Dulce et decorum est pro patria mori (detto latino)
Patria o muerte, venceremos! (detto cubano)
El pueblo unido jamas serà vencido (detto umano)
Pregiudizio, nel senso che la codardia e depravazione dei giornalisti sono arrivati al sublime di farli convinti delle menzogne con cui pre-giudicano le parti in conflitto e con cui di conseguenza pregiudicano la capacità del pubblico di giudicare correttamente. Pregiudicano il pre-giudizio, il giudizio, il post-giudizio degli altri. Sono colpevoli di truffa, raggiro, inganno, estorsione. Fanno da palo a asasassini e ladri. Il “pre” gli viene direttamente in tasca con la busta paga. L’orgoglio è mio e di tutti noi che ci muoviamo nella luce dell’orgoglio con cui i soldati, volontari, popolo della Libia hanno resistito e continuano e continueranno a battersi contro i necrofori del mondo. Amnesty International e Human Rights Watch (George Soros), queste vivandiere dei lanzichenecchi, prima corredano il colpo di Stato e i pogrom di Bengasi con facezie su efferatezze gheddafiane, poi si sciacquano le fauci imbellettate di rosa-Ghandi pigolando, a evidenze emerse al bagliore della verità, qualche smentita. Che, come tutte, lascia il tempo che trova. Anche perché viene tosto liquefatta dal fosforo che questa corte dei miracoli umanitari lancia sulla Siria, dove si è arrivati a trasformare un’aggressione mercenaria contro l’ultimo ostacolo alla desertificazione imperialista della regione, effettuata dagli stessi soggetti che operano in Libia (Nato-Sauditi-Israele-Fratelli Musulmani-Al QaidaCia), in rivoluzione per una democrazia che questi rivoluzionari non hanno idea di che cazzo sia, che non si sognano di volere e che, comunque, ha la stessa consistenza delle affermazioni di Berlusconi, Obama e affini di tutta la “comunità internazionale”.
Ma Amnesty, non per questo accanimento guerrafondaio (chiede all’ONU, all’ONU!, di “intervenire”) tralascia alcun’altra occasione per turibolare i sacerdoti dell’Impero. Ultima: la denuncia di “stragi operate da aerei sudanesi su aree controllate dall’ opposizione”. Quali sono? La Nubia e il Kordofan, due pezzi di Sudan, ricchi di risorse, ancora da strappare allo Stato unitario, già mutilato dagli atlantici, da Israele e dal Vaticano, del suo Sud petrolifero (dove tra l’altro i liberati democratici si stanno sterminando fra di loro per chi becca più guiderdone da petrolio) e con il Darfur, dove da tempo i soliti mercenari Nato fanno casino per propiziare lo smembramento. E’ tutta l’Africa da tornare a schiavizzare e queste ONG, gloriose di nastrini delle campagne condotte a fianco dei diritti umani, come “innervati” militarmente dalla nostra civiltà, suonano le trombe dell’attacco.
Quanto ai giornalisti, invece, nella cloaca in cui trascorrono, trascinati al fondo dal piombo dei loro proiettili di carta (piombo di stampa, uscito dalla stessa fabbrica di quello da carneficine), in questi giorni ho visto mulinare con particolare vigore tre protagonisti dei tre media qualificati di sinistra, o di centrosinistra: Bernardo Valli (Repubblica), decano venerando della categoria italiana, signore di Parigi (la Rossanda infetta a largo raggio), già al mio fianco nella Baghdad 2003 a raccontare festosi vaticini sulla democrazia in arrivo; Lucia Goracci (TG3), scollacciata esibizionista di sé e della catarsi democratica in atto in Libia a opera di gagliardi liberatori; l’ineguagliabile Stefano Liberti (il manifesto) che, seppure privo dello specifico professionale, imperversa sul proscenio del giornale “comunista”, colorando le veline dei servizi con spigolature su “giovani rivoluzionari” descritti alla Dolce e Gabbana. Un ventilatore del fango a tre pale a cui si è aggiunto ieri, sempre sul bollettino “comunista” degli assalti umanitari, uno che giornalista è, ma anche molto di più. Samir Amin è una vita che ci incanta con le sue raffinate analisi sull’imperialismo. Grande teorico marxista, ieri ha sbattuto la faccia sullo specchio deformante della pre-sunzione, del famigerato pre-giudizio. Un arabo che per troppo tempo ha vissuto intrecciato alle ginocrate e ai fuffaroli eurocentrici dello pseudomarxismo. La vena trotzkista, del solito trozkismo invertito, visto che Trotzky si schierava con il despota brasiliano contro l’imperialismo britannico (avevo pensato che si trattasse di Marx. Grazie per la correzione), lo ha promosso al vertice dell’allegra brigata dei né-né. Alla Nato non gliene frega niente della democrazia, punta a petrolio e acqua e liberismo di rapina. Bene, bravo, bis. Il Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi è ambiguo e inquietante. Va beh, non esageriamo… Sed venenum stat in capite e cola dalla prima pagina, editoriale d’apertura, che Samir Amin riesce a esibire, non le vaporose ovvietà di cui sopra, ma l’arrosto vero: Gheddafi sempre un buffone, i suoi discorsi privi di agganci alla realtà, ha scelto il liberalismo per compiacere gli occidentali (la NEP era più liberale, Samir!), ha peggiorato le difficoltà sociali della maggioranza dei libici (e meno male che nel 2010 l’ONU ha riconosciuto alla Libia il più alto livello di giustizia sociale e di welfare di tutta l’Africa), la famiglia del leader e la clientela di regime hanno confiscato la rendita petrolifera (dal 2010 questa rendita viene direttamente versata sui conti correnti della popolazione). Samir Amin, da luce nelle tenebre a tenebra etica e psicologica nella luce della realtà. Si finisce male a manipolare Marx e Trotzky secondo le proprie ubbie e utilità. Una vecchiaia, quella dell’amico di Franz Fanon, finita nell’ignominia del nè-nè. Da vecchi si inciampa, ma nella contraddizione principale poi!
