Cortesia di Marco Scibona, senatore 5Stelle
“Se io muoio non piangere per me, fai
quello che facevo io e continuerò vivendo in te”.(Ernesto Che Guevara)
“La storia della nostra specie e l’esperienza di
ogni individuo sono colmi di prove che non è difficile uccidere una verità e
che una bugia ben raccontata è immortale” (Mark Twain)
Così la
Procura di Torino, impostata da Giancarlo Caselli come missile Hellfire contro
i No Tav e tutta la Valsusa, salvo che contro la piovra criminale che ci
pascola, passata sotto i denti da Caselli affilati di Paladino e Rinaudo che
per i gli autori dell’incendio di un compressore, Chiara, Claudio, Niccolò e
Mattia, avevano mosso l’accusa di
terrorismo, chiesto oltre 9 anni e li avevano tenuti in carcere duro per un
anno, che manco Carminati, si sono trovati una tranvata in faccia. E ne siamo
tutti felicissimi, come gli irriducibili cittadini della Valle, campioni e
modello di resistenza, non solo
localistica ma di sistema, in Italia e nel mondo.
Hanno invece
preso 3 anni e mezzo e qui l’incazzatura supera il giubilo. Perché consacra una
legalità illegittima, d’emergenza, di
parte, un diritto penale “del nemico”, che vorrà continuare a imperversare contro
la Valsusa da intimidire e sottomettere, ridotta (come anche altre enclaves del
diritto speciale, vedi Niscemi, Sardegna, Friuli, Vicenza) a laboratorio di una
militarizzazione che mira a un assetto da imporre a tutto il paese. E altri
tre, Lucio, Graziano e Francesco, restano detenuti in isolamento con le stesse
accuse di terrorismo che perfino questa Cassazione aveva respinto. Il teorema
dei forcaioli, graditi agli speculatori predatori della Valle, è stato incrinato,
ma qui ogni oggetto in mano a manifestanti sotto occupazione militare, capace
di graffiare un compressore, sporcare le scarpe a un alpino reduce dai fasti
afghani, o rischiarare la notte, diventa
“arma di guerra”. E delitto di lesa maestà, dal singolo gendarme al Capo dello
Stato connivente, diventa ogni mano o voce che si levi a contrastare l’ecocidio
e sociocidio del proprio territorio. E’ grazie a questo stato di cose che la
gioia di riavere presto i quattro compagni seviziati e avere visto digrignare i
denti agli accusatori, non può occultare la consapevolezza che la guerra a bassa
intensità di regime continua.
I
No Tav assolti dall’accusa di terrorismo
I No Tav, No
Muos, No Triv, No Tap, No TTIP, No Poligoni, No Mose e tutti gli altri, dalle
Alpi al Lilibeo e oltre, guardando alla Val di Susa e al suo quarto di secolo
di resistenza vincente (il Tav ha iniziato a spegnersi a Roma e a Parigi, e
solo grazie ai valligiani), traggono consolazione, incoraggiamento, rabbia,
tenacia e visione da quanto è uscito il 17 dicembre dal Tribunale “Speciale” di
Torino. Con un particolare grazie a Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia, a quelli
che per i tribunali speciali ci stanno passando e quelli che ci passeranno,
alla Valle che li ha sostenuti e li sosterrà con la lotta..
E ci offre un sorriso l’immediata
risposta del regime, e dei suoi servizi di provocazione, alla disintegrazione
dell’accusa di terrorismo ai No Tav, con il ritrovamento di bottiglie
incendiarie sulla linea di alta velocità di Firenze. I due puntualissimi
paginoni di Repubblica e degli altri giornali scandalistici, che si stracciano
le vesti su Molotov e pronuncia della Corte d’Assisi torinese e s’inventano
dichiarazioni anonime secondo cui l’assoluzione di Torino ora incoraggerebbe
l’impunità di nuovi potenziali “terroristi”, integra la cosca di Stato addetta
alle provocazioni. Questi patetici praticoni non sono che gli imbranati
apprendisti dei signori di Piazza Fontana, dell’11 settembre e affini.
.
Patria o Muerte
Il commento
grafico del vignettista Vauro è, in tutta la sarabanda dei festeggiamenti
politici e mediatici per la “distensione” tra Cuba e Usa e il ritorno degli
ultimi tre dei Cincos antiterroristi sequestrati negli Usa, è l’uscita più squinternata. Colui che si
definisce “l’Ur- comunista”, l’archetipo, è riuscito a celebrare l’evento con
la boiata di una crasi tra il Che Guevara e Bergoglio: un tipo con la faccia e
cotta del papa e con il basco e la barba del Che. Del resto, quella che Cuba si sia liberata di
un incubo e di una costrizione ottusa e inutile agli stessi Usa e che tutto ciò
si debba ai meriti dei papi conciliatori, il polacco e l’equipollente
argentino, è la vulgata narrata da ogni dove, a manca come a dritta. Un po’ più
flebile è l’assicurazione che “Cuba proseguirà il cammino verso il socialismo”.
