venerdì 3 marzo 2017

AMNESTY E LE PARCHE FACILITATRICI


(Con un intervento in calce di Enzo Brandi e Stefania Russo)

Andiamo indietro almeno fino alla guerra contro la Jugoslavia e vedremo come ogni crimine di guerra, ogni crimine contro l’umanità, ogni crimine di aggressione economica, sanzioni, embargo, blocco, diretti contro paesi sovrani, indipendenti, liberi, che si difendono contro i tentacoli della piovra imperialista, essenzialmente Usa, Israele, UE e Nato, vengano preceduti e, dunque, facilitati dall’intervento di Amnesty International, Human Rights Watch (quella di Soros) e Save the Children, le tre sedicenti organizzazioni per i diritti umani di matrice angloamericana. Sono loro le tre Parche, o, per i Greci, Moire, figlie depravate di Zeus e Temi, che pretendono di governare vita, destino e morte degli umani. Al loro seguito formicolano altre entità minori con il compito di rafforzare, a livello tecnico e di categoria, l’impatto delle operazioni propagandistiche delle tre sorelle del crimine umanitario organizzato, tipo Avaaz, Medici Senza Frontiere, Reporter Senza Frontiere.
Alle origini e al vertice hanno tutti gente che una persona perbene non toccherebbe con una pertica. Il Kouchner di MSF, sodale del filosofo sguattero  Henry Levy e agitprop della guerra dei briganti UCK contro la Serbia; il Robert Ménard di RSF, che sostiene la tortura, lavora con il terrorista anticastrista Otto Reich, viene pagato dalla Cia e si permette di dare la classifica delle libertà di stampa; Tom Perricello, deputato democratico e fautore dell’attacco all’Afghanistan e Tom Pravda, consulente del Dipartimento di Stato, più una spruzzatina di Wall Street, a capo dell’agenzia di raccolte firme e schedatura dei farlocconi Avaaz, fondata da MoveOn, la piattaforma di ogni perfidia imperialista.

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Una mazzata al cerchio e un buffetto alla botte
Entrano in campo quando il gioco si fa duro e i loro mandanti, che sono storicamente e tuttoggi i poteri dello Stato Ufficiale, stavolta in sintonia con quelli dello Stato Occulto: Dipartimento di Stato Usa, Pentagono, Wall Street, National Endowment for Democracy, USAID, Cia e servizi dell’Intelligence atlantica. Per provarlo bastano le figure apicali, in gran parte provenienti da quegli ambienti, tipo Suzanne Nossel, già braccio destro di Hillary Clinton segretaria di Stato). Si rendono credibili, presso i meno dotati di memoria e discrimine, con alcune denunce indirizzate anche ai governi amici, quelli della sedicente “comunità internazionale”, e alle sue appendici, da Israele ad Arabia Saudita, dal Messico al Sudcorea. Perlopiù quando i fatti esposti risalgono a tempi impolverati, o sono di un’evidenza plateale o, comunque, non turbano gli obiettivi strategici della fase perseguiti dagli sponsor maggiori. Colpo di maglio al cerchio nemico, tiratina d’orecchi alla botte amica. E grazie a questi interventi che riescono a prendere alle spalle molti dabbenuomini e a dar credito ai portatori d’acqua dell’imperialismo bellico che si fanno passare per portavoce del pacifismo, dei diritti umani, delle masse oppresse. Nel milieu li chiamerebbero “infami”. Un esempio dalla marca italiota: “il manifesto”.

Amnesty, apripista dei necrofori
Dicevo quando il gioco si fa duro. Prendiamo Amnesty, freneticamente attiva in questi giorni sulla Siria. Prima, la ributtante truffa di “Caesar”, anonimo diffusore di migliaia di foto di cadaveri, in parte torturati, attribuiti tutti alla follia omicida di Bashar el Assad. Naturalmente niente nomi, niente fonti  identificabili e, poi, la scoperta che almeno metà dei corpi appartenevano a militari siriani caduti in battaglia. Poco dopo, l’altrettanto ridicolmente anonima denuncia dello strangolamento nelle carceri siriane di un numero tra i 5000 e i 13mila (sic!) detenuti. Infine, di queste ore, un virulento attacco a Russia e Cina per aver opposto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che riesumava la logora e mille volte smentita accusa che Damasco avrebbe utilizzato armi chimiche. Accusa, totalmente priva di prove, ma fatta sgocciolare anche un pochino sui ”ribelli”, in modo che la così dimostrata “imparzialità” renda credibile la colpevolezza dell’unico imputato visibile e identificabile e, magari, trascinabile davanti al Tribunale Penale Internazionale (quello che finora ha incriminato esclusivamente imputati dalla pelle nera). Cerchiobottismo sbilanciato.
Si ricorderà che fin dal 2013 le potenze attaccanti avevano cercato di convincere Obama che Assad aveva oltrepassato la famosa “linea rossa”, quella fissata da Washington relativa all’uso di armi proibite. Venne fuori che quell’attacco chimico era stato lanciato da Est Ghouta, area in mano ai mercenari addestrati e pagati dalla Nato e dai suoi soci del Golfo. Fu l’intervento russo a bloccare Obama (il masskiller maggiore tra i presidenti Usa), sia dimostrando quanto sopra, sia ottenendo che Damasco si disfacesse del suo arsenale chimico (restando inerme davanti a Israele, nemico di sempre e potenza nucleare, oltreché biochimica). A bloccare nell’imbarazzo Obama ci furono anche le successive prove, documentate da video e dalle vanterie degli stessi terroristi, di materiali per ordigni chimici forniti ai mercenari da Turchia e Arabia Saudita. Memorabile un video, subito virale, in cui miliziani di Al Qaida mostrano la rapida agonia tra convulsioni di conigli irrorati da sostanze che, così dichiaravano orgogliosi, sarebbero state poi utilizzate contro chi si opponeva alla jihad. 