Il mostro a tre teste dell’informazione sinistra ci stende davanti un prato fiorito su cui danzano, sorridono e si amano giovani rivoluzionari e popolo liberato alla democrazia. Il professionalmente decrepito Valli non vede che letizia e sorrisi spargersi per i viali e le piazze e si commuove. Si sa, i vegliardi si commuovono a vedersi celebrati come larussiani portatori di giubilo. L’ineguagliabile Liberti scende rapinosamente dai monti insieme ai mitici berberi (cari ai colonialisti alla Sarkozy e alla Sgrena poiché, minoranza reazionaria, dall’Algeria al resto del Maghreb hanno sempre collaborato con invasori e occupanti) e per i dirupi è tutta una colata di ovazioni per i liberatori di villaggio dopo villaggio. Poco conta che giornalisti anglosassoni, un po’ meno portinai minchioni della Nato, e satelliti spia hanno accompagnato la discesa di questi lanzichenecchi, su cui aerei francesi hanno scaricato il più moderno armamento da strage, e del loro eurosoccorso alpino, percorrendo villaggio dopo villaggio svuotato dalla popolazione in fuga davanti ai “liberatori”, saccheggiato, bruciato, con i superstiti sgozzati. Lo stesso Grand Guignol cui Liberti aveva plaudito, trasformandolo in favola di Bambi, da Bengasi a Misurata. Un trombettiere di tutti i macelli, dalla Libia al Sudan, da quelli contro migranti neri, per i quali tanto si accalora quando sui barconi, a quelli vaticinati per l’Eritrea. Arrivato tutto giulivo nella "Tripoli liberata" sotto le insegne di Nato e re Idris, ci ha rassicurato tutti garantendo che i "giovani rivoluzionari assicurano la sicurezza in tutta la città". Questo, mentre era all'apice la mattanza di neri e di bianchi che non inneggiassero ai vessilli del colonialismo. Con tre giorni di ritardo rispetto a tutta la stampa internazionale, per quanto embedded, questo personaggio inverecondo ha ripiegato su una notarella piagnucolosa sui rischi che corrono i libici neri (secondo lui tutti subsahariani) per opera dio chi li prende - dice lui - per meercenari. Africom, prossimamente in Libia, non potrebbe avere aiutante di campo migliore. Chissà come si saranno dati di gomito, sghignazzando sull’arte di volgere in sardine gli squali, questi tre con i quattro "rapiti" di Corriere, Stampa e Avvenire, sequestrati, detti sequestrati da tutti e dettisi essi stessi sulle prime sequestrati dai teppisti armati delle bande bengasiane e poi liberati dai gheddafiani, che poi, tornati a riflettere e a obbedire, invertono l’ordine dei fattori e rovesciano il risultato.
Contro questi professionisti della disinformazione, i Gianni e Pinotto della Federazione Nazionale della Stampa, Natale presidente, Siddi segretario, hanno tempestivamente emanato una fatwa che li bandisce come bugiardoni, fedifraghi rispetto alla deontologia, propalatori di notizie false e tendenziose, colpevoli di apologia di reato e di istigazione a delinquere. La giustizia penale e civile se ne è fatta allertare. Il Parlamento, sotto spinta di Nichi Vendola, Fiamma Nirenstein, Roberto Saviano, Magdi Allam e Walter Veltroni, e con la benedizione Urbi et Orbi della papessa Rossanda, ha istituito una commissione d’inchiesta presieduta da Scilipoti e Furio Colombo. L’Ordine dei giornalisti, dal canto suo, li ha radiati. Ma solo vita natural durante. Del restante si occuperà la Storia. Come, non ne sapevate niente?
Devono essere davvero sorrisi di misura oceanica e pareti di fiori per tutta la città, se a Tripoli questi occhiuti inviati non hanno potuto vedere quando certamente avrebbero riferito e denunciato se solo avessero visto: la prigione di Abu Salim – chiamata astutamente “Guantanamo libica” da Liberti, perché lì una rivolta di insorti alqaidiani, preludio a un colpo di Stato Nato e all’ennesimo tentativo di assassinio di Gheddafi, fu soffocata dal governo nel 1996 – che viene svuotata di 4000 (?) golpisti al soldo del nemico, mentre altri 50mila (bum!) “prigionieri politici” vengono inventati e definiti “scomparsi”; la caccia all’uomo nero, libico o lavoratore migrante, da torturare, ammazzare, squartare, come a Bengasi e Misurata; le abitazioni e gli esercizi commerciali saccheggiati, i quartieri di coloro che avevano avuto una casa dallo Stato assaliti e i difensori rasi al suolo dagli Apache e finiti dai mercenari; le donne stuprate, stavolta sul serio; gli ospedali di quei quartieri assaltati e i degenti uccisi e dati alle fiamme; quei corpi carbonizzati li avrebbero accesi i gheddafiani, proprio prima di essere soprafatti (un corpo umano, quasi tutto d’acqua, non prende fuoco e non si consuma se non a fatica e dopo molte ore). Lo dicono i “giovani rivoluzionari” e lo ripetono, ca va sans dire, i bravi giornalisti.