Come lucidità e, forse inconsapevole chiaroveggenza, prevale su Vauro perfino
il successore al “manifesto”, il solitamente ermetico Biani, con il suo omino
con il sigaro che dice “Cuba ha tolto
l’embargo agli Usa”….
Grandi
pontefici, cioè costruttori di ponti! Quale, cavando dai caveau di Cia e mafia
dobloni per costruire ponti tra banditi d’Occidente e Oriente, da Pinochet a
Walesa, e smantellare quel poco o molto di giustizia sociale che c’era; quale, già
fiorellino bianco delle pampas ammiccante tra i fiori neri carnivori della
dittatura, lanciando appelli ai leader islamici che condannino il terrorismo,
per costruire ponti tra noi tutti e chi il terrorismo lo produce e conduce.
Ponti da farci correre sopra convogli di superstizioni, paure, illusioni,
sottomissioni. Grandi distruttori di
ogni anelito teologico e sociale liberatorio delle loro chiese in America
Latina, proprio mentre si facevano vedere accanto ai rivoluzionari cubani. Alla
pari dei parenti coltelli delle sette evangeliche, che ho visto colmare
moltitudini latinoamericane e cubane di risposte che nella rivoluzione non
cercavano più.
Mi ricordo, durante una visita a Cuba già
qualche anno fa, le chiese nientemeno che dei Testimoni di Jehova, le più controrivoluzionarie, zeppe
di giovani e famigliole. In un incontro
con il leader dei Giovani Comunisti chiesi cosa cercassero quelle
persone che la Rivoluzione non gli offriva e come mai il governo non ostacolasse
quegli infiltrati Usa. Rispose piatto piatto: “A Cuba tutte le religioni sono
rispettate”. Non potevano mancare ii peana dell’ultrà sionista Furio Colombo,
compassionevole appassionato di Rom e migranti, ma non di palestinesi
sminuzzati dai suoi, agli eccelsi Bergoglio e Obama, artefici di ogni fortuna
del mondo. A quel punto, tra sette religiose e pontefici dilaganti, impoverimento
e sconvolgimenti economici, ai Cubani erano restati l’amore per le loro sacre icone e,
come forza cementificatrice della nazione, l’antimperialismo, la resistenza
agli Stati Uniti. Sopravviverà alla frequentazione di milioni di turisti yankee
con i dollaroni, al fast food, ai biscottini delle agenzie di cooperazione?
Cambiare
la data in 2014
E a Colombo
vanno aggiunte le messe solenni celebrate a Raul Castro e a Obama in ben 10
paginoni di Repubblica, come da tutto il coro mediatico e politico della larghe
intese. Dal che si potrebbe desumere chi abbia vinto e chi perso. Siamo tutti
felicissimi che, in cambio della spia israelo-statunitense Alan Gross (definita
dall’ormai obsoleta spia Yoani Sanchez onesto cittadino), che aveva portato
alla comunità ebrea di Cuba strumenti per l’intelligence, gli Usa abbiano
liberato dopo 15 anni di sevizie in carcere i patrioti antiterroristi cubani
(definiti spie dalla Sanchez). Al netto del possibile sabotaggio della fine
dell’embargo e di altri fatti distensivi da parte del Congresso a maggioranza
repubblicana, auguriamo all’amato ed eroico popolo della rivoluzione che,
qualunque siano gli sviluppi, possa uscire dall’insostenibile situazione di
malessere che soffre da vari lustri, possa conservare le salvaguardie di istruzione,
sanità, alimentazione e, soprattutto, patriottismo che fino ad oggi ha difeso
al prezzo di tutto.
Un malessere,
una povertà gravissima, determinata in buona parte dal bloqueo, seppure da
tempo molto attenuato poiché. alla fin fine, erano rimasti solo gli Usa a
imporlo, mentre crescevano gli scambi con l’America Latina, con Russia, Cina,
India e perfino con paesi europei. Ma, come confermano alcuni tra i migliori
esponenti del socialismo cubano e latinoamericano, malessere aggravato da una
burocrazia ossificata, da una corruzione endemica, dai processi di
liberalizzazione e privatizzazione che avevano allargato il varco tra tanti
poverissimi e pochi privilegiati, specie quelli che ruotavano intorno al
turismo e si avvalevano della moneta forte. Un malessere determinato da scelte
economiche sbagliate e industriali inesistenti e che non avevano mai fatto
superare la condizione di dipendenza dell’isola, anche in settori (industria di
base, agricoltura, beni primari, utilenseria) che, come auspicava il Che,
avrebbero dovuto essere sviluppati. A condizione che la divisone del lavoro
imposta dall’URSS, non si fosse perpetuata anche dopo la fine del fornitore
universale.
