“Se
non state attenti, i media vi faranno
odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”
(Malcom X).
“Arrestato in Puglia
un iracheno che agevolava l’arrivo su gommoni di terroristi. Che
assurdità! Si fosse mai visto un agente
Cia o Mossad arrivare su barconi!” (Anonimo)
“Ci felicitiamo con
Erdogan e il popolo turco. Queste elezioni riflettono la stabilità e la civiltà della Turchia, capitale del
califfato islamico e difensore dei valori politici e morali” (Hamas in Deutsche Presse Agentur, 2/11/2015)
Quelli che dicono, ma no, non è vero che la tv determina le
scelte politiche, che i media sono una potenza che asfalta ogni pensiero
indipendente. Stanno perlopiù a sinistra e assolvono a una funzione consolatoria
e auto-assolutoria. Come quando Mao, in una delle sue rare traveggole, definì l’imperialismo
“tigre di carta”. L’informazione in Occidente è invece una potenza geopolitica
senza la quale quella delle armi e della finanza avrebberoi, come dire, le vele
flosce della bonaccia.e girerebbero alla deriva. Quando, a favorire regime change elettorali o colorati più
delle armi e dei golpe potè la CNN.
Il petrolio di
Erdogan? Ma su, non esageriamo!…
Cominciamo dal basso, deontologicamente parlando. Qualche
brava persona s’è entusiasmata, o, quanto meno, è rimasta positivamente
sorpresa, da un recente pezzullo sul giornale della Confindustria a firma di uno dei sui esperti di Medioriente. Vi si afferma, con sicumera, che nel
marasma mediorientale l’interesse turco e occidentale per i rifornimenti
petroliferi dell’Isis conta una cippa, trattandosi “di poche migliai di barili”. Tutt’al più sarebbe solo il “tentativo di creare un casus belli”.
Mica del sultanotto che spera di tirarsi dietro, per una vittoria su Assad e
per la conquista di brani di Siria e Iraq, le riluttanze europee e di settori
USA e Nato. No, no, ragazzi, il tentativo è della Russia “che vuole punire Erdogan anche militarmente e darà armi ai curdi
siriani e del PKK” ! Tra verità scontate, vere e proprie sciocchezze e
depistaggi, la questione petrolio Isis-Erdogan costituisce il mimetizzato baricentro
dell’articolessa. Insieme alla denuncia dell’aggressività dell’orso russo. Mica
di Erdogan e della Nato i quali, oltre che ai jihadisti, ai curdi di ogni
obbedienza, iracheni e siriani, stanno anch’essi fornendo armi e assistenza
militare, ma stavolta non perché salvino la Siria, o l’Iraq Perché, al
contrario, contribuiscano alla frantumazione dei due Stati già multietnici,
multiconfessionali, laici, unitari.
L’analista che si esprime sul giornale incaricato di
promuovere gli interessi nazionali e globali della cupola transnazionale,
ridicolizzando le pratiche gangsteristiche del clan Erdogan, reagisce
all’imbarazzo dei regimi becchini degli Stati arabi liberi di fronte alla prova
provata dai russi (ma anche, nel nostro piccolo, da alcuni nicchiaroli come noi)
che il capo della colonna portante dell’imperialismo nell’area non si rivela solo
masskiller delle proprie popolazioni e, con l’Arabia Saudita e tagliateste
minori, armiere, ufficiale pagatore e santuario dei jihadisti. Quelle
macchioline sull’integrità dei preziosi alleati erano già state sbianchettate
dall’operazione Parigi e conseguente connubio orgasmatico UE-Turchia, costato
alla prima 3 miliardi per non farsi invadere da migranti e la riapertura gratis
a Erdogan delle porte del bordello europeo.
L’imbarazzo così dissipato, è ripiombato sui congiurati
occidentali, vero macigno di Sisifo, ora che si è visto come il mazzabubù turco sia anche il boss della
mafia di Stato turco-jihadista-israeliana che, grazie ai partner Isis
(presuntamente da obliterare), trae incrementi di potenza economica e, dunque,
politica e militare, dal furto e contrabbando del petrolio. Petrolio del
nordest siriano, di Mosul e Kirkuk, che, come quello della Libia, a sberleffo
degli ecochiacchiericci di Parigi, svolge un ruolo strategico per la
sopravvivenza delle vacillanti economie occidentali in ansia di espansione
predatoria. Se poi qualche perplessità nei meno boccaloni rimane circa la
presentabilità di un simile figuro nel consesso civile, ecco che il bravo Alberto Negri
ci porta a parteggiare per il governo
Usa. Mica è padrino e complice del demente turco all’interno del manicomio criminale
Nato. Anzi, “vuole assestare a Erdogan
una lezione” e, anzi, da tempo tenta di incrinare
dall’interno il potere di Erdogan e del partito islamico AKP”.