Tripoli: neri giustiziati dai "ribelli" con le mani legate
Non hanno visto le strade lastricate di morti ammazzati, di cui nessuno si cura perché è gente del “dittatore”, del “cane pazzo”, del “buffone” (questa è di Samir Amin e non vorrei che lo sentisse qualche libico vero). Come a Bengasi nessuno di loro si era accorto del furto del patrimonio archeologico libico per mano dei sicari di Bengasi (replay di quello operato da mercenari e collezionisti Usa in Iraq), qui nessuno ha notato le turbe di terroristi, col vessillo del più corrotto e servo dei re africani e arabi, invadere, depredare e ottusamente distruggere il Museo Nazionale di Tripoli (replay di quello di Baghdad: cancellare storia e identità). E nemmeno hanno udito il rintocco disperato delle campane della cattedrale cattolica greco-ortodossa di Tripoli, mentre la marmaglia mercenaria rubava, rovinava, imbrattava il tempio di una religione che, come tutte le altre con Gheddafi, ha goduto di benefici, tutela, amicizia, rispetto. Vedremo ora, con in città quelli che sono andati uccidendo cristiani e demolendo chiese da un angolo all’altro del mondo musulmano, che hanno qui per comandante un emiro un po’ Al Qaida e un po’ Cia, che, in cambio delle lezioni di killeraggio ottenute dal Mossad, già annunciano che riconosceranno Israele.
Non hanno visto le strade lastricate di morti ammazzati, di cui nessuno si cura perché è gente del “dittatore”, del “cane pazzo”, del “buffone” (questa è di Samir Amin e non vorrei che lo sentisse qualche libico vero). Come a Bengasi nessuno di loro si era accorto del furto del patrimonio archeologico libico per mano dei sicari di Bengasi (replay di quello operato da mercenari e collezionisti Usa in Iraq), qui nessuno ha notato le turbe di terroristi, col vessillo del più corrotto e servo dei re africani e arabi, invadere, depredare e ottusamente distruggere il Museo Nazionale di Tripoli (replay di quello di Baghdad: cancellare storia e identità). E nemmeno hanno udito il rintocco disperato delle campane della cattedrale cattolica greco-ortodossa di Tripoli, mentre la marmaglia mercenaria rubava, rovinava, imbrattava il tempio di una religione che, come tutte le altre con Gheddafi, ha goduto di benefici, tutela, amicizia, rispetto. Vedremo ora, con in città quelli che sono andati uccidendo cristiani e demolendo chiese da un angolo all’altro del mondo musulmano, che hanno qui per comandante un emiro un po’ Al Qaida e un po’ Cia, che, in cambio delle lezioni di killeraggio ottenute dal Mossad, già annunciano che riconosceranno Israele.
Non vedono che, mentre i lanzichenecchi e i loro ufficiali europei si abbeverano alle cisterne portate dalla Flotta Nato, a 1 milione e mezzo di persone rintanate nelle loro case, perché se vanno a comprarsi una gazzosa gli sparano, non hanno di che bere, lavarsi, cucinare, vivere e negli ospedali qualche malamente scampato alle 50mila vittime inventate dal fantoccio Jalil, dunque vittima vera, crepa perché il black out da bombe gli ha spento tutto. E gli va pure bene che sfugge a chi arrivando gli getta addosso un po’ di benzina e un cerino. I cacamissili non si erano lasciati sfuggire l’occasione umanitaria di fare a pezzi “l’ottava meraviglia del mondo”, il grandioso sistema idrico realizzato da Gheddafi che dava acqua potabile al 75% della sua popolazione, nonché l’intera rete dei rifornimenti energetici, elettricità e carburante. Salvare i civili, oggi come ieri e come domani, dato che la minaccia di Gheddafi è sempre là, per i libici e per il mondo (ricordate Tony Blair: “In 45 minuti Saddam potrà colpirci a Londra”?), da affrontare con altri missili e bombe e, domani, con le forze Nato, dette “caschi blù”, a garantire la sicurezza dei gestori del welfare e dei beni comuni libici: Exxon, Total, Suez e Halliburton e dei nuovi padri costituenti alla saudita.
Nella mia esperienza libica ho notato una curiosa coincidenza. Tutte le atrocità – mercenari, stupri, massacri, bambini soldato, prigionieri carbonizzati, esecuzioni a freddo – dai bengasiani attribuiti a Gheddafi e ai gheddafiani, con il concorso entusiasta di tutta la stampa, le si sono scoperte essere metodi operativi delle bande mercenarie. Un colossale transfert. Ce ne sono prove in abbondanza, perfino nel mio docufilm, spesso dovute a brandelli di coscienza di giornalisti anglosassoni, più spesso all’informazione del Sud del mondo, più spesso ancora ai filmati realizzati col cellulare da temerari patrioti infiltrati tra i carnefici a Bengasi e Misurata. Del resto, trattasi di “regole d’ingaggio” disposte dall’Impero per sé e i suoi ascari in tutte le colonizzazioni. Serve a prolungare il conflitto interno al paese soggiogato, realizzando la famigerata strategia, elaborata in Israele nel 1982, di frantumare ogni Stato da debellare in minuti e inoffensivi frammenti etnico-confessionali-tribali, in perpetuo attrito tra loro.
