NO
TAV PER TUTTI
“La
storia umana diventa sempre più una gara tra istruzione e catastrofe”. (H.G.Wells)
“Il modo più sicuro
per corrompere un giovane è educarlo a tenere in più alta considerazione coloro
che la pensano alla stessa maniera, che quelli che la pensano diversamente”. (Friedrich
Nietzsche)
“Noi
oggi viviamo in una nazione in cui i medici distruggono la salute, i
legislatori distruggono la giustizia, le università distruggono la conoscenza,
i governi distruggono la libertà, la stampa distrugge l’informazione, la
religione distrugge la morale e le nostre banche distruggono l’economia”. (Chris
Hedges)
“I
proprietari di questo paese conoscono la verità. Si chiama sogno liberale
poiché tocca essere addormentati per crederci”. (George
Carlin)
Sulla strepitosa manifestazione romana, militante,
radicale, antagonista, del 19 ottobre 2013, s’è scritto e riscritto, dal
pessimo all’ottimo. Ho poco da aggiungere alle cronache e valutazioni fatte,
soprattutto dalla lista di movimento No Tav. Sì, perché per me gli attori
protagonisti di questo indubbio successo, che ha ridicolizzato e umiliato in
tutta la sua sterile ripetitività la sfilata soft dei gentiluomini e
gentildonne del precedente 12 ottobre a Piazza del Popolo, guidata dai buonisti
compatibili Rodotà e Ciotti (entrambi da fulminare per le collateraliste
stronzate caselliane espresse sul movimento No Tav: “isolare i violenti”), sono le tre generazioni No Tav della Val di
Susa, protagonisti della più intelligente e includente lotta dell’ultimo quarto
di secolo.
Sono l’anima e anche il pugno di una mobilitazione
generale, giustamente chiamata “sollevazione” e “assedio”, che ha visto uniti
nell’antagonismo radicale ai pianificatori del sociocidio di dimensioni
planetarie i depredati di ogni diritto, prima ancora naturale che politico:
casa, lavoro, territorio, pace, ambiente, libertà di espressione, giustizia,
verità. Confrontati con tutte le armi che il cannibalismo capitalista mette in
campo per liquidare alternative di vita e società, i No Tav hanno saputo
maturare visione e strumenti che, pur mantenendone la centralità, trascendono
l’obiettivo specifico della loro lotta per assumere una dimensione politica e
ideologica che è diventata strategia di riscatto universale. Lo dimostra la
loro autorevolezza morale e organizzativa nella quale tutte le componenti del
corteo si sono riconosciute e che poi ha permesso di superare l’ingombro di chi
pretende di sovrapporre alla volontà collettiva metodi del tutto incongrui e
autoreferenziali.
E’ dovuto a questo fattore se la manifestazione dei
settantamila ha potuto concludersi con la felice soluzione di quella accampata
a Porta Pia che le ha dato una continuità operativa e mediatica, mirata a
imporre il confronto con il governo e a preparare coscienze e mezzi ad altre
occupazioni del suolo pubblico, pubblico perché dei cittadini. Se avesse
prevalso la minuta minoranza che da Porta Pia voleva imporre nuovi assalti, il
presidio sarebbe stato spazzato via e l’intera manifestazione sarebbe finita
negli anatemi corali degli sguatteri mediatici apripista dell’agognato Stato di
Polizia. Io stesso ho avuto esperienza diretta dell’ottusità e del primitivismo
di un gruppetto di votati a uno scontro
che prescindesse totalmente dalla valutazioni delle circostanze, degli
obiettivi, dell’opportunità. Minacciato e spintonato mentre riprendevo il
corteo, con la telecamera imbrattata da sputi, perché poi “le immagini sarebbero finite nelle mani degli sbirri”, non rimaneva
che apprezzare la maturità tecnologica di giovanotti che se la prendevano con
un operatore tra le loro fila e ignoravano che gli strumenti della repressione,
invisibili, ne conteggiavano anche i peli nel naso. Vero è che, come ci hanno
dimostrato immagini, tra i manifestanti si aggiravano finti operatori tv, con
tanto di elmetto e logo, al momento degli scontri rifugiatisi dietro le fila
dei colleghi in divisa. Ma con questo fenomeno tocca convivere, a meno di non
imporre il totale oscuramento audiovisivo su ogni manifestazione, roba al di là
di qualsiasi capacità organizzativa e anche di qualsiasi opportunità politica.