Prima di
formulare ipotesi su cosa potrebbe accadere con le relazioni tra Cuba e Usa normalizzate,
conviene, per capire il percorso, rifare al volo la cronistoria di quanto è
successo – e di quanto abbia agevolato l’apertura di Obama, con dietro
banche, multinazionali, Pentagono e Cia
– a partire dalla successione di Raul e dei suoi generali ottuagenari ai
dirigenti giovani della seconda generazione post-rivoluzione del 1959. Rivado a
quegli eventi con il rischio di essere additato dai “duri e puri”, quelli
mummificati in una visione stereotipata e ormai arcaica dell’Isola, che è
l’ultima cosa di cui i cubani hanno bisogno, come provocatore, infedele,
revisionista e, peggio, infiltrato anticastrista. Pazienza. A me interessa
essere solidale con il popolo cubano, o iracheno, o siriano, o vietnamita, e
non necessariamente con le sue classi dirigenti. Che sono transeunti.
Mi era già
successo quando, di ritorno dal Vietnam qualche anno fa, spiegai ai bravi
compagni dell’Associazione Italia-Vietnam
che quel Vietnam, Giap o non Giap, non c’era più. Che erano arrivati gli
americani con le multinazionali, le banche e i campi da golf, che erano
ricomparse con violenza le classi, una estesa e deprivata, un’altra fiorita nel
lusso dell’economia neoliberista. Di “comunista” rimaneva solo la denominazione
del partito unico. E Cuba, ahinoi, da anni declama la sua identità di vedute
con il modello di Hanoi (che manda i propri ufficiali a studiare nelle
accademie militari Usa) e. giorni fa, i due governi, vietnamita e cubano, hanno
potenziato le loro intese politiche ed economiche, ovviamente per “avanzare verso
un socialismo moderno”. Il che non inficia minimamente il dato fondamentale che
Cuba è stata per 66 anni il bastione dell’antimperialismo, di una via
alternativa al capitalismo e il faro delle emancipazioni latinoamericane.
Le radici del
percorso dei governo cubani affondano lontane, forse risalgono perfino ai tempi
dei dissensi con Che Guevara. Ma la pianta è apparsa cresciuta quando, il 2
marzo del 2009, in un sol colpo, Raul ha decapitato la direzione politica del
paese e del partito. 60 ministri e dirigenti sostituiti e poi scomparsi dai
radar come detriti spiaggiati. Tra questi Felipe Perez Roque, già braccio
destro di Fidel, poi eccezionale ministro degli esteri e dal popolo amatissimo
e considerato il naturale successore del comandante. Insieme a lui, Carlos
Lage, vicepresidente e, come Perez Roque, considerato un duro della
rivoluzione. Il che non ha impedito che Fidel gli attribuisse oscuri maneggi
economici e intese col nemico. Chi su queste sostituzioni, opportune o
sbagliate che fossero, sta lavorando si vede bene ora. Per sei mesi al popolo
della rivoluzione non è stato spiegato niente di questo colossale e traumatico
evento. Poi si sono tirati fuori motivi tanto irrisori quanto infamanti.
Durante un po’ di baldoria i reprobi avrebbero scherzato sulle condizioni
psichiche di Fidel. Il che poteva forse significare decapitazione politica
sotto Hitler, ma non nella società riscattata dalla rivoluzione socialista.
Alla rimozione
forzata dei giovani postrivoluzionari, fidelisti più che chiunque altro, sono seguiti
provvedimenti che difficilmente si sarebbero potuti interpretare come passi
verso il socialismo. In Venezuela si procedeva con le nazionalizzazioni, con
gli organismi di autodeterminazione (le Comuni), con lo smantellamento dei
residui di neoliberismo, con la raccolta di paesi allo schieramento
antimperialista. Così in Bolivia, Ecuador, Nicaragua, attirandosi le ire
vieppiù violente, sul piano golpista, terroristico ed economico, degli Usa. A
Cuba si rovesciava l’intero assetto nato dalla rivoluzione e difeso tenacemente
per mezzo secolo e si privatizzava metà dell’economia, con mezzo milione di
“statali” mandati a farsi imprenditori. E l’Avana si riempì di quelle
bancarelle di biscotti, bibite e centrini fatti in casa che avevamo conosciuto nella
desolazione delle metropoli centroamericane. L’altra metà restava allo Stato,
in buona parte sotto controllo dei militari di Raul. Il superamento
dell’inefficienza cronica dell’agricoltura di Stato veniva affidato a privati e
a investitori stranieri. Ora, dopo gli ultimi episodi, l’agrobusiness
statunitense sta affilando i denti.