Quando non si vede, non si dice, non si sente neanche. Sirte non è lontana. Della stragrande maggioranza del territorio che ai mercenari sfugge tuttora, a Gheddafi è stato assegnato solo un piccolo lembo: Sirte. Sirte, covo di gheddafiani e, forse, di Gheddafi, che non si arrende alla faccia degli ultimi tre giorni di barbarie Nato, con 81 incursioni d’attacco che hanno polverizzato quanto restava della città natale del leader. La cianfrusaglia monarco-islamista-liberista che la assedia aveva proclamato una tregua e un ultimatum: resa entro venerdì. In effetti la tregua era il tempo occorrente alla Nato per spianare la strada agli attaccanti e l’ultimatum, si sa, vale quanto gli annunci di democrazia in Libia. Le urla di Sirte non faccio a fatica a udirle io, sulle colline laziali. Ma Valli, Goracci, Liberti e tutto il cucuzzaro dei pifferai da coro, assordati dal tripudio del popolo libico per la liberazione del tiranno e dal clangore dei dobloni che dalle tasche del popolo libico precipitano – vedi vertice dei licantropi Nato a Parigi – nelle banche della superiore civiltà che li stipendia, non odono. Accantonati gli uggiolii di Amnesty relative ad alcune falsità attribuite a Gheddafi, ravanano addirittura in quei rifiuti e li riciclano. Pietro Dal Re, sempre sul sionista Repubblica, è arrivato a rilanciare le “amazzoni stuprate da Gheddafi e figli” sulla base dei deliri di tale Siham Sergewa, olgettina di Bengasi che si era inventata 60mila donne che le avrebbero rinviato, compilati, i questionari circa gli stupri subiti dai gheddafiani, con 259 conferme. Spariti i questionari, le conferme, gli indirizzi delle donne e l’inviata ONU, sfuggita al controllo di Ban Ki Moon, attesta di non aver trovato alcuna prova di stupri da parte delle truppe lealiste.
Orgoglio
Dal nadir della decenza professionale allo zenit dell’orgoglio. Noi che abbiamo il privilegio storico ed etico di stare dalla parte degli aggrediti, diffamati, perseguitati, giusti, nella depressione nera in cui ci hanno sprofondato gli infami della “sinistra”, abbiamo visto lanciarci una cima per la quale tornare ad arrampicarci verso la luce della fiducia nell’umanità. E’ l’orgoglio di un esercito, di soldati, volontari, popolo comune, che ha prodotto l’eroismo di una resistenza da ricordare quanto quella di Omar al Mukhtar contro i predatori italiani. Gli struzzi e i ratti non vedono, ma sono questi eroi che ci hanno dimostrato chi è il “tiranno”, chi è la “democrazia”, chi è la “libertà”. Se una forza coloniale che lancia per sei mesi decine di migliaia di missili e bombe e scatena un’orda di belve e di incoscienti, o un governo, privato con una violenza immane di ogni difesa, ma legittimato e difeso dal consenso del suo popolo. Se coloro che andranno a svuotare casse e risorse dello Stato, a svendere alla maniera di Draghi-Amato-Berlusconi quanto appartiene al popolo, a imporre oscurantismi e mordacchie al libero corpo e al libero pensiero, o piuttosto coloro che hanno tratto quel popolo dall’abiezione coloniale, che gli hanno dato benessere e dignità, che hanno proposto un’alternativa continentale all’economia predatrice dei globalizzatori, che hanno ospitato alla pari milioni di migranti, evitandogli i barconi, i nostri lager e sevizie fisiche e legali, e le stragi in mare cui ora li destinano gli alleati di Maroni. Se chi invade, bombarda, brucia, trucida sotto vessilli a suo tempo imposti dal padrone britannico, per il gusto patologico che ha il fanatico e lo sprovveduto per la sopraffazione, sotto la copertura e con il salario di sangue dei 27 tra i paesi più canaglia, più potenti ed armati del mondo, o invece chi a tale uragano oppone quanto gli è rimasto: se stesso, la sua dignità, l’amore per il proprio paese, la fedeltà al leader costruttore della nazione, della sua prosperità e della sua indipendenza.
La Nato sarà stata capace di annientare case, infrastrutture, famiglie, ospedali, scuole, ma non è riuscita a dare rispettabilità alle torme inette, se non per cavar sangue, fatte passare per “giovani rivoluzionari”. Quella rispettabilità guadagnata dai combattenti della resistenza e della verità, che oggi onora l’umanità, ne giustifica l’orgoglio e che presto o tardi sfonderà su libri di storia pubblicati fuori dall’angusta cosca della “comunità internazionale”. Per oltre cinque mesi le forze armate, praticamente disarmate, di un debolissimo paese di sei milioni hanno sfidato i sistemi d’arma più avanzati del pianeta, su un terreno senza copertura, contro un nemico capace di uccidere qualsiasi cosa potesse essere vista dal cielo, o da una consolle in Nevada. Giorno e notte gli occhi della macchina da guerra euroamericana puntavano dallo spazio, oltreché sui civili nei centri abitati, sui soldati libici da incenerire. A dispetto di questo, a dispetto del terrore che i mercenari intendevano istillare a forza di prigionieri bruciati vivi, le forze armate libiche hanno mantenuto le loro posizioni, l’integrità dei reparti, l’onore personale e collettivo. Ricordano, a perpetua vergogna di Rossana Rossanda e del suo compare Ingrao, l’eroismo dei combattenti repubblicani sotto assalto nazifascista in Spagna. Erano giovani e forti / e sono morti.