Amnesty apripista neocon-radicalchic
Il virulento dinamismo antisiriano di questi giorni coincide con una serie di sviluppi imprevisti e che tutti dovrebbero, nelle intenzioni di Amnesty e compari, favorire il partito della guerra, messo momentaneamente in crisi da un neopresidente indifferente alla permanenza di Assad, ma forse deciso a passare dalla finta guerra di Obama, turchi e sauditi contro i propri mercenari Isis e Al Nusra, a quella vera e totale, magari d’intesa con i russi. Anatema! Verrebbe meno lo spauracchio russo con il quale gli spodestati dalle elezioni Usa, dando fondo a una delirante, forsennata, isterica russofobia, cercano di coagulare lo schieramento Usa e internazionale neocon-radicalchic, dalla Cia, attraverso il machofemminismo, ai liberal e al “manifesto”, nella strategia che ne ha finora garantito i superpoteri e i superprofitti.

I curdi, cari ai radicalchic e mercenari di tutti
La situazione siriana sta sfuggendo di mano. Anche quella irachena, nonostante l’arrivo di sempre nuove truppe Usa che tentano di imbrogliare la matassa e impedire una riunificazione dell’Iraq di cui la liberazione di Mosul, per merito quasi esclusivo dell’esercito di Baghdad e delle Unità di Mobilitazione Popolare, fortemente antiamericane, potrebbe essere la condizione decisiva. In Siria Aleppo è liberata, Palmira è stata ripresa, Raqqa è sotto tiro dei bombardieri russo e dei missili siriani. Vendutisi agli Usa che gli hanno promesso il controllo su un quarto di Siria araba, gli opportunisti curdi YPG di Kobane (vero nome Ain al Arab), compiuta la pulizia etnica nelle zone arabe strappate allo Stato, sono ora in difficoltà davanti alla spinta su Manbij da parte dell’esercito turco, in parte travestito da Free Syrian Army (organismo nato morto e ora resuscitato da Erdogan per far passare per ribellione siriana la propria invasione-occupazione di vasti territori siriani). E, campioni di piroette, a dispetto di come vengono celebrati dai subimperialisti liberal nostrani, sono ritornati sotto lo scudo siriano. Insidiati da turchi e presunte milizie ribelli, con gli Usa paralizzati nella tagliola tra manipolazione dei curdi in funzione spartitoria della Siria e alleanza in Nato con i turchi, sono tornati ad affidare la difesa di Manbij, nordovest siriano, alle truppe dell’Esercito di Damasco.

Grande è la confusione, ma la situazione non è ottima
Bravi i russi, ma troppi partner

E i russi? A Palmira le forze speciali russe hanno guidato le truppe siriane alla riconquista del patrimonio mondiale archeologico. La storia e tutti noi gliene rendiamo infinito merito.  Ma il disagio della girandola tra doppie e triple alleanze colpisce anche loro. Stanno con Erdogan perché dice di voler colpire l’Isis, che pure è la sua progenie neanche tanto bastarda, ma non possono non capire che a Erdogan preme impedire che i curdi siriani si approprino di territori siriani che il sultano rivendica al suo futuro ottomano. E stanno con Damasco che rivendica sacrosantamente il recupero dell’intero territorio nazionale, respinge al mittente la costituzione federale proposta da Mosca con l’occhiolino ai curdi. Ma l’alleanza con uno totalmente privo di scrupoli etici e politici, come il despota di Ankara, vacilla e chissà  se lo zuccherino del gasdotto Turkish Stream, dal Mar Nero a Smirne, non si scioglierà al sole risorto dell’antica e più naturale fratellanza musulmana (antiscita) e atlantica.

