domenica 29 giugno 2014

LA RAGNATELA


Tranquilli, è lungo, ma giuro che non mi ripresento prima di una settimana
“Ecco dunque un principio essenziale: insegnare i dettagli significa portare confusione. Stabilire la relazione tra le cose, significa portare la conoscenza” (Maria Montessori)
Le amazzoni del fattucchiere

Il caravanserraglio di giostrai da strapaese, con  per direttore un coniglio mannaro in ghingheri e lustrini che urla “venghino signori!” ed esibisce ai bifolchi a bocca aperta le buffonate dei suoi nani (dell’intelletto) e gli zompi imbranati delle sue ballerine – rispetto a quelli del guitto mannaro è cambiata solo la scenografia –, di peggio ha solo la banda di sicofanti che in musica ne sostiene le funambolerie per gonzi. Una marcetta assordante, in perfetta armonia cacofonica, dal piffero del foglietto sinistro alla grancassa del giornalone dei satrapi.Tuttavia, ai cafoni portati alla quinta elementare da maestri diplomati ad Arcore, subito accorsi in massa in piazza, pare musica celestiale, tanto da farsene travolgere tutti in trance estatica, come tanti dervisci. Tanto da non sentire neanche una parola del complesso di rappers che, dall’alto della collina, spara versi a raffica contro i trucchi, gli imbrogli, gli espedienti da quattro soldi, della sbrindellata compagnia di giro.


Pare, in queste ore, che di tali eccellenze dell’illusionismo ne possa essere prestata una al megaimpresario puparo di Bruxelles. Federica Mogherini, chierichetta dell’alto sacerdote americano nella celebrazione di sacrifici umani, offerti perché il dio riconfermi agli Usa la loro eccezionalità che tutto può  e di tutto è impunito. Eccezionalità  che un po’ stinge anche sulla servitù, non aveva perso tempo ad ingraziarsi la candidatura a ministra egli esteri UE. La compagna di turibolo, Roberta Pinotti, le aveva creato un ambientino favorevole promettendo o spedendo armigeri italiani in Ucraina, in Centrafrica, ancora e sempre in Afghanistan, Libano, Kosovo e, dove occorresse, anche in Brunei, a dare una lezione a quel sultano che, come tutto il mondo a est e sud di Santa Maria di Leuca, minaccia gli interessi dell’Italia. Con la velocità del toscano bullo di sapone, quell’incrocio tra il mago Otelma e il clown di “SAW”, che punta a battere il record mondiale delle tot bolle di sapone al secondo, questa burattina con la spada di latta sta piazzando i suoi marò ai quattro angoli del pianeta. Per la Mogherini, che deve nobilitare le frenesie belliciste della collega con argomentazioni geopolitiche degne degli obiettivi, la strada per sostituire Catherine Ashton come pupazzo del ventriloquo di Washington, dovrebbe essere spianata.

Tutto questo per dire che la situazione è tanto grave quanto poco seria. E’ addirittura ridicola a vedere come le logge sorelle, media e politici, nell’immane macello in corso da un continente all’altro, sempre nell’evidenza abbagliante e ormai storica della manina o manona USraeliana, o incapaci, per incompetenza, di individuare il quadro generale in cui i singoli episodi si collocano, o addestrati a offuscarlo, per complicità, non stabiliscano il minimo collegamento tra un fattaccio e l’altro. Fissano la tessera e non vedono il mosaico. Si parla di Iraq e ISIL e ci si ferma lì. Si racconta della scomparsa dei tre adolescenti sionisti a Hebron e della successiva mazzata repressiva israeliana, e non si guarda al di là del naso puntato su quegli avvenimenti. Così con l’Ucraina, la Siria, la Libia, il Sahel e via elencando i roghi accesi nel mondo. C’è qualcosa che collega la sedizione contro il governo chavista in Venezuelas a Majdan, o le carneficine di Boko Haram in Nigeria con quelle dell’ISIL in Iraq? C’è un filo rosso? C’è una strategia?
 Maria Montessori

Il mondo con gli occhi di Maria Montessori
Maria Montessori, la migliore pedagoga e maestra che l’Italia abbia avuto e che amo citare spesso, aveva dato ai suoi scolari la chiave di lettura del mondo insistendo, non tante sulle cose e sui fatti, quanto sulle connessioni tra essi. La maturazione e l’emancipazione veniva dalla complessità  Ma quelli che da trent’anni lavorano alla demolizione della scuola italiana e di chi la frequenta, quelli delle conoscenze specialistiche e settoriali, insegnano a guardare solo ai singoli fili della ragnatela, facendo in modo che l’invisibile Vedova Nera, che la ragnatela la tesse, possa continuare a lavorare e a divorare chi vi finisce dentro. Cancellare dall’insegnamento la storia dell’arte, come ha fatto la ministra renziana, completando il lavoro dei suoi predecessori che avevano già fatto fuori geografia e filosofia, corrisponde alla strategia decerebrante di recidere i nervi che collegano e uniscono le componenti dell’organismo vivente e, quindi, di farlo funzionare in armonia. La classe dirigente politica e mediatica è la vedova nera. Esce da quella scuola e la perpetua.