La coalizione dei necrofori potrà alla fine disintegrare un esercito di patrioti, ma non saprà mai dare legittimità, agli occhi di un mondo non decerebrato come il nostro, ai suoi pagliacci di Bengasi che nulla hanno mai vinto, se non il nastrino del servizio ai padroni d’oltremare. Sono, i “giovani rivoluzionari”, masturbati da Goracci, Valle, Liberti, niente che comparse in stracci del teatro imperiale, un’orda che avanzava su strade lastricate dei corpi carbonizzati di uomini e donne migliori, caduti sfidando l’Impero. Gente che, ubriaca del potere di uccidere, si accorgerà che gli europei e gli statunitensi mai hanno rispettato i propri lacchè. E si accorgerà pure di quale ricordo ha impresso in sei milioni di cittadini, nelle donne di nuovo ridotte dietro sbarre sociali e culturali, travolgendo da Bengasi a Tripoli ogni criterio di umanità. Tra colossali sodomizzazioni in arrivo da Europa e Usa e odio e lotta del popolo libico, su questa gente incombe una nemesi tremenda. Quella che si sta compiendo in Afghanistan e Iraq contro gli equivalenti locali.
A noi invece il compito di non dar tregua ai rinnegati del giornalismo, ai necrofagi della verità, alle prostitute del bordello mediatico. Ci sono tutte le fattispecie di reato che un informatore fellone può immaginare e compiere. E che questi hanno commesso. Nel futuro tribunale di Norimberga, che stavolta non sarà dei vincitori ma degli onesti del mondo, tutti parti lese, quei gaglioffi dovranno stare nella gabbia degli imputati. Se vogliono, con stella di davide e stelle e strisce sulla casacca da carcerato e coppole in testa.. Le meritano. Ma quel giorno non gli serviranno più a niente.
La Verità su Gheddafi
- Ha nazionalizzato l’industria petrolifera della Libia ed ha lavorato per migliorare il prezzo che la Libia ha pagato per il petrolio.
2. Ha usato i proventi del petrolio per costruire ospedali, scuole, università, strade, abitazioni gratuite per tutto il popolo libico, il Great Man Made River che fornisce al 70% dei libici acqua dalle profonde falde. Ha raggiunto questo senza prendere in prestito un soldo dai Rothschild.
3. La Libia non ha debiti. Ha ‘il più alto tenore di vita in Africa, al di sopra di Russia, Brasile e Arabia Saudita, secondo le Nazioni Unite.
4. Tutti i prestiti sono senza interessi. L’usura (interessi su prestiti) è contro la legge.
5. Prima che Gheddafi prese il potere, meno di un quinto della popolazione era alfabetizzata. Ora è il 83%.
6. Assistenza sanitaria gratuita. Se il trattamento non è disponibile in Libia, allora il governo finanzia cure sanitarie all’estero.
7. La Libia è largamente autosufficiente nella produzione alimentare. A chiunque desideri fare l’agricoltore viene dato l’uso gratuito di un terreno, una casa, attrezzature, bestiame e semi.
8. Ha promesso che neppure i suoi genitori avrebbero vissuto in una casa fino a quando tutti libici non fossero stati alloggiati. Ha mantenuto la sua promessa e suo padre è morto prima che egli fosse stato in grado di sistemarlo in una vera casa. A tutti i libici sono concesse case gratuitamente.
davide ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Fritto misto: o mangi questa minestra, o resti all...":
Il mito del buon selvaggio.
Ben radicata nella cultura occidentale il mito del buon selvaggio.
Serviva ai signori colonialisti di secoli fa,per dar credito a una parvenza di benevolenza bianca nei confronti delle razze minorenni.Era il classico velo pietoso per nascondere le aberranti,ignobili,deprecabili,rapine ,violenze,stupri ad opera della razza superiore.Questo brutto modo di lavarsi la coscienza è rimasta intatta fino ai giorni nostri.Chi è il buon selvaggio?Un collaborazionista,uno che vede nel suo padrone e nelle sue leggi l'unico modo per vivere.Per questo si ha simpatia per i dissidenti che vorrebbero portare lo stile euroatlantista in lande di diverso orientamento politico-culturale.
Appena il "selvaggio"mostra la sua forza e dignità e lotta per non farsi calpestare:eccolo il bandito!Immorale,feroce,crudele,spietato!Il senza dio!
Fa parte del pensiero liberale ,pericolosissimo,di trasformare le vittime in carnefici e viceversa.Chiaramente un pensiero di questo tipo, non poteva sfuggire anche a quei regimi di estrema destra tanto in voga nel secolo scorso.
Dopotutto cosa ci insegna Tepepa?Si avete presente il film western con Tomas Milian e Orson Wells?
