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Nella tattica del terrorismo aereo di Stato,
scatenato contro i paesi islamici a partire dai missili travestiti da aerei
dell’11 settembre, rilanciato contro la Russia dal MH17 malese abbattuto sul
Donbass nel luglio 2014, l’Egitto è al momento il target privilegiato. E
possiamo con tranquilla sicurezza dire, parafrasando Pasolini, che noi
sappiamo, pur non avendo altre prove che l’identità, la pratica storica e gli
interessi del colpevole. Chi, l’ottobre scorso, ha fatto esplodere sul Sinai il
Metrojet russo in volo da Sharm el Sheik
con 224 persone a bordo ha colpito la Russia, antagonista globale e
particolarmente vincente in Siria, insieme all’Egitto, dove un’insurrezione di
30 milioni di cittadini aveva eliminato dalla scena il Fratello Musulmano Mohamed
Morsi e aveva sancito nel successivo voto la vittoria del generale Abdel Fatah
Al Sisi. E qui colui che aveva collocato la bomba sull’aereo è stato catturato:
un jihadista dell’Isis, vale a dire un miliziano del ramo terrorista della
Fratellanza.
Questi
aeroporti supersicuri con le voragini
Visto che Francia e Belgio appaino terreni di
scorribande di terroristi con appiccicata l’etichetta Isis e vista la dimostrata
apatia (inefficienza? complicità?) dimostrata dalle autorità di sorveglianza
franco-belghe in occasione delle mega-operazioni di questi terroristi, viene
naturale pensare che anche all’aeroporto Charles De Gaulle non si sia stati
esasperatamente impegnati a impedire che qualche manina depositasse nell’Egypt
Air in partenza per il Cairo l’ordigno che è stato visto bruciare nel cielo
sopra il Mar Egeo. E stavolta, insieme all’Egitto sottratto al fidato Fratello
Musulmano da Al Sisi, un tizio dalle mosse imprevedibili e spesso fuori
binario, detestato in tutto l’Uccidente,
la botta è anche al paese da cui i 60 poveri passeggeri, sacrificati alla
ragion imperiale, erano partiti. Discredito sommo per la Francia.
Magari ora si depisterà su qualche missile partito
dal territorio di Tsipras, tanto amico di Israele, o sull’improvvisa mattana
del pilota, come nel caso del Germanwings,
schiantatosi nel maggio 2015 su una grossa esercitazione Nato in Francia che
provava a vedere come si tirano giù aerei senza farsene accorgere. Ma l’ombra
nera sul De Gaulle resterà e si aggiungerà a tutte quelle che, da Charlie Hebdo
al Bataclan, hanno oscurato qualsiasi affidabilità anti-terrorista di Marianna.
Però, in compenso, le hanno dato facoltà di imbrigliare nell’emergenza
repressiva perpetua qualsiasi moto di insofferenza popolare. Calcolo non del
tutto riuscito se si guarda alle settimane di ininterrotte battaglie in tutto
il paese contro la Loi Travail (la
chiamano con la loro lingua, mica, come noi burini, Jobs Act). Battaglie di centinaia di migliaia a cui noialtri,
seviziati, affamati ma pacificati, nella nostra sdrucida sdraio guardiamo
attoniti.
Fratelli
Musulmani: turismo kaputt, Egitto kaputt
Per inciso, ma a illustrare quale possano
essere le reazioni di chi progettava una bella vacanza sul Nilo (del resto
anch’esso illuminato da un susseguirsi pirotecnico in tutto il paese, dalla
foce alla diga di Assuan, di esplosioni a firma Isis, ma a paternità FM),
riferisco del prolungato rizzarsi dei peli sulle mie braccia al sentire
dell’Egypt Air disintegrato e al concomitante ricordo che, solo pochi giorni
prima, con la stessa compagnia avevamo
fatto andata e ritorno dall’Eritrea.
E così siamo arrivati all’immancabilmene
rivelatore “cui prodest”.
Ma prima di esplicitarlo, vediamo come alla
tattica dell’intervento su quello che è l’inevitabile mezzo di trasporto di
quasi tutti coloro che si vogliono recare in Egitto (a meno che non siano
israeliani, sudanesi, libici, parapendisti del Monte Sinai, o carovanieri del
Sahel), si affianchi la “continuazione del terrorismo di Stato con altri
mezzi”. Il missile lanciato contro l’Egitto si chiamava Giulio Regeni.