Usa puri e duri. Pur fornendo agli F16 turchi le coordinate
per abbattere il Su-24 russo, pur dettando legge ai cieli e alle FFAA turche e
mediorientali dalla megabase di Incirlik, pur imponendo agli europei l’ingresso
del tirannosauro levantino che ci minaccia con la piaga delle cavallette arabe,
pur avendo evitato per un anno di colpire, nella loro “guerra all’Isis”,
colonne di autocisterne Isis fornitrici sottocosto di miliardi di dollari alla
tribù regnante ad Ankara, di milioni di barili a Israele (vedi mappa) e a
disinvolte società occidentali, sono sopra ogni sospetto perché a Erdogan “vogliono assestare una lezione”. E a
proposito di società che, anche alle nostre pompe, potrebbero smerciare petrolio
ricavato dal business con i razziatori tagliagole, perché Renzi, per far
qualcosa contro l’Isis anche lui, non sollecita la Guardia di Finanza, la
Dogana, i carabinieri, a dare un’occhiata alle bolle di carico e scarico, che
so, dei Moratti, dei Garrone, dell’Eni….
Grande Negri! In perfetta continuità deontologica con la sua
analisi libica, sciorinata in tv a “Presa diretta”. In un coretto di
gentiluomini cari a Soros, che gelavano il conduttore Jacona con i Grand Guignol di Gheddafi, “incitatore degli stupri di massa delle donne
libiche”, indicava come primo impegno dei liberatori della Libia quello di
costruire finalmente delle scuole. Evidentemente là dove Gheddafi aveva
costruito solo lager per migranti e oppositori. Questo nel paese che l’ONU aveva classificato primo per scolarizzazione
di tutta l’Africa.
Le vene aperte del
Medioriente e chi vi si abbevera
Lasciando nel cassonetto fuori casa queste miserie, vediamo
cosa succede da quelle parti, sotto l’occhio vigile (preoccupato? compiaciuto?
chiediamolo a Negri) degli Usa. Grazie ai curdi iracheni, carissimi amici di
Ankara e soci di Isis nel contrabbando del petrolio, si è potuto moltiplicare
il flusso di dollari verso le tasche di papà Erdogan e le compagnie di
trasporto marittimo del figliolo Bilal, compensando quello dalla Siria,
temporaneamente ridotto dall’intervento russo e dall’avanzata delle forze
patriottiche. Nella mappa qui sopra sono tracciate le due direttrici di un
contrabbando che fonti locali ci dicono facilitato da mediatori curdi, siriani,
turchi e israeliani. Dai giacimenti sotto controllo Isis e curdi, il greggio giunge
al suo hub nella città araba di Zakho, a nord di Mosul, sotto controllo congiunto
curdo-turco. Da lì partono verso il porto di Ceyhan circa 632.000 barili al
giorno, una bazzecola per Negri, sia in cisterna, sia attraverso un vecchio
oleodotto (che il PKK, meno amico di Erdogan, sabotò l’agosto scorso, causando
a Bilal una perdita di 250 milioni di dollari).
Sappiamo, e non da mo’, che l’intento imperialsionista è di
squartare e ridurre in bantustan tutti gli Stati non conformi della regione.
Sulla lista, dopo Libia, Siria, Iraq, Yemen, ci sta anche l’Egitto. Troppo
grosso per ora da prendere di petto. A punirlo e angheriarlo per il suo flirt
con la Russia e il suo appoggio agli anti-islamisti laici di Tobruk, che
combattono i Fratelli musulmani e la loro prole jihadista, bastano per ora i
terroristi Isis nel Sinai, al Cairo, ad Alessandria. Se l’accaparramento di
petrolio è, come è, il perno del capitalismo neo- imperialista, capita che in
maggioranza si trovi là dove ci si gioca il dominio geopolitico del mondo. E
per la gestione degli snodi geopolitici non bastano le cisterne trafficate dal
mafie regionali. Occorre il controllo del territorio. Che è anche il
presupposto per l’affermazione della potenza regionale neo-ottomana, in
coabitazione – finchè dura – con Arabia Saudita e il suo Isis, con Israele e con
la partecipazione subalterna dei curdi di Iraq e Siria (questi ultimi ora
anch’essi blanditi e armati dagli Usa e perciò in preda a lacerazione interne).
Iraq, arriva il califfo
vero
Ed ecco che il 4 dicembre, come ci racconta anche il
governativo turco “Hurryet”, a Bashiqa, una trentina di km a nord di Mosul,
seconda città irachena e centro di una bonanza petrolifera, arriva un
reggimento di soldati turchi corredati di venti carri armati, artiglieria,
droni, elicotteri. L’avanguardia di una forza di spedizione Si tratta di una base dove, da qualche anno,
i turchi addestrano peshmerga (gli “addestratori” della Pinotti operano a Irbil).
E’ il trampolino di lancio verso Mosul. Massimo centro economico e strategico
della regione che vorrebbero anche i curdi, per quanto totalmente arabo, ma si
dovranno accontentare dell’altrettanto araba Kirkuk(che apre l’oleodotto verso
Haifa, Israele). La Turchia non
dimentica che Mosul fu strappata all’impero ottomano in disfacimento e messa
sotto mandato britannico fino al 1932 (l’imposero, contro le rivolte arabe, i
gas di Churchill su Baghdad). E non ha mai cessato di rivendicarla.