Vediamo gli ultimi sviluppi e, alla fine, in che insieme si inseriscono. Risalendo per i fili e non facendosene avvolgere, si raggiunge il centro della ragnatela.

La direttrice sud
Le superarmate, addestrate, finanziate e organizzate milizie del più demenziale integralismo jihadista internazionale continuano, pare ora più ostacolate, ad avanzare e consolidare, sterminando civili e imponendo schiavismi fondamentalisti, la presa sulla fetta sunnita dell’Iraq. L’Iran, al di là delle proteste e, forse, dell’invio al fratello scita Maliki, premier dimezzato, di qualche genere di conforto a scoppio e alcuni pasdaran, non pare agitarsi troppo. Tiene troppo all’accordo con gli Usa sul nucleare (abbandonato) e sulle sanzioni (sempre in vigore).  Anche il cosiddetto Esercito del Mahdi, del chierico scita Moqtada al Sadr, quello che viene ricordato come massima resistenza agli occupanti Usa, si è per ora limitato alle parate in Sadr City (già Saddam City), ma non risulta aver dato battaglia all’invasore. In compenso, con mossa tempestiva, è entrata in scena la Russia che ha promesso a Maliki vari tipi di aiuto, tanto che il premier filo-iraniano ha potuto annunciare il prossimo impiego di caccia russi Sukoi contro la marea sunnita. Impiego già preceduto dai cacciabombardieri siriani che hanno martellato i posti di confine occupati dall’ ISIL. All’ISIL, intanto, nel perseguimento della fascia wahabita dall’Arabia Saudita all’Iran, i soliti padrini hanno commissionato l’estensione dell’offensiva al Libano. Grande soddisfazione ha registrato Israele per i nuovi attentati contro Hezbollah.

Quanto agli Usa, difensori dei diritti umani, contro i terroristi islamisti, non hanno fatto ancora alzare neanche uno dei promessi droni e, a Baghdad, Kerry, sostenuto da 500 pretoriani spediti da Obama, fa capire che “l’iraniano” Maliki, o include sunniti e curdi nel regime e si distanzia così dall’Iran, o è meglio che si rifugi a Tehran. Ma è un bluff, tanto per far credere che i jihadisti utilizzati per la tripartizione dell’Iraq, non sono in missione USraeliana. I curdi, lietissimi degli eventi, si tengono Kirkuk – mai stata curda, ma massimo centro petrolifero e terminale dell’oleodotto verso Haifa -, allargano la loro presa oltre i territori curdi e, protettorato israeliano da decenni, assicurano le forniture a Israele e soci. Intanto la resistenza baathista, che la  guerra di liberazione la faceva sul campo, e non solo nelle moschee come Moqtada, dopo essersi allineata all’ISIL, in odio al repressore Maliki e al nemico storico iraniano, ora pare prendere le distanze da chi propone una società che sta a quella socialista e laica di Saddam come Voltaire a Savonarola. A Mosul si è arrivati allo scontro. Sviluppi imprevedibili.

Di Siria si parla poco, un po’ perché l’esercito nazionale sta recuperando terreno ovunque, un po’ perché il terrorismo stragista con cui l’opposizione armata rimedia agli arretramenti, è per l’Occidente, che lo sostiene, più imbarazzante rispetto alle esecuzioni, distruzioni, stupri, matrimoni coatti a ore con donne del luogo, attribuiti agli sgherri dell’ISIL e su cui l’Occidente arriccia il naso. Diversamente dalle imprese dei terroristi in Siria, di queste ci si può adontare, visto che gli Usa, mandanti di entrambe, raccontano ai gonzi di trovarli sporchi, brutti e cattivi. E perché a nessuno venga in mente che questi surrogati delle guerre imperialiste ad alta o bassa intensità possano avere a che fare con Cia o Mossad, ecco che ai boss dell’ISIL è stato fatto dichiarare che il loro obiettivo supremo è la “liberazione della Palestina” e la cacciata di tutti gli ebrei a forza di mazzate atomiche (strano, allora, che Israele si adoperi, nelle sue cliniche sul Golan, a ricucire i miliziani jihadisti feriti in Siria). Vedrete che fra un po’, raffreddandosi l’attrito con la Russia per via dei dissapori con i tedeschi, che non vogliono perdere gas e mercati, e per via anche delle mosse economico-politico-diplomatiche di Putin (il gas bloccato agli ucraini già in rovina e suscettibili di sollevarsi contro la giunta installata da USA-UE, il nuovo blocco strategico euroasiatico, la liquidazione del dollaro), l’élite cannibale occidentale dovrà liberarsi del picciotto nazista e accuserà Pravy Sector di esagerare puntando anche alla Cancelleria del Reich.