Sprovveduto frequentatore di ambienti dello spionaggio e della provocazione
angloamericana, non si è reso conto fino a che punto quegli ambienti ti possono
trasformare da amico del giaguaro in utile idiota, utilizzandoti nel primo
ruolo e sacrificandoti nel secondo. E così Regeni è diventato il trampolino da
cui far piombare sull’Egitto e sul suo governo un uragano di anatemi tale da
renderlo definitivamente infrequentabile.
Metrojet russo, Egypt Air, Regeni, più un
paesaggio egiziano percosso da folgori e schianti fatti in casa da coloro cui è
stato detto che, più sconquassano e massacrano, più li si favorirà a tornare al
potere nell’ultimo Stato nazionale arabo (insieme all’Algeria) non frantumato,
o ridotto all’obbedienza neocolonialista e neoliberista. Risultato: un paria
nell’immaginario occidentale, il turismo che dal 20% delle entrate scende a
zero e sprofonda il paese in una catastrofe economico-sociale da cui si calcola
potrà sognare di risollevarsi unicamente vendendosi.
Chi di
spione ferisce, di spione perisce
Con l’abbattimento dell’aereo russo s’è già
persa una bella quota di quel 20%. Extra bonus, uomo avvisato mezzo salvato,
con riferimento a Putin e Al Sisi che al Cairo avevano firmato ampi accordi
commerciali, militari e di investimenti. Della bomba a grappolo Regeni tutti si ostinano a ignorare il torbido
romanzo di formazione negli Usa dell’intelligence e l’approdo alla società di
spionaggio Oxford Analytica, diretta da tre specialisti del terrorismo su vasta
scala: Mc Coll, già capo dei servizi britannici, David Young, ex-galeotto per
il complotto Watergate e John Negroponte, sterminatore di civili in Centroamerica
e Iraq con i suoi squadroni della morte. Le ricadute dell’ordigno umano sono
state un’altra fetta di turismo andata e, soprattutto, un gigantesco business
Italia-Eni-Egitto, attorno al più grande giacimento di gas del Mediterraneo,
messo a repentaglio, forse definitivamente.
Gas
all’Italia? Col piffero. Alla Francia? Rien ne va plus
Diversamente dall’orrido TAP (Trans Adriatic Pipeline) imposto da
Shell, Obama e Renzi, che devasterà le coste del Salento e degraderà la Puglia
in hub energetico europeo, ma che parte dall’amerikano e filo-Erdogan Azerbaijan
(ultimamente meritevole anche per l’aggressione al filo-russo Nagorno), quel
gas egiziano, insieme all’altro arabo dall’Algeria, pure malvisto, ci avrebbe
dato un sacco di soddisfazioni energetiche senza deturpare nulla, ma anche
senza mano Usa sul rubinetto.
Dopo aver spento la musica al valzer
Egitto-Italia, era arrivato in sala da ballo il castigamatti dell’Africa
francofona, il restauratore della mai dimenticata FranceAfrique in Costa d’Avorio, Mali, Niger, Ciad, RCA e giù giù
fino al Gabon e oltre. Ma se al clown da circo dell’orrore, Hollande, il
diversivo neocolonialista dai disastri nella metropoli poteva essere consentito
nella FranceAfrique (dopottutto si
muoveva anche nel nome della Nato), il suo precipitarsi in Egitto a concordare
con Al Sisi la sostituzione del partner francese a quello italiano costituiva
invasione di campo. Guarda un po’ se gli anglosassoni, inventori e poi padrini
dei Fratelli Musulmani e dei loro apprendisti stregoni Daish, si devono far fottere
da questo parvenue che viene a ballare la sua Vie en rose al Cairo! Che canti piuttosto, con l’Egypt Air
precipitato, Le feuilles mortes.
Chi è Mohammed
Morsi
Sullo sfondo della presidenza Al Sisi sono da
osservarsi alcuni dati. La stragrande maggioranza degli egiziani è laica. I
militari sono laici, per quanto i Fratelli Musulmani si siano sforzati di
infiltrarli. Il presidente Morsi, quello della Sharìa, del carcere alle
opposizioni, delle fucilate agli scioperanti, delle chiese cristiane incendiate,
è stato votato dal 17% delll’elettorato. Poi 33 milioni di egiziani firmarono
la richiesta delle sue dimissioni. Parlare di colpo di Stato nella sua
rimozione appare improprio. All’occhio degli egiziani il conflitto è tra
nazionalisti e islamisti. Quest’ultimi da sempre favoriti dall’Occidente neocolonialista,
anche perché servivano a rendere inoffensiva ì’ideologia panaraba e degli Stati
nazionali, mentre si ritrovavano nella sfera collaborazionista dei sultanati
del Golfo.