Pur messi in
guardia dal modello nostrano delle inversioni a U, PCI-PDS-DS-PD, vogliamo
credere alle migliori intenzioni dei nuovi-vecchi dirigenti cubani. Qualcuno ha
sottolineato il silenzio prolungato dell’ottantanovenne Fidel, interpretandolo
vuoi come effetto di un’incapacitazione psicofisica, vuoi come dissenso. Cosa,
quest’ultima, che mi convince se penso alla lucidità e acutezza con cui, negli
anni dei rivolgimenti del fratello, Fidel si è espresso su questioni mondiali e
contro le malefatte degli Usa.Tenderei invece verso la prima ipotesi se ricordo
come Fidel abbia avallato la defenestrazione dei suoi più stretti
collaboratori. In ogni caso, forse sta scritto nei manuali della Terza Via di
Tony Blair, ma certamente non lo troverete in nessun testo di teoria e pratica
rivoluzionaria, che privatizzare e sparrtire propositi economici con gli Usa significa
procedere verso il socialismo. I miracoli sono sempre possibili, ma nel Vietnam
non li ha fatti nessuno.
Nel mondo gli
Stati Uniti sbranano un paese dopo l’altro, impestano il pianeta di terrorismo,
si agitano sull’orlo di una guerra atomica mondiale. Sono l’unica minaccia mondiale all’umanità.
Giocoforza s’impone che si stringa un’alleanza con tutti quelli, Stati, popoli,
cittadini, che gli si oppongono. Molti lo fanno, rischiando o perdendo
l’esistenza. Per mesi nel 2014, dopo il fallito golpe del 2002, il tentativo di
strangolare il Venezuela con la serrata padronale, gli attentati terroristici,
i complotti contro la vita di Chavez (alla fine riusciti), gli Usa hanno fatto
mettere il Venezuela a fuoco e sangue dai loro sussidiari del padronato. Per
dire poco di un assedio costante, feroce, asfissiante, alimentato a livello
internazionale da campagne di oscena diffamazione. Esattamente nei giorni delle
“aperture” di Obama, lo stesso liquidatore dell’embargo ha imposto nuove
pesanti sanzioni al Venezuela. Il Venezuela intimo amico e grande sostenitore
dell’economia cubana.
Mentre a
casa loro praticano la più feroce
violenza razzista e dal “Patriot Act” in poi costruiscono, tra repressione,
assassini extragiudiziali autorizzati, forze di polizia equipaggiate e
addestrate come Marines a Kandahar, campi di internamento per detenuti senza
processo, droni di sorveglianza, il più
grande Stato di Polizia del mondo, come alleati, vassalli e sguatteri esteri
hanno, tra Kiev e Riad, le più repressive tirannie del mondo.
In Honduras
hanno cacciato un presidente renitente e hanno instaurato un regime del terrore
e del narcotraffico, dove si muore (specie se giornalisti o attivisti dei
diritti umani) più che in qualsiasi parte del mondo. Contro l’Argentina, che
intende autodeterminarsi, hanno scatenato l’asfissia finanziaria. In Brasile si
sono fatti scoprire scandalosi spioni delle stessa vita privata della
presidente. In Ecuador gli è fallito un colpo di Stato della polizia. Dalla
Bolivia, per stroncarne le mene, Evo ha dovuto cacciare diplomatici e sedicenti
cooperanti. Nutrono le proprie banche con il narcotraffico di una Colombia in
cui hanno installato 7 basi militari da cui controllare e destabilizzare il
continente (o bombardare l’Ecuador). Il Messico è stato ridotto dal trattato
NAFTA, equivalente del TTIP destinato al nostro disfacimento, a buco nero
sociale, economico, ambientale, del pianeta, con i narcos al potere grazie alla
cortesia dei governanti esecutori dei diktat yankee.
E tutto questo
per imporre ovunque quelli che il “conciliatore” Obama ha chiamato gli interessi
dei predatori Usa, che dovranno essere promossi ora anche a Cuba e ai quali
l’embargo non ha prodotto alcun vantaggio. Già, ha detto proprio così: “gli
interessi degli Stati Uniti” a cui l’embargo non è servito a nulla. Ora,
dunque…. Sono questi interessi che dovranno essere soddisfatti dal nuovo stato
di cose. Per vedere come sono difesi gli interessi degli Stati Uniti, basta
riandare, alle dittature latinoamericane dell’Operazione Condor, alle vecchie e nuove repubbliche delle banane,
al genocidio nel Salvador e in Guatemala, all’occupazione e depredazione di
Haiti e, se si vuole allungare lo sguardo, all’immane mattatoio allestito in
Ucraina, Libia, Siria, Iraq, agli artigli del condor che si allungano su Iran,
Russia, Cina, Africa, alle condizioni a cui ha ridotto buona parte dell’Europa
la ricetta economico-politico-militare del padrino Usa.
Sui blocchi di
partenza del Nord America e dell’Europa già stanno coloro che andranno a godere
della fitness e della wellness offerte dagli stabilimenti del
benessere che promettono di essere le nuove zone franche annunciate a Cuba.