False flag con stella di Davide
Molto si parla, invece, dei tre giovani integralisti sionisti di Hebron che Netaniahu, rapitore eccellente di migliaia di palestinesi, tra bambini e ottuagenari, dichiara con ogni evidenza sequestrati da Hamas (che smentisce e sta, del resto, come la stessa ANP di Abu Mazen, al guinzaglio dell’ufficiale pagatore qatariota). Questo crimine attribuito al “terrorismo palestinese”, insieme ai clamori che imperversano sui fatti iracheni, è l’ennesima arma di distrazione di massa. Ha costituito l’occasione ideale per un ripulisti della residua militanza palestinese e per l’ulteriore intimidazione-passivizzazione della popolazione. Il maglio repressivo abbattuto sulla Cisgiordania, la decapitazione della dirigenza parlamentare di Hamas, il rastrellamento di “sospetti”, con occasionale fucilazione, nei quartieri e campi palestinesi, altre migliaia di abitazioni per coloni fascisti incistate nel residuo 12% della Palestina, dovrebbero dare la mazzata finale all’antipaticissima riconciliazione Fatah-Hamas, al  conseguente, ancora più indigeribile, governo di unità nazionale.

E’ in corso una serie di  “notti dei cristalli” da far invidia a Hitler. E quanti soldi scommettereste sulla sopravvivenza di quel che resta della Palestina se i tre scomparsi venissero ritrovati morti? Né gli Usa, né Israele, né altri regimi criminali hanno mai esitato a sacrificare la propria gente qualora servisse a demonizzare le loro vittime. Ed è strepitoso qui il vate giornalistico Furio Colombo, uomo Usa, Fiat e Sion, che mente dicendo che i “presunti colpevoli” non avrebbero negato una loro responsabilità (lo ha fatto ufficialmente Hamas) e non solo annuncia una micidiale rappresaglia, ma arriva a piangere sul soldato Gilad Shalit (fatto prigioniero dai palestinesi) e sull’intera Israele nella sua “solitudine” di fronte agli ignavi del mondo. Trascurando le decine di migliaia di palestinesi sequestrati nel corso degli anni e rinchiusi a tempo indeterminato in “detenzione amministrativa”.  

Di suo, Abu Mazen, da 4 anni illegittimo presidente, ci mette il coordinamento repressivo dei suoi sbirri con le SS di Tsahal. E centinaia di prigionieri palestinesi in detenzione amministrativa (senza fine e senza processo) hanno terminato lo sciopero della fame in cambio di un piatto di lenticchie. Che, secondo il costume israeliano, non arriverà neppure. Ce n’è perché le varie prefiche della solidarietà con i palestinesi, purchè non violenti, purchè sofferenti e sanguinanti, ma inoffensivi, sollevino le loro geremiadi e si vellichino così la coscienza, lasciando tutto com’è. Il compito prioritario degli amici della Palestina dovrebbe invece essere la denuncia dei tradimenti di Abu Mazen e di tutto l’ANP e la complicità delle organizzazioni OLP con il genocidio dei palestinesi. Complicità che passa attraverso la totale subordinazione a chi impingua la cosca dirigente palestinese, gli Usa e il Qatar, e attraverso il sostegno a questi distruttori di Libia e Siria, ultimi bastioni della solidarietà attiva al popolo palestinese. Corollario di tutto questo dovrebbe essere una campagna mondiale, altro che flottiglie, per la liberazione degli unici dirigenti palestinesi integri, Marwan Barguti di Fatah e Ahmed Saadat del FPLP. Questa sarebbe solidarietà con il popolo palestinese.

( E qui inserisco un ottimo commento del mio interlocutore sul blog Alex1 sul mio post "IRAQ, FALSE FLAG":

Cosa dite della manifestazione di Amnesty, CGIL, Salam ragazzi dell'olivo e compari (5 luglio a Vicenza) con tanto di digiuno apparentemente a sostegno dello sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi che richiede "l'immediata liberazione dei tre ragazzi di Hebron" in cambio della liberazione o quanto meno di (udite udite!) un "giusto processo" ai 200 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane? Non sa di opportunismo e di democratically correct, andando di fatto a sostenere la legittimita' dell[occupazione militare israeliana con la costruzione di muri e lo smantellamento, lento ma inesorabile, dei villaggi palestinesi, ma solo denunciandone casomai "gli eccessi" dell'azione repressiva preventive dell' "unica democrazia" del Medio Oriente, come se una prigionia a carico di migliaia di giovani palestinesi fosse un evento naturale ed comunque accettabile se sancita da un tribunale israeliano? Incoraggio tutti a denunciare e boicottare tali organizzazioni, pacifiste nei confronti delle vittime, ma pronte a ringhiare contro I "paesi dittatoriali" presi di mira dalle potenze imperialiste. Piu' onesta sembra invece una manifestazione a favore degli ucraini del Donbas a Verona il 1 luglio, con tanto di partecipazione di esponenti del partito comunista ucraino al centro Tommasoli. Scusate se faccio un po' di pubblicita'”).

Ci sarebbe da dire del rilancio, anche col falso pretesto dei jihadisti in Iraq, della campagna antislamica scatenata dai media, parallela ed equipollente di quella russofobica, con la montatura di mistificati provvedimenti giudiziari, ovviamente  con vittime donne, nei paesi-canaglia Iran e Sudan. E’ la nota e screditatissima formula Sakineh e Neda Soltan. Ricordiamoci sempre che sullo sfondo di culture di cui non condividiamo le espressioni di genere ci stanno gli oceani di sangue delle donne sterminate nei paesi da ricondurre alla “democrazia”.Nel quadro rientrerebbero anche gli interventi colonialisti in Africa di Francia e partner maggiori e minori (Italia), con le spedizioni occidentali affiancate in Centrafrica da bande di cristiani che fanno stragi di musulmani (curiosa inversione dei fattori senza che il risultato cambi) e, in Mali, con i Tuareg in lotta di liberazione, ma fatti passare per Al Qaida. Ma passiamo al Nord.