La rivoluzione popolare del 2011, presto in
buona misura infiltrata e manipolata dai soliti esperti di regime change statunitensi.perchè fingesse un superamento della
dittatura di Mubaraq attraverso un regime di musulmani “moderati” (secondo gli
stessi media Usa, alle varie Ong dei “diritti umani”, partner privilegiati del
“manifesto” per le sue valutazioni delle cose, arrivarono 48 milioni di dollari
perché sostenessero il Fratello Morsi). Si ricorda tale Youssef al Qaradawi,
predicatore principe della Fratellanza, che in piazza Tahrir spiegava che non
contavano tanti i diritti dei palestinesi, quanto la lotta all’abominio
omosessuale. Alle presidenziali votò il 35% degli aventi diritto e solo il 17%
si espresse per Morsi. Vibranti furono le congratulazioni di Washington.
L’intera amministrazione dello Stato fu
occupata dai FM. Gli assassini del presidente Sadat furono ricevuti da Morsi e
messi a capo del Consiglio dei Diritti Umani. L’autore del famoso massacro di
Luxor fu nominato governatore di quella provincia. Seguirono gli arresti degli
oppositori laici di Mubaraq e i pogrom anticristiani. Tutte le maggiori imprese
dello Stato vennero privatizzate e fu annunciata la possibile vendita del
Canale di Suez al Qatar, una specie di Vaticano dei FM, sponsor dell’Isis.
Morsi inviò una delegazione ufficial dal capo di Daish Al Baghdadi e ordinò
alle Forze Armate di essere pronti ad attaccare la Siria, cosa che suscitò
vivissime reazioni contrarie tra i militari. Morsi rimediò inviando “volontari”
a supporto dei jihadisti. Questi e altri provvedimenti innescarono quella che
sarebbe stata la più grande manifestazione di massa contro un presidente
egiziano. I FM reagirono con le armi e per un mese si succedettero scontri
sanguinosi. Il Qatar e la Turchia di Erdogan furono i primi a denunciare il
“colpo di Stato”. La guerra civile fu evitata grazie alle elezioni, boicottate
dagli islamisti e in cui Al Sisi riportò il 96% dei voti. Da quel momento
inizia la campagna degli attentati terroristici. I media occidentali parlano di
arresti e condanne di oppositori. Quasi sempre si tratta di FM responsabili
degli attentati con centinaia di vittime.
Chi è
Abdel Fatah Al Sisi
A dispetto del terrorismo islamista, con Al
Sisi l’Egitto conosce una certa pace sociale. Vengono liberati prigionieri
politici e ricostruite le chiese copte bruciate. L’economia è a pezzi,
l’ostilità dell’Occidente e del Qatar provoca isolamento.Tanto più che il Cairo
si propone come autorevole mediatore nel conflitto libico e come forza
effettivamente capace di debellare, con il legittimo governo di Tobruk (che
aveva vinto le elezioni ed era aperto ai gheddafiani) e il generale Haftar, i
mercenari Isis spediti dalla Turchia, beneaccetti dai Fratelli di Tripoli e dai
tagliatori di teste di Misurata e finanziati dal Qatar. Solito pretesto per
l’intervento Nato.
Con l’aiuto della Cina, imperdonabile,
l’Egitto raddoppia la capacità del Canale di Suez e quindi le entrare che ne
derivano. Dovrebbe essere un segmento cruciale della nuova temutissima Via della Seta e dell’interscambio
tra Africa e Cina. Nell’estate del 2015 l’ENI rivela la scoperta dell’enorme
giacimento di gas e di altri idrocarburi nell’area marina di Zohr, che
permetterebbe al Cairo di ricavarne l’equivalente di 5,5 miliardi di barili di
petrolio. Contemporaneamente dilaga il terrorismo dei FM, vengono uccisi il
Procuratore Generale della Repubblica e altri alti funzionari e magistrati. Ne
segue un’ondata di arresti che fanno gridare in Occidente alla brutale
repressione del nuovo Pinochet.