Ha voglia Baghdad a denunciare la violazione della sovranità
nell’assenza di un mandato ONU e a esigere l’immediato ritiro. Visto che gli
Usa chiudono un occhio (altro che puniti da Obama), ci vorrebbe anche qui, a
dare peso alla protesta, l’intervento russo. Intervento invocato dal parlamento
iracheno, ma frenato dal premier Abadi, angosciato dalla possibile reazione dei
3.500 e passa marines sul posto e da altre migliaia di loro colleghi
contractors. Ora le alternative sembrerebbeo tre: o Mosul viene lasciata in
mano all’Isis, o se la prendono i curdi, o ne fa un boccone Ankara. Nei primi
due casi, visto che le tre forze in campo collaborano alla frammentazione
dell’Iraq, si arriverebbe probabilmente a un accordo concepito in Nato. La
Turchia, con la garanzia dell’indisturbato flusso di idrocarburi, assumerebbe
il ruolo di protettore, gli altri di proconsoli..
Fattosi neocon, Obama
si dà una mossa in Siria. Contro Assad.
Se la gestione della rapina di petrolio iracheno è lasciata
ai protagonisti autoctoni, gli alloctoni Usa-Nato si occupano di quello
siriano. In parallelo con l’occupazione
turca del Nord Iraq, forze militari Usa sono penetrate dalla Turchia nel
nordest siriano e hanno occupato l’aeroporto di Abu Hajar, nella regione di
Hasaka (città araba tolta all’Isis dai curdi dell’YPG. Curdi già mitizzati
dai nostri guru sinistri, ma ora fonte di qualche perplessità davanti alla loro
nuova intesa con gli Usa, finalizzata alla spartizione della Siria tra Israele
(Golan), Turchia, Curdi, protettorati coloniali. Tecnici Usa stanno costruendo
una pista di 2,5 km, larga 250 m, adatta ai più pesanti bombardieri e aerei da
trasporto. I lavoratori impiegati sono curdi. L’evidenza mostra che l’intervento statunitense a tutto mira fuorchè a
salvare la Siria e l’Iraq dai jihadisti,
allora e sempre mercenari Nato-Golfo. Un’evidenza già mille volte provata dai rifornimenti
della Coalizione all’Isis in Iraq, è ribadita da questa mossa, neanche
comunicata a Damasco. Ennesima conferma, il bombardamento Usa della base
siriana di Deir Al Zour (6 dicembre): nove missili, non uno, magari per
sbaglio, che hanno ucciso o ferito 16 soldati e devastato il campo. Ennesima
flagrante violazione della sovranità siriana, in mancanza di un qualsiasi
mandato internazionale (e lo sarebbe anche se bombardassero dune di sabbia),
denunciata da Damasco a un’ONU sorda e cieca.
Francia, Argentina,
Venezuela: la debacle
I tre tremendi sganassoni rifilati all’umanità - elezioni
francesi, argentine, venezuelane - arrivano
da dati oggettivi, cause riconoscibili, ma deflagrano e stordiscono, proprio
come le bombe assordanti in uso presso i repressori di massa, grazie alla
carica distruttiva che gli aggiungono i trasmettitori mediatici. Il che conferma,
lo dico in tutti i miei incontri pubblici e mi viene confermato dallo
smarrimento di chi mi ascolta, che l’informazione non è una tigre di carta.
Informazione negata, occultata, manomessa, falsa. Il controcanto delle voci
altre è sepolto sotto le bombe, o eliminato dai satelliti, o reso stravagante e
inattendibile.
L’operazione di regime perpetrata a Parigi, pur nelle sue
dimensioni sanguinose, di per sé non tali da sconvolgere interi assetti sociali
e istituzionali, grazie all’incontrastato uragano di supporto dei media e al
panico programmato e diffuso, ha assunto quella portata epocale che ha raso al
suolo culture giuridiche, fondamenta costituzionali, modi di vivere,
epistemologia della realtà, percezione della comunità umana. Uragano che, come
in occasione dell’11 settembre e di tutti gli eventi affini, ha estirpato e
disperso ogni obiezione, ogni falla nella narrazione (e a volte si tratta di
voragini), le più lampanti contraddizioni. Da cui la decerebrazione di massa, l’accorruomo
generale sotto i vessilli della sicurezza e dell’autorepressione, il trionfo
della demagogia, la blindatura verso altri mondi e, quindi, l’ulteriore
frantumazione della comunità nazionale e umana, da perfezionare con xenofobia e
guerra.
Non tutto è stampa, è vero. Nell’esito elettorale ci hanno
messo pesantemente del loro imbecilli stazzonati, per quanto muniti di zanne di
vampiro, come Hollande, Valls, Sarkozy, una accolita di fatiscenti nanetti da
giardino, rispetto ai quali Marine Le Pen appariva un tosaerba a scoppio di
ultimo modello. Qui è divertente vedere come le nostre “sinistre” e “centrosinistre”
(cioè destre) si affannino a esorcizzare il fenomeno Front National, esploso sopratutto nelle regioni più depresse, tra
operai e disoccupati, con il trito ritornello della “xenofobia”, del “razzismo”,
del “populismo” o, come titola il “manifesto” con grottesca semplificazione, “eau de Vichy”, incollando sulla Le Pen
la salma del maresciallo Petain.
