente. Dovete sapere che fra gli aggressori c’è gente che sostiene la vostra lotta contro l’invasore…Alcune di queste persone hanno pianto a dirotto quando mi hanno dato l’addio.
Caro popolo fedele ti do l’addio. Lunga vita all’Iraq, lunga vita alla Palestina, lunga vita alla lotta di liberazione nel mondo e ai suoi partigiani.
(Lettera di Saddam Hussein agli iracheni prima dell’esecuzione)
Quando davanti ai cingoli onnivori del barbaro mi allontanai da Baghdad morente, fui affiancato da un pullmino diretto in Giordania. Ci fermammo per prendere un tè assieme. Erano due funzionari del Ministero per la Palestina. Il paese era maciullato da un’orda peggio di quelli dei mongoli nel 1200. Saddam stava facendo la sua ultima apparizione in piena Baghdad in fiamme. Quei due li aveva mandati lui per portare gli aiuti finanziari alle famiglie dei martiri e dei senzacasa palestinesi. Sono stati gli ultimi, dall’Iraq e da Saddam che morivano.
(Da tutto questo sono venuti i miei documentari “Genocidio nell’Eden”, “Chi vivrà…Iraq”, “Popoli di troppo” e “Un deserto chiamato pace”)
Olà Fulvio! Grazie.
RispondiEliminaCi vediamo a Schio!
questo link parla di iraq e iran, l'ho preso dal campo antimperialista
RispondiEliminaChe ne pensi?
http://www.campoantimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=949:difendere-liran-la-posizione-del-baath-iracheno-e-quella-nostra&catid=6:iraq-cat&Itemid=15
Rispondo a Davide. Quella del campetto antimperialista, screditato da quando si è mescolato con neonazisti nel nome dell'antiamericanismo, sono ipotesi demenziali di chiara marca provocatrice. Scambiano la resistenza nazionale con le bande di serial killer sciti agli ordini del loro idolo Iran. Al meglio sono squinaternati, al peggio infiltrati.
RispondiEliminaGrazie Fulvio...molto bello...vero e sentito questo lungo articolo.
RispondiEliminaNon so....la ricerca della verità è sempre più difficile....la gente vive nell'oblio e si nutre della propria ed altrui indifferenza e se provi a mettere in dubbio la loro verità preconfezionata vieni additato come un terrorista. Ci sono ancora margini per un cambiamento radicale????
Per una nuova cultura???
Domande che non avranno risposte...intanto noi continuiamo a resistere ed ad avere sempre il dubbio come arma per le nostre battaglie alla ricerca della verità.
HASTA SIEMPRE
COMPAGNOPABLO
D'Io non c'è la Natura è una cacca egoista e questi non pagheranno mai. A tal pensiero m'imbufalisco.
RispondiElimina1 noce nel sacco fa poco fracasso ed anche riunendo le noci in quanti saremmo? Finché questi non aprono gli occhi e "guardano" con il sEnno della Ragione, anche noi siamo condannati. Sono contenta di non aver "prodotto" carne da macello, né da pedofilo.. Così ha voluto la Sorte ed Io La ringrazio.
Grazie per questo articolo.. la televisione non l'accendo da anni ormai, ma anche le fonti indipendenti sono abbastanza distratte da altro.. A quando un Tet arabo?
RispondiEliminaVideo: Balkans: Depleted Uranium in NATO Bombs Remains Deadly - www.uruknet.info/?new=64870
RispondiElimina(Anche in Italiano - 250 nostri militari morti per radioattività e siamo ancora là con le ONG a "trattare" la questione. Chi può scappa dai luoghi più contaminati dove ci si ammala in tanti. Solo i giap capiscono il problema e possono aiutare.)
l'avrete visto questo...
Queste ONG magari senza saperlo, mi danno l'idea di essere lì per conto dei nostri servizi segreti.
Grazie non soltanto per le notizie ma anche per il tuo modo di scrivere, una boccata d'ossigeno.
RispondiEliminacome non condividere...
RispondiEliminapensa che il film Avatar in america non ha avuto granchè successo perchè ricordava alle "cosienze" USA, come hanno conquistato la terra sulla quale ora vivono...
Quel film avrebbe potuto ricordare loro anche più di questo.. era tutto un chiaro riferimento all'Iraq appunto.. a dimostrazione che altrove - anche nella pancia del mostro - si sviluppano coscienze critiche molto al di là dell'italietta e dell'europetta..