Mohammed Hassanein Heikal, il più brillante e
cosmopolita giornalista egiziano, già portavoce di Nasser e direttore del primo
quotidiano egiziano, Al Ahram, sollecita
Al Sisi di denunciare la macelleria saudita nello Yemen (e difatti le truppe
egiziane verranno ritirate), di sostenere la resistenza del presidente siriano
Assad e di cercare un riavvicinamento con l’Iran. A 87 anni, Heikal, che anni
fa avevo intervistato per il Nouvel Observateur scoprendovi uno dei più colti e
appassionati intellettuali arabi incontrati in mezzo secolo, muore. Muore prima che Al Sisi possa portare avanti quel
discorso.
“Il manifesto”, mentre gli altri megafoni della demonizzazione dell’Egitto e del suo “Pinochet” si stavano acquietando, anche di fronte all’evidenza del carattere di schiumogeno che le accuse contro gli inquirenti sul caso Regeni stavano rivelando e l’ambigua identità del giovanotto, rilevata da molta stampa estera, insisteva e accentuava il suo bombardamento di contumelie, congetture, illazioni, accuse senza fondamento. Personaggi da assegnare alle categorie degli utili idioti o degli amici del giaguaro, a seconda della percezione di ognuno, tra i quali un magistrato disertore e fallito politico come Ingroia, il compare di Sofri Manconi, vari dirittoumanisti di complemento, cantanti, nani e ballerine, invocavano sull’Egitto di Al Sisi i fulmini di Giove, Marte, Saturono, Urano, Diopadre, sanzioni, embargo, interventi ONU, magari, sotto sotto, bombe alla libica. Neanche uno di questa compagnia di giro cripto-Nato che si fosse chiesto cosa cazzo ci facesse Regeni con criminali come Young, Negroponte e McColl. Non è solo malafede. E’ complicità con chi usa altri mezzi per distruggere l’Egitto. Complicità, in ogni caso, con chi è comunque peggio di Al Sisi.
hai notato che parlano di scalo in Eritrea!?!
RispondiEliminaAnonimo@ Chi parla di quale scalo in Eritrea?
RispondiEliminaBisognerebbe essere meno criptici, o succinti.
È sconcertante vedere un quadro pieno di puntini già numerati, da un lato, e i media unirli nei modi più fantasiosi possibili, dall'altro. Pure cortine fumogene.
RispondiEliminagrazie e un caro saluto.
paolo
Io ho sentito non di scalo in Eritrea ma del fatto che l'aereo caduto aveva viaggiato per Asmara poco prima.
RispondiEliminahttp://www.breitbart.com/jerusalem/2016/05/19/crashed-egyptair-plane-first-traveled-hotspots-tunisia-eritrea/
RispondiEliminascusa ho dimenticato di mettere il link,
non l'ho neanche letto, mi sono soffermato al titolo, ed ho subito pensato a te, ed ai tuoi recenti post!
Caro Fulvio, a proposito di Algeria, leggevo questo sul blog di M. Blondet (certo, mala tempora currunt, se per informarmi devo ricorrere a un cattolico tradizionalista, ma tant'è...):
RispondiEliminahttp://www.rischiocalcolato.it/2016/05/fare-dellalgeria-unaltra-libia-lo-comanda-il-philosophe.html
Al di là, naturalmente, del ruolo ironicamente esagerato che nella vicenda Blondet fa svolgere a quel ciarlatano di BHL (da Foucault e Derrida a BHL e Glucksmann...neppure i francesi se la passano tanto bene, a quanto pare), volevo chiederle il suo parere, in particolare rispetto alla questione berbera. Per quello che mi riguarda, non sapevo dell'esistenza di questo MAK, ma mi sorprenderebbe davvero se le popolazioni kabyle si prestassero al gioco al massacro neocolonialista, vista l'immane sofferenza e umiliazione che quelle stesse popolazioni hanno vissuto a causa del colonialismo francese e lo straordinario contributo che hanno dato per emanciparsene, in nome di un' Algeria unita, libera e indipendente. Purtroppo, però, so anche che se ti fanno piombare l'inferno sulla testa, non è facile per nessuno mantenere il sangue freddo e la mente lucida....
Un caro saluto e un ringraziamento per il suo lavoro.