Chi conosce me e i miei lavori sa di non avere a che fare
con un cultore della nonviolenza e del pacifismo. Ma qualcuno dovrebbe pure
imparare a darsi un minimo di sapienza politico-tattica per valutare quando uno
scontro va affrontato, quando fa più male al repressore che non a chi lotta,
quando anche è necessario sfondare il muro del silenzio organizzato. Pensiamo a
Syriza in Grecia, agli insorti in Brasile e in Turchia. Per mesi, in Grecia per
anni, masse di migliaia di persone hanno rifiutato con la forza di essere
privati del diritto alla loro piazza, alla loro autodeterminazione. Quando un
tale livello di coscienza e determinazione coinvolge decine di migliaia di
cittadini, annichiliti nei loro diritti fondamentali, nessuno al mondo deve
permettersi di stigmatizzare la “violenza”. Non è il caso di sabato 19, quando
70mila teste volevano, a corteo sviluppatosi in tendopoli, un esito diverso da
quelle di cento col cappuccio, limitati dalle circostanze a togliersi qualche
soddisfazione e farsi mettere qualche bernoccolo. Con unico beneficio per la
sala stampa del Ministero degli Interni e le redazioni dei portatori d’acqua.
Nei mesi scorsi è partita, anche con la legge marziale decretata in Valsusa e introfulata
da questa banda Bassotti, biscazzieri bari, nella legge sul femminicidio, la
campagna per la definitiva messa fuori legge dell’opposizione No Tav e, a
seguire, dell’opposizione a ogni Grande Opera e, a seguire ancora, di ogni
opposizione di qualsiasi fatta e motivazione. Il Patriot Act di Bush, esacerbato da Obama in vista di turbolenze
garantite dalla bancarotta economico-sociale degli Usa, è un modello
imperial-neoliberista universale. La Val di Susa ne è il laboratorio nazionale.
Era il caso, in queste temperie, offrire fascine ai piromani di Stato?
In mezzo allo spezzone No Tav svettava luminosissima una
bandiera palestinese. Sono passati pochi giorni da quando una delegazione di No
Tav ha visitato la Palestina occupata, ha incontrato i resistenti anti-muro di
Bilin, ha conosciuto e condiviso la comunanza di problemi e di obiettivi, come
simboleggiati dal muro costruito dagli occupanti israeliani sul corpo vivo del
popolo palestinese e dalle recinzioni che l’apparato repressivo italiano ha
eretto in Valsusa, più per rinchiudervi quella popolazione e sterilizzarne la
volontà, che per proteggere le opere e gli operativi della
manomissione-occupazione. Il significato di quell’incontro, programmato per
rinnovarsi ed approfondirsi, insieme al significato assunto dalla lotta No Tav
di avanguardia dell’esercito antagonista, mi sembra ribadisca un concetto. La
lotta dei valsusini, affiancata da tante altre nate su sua ispirazione e che
mettono in discussione tutto dell’attuale sistema coercitivo e sociocida, ha
una portata nazionale e internazionale.
Non direi, come alcuni in Valle affermano, che si tratti
di un epifenomeno delle battaglie di resistenza delle comunità locali, in
questo caso delle valli alpine, alle pretese di stroncarne le autonomie, sebbene
da queste tradizioni e, su un piano più profondo e vasto, dalla lotta
partigiana fiorita in Valle, possa aver tratto ispirazione e forza. Da tempo il
movimento No Tav ha trasceso il localismo autocentrato del “Nimby” (“Not in my back yard, non nel mio cortile”), per assumere, già anche
solo nel collegamento con i “commilitoni” transalpini e con altri “No” alle
devastazioni territoriali, civili e militari, un orizzonte più vasto, di
scontro diretto, aperto e cosciente, con la gestione degli Stati e delle unioni
di Stati dettata dai protocolli di Wall Street, del Pentagono, delle mafie
collegate, dei loro agenti autoctoni.
Credo che per sottolineare questo assioma, che fa appunto
dei No Tav un’avanguardia generale, serva un paragone con altre valli alpine,
quelle dell’irredentismo sudtirolese. Si tratta di una irriducibile opposizione
al colonialismo italiano – responsabile unico di una guerra spaventosamente
feroce per mettere le zampe sul crinale
del Brennero e su acque, coltivi e
foreste che ne discendono - che resta
viva nel comune sentire dei sudtirolesi, per quanto oscurata e parzialmente
corrotta dal consociativismo democristiano della Suedtiroler Volkspartei. Ma qui sì che si tratta di rivendicazione
locale e localistica, per quanto analoga a quella di altre comunità che si
ritengono, a ragione (Spagna) o a torto (Jugoslavia), irridente e mortificate
da Stati colonialisti o, semplicemente, multilingue, multiculturali, multiconfessionali.