La direttrice Nord
Il regime di Kiev, con i suoi fondamenti nazisti che risorgono dai fasti del collaborazionista hitleriano Bandera, ha gli occhi fissi sul fondo del baratro. Alla stagnazione dell’offensiva di pulizia etnica nel Donbass (o Donbas) dell’Ucraina russa, dovuta alla resistenza degli antifascisti, sicuramente rimpannucciata da Mosca, si aggiunge il blocco dei rifornimenti di gas russo e una situazione finanziaria in pieno, seppure mascherato, default. Non vi pongono rimedio né il miliardo di dollari promesso da Obama per costruire un efficiente mercenariato locale della Nato, né i 17 miliardi promessi dal FMI “a condizione che i burattini di Kiev si riprendano l’Est”. Così il cioccolataio miliardario Poroshenko, rigurgito del golpe, constatato che né le brigate nere di Pravy Sector travestite da “Guardia Nazionale”, né le cannonate, le bombe e i missili sulla popolazione di Donetz, Lugansk, Slavijansk, schierata con le Repubbliche Popolari, risolvevano l’impasse e neppure provocavano l’intervento formale  di Putin che avrebbe consentito la guerra Nato alla Russia, si acconciò a una finta promessa di tregua. Cortina di fumo che non impediva agli stragisti di Odessa di proseguire l’aggressione nel Donbass, Putin, comunque, lo ha preso in parola e ha chiesto al parlamento di annullare il nulla osta a un intervento militare in Ucraina.

Il che ha preso in contropiede tutti i tenori e coristi che si affannano a denunciare e sanzionare Mosca per le sue “interferenze” in Ucraina. Il classico caso del bue che dà del cornuto all’asino. E a intralciare ulteriormente la marcia degli scarponi chiodati nazi-imperialisti è venuta la creazione dell’accordo economico, finanziario e addirittura militare tra le massime potenze del blocco eurasiatico, con appresso l’interessamento dei BRICS. Una coalizione che sfugge al controllo Usa e che rappresenta il più grande blocco geografico, demografico, industriale, di risorse del mondo. La risposta ordinata all’UE dai burattinai USA è stato l’inglobamento, con il trattato di associazione, di Georgia, Moldavia e Ucraina. Quanto ai primi due paesi, sperimenteranno sulla propria pelle cosa vuol dire essere periferia dell’Unione. Come la Grecia e gli altri meridionali, verranno spolpati dalle multinazionali e imprigionati nel fiscal compact e nelle altre camere della morte di BCE e Bruxelles. Per l’Ucraina è stata sancita la spaccatura del paese in due, la mano morta della Monsanto sulla sua ricca agricoltura, la perdita del suo apparato minerario e industriale, tutto nell’Est. Così, di fronte a un imperialismo che  ha in mano scartine come mezza Ucraina, Georgia, Azerbajan e i rottami dell’Est-Europa ex-comunista, sta uno schieramento che non teme confronti nel mondo e, in particolare, nell’ansimante sfera euroatlantica. Russia, Cina, Kazakhistan, Kirghizistan, Bielorussia, Armenia, Iran, più le entità separatiste filo-russe di Abkhazia e Ossezia del Sud, tutti pronti ad affossare il dollaro e a sostituirlo con Yuan e rublo.

Islamofobia là, russofobia qua: le armi del ragno
La campagna russofoba commissionata alle donne di servizio mediatiche, dalla quale si ergono anche i vessilli sbrindellati dei dirittoumanisti di sinistra, interpretata la presunta “moderazione” dello “zar di tutte le Russie” come finta per depistare dal progetto di ricreare il mostro URSS, non per questo si placherà. Sui blocchi di partenza si stanno scaldando le Pussy Riot, le Femen albergate da Hollande in alcove parigine, le squittanti e sgargianti brigate GLBT. Eccellono nell’operazione i russofobi del “manifesto”, nei quali l’avversione a Mosca è nipote di quel viscerale anticomunismo che usava mascherarsi da anti-stalinismo. Ci sono amici della “società civile” afghana, ovviamente occidentalizzante, come Giordana e Battiston, che convivono sereni con l’occupazione imperialista, ma aborrono i Taliban. Ultimamente si sono distinti per lo sfrenato tifo per Ashraf Ghani, già dirigente della Banca Mondiale e candidato presidenziale designato dalla cupola militar-finanziaria occidentale come massimo garante dell’ulteriore spolpamento del paese. Insomma una specie di Monti, o Draghi. Gli è andata male perché le denunce da parte dell’altro, meno affidabile, candidato, Abdallah Abdallah, di brogli colossali a favore di Ghani, sono state convalidate da prove inconfutabili.