Ecco che la forbice della Parca Amnesty, che recide quanto intralcia il cammino dell’Impero, riappare brillante nei cieli del Medioriente. Accompagna e segue i passi di un vessillifero di coloro che il pericolosamente imprevedibile Trump ha messo in ambasce: John McCain, feldmaresciallo neocon, intimo dei caporioni jihadisti,  nella Commissione Forze Armate del Senato, volto disumano di Amnesty e affini, riappare tra le bande naziste a Kiev e subito dopo tra i terroristi in Siria. L’intendenza, cioè Amnesty e le altre, seguono. La strada di Trump, per quanto questa variabile bislacca si dia da fare, sotto la micidiale e ricattatoria pressione dello Stato Profondo, a ricuperare consensi nell’apparato militar-industriale, non è la loro. Che sa di Russia delenda est e odora di fungo atomico. Una strada spianata non tanto dalle chiacchiere di Trump sul budget militare, quanto dai tre trilioni effettivamente spesi da Obama nelle sue sette guerre e nel trilione da lui stanziato per l’ammodernamento dell’arsenale nucleare.

Le Parche e il loro cursus honorum
Ricordate quando si trattò di far fuori la Libia? Chi lastricò la strada ai tagliagole e ai missili Nato? Amnesty martellava il colto e l’inclita con inesistenti bombardamenti di Gheddafi sul proprio popolo. Human Rights Watch vedeva rivolte di massa a Tripoli dove tutto il popolo stava schierato con il leader. Attraverso il buco della serratura aveva spiato inenarrabili sconcezze nella reggia d’oro del Rais. Save che Children farneticava di viagra distribuito da Gheddafi alle sue truppe perché con più vigore potessero stuprare le donne e i bambini che pur difendevano dall’aggressione. Sempre  HRW aveva randellato l’opinione pubblica mondiale con la storia delle 2000 donne stuprate dai gheddafiani dalle parti di Bengasi. La fonte era una cittadina della città che diceva di averne le testimonianze scritte. Rintracciata dai reporter non marcati HRW, non ne seppe indicare una. E le testimonianze scritte non si trovavano più. Ma intanto la Libia era stata fatta a pezzi. Senza il buon lavoro di Amnesty e delle altre, forse non sarebbe andata così e la Libia sarebbe ancora viva. Sono poche paginette di cento tomi di nefandezze.

Egitto liberato e il missile Regeni
Negli ultimi due anni, quelli trascorsi da quando una sommossa di popolo e 22 milioni di firme avevano destituito il despota Morsi, Fratello Musulmano, fustigatore di infedeli a forza di Sharìa e piromane di chiese copte, dunque cugino dell’Isis (che avrebbe poi lanciato all’offensiva terrorista nel Sinai), le tre Parche sono entrate in overdrive (moltiplicatore di velocità). Su un Egitto laico e indipendente, potenza guida del mondo arabo e africano, sfuggito alla morsa della Fratellanza, che da quasi un secolo si fa interprete degli interessi coloniali e neocoloniali dell’Occidente, protagonista degli sviluppi in Libia e, horribile dictu, sempre più vicino a Mosca e a Putin, si doveva andar giù pesanti.

Ed ecco che da Londra, da un oscuro groviglio imprenditoriale (Oxford Analytica) dedito allo spionaggio industriale e altro, diretto da pendagli da forca, spioni, inventori di squadroni della morte, creatori di provocazioni terroristiche (McColl, Young, Negroponte), arriva al Cairo l’emissario giusto, giovane, tipo Erasmus, cervello ahinoi in fuga, appassionato di sindacati. Deve capire che cosa, nelle viscere reazionarie e revansciste del paese, si stia muovendo contro chi pretende di far fare all’Egitto un salto di qualità, alimentato da enormi giacimenti di gas, da un quasi miracoloso raddoppio istantaneo del Canale di Suez, da una politica estera indipendente e creativa e dal consenso del popolo, a dispetto delle nequizie che ad Al Sisi attribuiscono gli atlantici, soprattutto del “manifesto”.