Sontuosi alberghi delle grandi catene a
5 stelle, magari con qualche casinò della nostalgia, papponi del turismo
sessuale, ma ora su scala industriale, hamburger e consolle, Hollywood a
Varadero, banda larga e ascolto minuto per minuto, persona per persona, a cura
della NSA. Monsanto, Coca Cola e Novartis. Se a Cuba devono arrivare, come
prospettato, milioni di turisti americani e decine di migliaia di rimpatriati
da Miami, cosa vuoi, tocca offrirgli un ambiente accogliente e famigliare. E la
Cia, e le sue agenzie, NED, House of Freedom, USAID…? Hai voglia! Chi si
lascerebbe sfuggire un tale mercato vergine, un tale paradiso di bellezze
naturali, un tale presidio off-shore, una tale forza lavoro a basso prezzo?
Uno s’è già
messo sulla buona strada. Con la motocicletta. Ernesto Guevara junior, figlio
del Che, ha subito assorbito il soffio imprenditoriale che spira dal nuovo Zeitgeist. Con l’agenzia turistica intitolata
scaltramente al nome della motocicletta con cui il Che attraversò il Sud
America, “La Poderosa”, il rampollo al passo con i nuovi tempi organizza tour
su lussuose Harley Davidson tra l’Avana e Santa Clara per spendaccioni che per
l’epica impresa possono spendere 5.800 dollari (non i pesos trasparenti del
comune cittadino cubano) per 9 giorni di inebriamento rivoluzionario. Il Che,
dall’alto della sua colonna, guarda oltre.
Non si può
essere certi di niente. E tutte le mie apprensioni potranno dissolversi al
nuovo vento che contempererà aperture all’ex-nemico mortale, con la strenua
difesa dei propri principi e assetti, come definiti dalle migliaia di caduti
per la rivoluzione (3000 uccisi dal terrorismo Usa. Riparazioni in vista?). Che
vada così, o, come molti temono, alla vietnamita, siamo stati con il popolo
cubano quando si riconosceva nel suo regime. Lo saremo ancora di più, se tale
riconoscimento dovesse venir meno.
TODOS SOMOS AMERIKKANOS
·
Dagli Usa giunge notizia che, caso più unico che raro, stavolta due neri
hanno ucciso tre poliziotti. Potrebbero essere soddisfazioni, se non fosse che
il fatto rischia di rovesciare nel suo contrario la collera antirazzista e
contro la più feroce polizia del mondo, che ha acceso qualche luce in quel
paese disastrato e violentato. Basta sentire il caporale di giornata di Obama,
Giovanna Botteri, dagli schermi Rai. Il che suscita il sospetto di una
provocazione. Poliziotti martiri che piangono gli eroici colleghi giustiziati e
la nazione tutta che deve stringersi attorno ai custodi della sua sicurezza,
scivolando via leggera dai fiumi di sangue di afroamericani decimati dai
titolari di licenza di uccidere e diritto all’impunità. Roba seria,
professionale. Questi, come Israele insegna, non ci mettono niente a
sacrificare i loro, specie se è bassa forza pretoriana.
·
Una volta di più, Svendola (vedi l’ottimo libro in basso, ottenibile dall’autore) si è confermato ruotino di scorta della carovana su cui ci fanno viaggiare verso il Paese dei Balocchi e dei ciuci. Non si è peritato, con una clamorosa uscita applaudita da Wall Street, Lockheed e Casa Rothschild, di nominare Prodi candidato alla presidenza della Repubblica. A parte le idiosincrasie epidermiche, quale Napolitano, JPMorgan, Goldman Sachs, Partito Unico Renzusconi, potrebbe non augurarsi sul Colle, a continuare a imperare contro la Costituzione e il suo popolo, il Grande Vecchio che ha inaugurato e gestito la stagione della disintegrazione dell’apparato produttivo nazionale, privatizzando, svendendo, disintegrando; che ha concorso, violentando un paese di pace, agli stermini bellici in mezzo mondo; che ha governato il degrado e la commercializzazione di scuola e sanità; che sguazza tra i banchetti degli eletti di Bilderberg? A proposito, la “bomba” Svendola per Prodi è diventata sul “manifesto” due righe in fondo a un trafiletto sullo Svendola che sventra il PD.