Menzione speciale al merito degli interessi USraeliani va a un autentico fenomeno della creatività giornalistica ansiosa di fare da zeppa sotto il tavolino traballante del menzognificio imperial-sionista. Guido Caldiron, che già nel fortunatamente defunto “Liberazione” si era messo in luce nel sostegno a ogni possibile “rivoluzione colorata” pro-USraele e pro-neoliberismo, passato al “manifesto” si è meritato la leadership della lobby con un prodigioso elaborato da 110 con lode all’università Cia-Mossad. Secondo l’impagabile Calderon, è la Russia che tiene i fili di tutti i movimento neofascisti e neonazisti spuntati in Europa. Titola “La Russia connection della destra euroscettica” e scrive: “Fascisti ungheresi, italiani, francesi, bulgari, belgi, austriaci nell’orbita di Putin”. Il sillogismo è: siccome le estreme destre sono avverse a Europa e Putin vorrebbe demolire l’UE in odio agli Usa, ne consegue che le estreme destre sono i tentacoli di Putin.

Finalmente la russofobia di sinistra ha qualcosa di grosso da addentare! E noi che, avendo le traveggole, avevamo sospettato che queste destre, nelle quali ovviamente per il “manifesto” e affini andrebbero inclusi anche gli euroscettici Cinque Stelle e tanti altri che, pure, destre non sono, osteggiassero l’UE in quanto tappetino rosso sul quale gli Usa passano con tutto il loro armamentario neoliberista e militare. E noi che avevamo fantasticato di individuare nei nazisti di Pravy Sector e di Svoboda gli arnesi con i quali Washington e Bruxelles, lanciando l’Ucraina, costola della Russia, contro Mosca, avevano aggiunto un altro anello alla catena geopolitica e geostrategica in corso di allestimento attorno alla Russia. E noi che avevamo interpretato lo spostamento degli Usa e del mondo occidentale, dopo l’11 settembre, verso sempre più evidenti forme di Stato di polizia all’interno e di colonialismo all’esterno, come un’involuzione della democrazia e un ordine mondiale oligarchico, come da sempre lo vagheggia la destra! 
Campagna di arresti di massa in Palestina il 14 giugno
Sordi e ciechi, eravamo, di fronte al brutale assalto russo alle sovranità degli Stati democratici, di fronte a quegli squadristi delle Repubbliche Popolari del Donbass che rifiutano di riconoscersi nel legittimo governo fatto nascere a Kiev con il concorso dei rivoluzionari di Majdan e dei portatori di democrazia occidentali. Non ci resta che attendere la rivelazione, per l’onesta penna di Caldiron, che sono le estreme destre palestinesi ad aver invaso la terra degli ebrei e a vessare giorno e notte i suoi legittimi abitanti. Non si smette mai di imparare.

Demonizziamo, demonizziamo, qualcosa resterà
Il coro della russofobia è assordante da destra a sinistra, dalla CNN-BBC a “Repubblica” e al “manifesto”. Non se ne sottrae nemmeno “Il Fatto Quotidiano” il cui direttori Travaglio e Padellaro passano per i massimi cultori della deontologia giornalistica, fustigatori principi di disinformatori, manipolatori, bugiardi, servi del potere. Nella pagina di Esteri, che pare gestita direttamente da Langley, imperversano soggetti come Roberta Zunini, che, svarieggiando tra Ucraina e Iraq, non ha avuto un attimo di perplessità nell’attribuire ai “filo-russi” la strage al fuoco di Odessa e ai curdi iracheni e ai loro “eroici peshmerga”, ascari del sionismo, la parte di vittime sia degli sciti, sia dei sunniti, sia dell’universo mondo. La segue su questa linea un analista geopolitico come Massimo Fini, il cui noto anticonformismo stavolta sbanda verso il delirio quando, tra i soliti stereotipi propagandistici sull’Iraq di Saddam, dà mostra di non aver capito assolutamente nulla descrivendo gli Usa come nemici di un Kurdistan iracheno indipendente e il califfato islamico voluto da ISIL, Arabia Saudita e USraele, come “base per una guerra totale all’Occidente”.  Ma mentre le balle della Zunini puntano a oscurare la longa manus di Israele sul Kurdistan e quella curda sul petrolio iracheno per Israele e si inseriscono in un curriculum dell’intossicazione imperiale di tutto rispetto, quello di Fini, che ha saputo dirci cose sagge su Afghanistan e Libia, è un inconsulto ping pong tra sprovvedutezza e ignoranza. Altro che anticonformista!

Capite come risulta difficile, con questi chiari di luna dell’informazione, astrarsi dal singolo filo della ragnatela, in cui fanno di tutto per isolarti e, connettendo montessorianamente l’un filo all’altro, arrivare a vedere l’intera ragnatela e chi vi si annida al centro. Prima di tutto va riconosciuto un dato: ogni manifestazione di terrorismo nel mondo ha per origine gli Usa, Israele, surrogati e soci di minoranza. Ce lo dicono le prove, la logica e una storia che inanella episodi come l’incrociatore Maine, fatto saltare per attaccare la Spagna a Cuba, Pearl Harbour per attaccare i giapponesi, l’11/9 e seguenti per avviare la conquista del mondo, il Piano Northwoods con cui, abbattendo aerei civili Usa, si sarebbe giustificata l’invasione di Cuba. Poi ci sono spiccioli come Piazza Fontana per addomesticare la bestia anticapitalista, o come i cecchini in Siria e a Kiev che, sparando su agenti e manifestanti, avviano la cosiddetta guerra civile. E questo dato rimane interamente occidentale fino a quando governi e paesi con le spalle al muro non decideranno, come extrema ratio, di rispondere pan per focaccia, anziché con i mezzi convenzionali della resistenza politica e militare. Meglio di no. L’Occidente è più esperto e ha infinitamente meno scrupoli. Il compito spetta piuttosto alla contro informazione.