Tepepa è un rivoluzionario,uno che per la libertà del suo paese non lesina di usare la violenza.Wells è la violenza militare e dittatoriale.Il dottore bianco è simbolo del colonialista bianco.Si spaccia per amico del popolo oppresso,ma con il solo pensiero di porre in essere una sua vendetta personale.Talmente pieno di sè e poco disposto a comprendere la natura degli altri e le loro risposte violente alla schiavitù.Finirà ammazzato da un bambino simbolo dell'innocenza rivoluzionaria,ma non buonista.
In poche parole è la nostra storia,spero nei bambini libici!
ps:marx ed engels sostennero l'aristocrazia polacca contro quella che ritenevano una minaccia ben più seria contro il popolo polacco.Almeno mi pare!
Il mito del buon selvaggio.
Ben radicata nella cultura occidentale il mito del buon selvaggio.
Serviva ai signori colonialisti di secoli fa,per dar credito a una parvenza di benevolenza bianca nei confronti delle razze minorenni.Era il classico velo pietoso per nascondere le aberranti,ignobili,deprecabili,rapine ,violenze,stupri ad opera della razza superiore.Questo brutto modo di lavarsi la coscienza è rimasta intatta fino ai giorni nostri.Chi è il buon selvaggio?Un collaborazionista,uno che vede nel suo padrone e nelle sue leggi l'unico modo per vivere.Per questo si ha simpatia per i dissidenti che vorrebbero portare lo stile euroatlantista in lande di diverso orientamento politico-culturale.
Appena il "selvaggio"mostra la sua forza e dignità e lotta per non farsi calpestare:eccolo il bandito!Immorale,feroce,crudele,spietato!Il senza dio!
Fa parte del pensiero liberale ,pericolosissimo,di trasformare le vittime in carnefici e viceversa.Chiaramente un pensiero di questo tipo, non poteva sfuggire anche a quei regimi di estrema destra tanto in voga nel secolo scorso.
Dopotutto cosa ci insegna Tepepa?Si avete presente il film western con Tomas Milian e Orson Wells?
Tepepa è un rivoluzionario,uno che per la libertà del suo paese non lesina di usare la violenza.Wells è la violenza militare e dittatoriale.Il dottore bianco è simbolo del colonialista bianco.Si spaccia per amico del popolo oppresso,ma con il solo pensiero di porre in essere una sua vendetta personale.Talmente pieno di sè e poco disposto a comprendere la natura degli altri e le loro risposte violente alla schiavitù.Finirà ammazzato da un bambino simbolo dell'innocenza rivoluzionaria,ma non buonista.
In poche parole è la nostra storia,spero nei bambini libici!
ps:marx ed engels sostennero l'aristocrazia polacca contro quella che ritenevano una minaccia ben più seria contro il popolo polacco.Almeno mi pare!
spieghi meglio cosa ha fatto la federazione della stampa (se qlcosa ha fatto)?
RispondiEliminaCiao
marcello
spieghi meglio cosa ha fatto la federazione della stampa(se qlcosa ha fatto)?
RispondiEliminaCiao
marcello
Grazie per avermi permesso di riconoscere il mio pregiudizio su Gheddafi, certo non sulla guerra contro la Libia, anche un bambino sa che è una guerra imperialista. La politica del Colonnello, non all'inizio, ma negli ultimi anni mi era apparsa poco chiara , poco condivisibile, avevo affidato le mie informazioni ai "soliti" giornali, senza approfondire e pormi domandane, dimenticando la lezione più importante della storia : l'ignoranza è alla base del controllo dei popoli e della loro volontà. Leggere questo articolo, come altri su questo blog, ha riattivato la mia capacità di critica, perchè mi da dato informazioni che mancavano. Grazie per continuare, nonostante tutto, a raccontare la realtà e quindi a permettere a chi legge di formarsi un pensiero proprio su ciò che accade ,grazie per non aver scelto di appartenere a quella banda di lanzichenecchi che sono i giornalisti italiani, privi di dignità e deontologia, con la gravissima responsabilità di camuffare la storia, viviamo in un epoca dove essere servi è il mestiere più ambito!
RispondiEliminaChe dirti caro Fulvio....grazie per tener duro e per esistere.
RispondiEliminaSi tutto giusto.. ma per pietà basta tirare in ballo fascismo nazismo & condimento vario.. non c'entra nulla!!!
RispondiEliminaintanto grazie per lo splendido lavoro che fai...
RispondiEliminasui quattro giornalisti non riesco a trovare nulla, puoi darci qualche indicazione?
non mi meraviglio più di nulla,media nelle mani di coloro che lucrano sulle disgrazie altrui ci fanno credere che per mangiare domani bisogna morire oggi e in tanti son disposti ad immolarsi.
RispondiEliminaLa vera rivoluzione non sarebbe quella dei forconi ma riprendersi la capacità critica
li vorrei "suicidare" a suon di brioches!
RispondiEliminaE' incredibile come le agenzie riescano a ribaltare le notizie: una notizia dell'AGI sembra dire che la tribu' dei Warfalla appoggino i "ribelli", mentre sembra sia vero l'esatto contrario. Comunque ecco un articolo di Perna dal "Giornale", pensate un po', a dire le cose che dovrebbe dire la "sinistra nostrana" che si preoccupa solo di quanto tocchera' (o toccherebbe, perche' nessuno sa quali possano essee gli sviluppi della guerra):All’ombra dello strapotere Nato, i ribelli libici proclamano il «diritto» di uccidere Gheddafi. Come reagisce a questa barbarie l’Occidente che pure -così sostiene- è in Libia per salvare vite? Facendo lo gnorri. A nessuno esce un fiato, né a Parigi, né a Londra, né a Washington.