Una volta di più, Svendola (vedi l’ottimo libro in basso, ottenibile dall’autore) si è confermato ruotino di scorta della carovana su cui ci fanno viaggiare verso il Paese dei Balocchi e dei ciuci. Non si è peritato, con una clamorosa uscita applaudita da Wall Street, Lockheed e Casa Rothschild, di nominare Prodi candidato alla presidenza della Repubblica. A parte le idiosincrasie epidermiche, quale Napolitano, JPMorgan, Goldman Sachs, Partito Unico Renzusconi, potrebbe non augurarsi sul Colle, a continuare a imperare contro la Costituzione e il suo popolo, il Grande Vecchio che ha inaugurato e gestito la stagione della disintegrazione dell’apparato produttivo nazionale, privatizzando, svendendo, disintegrando; che ha concorso, violentando un paese di pace, agli stermini bellici in mezzo mondo; che ha governato il degrado e la commercializzazione di scuola e sanità; che sguazza tra i banchetti degli eletti di Bilderberg? A proposito, la “bomba” Svendola per Prodi è diventata sul “manifesto” due righe in fondo a un trafiletto sullo Svendola che sventra il PD.
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La nobilissima mamma di Ilaria Alpi, Luciana, un’amica, indefessa combattente per la verità contro un regime di complici dell’assassinio di sua figlia, si è ritirata dal Premio Giornalistico “Ilaria Alpi”. Ha detto che, di fronte alla pervicace inerzia delle autorità deputate a stabilire le cause, circostanze e gli autori dell’assassinio a Mogadiscio di Alpi e Hrovatin, non vedeva alcun senso nel mantenere in piedi l’iniziativa, nata per sollecitare, denunciare, far conoscere, ma evolutasi nel segno della più vieta ritualità di regime. Ero stato inviato del TG3 in Somalia prima della mia collega al Tg3. Ilaria era giovane e alla sua prima esperienza e non condividevo la sua interpretazione della rivolta patriottica contro gli occupanti Nato come “estremismo integralista islamico”, né il suo silenzio sulle malefatte degli invasori. Ma il coraggio nell’andare a scoperchiare uno dei più infami crimini compiuti dai trafficanti italiani di armi e rifiuti tossici, ne ha fatto la legittima titolare di un premio dedicato ai giornalisti onesti. E chi è stato premiato? Christiane Amanpour (ferro di lancia bellico della CNN), Lucia Goracci, Maria Cuffaro, Amedeo Ricucci, Bernardo Valli, Toni Capuozzo, Corrado Formigli, Giovanna Botteri, Roberto Saviano, giornalisti siriani “perseguitati da Assad”. Gente che alla vittima dei nemici della verità, Ilaria, sta come l’avvoltoio alla colomba.
La nobilissima mamma di Ilaria Alpi, Luciana, un’amica, indefessa combattente per la verità contro un regime di complici dell’assassinio di sua figlia, si è ritirata dal Premio Giornalistico “Ilaria Alpi”. Ha detto che, di fronte alla pervicace inerzia delle autorità deputate a stabilire le cause, circostanze e gli autori dell’assassinio a Mogadiscio di Alpi e Hrovatin, non vedeva alcun senso nel mantenere in piedi l’iniziativa, nata per sollecitare, denunciare, far conoscere, ma evolutasi nel segno della più vieta ritualità di regime. Ero stato inviato del TG3 in Somalia prima della mia collega al Tg3. Ilaria era giovane e alla sua prima esperienza e non condividevo la sua interpretazione della rivolta patriottica contro gli occupanti Nato come “estremismo integralista islamico”, né il suo silenzio sulle malefatte degli invasori. Ma il coraggio nell’andare a scoperchiare uno dei più infami crimini compiuti dai trafficanti italiani di armi e rifiuti tossici, ne ha fatto la legittima titolare di un premio dedicato ai giornalisti onesti. E chi è stato premiato? Christiane Amanpour (ferro di lancia bellico della CNN), Lucia Goracci, Maria Cuffaro, Amedeo Ricucci, Bernardo Valli, Toni Capuozzo, Corrado Formigli, Giovanna Botteri, Roberto Saviano, giornalisti siriani “perseguitati da Assad”. Gente che alla vittima dei nemici della verità, Ilaria, sta come l’avvoltoio alla colomba.
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Bandiera
messicana in faccia alla Nobel
·
Sono state insignite del Nobel della Pace la pachistana Malala Yousafzai,
che i Taliban veri hanno sempre negato di aver colpito e che la sua comunità ha
respinto perché spia degli Usa, e Tawakkoi Karman, della Primavera Yemenita.
Entrambe sono state festeggiate in tutto l’Occidente guerrafondaio e celebrate
all’ONU, a Washington e in tour nelle capitali dell’emisfero. Entrambe si sono
prodigate in espressioni di elogio per le democrazie occidentali e di anatema a
chi ne sta fuori e contro. L’episodio più significativo è stato quando un
giovane messicano ha fatto irruzione nella premiazione di Malala sventolando
una bandiera del suo paese. A Malala chiedeva perché non denunciasse anche il
massacro degli studenti messicani, vittime di un regime vassallo degli Usa. La
ragazza ha risposto con il silenzio, allora e sempre. Todos somos amerikkkanos.