Il disegno comune delle classi dirigenti occidentali, nominate dagli uomini-ombra della Cupola attraverso elezioni truccate, se non altro, dalla manipolazione dei cervelli, è l’ormai dichiarato Nuovo Ordine Mondiale del 99%. Alla vista delle forze messe in campo e della molteplicità inedita di fronti aperti, parrebbe essere alla stretta finale. Probabilmente anche perché il tasso di estrazione di plusvalore, fortemente cresciuto in una “crisi” finalizzata al trasferimento di ricchezza dal basso all’alto, per essere alimentato ulteriormente ha bisogno di continue escalation operative. Simultaneamente vanno rafforzati gli strumenti fisici e psicologici per tenere a bada masse e popoli che questa strategia la pagano con la miseria, il sangue, la vita. Il bottino dei bottini sono le energie fossili. Dove sono presenti non mancano o la mano, o l’occhio USraeliani.

Madamina, il catalogo è questo
Lo sconvolgimento iracheno, puntando alla tripartizione, vorrebbe riservare la parte scita, con modeste riserve petrolifere, allineata a un Iran che, dopo la resa sul nucleare, invita le megamultinazionali del petrolio ad abbeverarsi ai propri giacimenti di gas e ci si può dunque convivere. Prima che spunti un altro Ahmadinejad. Della frazione sunnita e relativi idrocarburi si sta prendendo cura, con i jihadisti, l’Arabia Saudita (che non sconfiggerebbe neanche un plotone di siriani senza l’armamentario fornito dagli Usa). Il Kurdistan, controllato da decenni dai servizi israeliani, sarà la massima fonte di approvvigionamento di quel paese. Insieme all’agognato califfato tra Arabia Saudita e Iran, che non ha nulla contro il capitalismo ed è la tomba di un ostico panarabismo laico e antiliberista, costituisce un rubinetto dell’energia che Usa, Israele e i sultani del Golfo apriranno o chiuderanno a piacere per perpetuare la dipendenza coloniale dell’Europa. In Africa il rubinetto che controlla il petrolio sudanese è passato in mano agli stessi di cui sopra attraverso la creazione del non-Stato del Sud Sudan, mentre di quello e di altre risorse energetiche, come uranio, diamanti, metalli preziosi, ci si impadronisce attraverso le turbolenze nel Sahel, nel Congo, nel Corno d’Africa e altrove nel Continente.

Eurasia
Dopo il fallito tentativo di innescare contro la Russia e il bacino del Caspio Georgia, Cecenia e Dagestan, ma condotti a obbedienza i relitti dell’est-Europa già nel campo sovietico, con l’operazione Ucraina si è puntato al cuore dell’Eurasia, al sabotaggio delle rotte petrolifere non sotto controllo Usa (Renzi si è subito allineato bloccando il South Stream dal Mar Nero), al completamento dell’assedio alla Russia e al controllo sui rifornimenti a un concorrente europeo da assoggettare definitivamente con il TTIP, come s’è fatto con il Messico. Il disegno è unico e coordinato nelle sue manovre a raggio planetario. Ma le opzioni su come condurlo sono duplici come, nel perseguimento del comune obiettivo di dominio planetario, lo sono gli schieramenti politici ed economici. Dall’assalto pugnale tra i denti, con intervento da terra e aria, dei tempi di Bush, Clinton e Bush minor, si è passati, sotto Obama, alle operazioni delegate a forze surrogate, o alla destabilizzazione mediante quinte colonne interne. Ma le due scelte coesistono ancora. Della prima energumeni come John McCain e la destra repubblicana sono i motori . La seconda,  che pure subisce defezioni del Partito Democratico, pare preferita da Obama e dal suo entourage di consiglieri. Ognuno ha dietro un settore dell’apparato economico e industriale americano.  

Soft e hard, quando, dove e chi ci sta dietro
Le due linee strategiche che a volte si sovrappongono, a volte si alternano e a volte si contrastano, si possono riassumere nei termini “soft” e “hard”, guerra a bassa o ad alta intensità. La prima, favorita dalla finanza, dai petrolieri e dagli esportatori in genere, perché restino sotto controllo i mercati e l’equilibrio finanziario, si avvale della presenza nel paese obiettivo di una potenziale quinta colonna, la cosiddetta borghesia compradora, la componente economica privata, i suoi oligarchi e strati sociali deprivati e manipolabili. Ed è il caso del Venezuela, dove la rivoluzione bolivariana ha allungato i tempi e attenuato il processo di cambiamento della struttura sociale, producendo anche quella che viene chiamata la infida “boliborghesia”. Lo è anche ora dell’Argentina che rapinatori diventati creditori, guidati da Washington tramite sicari giudiziari, vorrebbero ricondurre all’ordine neoliberista coloniale. E’ stato il turno dell’Iran nella “rivoluzione verde” (poi da Ahmadinejad rigenerato con robuste iniezioni di correttivi sociali, la seduzione patriottica di settori di borghesia nazionalista, controllo pubblico più esteso), del Libano al tempo dei moti anti-Hezbollah, dell’Ucraina delle due destabilizzazioni, arancione e nera, dell’Honduras, del Paraguay, della Palestina.