L’obiettivo essendo quello del distacco da un centro alieno prevaricatore,
dell’indipendenza, o del ricongiungimento con altra realtà nazionale. Qui non è
centrale il conflitto - economico,
sociale, politico – con una realtà che pretende di governare il mondo intero
all’insegna di un arbitrio finalizzato agli interessi di una infima minoranza.
Non credo che in Val di Susa si riterrebbero soddisfatti se, al posto della
loro valle, ne venisse bucata e desertificata un’altra. In Val di Susa e, oggi
a seguire, a Niscemi, a Vicenza, sotto il Vesuvio, ovunque si salvaguardi vita,
salute, equità, ruolo protagonista nei territori e nei paesi dei rispettivi titolari,
sottoposti agli abusi, soperchierie, vessazioni, depredazioni, del colonialismo
interno ed esterno, sono in ballo i destini di tutti noi, del mondo. Quella
bandiera palestinese, i cui colori sono quelli di popoli fratelli che oggi si
vorrebbero cancellare come da 60 anni si
tenta in Palestina, che sventolava in dissolvenza con i vessilli No Tav, credo
ci debba dire questo.
DA NICOLETTA DOSIO
Il 19 ottobre, a Roma, la Valle NO TAV con il popolo in lotta, verso
la breccia sociale di Porta Pia
"Oggi ho visto nel corteo tante facce sorridenti": ecco la sintesi,
antica e sempre nuova, delle giornate come il 19 ottobre. E
sicuramente "chi ha esitato questa volta, ci sarà con noi domani".
Bandiere di tutte le lotte per il mondo di liberi e uguali; un mare di
volti, di di bisogni, di speranze, di allegra determinazione; la
dolcezza dei passeggini accanto alle teste incanutite, le storie
migranti insieme alle storie precarie di tutta la penisola, le lotte
contro la guerra all'uomo e alla natura insieme alle lotte per un
modello di lavoro, di vita e di cultura diverso.
In una Roma blindata dal triste apparato poliziesco che in Valle di
Susa è cronaca quotidiana, avanzava un vento di liberazione e il cielo
autunnale sfolgorava di tutti i suoi colori, il tramonto si espandeva
dolcissimo, la notte si annunciava gremita di stelle.
Una breccia sociale si è aperta a Porta Pia: non è che l'inizio, sta a
tutti noi allargarla, fino ad abbattere le mura dietro cui si barrica
la violenza del potere. Più che mai, non abbiamo altro da perdere se
non le nostre catene, ma abbiamo un mondo intero da conquistare.
Ecco come SEL sfrutta la tragedia di Lampedusa per dare randellate ad uno dei pochi paesi africani "non allineati". La colpa principale delle tragedie in mare, naufragi e barche che si incendiano e molti profughi che muoiono semplicemente perche' senz'acqua in mezzo al mare? Dei "regimi dittatoriali", ovviamente quelle di chi gli Esporta la "democrazia" ad ogni costo vengono minimizzate o addirittura sottaciute da parte di questi "politically correct che propongono di ridurre le spese militari per l'acquisto degli F35, ma che poi al rifiuto del governo (amico?) alzano le braccia, "siamo in democrazia", magari fanno una manifestazione per la difesa della costituzione:
RispondiEliminaSinistra Ecologia Libertà
Così oggi ci sarà un funerale di Stato - o meglio ridefinita "cerimonia solenne" - per le vittime del naufragio di Lampedusa. Ma dietro quello che sembra essere un atto storico si cela invece la realtà, amarissima.
La realtà che ci raccontano le associazioni di esuli e dell'opposizione democratica eritrea nel nostro Paese è che con quella cerimonia, alla quale parteciperà l'ambasciatore eritreo in Italia, il regime di Isaias Afeworki potrà mostrare un volto "umano" e riabilitarsi.
La realtà è che quelle centinaia di disperati fuggivano da quel regime, che considera l'emigrazione un reato, per il quale possono essere perseguite anche le famiglie che restano in patria.
E poi via dicendo...che altro dire di questo partito reggistrascico?