Panurge@
RispondiEliminaNon facciamo di tutta l'erba un fascio: cosa c'entra Foucault con BHL e Glucksmann? I francesi, comunque, a vedere un mese di lotte e scontri in piazza contro la Loi Travail, se la passano assai meglio di noi che stiamo in coma neanche vigile. Non ho letto Blondet, non segue molto questo bigottone collerico (ma bravo sulle false flag), e non ho ancora letto il post che mi segnali, ma so che i berberi di Algeria sono da decenni la quinta colonna del neocolonialismo francese. Come tutti i colonialisti, Parigi ha sfruttato e sfrutta le minoranze che essendo tali sono ontologicamente frustrate. Basta vedere come i berberi sono amati e sostenuti dai radical chic, dalle sinistre cripto-Nato. Proprio come i curdi di Siria e Iraq, altra quinta colonna adoperata per frantumare gli stati nazionali multietnici.
Mi chiedo però quanti dei politici di spicco, quanti dei redattori mainstream, quanti "democratically correct" che hanno messo la bandiera francese sul proprio profilo (benchè il governo francese di interventi militari ai danni delle popolazioni africane ne ha fatte tante anche in tempi recenti, ma pochi lo ricordano) mostreranno alcuna forma di solidarietà verso l'Egitto, colpito per la seconda volta da un disastro quasi certamente opera di terroristi.Si accusa i paesi "islamici" di esportare terrorismo, ma poi dalla Siria all'Iraq all'Egitto si vede che gli atti terroristici colpiscono di più proprio i paesi che vengono accusati di essere "esportatori" di terrorismo. Riguardo all'Eritrea, ritengo importantissimo questo bel servizio, anche a convincermi che la secessione dall'Etiopia non fu una delle tante secessioni innescate dai colonialisti, come frequentemente dal Katanga al Kossovo, si è verificato. Il contributo degli ascari alla conquista italiana del 1936 e l'appoggio all'Etiopia anche dal campo socialista negli anni ottanta poteva far pensare diversamente.
RispondiEliminaimprenditore in visita all'azienda dell'amico rivolgendosi alle maestranze sbotta:"Io questi li licenzerei tutti assumerei giovani dalle agenzie li pagarei un cazzo e gli spaccherei la schiena" inoltre accorgendosi dello sguardo piu attonito che incazzato di un operaio lo affronta a muso duro minacciando "tu hai il posto fisso vero?" e se ne va senza attendere risposta.
RispondiEliminaSiamo a questo punto se non già oltre,ditelo alla Camusso e pure a quei pensionati che manifestano rivendicando il diritto agli 80 euro da bravi cittadini senza rompere le vetrine ,chissenefotte di chi la pensione non la vedrà mai.
Questo malinteso non posso lasciarlo passare, visto l'amore che ho per Michel Foucault! Naturalmente, egli non c'entra nulla con i suddetti ciarlatani. Intendevo, appunto, rimarcare il passaggio dalla grandezza della filosofia e del pensiero critico francesi degli anni sessanta-settanta (Foucault, Derrida, Deleuze, Bourdieu, ecc.) e la miseria del presente (BHL e gli altri "intellettuali" televisivi). Saluti
RispondiEliminaAlgeria, Siria, Iraq, Egitto ...tempi difficili per i vecchi baluardi non-allineati che un tempo potevano contare sui rispettivi sistemi nazionali ma che in un mondo globalizzato si ritrovano necessariamente nelle condizioni di allinearsi. La loro scarsa capacità di rinnovamento e la mortificazione di qualsiasi progetto politico alternativo che li mettesse a sistema (Panarabismo, Unione Africana, Terza via) ha permesso ai rispettivi rappresentanti politici di diventare veri e propri monarchi in grado di fare il bello e il cattivo tempo e giocando una partita pericolosa a ridosso di un conflitto nucleare tra potenze.
RispondiEliminaCaro fulvio ti conosco dai tempi di guido masi e dei bogside voulonteers, per intenderci. Articolo lucidissimo, ma un solo appunto, di metodo. Siamo tutti impegnati a fare analisi e a sbugiardare le verità di questa finta democrazia che chiamiamo occidente. Proprio per questo dobbiamo essere noi per primi credibili, e dare notizie che sia supportate. Ripeto, sottoscrivo tutto il tuo articolo ma mi spieghi cosa significhi missili e non aerei per l'11 settembre?
RispondiEliminapaolosenzabandiere