Bataclan val bene una guerra coloniale
Ci sarà stato l’effetto Bataclava, l’indotto migranti, la
pancia borghese famelica di grandeur,
ma il successo di questa formazione ha ben altra sostanza. E’ la rivolta contro un’Europa che ha annichilito ogni voce popolare; è
la rivendicazione di una sovranità nazionale intollerabile per la
globalizzazione neoliberista e tecnonazista che, fin dai primordi dell’Unione,
sotto la spinta lungimirante degli Usa, ha voluto spianarsi la strada facendo
saltare gli ostacoli delle costituzioni democratiche nazionali sorte dalla lotta
antifascista. Insomma l’ennesima sfera del pensiero, l’ennesimo campo d’azione,
che la sinistra si è lasciata sottrarre nella sua trafelata ricerca di
legittimazione capitalista. Facendo il verso agli arcaismi ancora al potere, quelli
sì genuinamente populisti, alla maniera delle tre carte (conoscete qualcuno più
populista di Renzi, Tsipras o Hollande?), definisce “populista” tutto quel che
di buono e cattivo dilaga sulle praterie ideologiche lasciate sguarnite e così
si rade il pelo cresciutole sullo stomaco. Eppure, anche in questo fallimentare
contesto, è ancora la stampa a ricucire le lise vele dei capitani e dei mozzi e
a soffiarci dentro.
Argentina di Cristina
o di Ernestina?
La potenza di fuoco dell’oligarchia mediatica si è
esercitata in Argentina al punto da rovesciare la realtà nel suo contrario.
Obliterato è il riscatto operato dal peronismo di sinistra dei coniugi Kirchner
rispetto alla catastrofe neoliberista inflitta al già più prospero paese del
continente dalla successione di presidenti incompetenti e farabutti, dal
dittatore Videla al joker Menem, telecomandati dalle multinazionali e dal FMI.
Grazie al gruppo monopolista “Clarin”
di Ernestina Herrera De Noble, già intima dei generali, tanto da essersi
appropriata di due figli sottratti a martiri della resistenza, alle reti
televisive capeggiate dal monopolista brasiliano Globo, alla CNN in spagnolo e
al loro codazzo di giornali e tv che, come in Italia, subiscono l’egemonia e abdicano
all’indipendenza, i grandi meriti del dodicennio di ripresa si sono dissolti
nella retorica di un bandito neoliberista, prono ai latifondisti e ai potentati transnazionali, come Mauricio Macri.
E’ vero che la sinistra kirchneriana si era affidata a un
personaggio pallido e trasversale come l’imprenditore Daniel Scioli, compiendo
il ricorrente errore di tante sinistre, a partire dalle nostre e, in quel
continente, da Allende, di abbindolare un po’ di ceti “moderati” nel segno
nefasto e anticlassista delle unità nazionali. Scioli ha inseguito la destra
sul tema strumentale dell’ordine pubblico (occhio, M5S!), a scapito dei rapporti
con i sindacati, movimenti sociali e con la piazza. Si sa dove portano i “compromessi
storici”. Alla copia si finisce sempre col preferire l’originale, anche perché
ontologicamente dotato di maggiore potere di persuasione grazie al cinico uso
della retorica e della menzogna.
E’ finita sotto il tappeto mediatico la memoria delle
nefandezze e dei disastri di Carlos Menem che dell’Argentina s’era venduto
perfino i cimiteri. Ma anche la riduzione della povertà sotto il 20% e dell’indigenza
sotto il 5% (al tempo di Menem la povertà assoluta aveva raggiunto il 56%), il
contenimento fiscale dello strapotere dei terratenientes,
le fabbriche occupate restituite ai lavoratori, la lotta all’emarginazione, la
promozione delle scuole pubbliche, la quasi miracolosa resurrezione dal default
e la resistenza ai fondi avvoltoio Usa, il rafforzamento dell’integrazione latinoamericano
in Mercosur, Unasur, Celac, l’alleanza con i governi socialisti
latinoamericani, l’antimperialismo. Pompata, invece, oltre ogni credibilità, ma
che ha lasciato il segno, l’infondata accusa al governo di aver ucciso un
magistrato che indagava sul nesso False
Flag tra l’attentato alla mutua israelita di Buenos Aires (1994, 85 vittime)
e l’Iran, regime che Cristina avrebbe coperto grazie a forniture di petrolio
(inesistenti).
E già Macri, entusiasmando la borghesia compradora,
storicamente forte nel paese e con un seguito di plebi sottoproletarie,
promette un ritorno a legami stretti con Washington, la firma di trattati
neoliberisti con l’UE, l’espulsione del Venezuela, “totalitario e violatore dei
diritti umani”, dal Mercosur. Notare la manina data a Macri
dall’anti-kirchnerista patentato Jorge Bergoglio, quando ha deplorato il
coinvolgimento dell’Argentina nel narcotraffico (accusa lanciata al governo
proprio da Macri). Bergoglio, uno che è convissuto in tutta armonia con i
generali della dittatura avrebbe dovuto tacersi.