Esprimo la mia solidarietà ai ragazzi NO TAV e mi azzardo in un virtuale abbraccio alla mamma di Ilaria,solo nell'immenso amore verso la figlia si può trovare il coraggio di una simile scelta .
RispondiEliminaIn merito a Cuba e all'America Latina in generale condivido le tue più fosche previsioni aggiungendo pure lo scorno subito da Putin e dal Venezuela col loro non indifferente impegno economico a mantenere vivi i progetti ALBA e BRICS.
staremo a vedere,purtroppo io arrivo sempre alla solita conclusione,che non ripeto.
Dei vari galoppini da te nominati mi rifiuto di commentare getto loro in faccia il tricolre chiedendo resoconto delle loro nefandezze
Un attentato che rovina le vacanze di Natale agli italiani con tanto di firma No TAV. Mmmmm! Riecco quel buon sapore casereccio dei jihadisti che sgozzano gente gridando "Allah Akhbar, yeah!"
RispondiEliminaPiù tradizionale del capitone!
io non sarei così contento di questo nuovo record alla borsa di new york l'ultima volta è scoppiata la bolla e più in alto si sale più il tonfo è maggiore.
RispondiEliminamessaggio per il nuovo anno al papapistolafumante
"se gli speculatori sono un male sarebbe giusto dirlo ora non a patatrac già avvenuto"
@ Mauro Murta
hai ragione,in italia un terrorista non lo si nega a nessuno è anche una delle poche cose che sappiamo esportare
l'ultimo imperialismo da esportare o forse già importato.
RispondiEliminahttp://www.ozy.com/acumen/serve-our-country-serve-as-a-surrogate/33106
http://abcnews.go.com/GMA/Parenting/military-wives-surrogates-carrying-babies-love-money/story?id=11882687
E complimenti ad un altro esponente del "democratically correct" Michele Serra, il quale scrive un editoriale "l'amaca" su Repubblica facendo allusione ai No Tav dopo l'assoluzione dall'accusa di terrorismo, di essere stragisti, tirando fuori le stragi degli anni 70 ed 80.
RispondiEliminagià preventivate e puntualmente confermate di prima mano le tristi notizie dal Venezuela,l'anno che verrà mi pare proprio quello di Lucio Dalla
RispondiEliminahttp://umbvrei.blogspot.it/2014/12/lo-strano-natale-venezuelano.html
Alex 1
RispondiEliminaIl gaglioffo che citi è niente rispetto al Torquemada Caselli su Il Fatto.
Rossoallosso@
Folliero è troppo pessimista e non da il peso decisivo che va assegnato al sabotaggio padronale dell'economia venezuelana, istigato dagli Usa.
@Fulvio
RispondiEliminapure io condivido la tua impressione,lui definisce "propaganda"ciò che è una realtà oggettiva non per niente mi sono permesso di chiedergli ulteriori chiarimenti. comunque lo ritengo in assoluta buona fede
Ogni due per tre ci ricordano il crollo del muro a Berlino io ci tengo a ricordare il 20 dicembre '89,dunque il 25° anniversario,dell'operazione " Just Cause " l'invasione USA di Panama con centinaia di vittime innocenti,occupazione durata ben 10 anni.
RispondiEliminaForse che i morti panamensi sono meno morti dei saltatori del muro o di Piazza Tienanmen,peraltro accertato falso storico?
Due cose mi hanno colpito: la prima, una notizia buona, che il medico italiano e' in via di guarigione dall'Ebola, grazie ai farmici venuti dagli Stati Uniti ed alla professionalita' dei medici del'Ospedale Spallanzani di Roma. A questo punto mi chiedo pero', come mai per alcuni paesi il virus Ebola e' una piaga terribile e considerato quasi incurabile, se esistono medicine e cure efficaci? La seconda questione riguardia le due "volontarie umanitarie" accurse in Siria al fianco dei ribelli e da loro stessi tenute in ostaggio. Non credo che queste "esaltate" abbiano fatto tutto da sole si siano preparate lo zaino ed abbiano raggiunto le aree controllate dai ribelli senza "intercessioni". Possibile che decine di volontari siano partiti dall'Italia senza che nessuno si sia accorto di niente e adesso I media le presentano come eroine che rischiano la vita (cosa forse vera) ma non dicono che sono andate li di loro libera scelta e che se volevano aiutare I bambini siriani potevano andare in uno dei tampi luoghi di sbarco, come Lampedusa, ad assisterli. Ho l'impressione che verranno usate per "finanziare" I gruppi ribelli "buoni" che per colpa dell'"inattivita'" della "comunita' internazionale" si sono trovati costretti fra i "ribelli cattivi" ed il "regime di Assad"ad usare questi mezzi per dotarsi di armi e viveri. Rinfocolando la propaganda interventista un po' sbiadita forse, ma sempre pronta all'uso senza dimenticarci che l'Italia e' di fatto in uno stato di belligeranza potenziale contro la Siria.