RispondiEliminaChe spena le "giornaliste" che per un pò di visibilità mediatica ed un posto al sole vicino alla scrivania o al letto di un uomo di presunto potere sono capaci delle infamie più acrobatiche
RispondiEliminaArticolo superbo
RispondiEliminavenerdì 16 aprile 2010
RispondiEliminaCON QUESTI...SI DOVREBBE RITROVARE L'UNITA' A SINISTRA? CHIEDIAMO LORO, COSA PENSAVANO DI EMERGENSY QUANDO VOTARONO IL FINANZIAMENTO ALLA GUERRA?....
HA DELL'INCREDIBILE COME UN INDIVIDUO, UN ESSERE RAZIONALE PUO' ARRIVARE A TANTO.
DOPO DIECI ANNI CHE VOTANO E NON SI OPPONGONO AI VARI FINANZIAMENTI PER LA GUERRA IN AFGHANISTAN , OGGI LI TROVI IN PRIMA FILA A CAVALCARE LO SDEGNO PER QUANTO SUCCESSO AD EMERGENSY E ADDIRITTURA A CHIEDERE IL RITIRO DELL'ESERCITO ITALIANO.
CON UNA TALE FACCIA TOSTA ,CHE A SENTIRLI , NON SI DIREBBE QUANTO SONO RESPONSABILI CON LE LORO AZIONI POLITICHE, DEI MASSACRI DI CIVILI PERPRETATI IN QUESTI ANNI IN UNA GUERRA CONTRO (DICONO LORO) IL TERRORISMO.
COME TANTE VERGINELLE SI PRESENTANO AI MEDIA E SOLO SE REDARGUITI (VEDI BIANCA BERLINGUER CON PAOLO FERRERO) AMMETTONO DI AVER SBAGLIATO E CHE NON SI RIPETERA' PIU'. PAOLO FERRERO AFFINCHE' TU OCUPASSI LA POLTRONA DI MINISTRO CON IL GOVERNO PRODI, TI SEI RESO RESPONSABILE DI QUANTO ACCADE IN QUEI PAESI, TU E TUTTI I DEPUTATI DELLA SINISTRA CON LA MAGGIORANZA DEL PRC, DOVRESTE PROVARE TANTA VERGOGNA E TANTO IMBARAZZO PER QUANTO STA ACCADENDO, INVECE SIETE LI COME RETTILI INFAMI A CERCARE DI FARVI INTERVISTARE, DI APPARIRE.
IL DISPREZZO CHE PROVO PER VOI LO URLO CON TUTTE LE MIE FORZE E SPERO CHE UN GIORNO I VERI COMPAGNI COMUNISTI VI MANDINO A CASA A CALCI NEL SEDERE ,
PERCHE' QUESTO E' CIO' CHE MERITATE, FANTOCCI, CIALTRONI, NON FATE ALTRO CHE FARE APPELLI ALL' UNITA' DELLA SINISTRA, NELLA MISURA IN CUI VI SERVE PER
MANTENERE POSIZIONI CHE VI CONSENTANO DI CONTINUARE A STARE IN GIOCO.
HO PROVATO PIETA' PER UN POVERACCIO COME DI PIETRO, IERI DA SANTORO,
HO VISTO GINO STRADA CON LA TESTA TRA LE MANI E LO SGUARDO IN TERRA,(BASTAVA, PER CAPIRE COSA PROVAVA IN QUEL MOMENTO) MENTRE DI PIETRO PARLAVA, SCHIVAVA, S'INCAZZAVA PER LA SITUAZIONE, COME SE, ANCHE A LUI FOSSE BASTATO DIRE DI AVER SBAGLIATO O SI ERANO ASTENUTI....CI VOLEVA LA RUSSA PER DIRLGI CHE NON BASTAVA,.... QUANDO SI E' CONTRO SI VOTA CONTRO!!! CHE VERGONA, CHE PIETA'. MA E' DI PIETRO, NOI SIAMO, DOVEVAMO ESSERE UN'ALTRA COSA, NON SOLO IN QUELLA, MA IN ALTRE TANTE OCCASIONI.
BERTINOTTI, NIKI VENDOLA(IL COMUNISTA CATTOLICO CHE SALVERA' LA SINISTRA)
E TANTI ALTRI COME VOI AI QUALI I COMPAGNI AVEVANO CREDUTO........CON IL VOSTRO
BEL PARLARE BEN CONDITO, ANCHE VOI COME TANTI ALTRI CHE PROVO SDEGNO PERSINO A NOMINARE, NON DOVETE RECITARE UN MEA CULPA...MA SPARIRE !!!!!
SEMPRE CHE VI SIA RIMASTA UN PO' DI DIGNITA'.
Pubblicato da caneliberonline a 18:06
Mi hanno colpito davvero molto le parole di Saddam: umiltà, serenità, perdono, dignità...
RispondiEliminasolo un grande uomo può parlare così davanti alla propria morte violenta in arrivo...
Andrea