Venezuela, una
rivoluzione frenata
In Venezuela il chavismo ha perso la seconda elezione su 20
in 17 anni. E Nicolàs Maduro, il “despota antidemocratico” per il 99% della
stampa occidentale (quella europea, riunita nell’ Alleanza dei Periodici
Europei, aveva lacrimato sul “grido di libertà del Venezuela”), ha
istantaneamente riconosciuto il risultato dei 90 seggi vinti dalla Mesa de Unidad Democratica (MUD) contro
i 46 del PSUV, sui 167 dell’assemblea nazionale (19 vanno ancora assegnati).
Alla faccia di Hillary Clinton e di tutti gli avvoltoi filo-Usa che avevano
previsto un’ecatombe della legalità elettorale e avevano attribuito a Maduro
l’assassinio di un esponente della destra, invece ucciso in una resa dei conti
tra bande mafiose. Accusa, quella della
belva genocida, candidata alla presidenza degli Usa, che risulta paradossale in
bocca di chi, in Honduras, aveva rovesciato con il colpo di Stato del 2009 il
presidente Zelaya democraticamente eletto. Anche qui, a dispetto dell’ottima
“all news” Telesur creata da Chavez, una tv che con RT (Russia Today) costituisce l’optimum dell’informazione corretta e
professionalmente impeccabile, non ha retto il confronto con la flotta di
corazzate del capitale revanscista, mai intaccate nel loro monopolio. E anche
le radio libere di quartiere, che tanto hanno contribuito a sventare il golpe del
2002 e a far crescere conoscenza e coscienza, sono quasi tutte sparite.
Enormi, e senza uguali nel mondo occidentale, sono i meriti
dello chavismo nella ricostruzione di una nazione depauperata e desovranizzata
da dittatori e manutengoli del neoliberismo Usa. Sul piano della giustizia
sociale, della riduzione della povertà, dei diritti dei lavoratori e
dell’ambiente, dell’istruzione, della mobilità, delle infrastrutture,
dell’unità progressista e antimperialista del continente. Fin da quando, sotto
l’impulso determinante di Hugo Chavez, nel 2004 l’intera America Latina
(ricordare le enormi manifestazioni in Argentina, con Maradona in prima fila),
respinse l’ALCA, il trattato-capestro che avrebbe dovuto ricondurre la regione
alla condizione di cortile di casa degli Usa, trattato di libero scambio
predecessore del TTIP in arrivo tra Washington e Bruxelles.
Dodici mesi di guerra della destra con il terrorismo delle guarimbas (attentati di strada, 43 morti
centinaia di feriti), sabotaggio economico e valutario, accaparramento e
imboscamento delle derrate alimentari distribuite a basso costo dal governo e
rivendute a prezzi speculativi dal contrabbando, infiltrazione di paramilitari
terroristi dalla Colombia, rinfocolamento della criminalità di strada,
esponenti di esercito e polizia subornati da agenti Usa e infiltrazione nelle
comunità delle relative Ong e sette evangeliche, ostilità della gerarchia
ecclesiastica alimentata dal nunzio apostolico Pietro Parolin, oggi con
Bergoglio segretario di Stato, potenza comunicativa dell’opposizione e
dell’oligarchia che ne è l’espressione mediatica, foraggiata a milioni di dollari
dal Dipartimento di Stato, dalla Cia e dall’Atlantic
Council finanziato da Exxon Mobil, Chevron, e dagli armieri Lockheed
Martin.
Al di là dei fenomeni di corruttela negli apparati
amministrativi e circoli dirigenti, la cosiddetta “bolibourgeoisie”,
riconosciuti e combattuti da Maduro forse con insufficiente determinazione, c’è
chi non esime il chavismo, sia del fondatore che del successore, da timidezze e
ritardi nel processo rivoluzionario verso il “Socialismo del XXI secolo”. La
strategia dei consigli comunali, contrappeso popolare alle istituzioni locali e
statali, non allargata e potenziata adeguatamente, un rapporto non
sufficientemente equilibrato tra organizzazioni rivoluzionarie sul territorio,
partito e governo, una bonifica mai completata degli elementi spuri o nemici
nelle forze armate e di sicurezza, un’economia e un’istruzione ancora
largamente in mano a privati speculatori e manipolatori, la grande distribuzione
lasciata a spadroneggiare contro i “mercal”,
i mercati pubblici di generi di prima necessità dai prezzi calmierati, la
volenterosa ricerca di mediazioni con i “ceti medi ricuperabili”. Insomma l’allendismo,
il berlinguerismo, lo tsiprismo
Ma, se guardiamo al resto del mondo occidentale, tutte queste carenze
sono niente rispetto a un cambiamento di paradigma senza confronti e precedenti
nell’attuale rapporto tra classi, a favore del benessere e del ruolo dei ceti
da sempre emarginati e spolpati dalla minoranza straricca. Una minoranza
razzista e prevaricatrice, con l’occhio fisso su Washington, compradora come
quella delle più arretrate società del Sud del mondo, ma di queste ancora più
vendicativa e feroce. Le ineguagliabili “misiones”, campagne per il riscatto
popolare a tutti i livelli, analfabetismo sradicato, sanità universale gratuita
(con il decisivo apporto dei medici cubani), esplosione della creatività
culturale e artistica, piena occupazione, ripetuto aumento del salario minimo,
casa e pensione a tutti, moltiplicazione delle università e scuole pubbliche,
redistribuzione delle terre, salvaguardia e autonomia delle popolazioni native.