RispondiEliminaUna quetione sopra il casino montato contro I vigili urbani di Roma, additati da tutta lastampa mainstream e,cosa ancor piu' grave da alcuni dei sindacati "democratically correct" prima fra questa la CGIL, di essere assenteisti, con il sindaco Marino quello bravo, che va in ufficio in bicicletta, che minaccia licenzimenti a raffica. Ho polemizzato anche con conoscenti, tutti pronti a saltare addosso non solo ai vigili ma a tutti gli impiegati pubblici, proprio adesso che e' in discussione l'istituzione di licenziamenti collettivi (previsti dal Job act) anche ai dipendenti delle PA. Scandalo che probabilmente sara' smontato presto ma che avra' come effetto collaterale quello di far dimenticare la vergogna caduta sulla gestione di Roma degli sprechi veri e del malaffare
RispondiEliminaNon posso dire molto sull'attendibilita' del link, ma vale la pena pensare a cosa sono andate a fare realmente le due "cooperanti" in Siria.
RispondiEliminaAlex1@ Quale link?
RispondiEliminaEcco il link,
RispondiEliminahttp://www.imolaoggi.it/2015/01/02/ecco-chi-sono-in-realta-greta-ramelli-e-vanessa-marzullo/
Alex 1@
RispondiEliminaDelle due spie stavo scrivendo. Altre ottime informazioni vengono da Usa e Siria.
Fra l'altro anche il corriere della sera nella sua rubrica femminista "la 27esima ora" dedica un articolo a difendere le due "crocerossine" anche se molti commenti sono di segno opposto (ma due miei sono stati censurati.
RispondiEliminaQuasi me lo sentivo in uno dei commenti precedenti, ma la Signora Sgrena sul "Manifesto", ha proprio scritto un articolo distinguendo i "ribelli" di Al Nushra, duri e puri ma in fondo non cosi sanguinari perchè non postano le immagini delle loro esecuzioni, da quelli dell'Isis....
RispondiEliminaCiao Fulvio,
RispondiEliminacosa pensi dell'attentato al giornale satirico francese. Credi veramente che si tratti di terroristi mediorentiali, e poi cui prodest? Come mai solo poche settimane fa si dava del fascista, antisemita al comico francese che faceva satira non politically correct, anche contro il sionismo (quale vergogna!)? Non conosco la linea satirica del giornale francese colpito dagli attentatori, ma quali possono essere le conseguenze? Una riedizione delle magliette di Calderoli? Una lista di satira buona da permettere e di una cattiva da mettere al silenzio?
Alex1@
RispondiEliminaNe sto scrivendo proprio adesso. E' l'11 settembre francese.
seguendo il filo delle due italiane in Siria... l'articolo di imolaoggi, segnalato poco sopra, descrive alcune cose interessanti, come le frequentazioni della signora Elisa Fangareggi (time4life.it), dedita a spedire pacchi ai bambini siriani e partecipare a convegni dove gli argomenti sono del tenore di "Conduct of Hostilities in Non-International Armed Conflicts – Specific Challenges"
RispondiEliminaSarebbe interessante aprire un dibattito sulla satira. Cosa è veramnte la satira? Forse una dichiarazione significativa l'avevo sentita da Vauro, riferita a quello che considerava il suo maestro Forattini per il quale la satira può prendere di mira qualunque istituzione, partito, organizzazione, categoria sociale, può essere anche graffiante a patto che non segua il senso comune. Altrimenti è altro" (aggiungerei io, è sfottò, conformismo ed al limite propaganda). In una delle ultime scenette di Crozza, che ha sicuramente del talento, si prendeva in giro il senatore Razzi con una canzoncina che parlava della sua visita in Corea del Nord e del "dittatore che fa soffrire la sua gente". Nonostante mi facesse anche ridere la sua imitazione volutamente sgrammaticata di Razzi, mi sono chiesto se quella fosse veramente satira o piuttosto qualcosa d'altro.
RispondiEliminaAlex1@
RispondiEliminaVauro non è quello della vignetta di Gheddafi-mostro che sbava snague con la mannaia in mano. Contro il senso comune?
Ciao Fulvio,
RispondiEliminaEra proprio lui, dieci anni fa in tempi forse non sospetti. Che poi predichi bene e razzoli male e' tutt'altra questione. Non a caso e' passato al "Fatto Quotidiano" di Travaglio. Aggiungo un altra delusion spero una sola scivolata ma pesante di un altro mito, Francesco Guccini, quello che canto' la prigionia di Silvia Baraldini e l'uccisione di Carlo Giuliani in due canzoni. I un CD non recentissimo una sua canzone "Nella Giungla" non si limita ad esaltare l'attivista Betancour, ma definisce I guerriglieri colombiani 'delinquenti' che 'recitano Mao come poesia' che pensano di essere come Che Guevara...giudicate un po' voi.