"il conflitto - economico, sociale, politico – con una realtà che pretende di governare il mondo intero all’insegna di un arbitrio finalizzato agli interessi di una infima minoranza" può essere centrale anche in chi ha apparentemente solo rivendicazioni "localistiche". Le Sicilie (ultra e citra faro) sono nazioni il cui colonialismo interno (come e più che in Spagna) si esplica con veri e propri colpi di stato "italiani", come nella vicenda di "disattuazione" militare delle revoche alle autorizzazioni alla costruzione dell'impianto MUOS.
RispondiEliminaHo letto che l'Ungheria ha rinazionalizzato la sua Banca Centrale, strappandola al FMI. Non so se sia proprio cosi', ma se fosse immagino che fra poco si parlera' di "regime" nazionalista o simile, di "opposizione democratica", di "minoranze" che rivendicano autonomia...pero' non ne so molto, qualcuno ne ha capito di piu'?
RispondiEliminaScusa se vado fuori tema.
RispondiEliminaE' vero che nello Yemen il governo ha sparato sulla folla come sostiene questo dubitabile blogger?
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12525
Anonimo@
RispondiEliminaSono due anni che il regime yemenita spara sulla folla della sua primavera araba, mentre i media cianciano di Al Qaida e i droni Usa sparano a sostegno del regime.
Nello Yemen il regime che gli Usa e i sauditi hanno imposto dopo la cacciata a furor dfi popolo del loro fantoccio Ali Saleh, spara da tre anni contro la folla in rivolta, facendola passare per Al Qaida.
RispondiEliminaSolo ieri il tg di La7 ha ammesso che l'intervento in Mali e' stato fatto per sconfiggere I tuareg che rivendicavano autonomia nel Nord del Mali e che pero' si sarebbero scelti, ahime, l'alleanza "scomoda" con membri di Al Qaida (!) e sembra che adesso, secondo le affarmazioni dello stesso tg, l'alleanza sia caduta ed I tuareg si sarebbero rifugiati nel sud dell'Algeria, "sconfitti ma non neutralizzati". La verita' tardiva rende piu' amara, almeno per me, l'ammissione dei media di aver imbrogliato l'opinione pubblica per mesi, e di aver appoggiando l'ennesima guerra coloniale dell'imperialismo francese in particolare, ancora una volta, come guerra al "terrorismo".
RispondiEliminaFulvio, aspettiamo il tuo nuovo articolo...ci sarebbe tanto da dire in questi giorni, dalla ripresa della Guerra di conquista in Siria (se mai c'e' stata interruzione) grazie al raid immancabile della "democrazia faro del Medio oriente" contro le "installazioni degli Hezbollah" al solito atto di terrorismo (vero questo) a Damasco, fino all'attacco contro il sindaco di Messina, colpevole (maledetto sovversivo!) di ricordare l'art. 11 della Costituzione ed auspicare lo svuotamento degli arsenali davanti ai generaloni durante la festa delle forze armate. Con tanto di intervento della digos contro I suoi sostenitori. ti aspettiamo!
RispondiEliminaAlex1@
RispondiEliminaGrazie dell'interessamento per il mio lavoro. Ero fuori per parecchi giorni in Val di Susa per un nuovo documentario "No Tav-No Muos". Domani spero di ricomparire sul blog. Ciao.
Bravo Alex1, mi hai preceduto.
RispondiEliminaFulvio, il gesto del Signor Sindaco di Messina e' davvero rivoluzionario. Lo e' perche' rompe il "frame" ipocrita della autocelebrazione dello Stato, fondato sulla retorica menzognera del milite ignoto, che incentiva e reitera la logica della guerra come strumento non solo legittimo ma dal quale promana grandezza.
Buffoni assassini.
E una domanda: che ne dite del M5S al momento? Rischia di venir stritolato dal muro di gomma parlamentare, sfiancato dall'attesa di nuove elezioni e/ o da (alcune) uscite di Grillo davvero spiacevoli? (immigrazione, "se andiamo a sinistra siamo fregati" ecc)
p.s. Segnalazione sulla da sempre inesistente Repubblica Centrafricana: gli scontri che all' inizio del nuovo rovesciamento erano sulla direttrice "gruppi ribelli vari vs. Presidente e fedelissimi" si sta spostando su base confessionale. Alcune sigle ribelli hanno assunto connotati fortemente identitari in quanto a fede religiosa (guardacaso, islamica) e si assiste ad una sistematica brutalizzazione del conflitto. Okkio che tra poco sara' la volta della mia amata RCA finire sulle prime pagine per far si che le anime belle si straccino le vesti ed invochino l' ennesima ingerenza straniera...
Con stima,
edoardo