Tutto a dispetto della crisi economica determinata da un’inflazione
artificiosamente alimentata, dal crollo del prezzo del petrolio, da un
sabotaggio esterno e interno che continua dal tentato golpe del 2002 e si è
scatenato negli ultimi anni.
Ridurre
all’obbedienza il più fortemente ideologizzato paese dell’America Latina, una
delle maggiori potenze energetiche del mondo, sarebbe la breccia più grande
aperta dall’imperialismo nel continente da riconquistare. Viene dopo la
“normalizzazione” del Cile e dell’Uruguay, l’istigazione alla sovversione del
Brasile, la cui dirigenza socialista è forse la più autodistruttiva tra quante
sono rientrate nell’orbita dei “Chicago
boys”, il recupero di tutto il lato andino dal Cile alla Colombia, fatto
salvo l’Ecuador di Correa (sottoposto a tentativi di golpe e sommosse di quinte
colonne indigene), il golpe parlamentare in Paraguay e, soprattutto, il colpo
di Stato di Obama e della segretaria di Stato Clinton nell’Honduras che stava
entrando nell’ALBA e che oggi ha tolto al Messico colonizzato dagli Usa con narcotraffico
e multinazionali, la palma di paese più derelitto e insanguinato da omicidi
criminali e di Stato.
La maggioranza conseguita permette agli escualidos di sconvolgere l’intero assetto fin qui realizzato dal
bolivarismo. Il 60% del PIL dedicato ai programmi sociali scomparirebbe a
favore di investimenti predatori negli strumenti del trasferimento neoliberista
della ricchezza. Potrà votare leggi di amnistia per i criminali del golpe e del
sabotaggio economico, far rientrare i finanzieri ladri scappati a Miami,
convocare una nuova costituente, sfasciare il Consiglio Elettorale Nazionale
colpevole di trasparenza e precisione, riconvertire la magistratura, infiltrare
i corpi militare e della polizia, promuovere l’impeachment del presidente, invitare basi militari Usa, aderire a
trattati di scambio capestro, modificare a favore del capitale le voci del bilancio,
abolire “Petrocaribe” con cui Caracas
sosteneva le economie dei Caraibi amici, potenziare l’istruzione privata a
scapito della pubblica, riappropriarsi dei latifondi, rovesciare l’attuale
politica di appoggio e amicizia ai popoli in resistenza e, dunque, partecipare
a missioni militari imperiali.
Resistono i sempre più isolati fortini di Bolivia, Ecuador,
Nicaragua, ma l’impero, nell’offensiva scatenata contro l’America Latina, ha
segnato punti importanti, a partire dall’Honduras ritornato repubblica delle
banane, anche grazie al tributo ai golpisti da parte del primate Oscar De Maradiaga, oggi braccio destro del papa. Sconsolante, deprimente, è notare
come, in questa guerra all’ultimo sangue, all’ultima biodiversità, ultimo
ambiente, ultimo lavoratore in dignità, ultima sovranità popolare e nazionale,
ultimo riscatto indigeno, ultima unità continentale, Cuba, un tempo del Che, svolga
il ruolo, meschino e collaborazionista, mediato dalle Chiese, della
pacificazione e del partneriato subalterno con i massacratori yankee dei suoi
fratelli latinoamericani. Ai popoli che vorranno rispondere con la presa di
coscienza e la mobilitazione insurrezionale all’assalto dei necrofagi del Nord non
conviene più cercare il faro-guida all’Avana. Conviene ripartire da Bolivar,
Chavez, Morales,Tupamaros, senza
dimenticare Gramsci e, soprattutto, Marx. E, perché no, Bashar El Assad. Tocca
fa risuonare voci e i rispettivi strumenti di diffusione che ricuperino alla consapevolezza
della verità masse frastornate e obnubilate. Cosa di cui avremmo bisogno anche
noi. E’ la stampa, bellezza.
Ciao Fulvio.
RispondiEliminaScappa da ridere al grido di "populismo"lanciato da servi come Hollande e Renzi al soldo della tecnocrazia e delle multinazionali ,gente che ha smantellato lo stato sociale e i diritti e che si definisce di "sinistra".Oppure Sarkozy che si erge a baluardo della "democrazia",lui che ha costruito la sua ascesa politica con la repressione delle banlieu.