La seconda, messa in atto su spinta del Pentagono, dell’industria delle armi e della sicurezza, del fronte conservatore, dell’aggressiva componente cristiano-sionista, fa le sue prove in nazioni coese, con una presenza egemonica del pubblico, una condizione economica e sociale accettabile per tutti e una visione altra, antagonista, della società e della vita rispetto ai modelli capitalisti dell’Occidente. Ed è guerra hard, condotta sia attraverso interventi diretti, bombardamenti, forze speciali, contractors, gestione delle comunicazioni, sia per mezzo di forze mercenarie surrogate, sia con la combinazione dei due strumenti. E’ successo e succede in Iraq, Libia e Siria, come nei paesi africani sopra elencati. A entrambe le tattiche dell’unica strategia mondialista non viene mai meno, in vela, il maestrale mediatico sinistro-destro -  islamofobia e russofobia – e, nel motore, il carburante finanziario e armato dei mandanti.

E Putin che fa?
Qualcuno si chiede, e s’indigna, come mai Putin non intervenga contro la carneficina dei suoi compatrioti in Donbass. A parte il rischio concreto di una guerra atomica, scatenata dai frettolosi psicopatici dell’estremismo neocon, delle cui apocalittiche conseguenze planetarie ci si rende conto a Mosca, credo che Putin pensi che, nel periodo medio e lungo, per quanto risulti costoso per la Russia e i paesi sotto attacco, il tempo giochi contro l’imperialismo. L’Ucraina squartata e socialmente rovinata dai predatori occidentali non dovrebbe impiegare troppo tempo per rivedere la sua opinione sugli esiti del golpe degli amici occidentali, con quei cinque ministri nazisti al governo. Già se ne percepiscono i sintomi in alcuni episodi di rivolta perfino nell’Ovest. Se i rivoluzionari dell’Ucraina russa riescono a tenere per altri mesi, anche  grazie ai discreti aiuti di Mosca  (che, tra l’altro, accoglie le decine di migliaia di profughi dal Donbass), gli ascari nazisti della Nato e dell’UE potrebbero doversi dibattere in uno tsunami sociale. Nessuno compenserà i tartassati ucraini del gas russo perduto e il noto Generale Inverno ne drammatizzerà la carenza. Si aprono nuovi scenari.

In Iraq sono già esplose le contraddizioni tra l’apparentemente forte componente baathista, dalle robuste radici in una popolazione rimasta profondamente laica e nazionalista, come dimostrato dal sostegno di molte tribù, e gli energumeni di ISIL che vorrebbero rinchiudere la popolazione nelle carceri dell’oscurantismo culturale, dell’esclusione di genere, della controrivoluzione sociale, nella dimensione dell’integralismo wahabita esteso su territori e popolazioni che da secoli hanno superato simili forme reazionarie di convivenza. Anche se indebolito dai cedimenti dell’attuale gruppo dirigente, il popolo iraniano e larga parte dell’apparato statale, resta uno scoglio insuperabile e gli sciti d’Iraq continueranno a esserne il retroterra strategico.

A dispetto dalla superfetazione di fronti in cui gli Usa si stanno muovendo, pesano l’eccesso di estensione geografica e finanziaria e il conseguente aggravamento di una situazione socio-economica che da noi i media vaneggiano in ripresa; la crescente, per quanto ancora episodica, insubordinazione sociale in un paese in virtuale default per il debito fuori da ogni controllo presente e futuro; il dilagare della povertà; il venir meno del regno mondiale del dollaro; la gigantesca crisi produttiva; il cappio dei titoli di Stato in mano alla Cina. E pesa enormemente la perdita di egemonia culturale, senza la quale nessun impero sopravvive: difficile trovare nella storia un’entità nazionale tanto odiata dal resto della famiglia umana quanto gli Usa (e Israele). Non si illudano i corifei europei dell’imperatore. Fuori ci sono 7 miliardi di persone, meno gli 800 USA-UE.
 Putin visto dai sinistri
Tutto questo Putin lo sa. E lo sanno anche quelli di Washington. Non ne hanno idea, forse, i proconsoli europei dell’impero, troppo incompetenti, troppo abituati a fare i gattini ciechi alla mammella della mamma (che poi li risucchia), troppo obnubilati dalla soddisfazione di abitare nella dependance della villa signorile. La verità è che siamo all’impasse, a dispetto di quanto ci vorrebbero far credere i nostri pupi con il clangore delle loro spade di latta. L’Europa, che ha rinunciato all’unica opzione naturale, utile, duratura, il “Drang nach Osten”, l’integrazione con l’Eurasia, è due volte condannata. Sia che i Dottor Stranamore buttino la bomba dell’armagheddon, sia che  polverizzino la vita economica, sociale, culturale e le istituzioni sovrane degli Stati europei attraverso la Partnership transatlantica del commercio  e degli investimenti (TTIP), in queste ore segretamente negoziata a Bruxelles dalle oligarchie delle due sponde.