RispondiEliminaFa eccezione Roma. Qui, nello stesso giorno in cui gli ex compari che hanno tradito Gheddafi ne minacciavano l’uccisione, il ministro degli Esteri, Frattini, ha lanciato un appello per salvare i delfini. Non c’entra, ma è ciò che ha fatto. In Giappone -paese che vai, usanza che trovi- in settembre si apre la caccia al mite cetaceo e il titolare della Farnesina ne è rimasto sconvolto. «Voi che avete tanto sofferto -ha detto in tv ai giapponesi -, non fate soffrire i delfini». Della battaglia che sarà ingaggiata per uccidere il rais, e della scontata carneficina, a Frattini invece non importa un piffero. Sbandieriamo motivi umanitari, ma siamo cinici. Sciagurati signori di una guerra coloniale che ha trasformato uno scontro tribale in conflitto vero, moltiplicando morti e distruggendo ciò che restava del diritto internazionale. Neanche la Chiesa si è scaldata più di tanto..." e continua con altre considerazioni. Non conosco questo giornalista, ma spero che molti "pacifisti" in buona fede riflettano su questo. Penso che il primo avversario da combattere siano proprio i pacifisti "pacifinti". Il 6 c'e' lo sciopero CGIL, poi ci sara' la marcia "della pace" di Assisi. Occasioni per propagandare la strumentalita' di certe posizioni e derti silenzi.Come quelle di associazioni che chiedono all'Europa ed alla Nato di intervenire (militarmente o con embarghi strangolanti) contro i paesi ed i popoli governati da "dittatori", ma allo stesso tempo si preoccupano di salvaguardare la foresta amazzonica e la liberta' di internet..
Alessandro
Allucinante un video del corriere della sera dove si vedono donne sedicenti libiche con bandiere coloniali tricolori affermare che "finalmente con il nuovo regime le donne avranno il loro spazio" Il cronista afferma che "per troppo tempo in Libia le donne sono state chiuse dentro casa(!!). Ho proprio l'impressione che la scena sia stata girata su di un set cinematografico. Facce tutte pulite, donne belle, giovani in vestiti nuovi e sgargianti, clima da festa mascherata e non da guerra drammatica, una di esse addirittura con una parrucca tricolore (buffonate non certo arabe...). Quando la propaganda raggiunge il ridicolo, forse per accattivarsi la simpatia delle fronde nostrane anti-islamiche?
RispondiEliminala libia, faccenda africana raccontata da un'africano:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=D-4eGqj_BCE
Dal sito Ansa di oggi:
RispondiElimina"Secondo i responsabili militari locali dei ribelli, dentro Bani Walid sarebbero rimasti tra i 60 e gli 80 soldati lealisti, mentre la maggior parte degli uomini fedeli al regime sarebbero fuggiti nei giorni scorsi verso sud in direzione di Sebha, città nel cuore del deserto ancora in mano alle forze del colonnello. Con loro, hanno detto gli insorti, ci sarebbe anche Saif al Islam Gheddafi. "Alcuni soldati - ha spiegato Naduri - si nascondono tra le famiglie che usano come scudi umani. Non vogliamo uccidere civili in un attacco". Secondo il capo negoziatore dei ribelli, Abdallah Kenchil, "i negoziati sono finiti con i soldati pro-Gheddafi ma non con la popolazione che si è unita alla rivoluzione. Le discussioni continuano con i capi della tribù. Abbiamo bisogno del loro aiuto per convincere gli uomini fedeli a Gheddafi ad arrendersi"
La notizia, mi pare, si commenta da sé. Sessanta (60!) soldati tengono in ostaggio una città ribelle, la cui popolazione, "che si è unita alla rivoluzione", ha bisogno - ma certo! - di negoziare con i ribelli che l'assediano. Interessante anche la brillante tattica impiegata dai sessanta feroci saladini di disperdersi come ospiti presso alcune famiglie per poi utilizzarle come scudi umani. Non avevo mai letto una definizione più geniale per chi nel 1944 nascondeva a casa propria i partigiani. "Scudi umani". Brillante, non c'è che dire.
ottimi video sulle oscenita'libiche
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=OGpX-HQsc_Q&feature=related nonche'dello stesso, digitate "guerra in libia perche'vogliono uccidere gheddafi" i 3 motivi ormai abbastanza noti, putroppo solo a chi vuol conoscere la verita'..il satellite africano di telecomunicazioni (finanziato da gheddafi), le nuove banche africane (idem, che avrebbero soppiantato il franco CFA nei paesi francofoni), gli investimenti in infrastrutture (idem, che avrebbero liberato vari paesi dallo strangolamento FMI).
Grimaldi, so che lei e'un giornalista (e ci mancherebbe), pero'forse sarebbe il caso che lei si facesse promotore di qualche iniziativa pubblica per mettere in contatto tutti coloro (e non sono pochissimi) che han voglia di "organizzarsi" e dare struttura ad una rivolta ormai non procrastinabile. Un nuovo vero partito comunista (o chiamiamolo come volete), o un bollettino, almeno un network comune dove convogliare sforzi ed energie che ora sono frastagliate tra la ricerca frenetica di complottismo on line, le manifestazioni coi rossobruni perche'non c'e'niente di meglio, o l'ulcera perforante. Non devi mica farlo lei, almeno provi a chiamare l'adunata. e stavolta, chi c'e' c'e'.
scusi la fretta ed il pressapochismo ma le connesioni africane saltano come ranocchie ubriache.
buon lavoro
edoardo
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=38588
RispondiEliminaSe pensano di farla franca, si sbagliano. Da come si muovono le cose, malgrado i fari abbaglianti del mainstream, appare evidente che la resistenza si organizza. Diamo tempo al tempo e da lontano continuiamo la nostra azione di controinformazione. A tutti i livelli.