La Merkel che ha consapevolmente ucciso infermi e malati in Grecia.Il finto rivoluzionario Tsipras.Nel "populismo",cioe' nel tenere in considerazione le esigenze del popolo,non ci sarebbe proprio niente di male.Anzi,sarebbe l'ora che le elites antidemocratiche si ricordassero che esistono dei popoli.Oltretutto il nazionalismo,nel suo aspetto piu' deteriore,e'rinforzato da ottuse istituzioni sovranazionali dove vige solo la legge del piu' forte come fossimo in una giungla.Una destra che rivendica un nazionalismo e una solidarieta' sociale ha forti possibilita' di conquistare il potere.Aggiungiamo che e' molto facile farsi scappare la situazione di mano fomentando razzismi e paure.Giolitti fece lo stesso col fascismo,pensava di poterlo controllare per i suoi scopi.A me il populismo del FN non fa piu' paura di mostri come Hollande,Renzi,Sarkozy e Merkel.Fa paura
il razzismo che non e' del FN o della Lega,loro lo utilizzano.Il razzismo e' proprio del tuo vicino di pianerottolo,quel bravo signore,quando e' impaurito e disorientato e impoverito.A me,e Fulvio credo capisca bene che -perche' ho scritto tante volte qui-non lo scrivo certo per razzismo,non piace il multiculturalismo e il paese multietnico che si costruisca per "obbligo"e in poco tempo.Mi spiego :obbligo per chi arriva perche' spinto da ingiustizie quali guerre e poverta'.Ben venga che uno decida di spostarsi per motivi suoi,molto triste che lo "debba"fare mentre se ne sarebbe stato volentieri nel suo paese.Ed imposizione a popolazioni non ancora pronte a contaminazioni etniche e culturali di tale proporzioni.Obiettivo vero di questa forzata e rapida "colonizzazione"al contrario :una marmellata indistinta al posto di un popolo,con gruppi divisi da diffidenza che si puo' facilmente far diventare odio.I sostenitori:Chiesa ed ong,profeti del politically correct stile Boldrini,radical-chic vari,confindustria e gruppi industriali che vedono in queste masse nuovi schiavi da utilizzare per ricattare i lavoratori.La marmellata sarebbe facilmente governabile .Pero' questi governanti hanno dimostrato piu' di una volta di non essere geni come credono(Merkel donna dell'anno,sic!)e dimostrano di non conoscere la storia.Le similitudini tra questo periodo e gli anni 30 sono mostruosi :oltre la crisi basta mettere i musulmani al posto degli ebrei.Se si continua a scherzare col fuoco del delirio anti-islamico,della folle politica estera e dell'immigrazione di massa da un lato,e con le politiche della tecnocrazia neocon dall'altra ,i popoli cadranno inevitabilmente in tentazioni stile FN .
Per quanto riguarda il Venezuela una riflessione :dai tempi del risorgimento a Fidel Castro la borghesia sosteneva in buona parte le rivoluzioni.Quella era una borghesia che si formava nelle Universita' e sui libri.Questa di oggi si forma nelle palestre e nei centri estetici e sul Grande Fratello globale(mai titolo di prgramma tv fu piu' azzeccato).
Luca.
Gianrico Tedeschi - Timone d'Atene di William Sha…: http://youtu.be/4GhXmeF2P8Q
RispondiEliminaRicordo il vecchio Jean Marie,fascista della vecchia scuola, ma anche uno dei pochissimi politici occidentali ad aver osato intrattenere relazioni amichevoli con il demonizzato Saddam Hussein e sostenuto anche materialmente gli iracheni sotto embargo.
RispondiEliminaLa figlia, pure modernizzata, non sarà poi così malaccio. Di sicuro meglio di Sarkozy o di Hollande.
Certo è un pò triste...ma come insegna Fulvio bisogna essere flessibili e adattabili e machiavellici a seconda dell'istanza storica.
Ciao Fulvio.
RispondiEliminaA proposito del blog del fatto quotidiano ,ne avevamo discusso con mauro murta quando gli avevo scritto che i suoi commenti erano sprecati laggiu'.Ennesima riprova dopo i commenti su Veenezuela e politica estera in generale.Oggi su poteri che violano la privacy in nome della lotta al terrorismo tutti i bravi lemming erano pronti al suicidio di massa .Senza rendersi minimamente conto che ,fatta la prima breccia con reazioni nulle,la nostra liberta' personale e' fottuta in partenza.E questo e' un giornale letto da persone "liberal"...
Ovviamente tutti ferventi difensori anti-demonio Putin di diritti gay,transqualcosa,femminqualcosa ecc...
Luca.
Io sto con Arno Secondari ed i suoi Arditi,l'unico insieme a Gramsci che aveva capito chi era Mussolini
RispondiEliminaIeri Piazza san Marco era presidiata per la messa in piazza tanto che per tornare a casa ho dovuto superare tre controlli ad accessi controllati, uno dei vigili urbani, l'altro della polizia ed uno dei carabinieri. Ma la cosa piu' inquietante, non solo per me ma anche per molti visitatori, erano agenti, in gruppetti di 5 o 6, probabilmente dei Nocs, che scorazzavano sulla fondamenta con viso coperto da passamontagna e mitra spianato con dito sul grilletto. Alla faccia delle donne arabe che non possono indossare il Niqab per la sicurezza! Oggi sui giornali si dice che tale messa, forse del Patriarca di Venezia, era poco partecipata. Chissa' come mai...