Resta solo da sperare che Putin abbia la vista lunga e le mosse giuste. Non ci rimane altro, in attesa di un Occupy Wall Street globale, con la crescita, da noi, delle masse che hanno capito che ragnatela è l’Unione Europea con al centro la Vedova Nera. Per l’intanto possiamo fare qualcosa di buono: contrastare, demistificare, smascherare, la proliferazione delle false flag e dimostrare come islamofobia e russofobia siano il bastone degli amici del giaguaro e la carota degli utili idioti.  

8 commenti:

  1. me lo sono letto tutto, ché ho sempre da imparare da M° Fulvio.
    sarò sin tetica
    I tre ragazzi dello stato ebraico “rapiti”, sempre che esistano [si sono affrettati a mettere le tre foto in Campidoglio...ricordate la superphotoshoppata Sakineh?ed Ignazio ha aderito all'ordine dei piagnoni romani] ] facevano autostop su una strada interdetta ai Palestinesi. Quindi lsi sono autorapiti. Abu, Abu: Mazen che $trenzi! A savianò niente niente glielo avesse scritto il furio-etto il libro di cotanto sulcesso? Putin non sarà Comunista, ma è Russo...quelli che hanno vinto napoleone ed hitler. Vuoi che non riesca a sbaragliare i francking armageddonnari dall'unica mossa? Le Borse. A stì cazzi? Il lavoro basta a sé stesso. Il capitale no. Distruggere il capitale col rifiuto del lavoro subordinato. Se la vittima si sottraesse, il carnefice si suiciderebbe, tanto per ammazzare qualcuno!
    “Fuori ci sono 7 miliardi di persone, meno gli 800 milioni USA-UE”. E che aspettiamo? Basterebbe fargli Buh Tutti Insieme e Pazzamente!
    morgana

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  2. Il corriere della sera trasmette la notizia dell'uccisione di un cronista russo da parte delle "forze speciali" di Kiev. Lo stesso giornale ovviamente racconta in un servizio video la storia, in una maniera asettica dicendo che il cronista era vicino ad unita' di "filorussi" nella "autoproclamata repubblica separatista" del Donbass precisando che "forse" il mezzo e' stato colpito dall'esercito di Kiev. E ricordando anche dell'uccisione del reporter italiano e di due russi. Senza che nessuno si indigni e tanto meno condanni le unita' di Kiev. Sulla stessa pagina un imagine di uno delle azioni di "difesa" della sicurezza di Israele a Gaza che colpisce l'auto di "terroristi". Mi chiedo quando l'informazione sui fatti internazionali riprendera' un minimo di decenza.

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  3. Grandissimo Fulvio.
    Che dire? Più che un articolo, un vero e proprio saggio. Un compendio di lucidità che ognuno di noi dovrebbe portarsi sempre appresso quando, osservando l'ignobile spettacolo dei nostri media, qualcosa inizia a solleticare il cervello e il dubbio inizia a guadagnare terreno sin dalla zona più remota dello spirito.

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  4. anonimo@
    Bella domanda!
    Morgana@
    Simpatica.

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  5. Per la gestione della crisi nel Donbass Putin ha pienamente meritato il Premio Boris Eltsin.

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  6. http://utopiarossa.blogspot.it/2014/07/ucraina-le-guardie-bianche-russe-nel.html

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  7. Lo stato Israeliano cattura I torturatori ed assassini del ragazzo palestinese: sembra abbiano confessato. La reazione dell'"unica democrazia del medio oriente" a questo crimine e ' ferma e decisa: bombardata la striscia di Gaza con 9 morti, tutti ovviamente palestinesi. Sembra fra di loro due fossere membri di Fatah, e che "stessero preparando un attacco" (secondo la stereotipata versione ripetuta come un mantra dai media occidentali), mentre il loro leader, Abu Mazen, vuole continuare il dialogo ad ogni costo, visti gli splendidi risultati. Paradosso tipico della questione palestinese da venti anni a questa parte, dialogo e disarmounilaterale in cambio di territori. Quelli che il governo sionista da ai propi coloni dopo averli strappati con muri ed espropri ai palestinesi.

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  8. grazie all'anonimo per il Link,se ho ben capito questi,con quattro gatti, portano una sollevazione dove nessuno vuole sperando in un coinvolgimento russo,sulla base di un presunto imperialismo zarista, che mai avverrà perchè gli oligarchi odierni sono tutti ex bolscevichi con la frenesia del capitalismo.
    Tirando le somme, oligarchi che finanziano nazisti per combattere tra loro onde alimentare la russofobia e sputtanare Putin,nel mezzo la gente comune,i soliti effetti collaterali.
    Ho capito bene?

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