(PER EDOARDO DI IRINGA scrivimi a fabristell@libero.it
Io sono a DAR.) Fabrizio
Forse non c'entra molto, ma una notizia che fa capire l'aria che tira e' la condanna all'Aja a 27 anni al generale Perisic (praticamente un'ergastolo vista la sua eta'), dell'Esercito yugoslavo benche' riconosciuto innocente per i fatti di Srebenica ma per aver offerto durante le prime fasi del conflitto, appoggio logistico all'esercito dei serbi di Bosnia, "colpevoli" a loro volta, di non essersi arresi subito alle milizie musulmane jihaddiste del facista Izedbegovic, (quelle che stanno mettendo a ferro e fuoco la Libia, per intenderci). Tutto questo mentre il generale Divac, tradendo il suo mandato e passando dalla parte dei jihaddisti, faceva attaccare a tradimento una colonna dell'esercito federale in ritirata come da accordi, causando 18 morti. Pero' e' considerato un eroe ed e' stato premiato con una medaglia dalla legion d'onore francese..
RispondiEliminaAlessandro
Anonimo@
RispondiEliminaSo fare il giornalista e poco altro. Eppoi sono troppo giovane per fare il capobastone o il pifferaio.
Grazie agli altri e particolarmente a Alex 1 per averci ricordato le infamie del Tribunale Nato dell'Aja.
Concordo su tutto quello che hai scritto sull'ignobile e schifosa guerra di aggressione criminale contro la Libia.
RispondiEliminaGheddafi, personaggio eccentrico sicuramente, ma il suo paese lo aveva portato ad un livello buono di benessere, ora con i sedicenti ribelli monarchici la Libia verrà svenduta pezzo a pezzo alle multinazioni francesi e angloamericane.
Prevedo brutti tempi per i libici ma anche per quei delinquenti dei cosiddetti insorti che presto dovranno scoprire a loro spese, che una volta usati per raggiungere il loro scopo, la Nato li butterà via senza ritegno perché di nessuna utilità per loro.
E’ legittimo essere contrari a questa guerra: sono evidenti gli interessi petroliferi dei paesi Nato, così come la propaganda dei ribelli. Però da qui a esaltare Gheddafi, considerandolo un vero socialista, ce ne passa. In proposito, riporto sotto un articolo di Farid Adly, giornalista libico, che era apparso a marzo sul Manifesto.
RispondiEliminahttp://retecontesta.org/?p=135
Il paragone con i paesi ex-comunisti dell’Europa dell’est mi pare calzante: la definizione di dittatura sanguinaria è un’esagerazione, grigio regime poliziesco mi pare corrisponda. L’impressione che mi sono fatto è che Gheddafi ha dato al suo popolo un elevato livello di benessere, con i proventi del petrolio, oltre a sanità, servizi ecc. (ed è scandaloso che la stampa non ne parli, continuando a demonizzarlo).
Però senza nessuna concessione su libertà (in Libia non c’è società civile, libertà di espressione, sindacati ecc.) e democrazia (la jamahiria è una leggenda, il potere reale è in mano a Gheddafi e alla sua famiglia). E, benché sembri paradossale, non è così strano che sia proprio uno dei popoli più ricchi dell’Africa a ribellarsi: in Occidente le contestazioni del ’68 seguivano appunto al periodo di maggiore sviluppo economico. Una volta soddisfatti i bisogni materiali, è naturale subentrino quelli “psicologici” di emancipazione, auto-realizzazione ecc.
Un saluto. PP
ma questi leggendari,mitici,piaceri psicologici ed egocentrici:libertà di espressione,parola,stampa, hanno forse contribuito da noi a cambiare qualcosa?
RispondiEliminaSono forse scomparse la precarietò,le ingiustizie sociali eccetera eccetera?
Non si arrichiscono e non hanno massimo potere economico anche da noi quelle poche famiglie,(penso agli Agnelli),quanto circolano e che peso hanno le notizie di fonti alternative?
Piantiamola di scassare la minchia con il tono ipocrita di quello che fa il "progressista" a paesi da cui dovremmo solo imparare invece di voler esportare la Nostra Sacra Società Civile,(entità leggendaria anche essa dotata di super poteri quali :onestà,lacrimuccia indignata per gli sprechi e poi morta lì)la nostra Democrazia.
Persino lo stato socialista più sputtanato è meglio di queste democrazie colonialiste,classiste padronali ,sorpassiamo i regimi liberali e le loro democrazie.
volevo ris pondere a PP
RispondiEliminameglio di me l'ha fatto davide!!!!!!
democraCIA la più al'qaida che si CIA!
Citare Farid Adly, uno che si è messo a fare il dissidente perché non riusciva a trovare un McDonald's a Tripoli, è come farsi spiegare la guerra in Vietnam da Sylvester Stallone.
RispondiEliminaMauro Murta