RispondiEliminaE' morto Armando Cossutta. Uno dei personaggi che dalla fine degli anni '80 ho sempre seguito con un certo interesse. Al di la' degli errori che puo' aver commesso, e' stato uno dei pochi che non ha accettato l'adesione alla Nato e l'antisovietismo come premessa indiscutibile, e di avere il merito di aver contrastato la svolta revisionista di Occhetto e dei Napolitano, gia'in preparazione da anni, che non poteva non portare ai risultati nefasti che oggi vediamo.
RispondiEliminaAlex 1@
RispondiEliminaPrevidente padre di famiglia, per le classi subalterne italiane fece certamente più di Ingrao ma meno di Fanfani.
A lui dobbiamo una agguerrita pattuglia di deputati e assessori, alcuni improbabili piccoli Lenin di provincia e soprattutto il governo D'Alema.
Il suo capolavoro - nonché sintesi di un impegno politico sempre improntato alla saldezza degli ideali - fu la visita a Slobodan Milosevic un giorno prima di bombardarlo.
Ultimamente pare che avesse preso l'accento di Rignano sull'Arno. Ma senza tirarsela o farla tragica quanto il sen. prof. Mario Tronti [SGA].
Per i suoi traffici, vedi "Il rosso e il nero", edizioni Kaos, dove si racconta dei connubi affaristici tra l'uomo di Mosca e l'omino di Arcore.
Ciao Fulvio
RispondiEliminaMi ricordo la visita a Milosevic, fu uno dei pochi a non demonizzarlo, fu criticato dai "democratically correct" dell'epoca, inclusi alcuni ex di sinistra convertiti all'atlantismo, come Deaglio, solo per aver accettato di incoltrarlo. Certo il fatto dei bombardamenti il giorno dopo lo ha un po' ridicolizzato ("scusa se ti bombardiamo" disse sagacemente un mio collega immaginandosi al posto di Cossutta) ma non ha deciso lui per la guerra. Non usci dal governo D'Alema, sicuramente una colpa. Non l'ho seguito recentemente anche se sembra avesse votato Ds nel 2008, capisco che ad una certa età e dopo aver visto lo sfascio del suo partito vecchio ed il fallimento di ricostruire una sinistra comunista, può venire lo sconforto e votare per il meno peggio. Per questo di errori ne ha fatto. Ma non ha mai sconfessato gli ideali che animavano molti a sinistra, non solo nel PCI, come hanno fatto altri dirigenti, passati da Guevara a Kennedy, da Castro a Nixon, da Gramsci a Renzi. Onestamente non so nulla dei suoi presunti rapporti con l'omino di Arcore.
E mentre preparano loro un bel mondo degno del PEGGIOR incubo orwelliano i "giovani"(neanche tanto)dell'Uccidente si travestono in massa da "personaggi" di starwars ,fanno le code in sacco a pello per la premiere del loro capolavoro.Sono gli stessi che fanno la coda per battere il cinque coi loro colleghi precari dei megastore per acquistare,grazie alla pensione del padre o dei nonni ,l'ultima diavoleria elettronica.Gli stessi che guardano i programmi della defilippi e i "talent",i "reality".
RispondiEliminaVa a finire che mi tocca rivalutare quelli che vanno in Siria...No,dai,almeno questi si fanno del male da soli mentre gli altri sgozzano e bruciano viva la gente.Come cattiveria non c'e' confronto,sul Q.I.invece si potrebbe discutere a lungo.Meglio credere nelle vergini del Profeta o nella Forza e nello Jedi ?Mah...
Luca.
A proposito di informazione, interessante video di Pino Cabras sulla gestione dei media.
RispondiEliminahttp://www.pandoratv.it/?p=5342
Ucciso in Siria ul leader druso del Libano dai nazisionisti. Era stato già fatto prigioniero dallo stato ebraiconel 1978 e rilasciato nel 2008 alla fine di una lunga trattativa con scambio di prigionieri israeliani catturati durante'invasione del 2006. Questo per far capire quanto valgono gli impegni negoziali presi da quello stato, esempio da imitare e da difendere dalla "barbarie araba" (fra l'altro l'assassinato non era neanche mussulmano) secondo tutti i "democratically correct" nostrani. Prima liberano i detenuti politici, per ottenere qualcosa in cambio, tanto casomai poi li ammazzano. E sembra che a fare da spie a favore di questo atto di terrorismo, che non sarà mai definito tale sui nostri organi di informazione, siano stati proprio i "ribelli siriani" quelli buoni, quelli "non isis", sgozzatori moderati che fanno capo ad Al Nushra ( le due ragazzette italiane ne sanno nulla?) ed al famigerato "Esercito Libero Siriano" braccio armato della Turchia. Sembra che questo leader avesse mostrato elementi che smascheravano gli aiuti logistici e militari di Israele a favore dei sopracitati "ribelli moderati" con i quali il governo Siriano dovrebbe negoziare. Scusate ma mi viene da vomitare
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