Falliscono  terroristi e marines? C’è sempre Amnesty
Roba da mandare in tilt il lungamente covato e in buona parte attuato progetto del Nuovo Medio Oriente, senza più ostici Stati sovrani nazionali, multietnici, multiconfessionali, laici., antisraeliani, riferimento degli antimperialistie anmticolonialisti . Ma Giulio Regeni si scopre, lo sgamano, risulta bruciato. Va sacrificato. I suoi  datori di lavoro in Inghilterra si nascondono. L’ordigno anti-Al Sisi si scopre bagnato. Perfino “Il manifesto” non sa più che dire. E’ chiaro che tutti ormai sanno chi fosse e cosa fosse andato a fare. Il plusvalore che ci si attendeva dal “martire dei diritti umani” per farne, insieme ai terroristi Isis del Sinai, il lanciafiamme di un’operazione di satanizzazione del reprobo arabo, si volge in imbarazzato silenzio. Amnesty, per ora, non porterà via il gas né all’Egitto, né all’Eni (come sognato da Exxon-Total, BP, Shell, ecc.). Ma, operando di conserva con  i Fratelli Musulmani-Isis, almeno gli ha portato via il turismo, seconda voce delle entrate statali. Dovrà finire in ginocchio. Protagoniste dell’operazione, le Parche. Quelle che entrano in campo quando si tratta di revisionare e mettere a punto la macchina della guerra imperiale. Che ora corrono in soccorso a jihadisti e marines in Siria. Davanti a tutte, quella con la forbice che recide i fili. Amnesty International. Con il “manifesto”, rappresentante in terra delle figlie di Zeus,  che aiuta a reggere la forbice.
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Di Enzo Brandi e Stefania Russo
Ad Amnesty International Italia
Con il vostro Comunicato CS 028 – 2017 diffuso il 1° marzo, dopo aver genericamente parlato di inchieste sull’uso di armi chimiche riguardanti “tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria”, rivelate, dalle parole della stessa Tadros,  il vero scopo del comunicato: attaccare il governo siriano impegnato da 6 anni in un durissima battaglia contro orde di terroristi e mercenari etero diretti dall’esterno che hanno il compito di distruggere e smembrare quello sfortunato paese; e attaccare nel contempo Russia e Cina colpevoli di volerlo salvare. Grazie ai loro veti infatti si è evitata la legittimazione di una ennesima aggressione “umanitaria”  da parte della Nato contro un Paese sovrano, come successo nel marzo del 2011 contro la Libia,  le cui conseguenze devastanti sono oggi sotto gli occhi di tutti!
Anche allora avete fornito al “mondo” utili coperture propagandistiche per giustificare bombardamenti e attacchi militari, accusando Gheddafi di orribili stragi di civili e stupri di massa ottenuti distribuendo fiumi di Viagra ai soldati governativi, salvo poi riconoscere, a distruzione del paese avvenuta, che si trattava di fatti non provati o falsità evidenti.
Riguardo alla Siria, avete sponsorizzato una mostra fatta di foto di cadaveri torturati anonimi, di cui  non era possibile accertare identità e circostanze della morte. Foto attribuite a un fantomatico agente siriano “Caesar” di cui non siete stati in grado di fornire né il nome né altre indicazioni, alimentando il generale sospetto che si tratti di pura invenzione.
In altra circostanza avete pubblicato dossier attribuibili all’opposizione armata terrorista e jihadista siriana, in cui si parla senza prove del fantomatico numero di 13.000 impiccati- tutti rigorosamente anonimi – nelle carceri siriane.
Siate certi che queste “informazioni”, prive di riscontri e caratterizzate da una evidente faziosità, sono accolte da un numero crescente di cittadini con sempre maggiore scetticismo, e sempre un maggior numero di persone apprezza il comportamento di Russia, Cina e altri Paesi. Grazie a loro la Siria, malgrado gli attacchi e la devastazione da parte di migliaia di mercenari armati, addestrati e finanziati dalle petromonarchie e dall’impero Usa, è riuscita a difendere e mantenere la sua integrità e sovranità.
Ripensateci ed agite con maggiore responsabilità e dignità.
Cordiali saluti
Vincenzo Brandi, Stefania Russo della Rete No War Roma.



COMUNICATO STAMPA  Amnesty International Italia                                                           
CS028-2017

SIRIA, ALTRO VERGOGNOSO VETO DI RUSSIA E CINA AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

Russia e Cina hanno per l'ennesima volta usato il loro potere di veto all'interno del Consiglio di sicurezza per bloccare, il 28 febbraio, una risoluzione che avrebbe contribuito ad accertare le responsabilità per l'uso e la produzione di armi chimiche da parte di tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria.

"Ponendo il veto alla risoluzione, Russia e Cina hanno mostrato un palese disprezzo per la vita di milioni di siriani. Entrambi i paesi fanno parte della Convenzione sulle armi chimiche e anche per questo non c'è alcuna scusa per il loro comportamento", ha dichiarato Sherine Tadros, direttrice dell'ufficio di Amnesty International presso le Nazioni Unite.

"Da sei anni la Russia, sostenuta dalla Cina, blocca le decisioni del Consiglio di sicurezza riguardanti il governo siriano. Questo atteggiamento impedisce la giustizia e rafforza la tendenza di tutte le parti coinvolte nel conflitto a ignorare il diritto internazionale. Il messaggio della comunità internazionale è che, quando si parla di Siria, non esiste alcuna linea rossa", ha aggiunto Tadros.

Dall'inizio della crisi siriana, la Russia ha fatto ricorso per sette volte al diritto di veto. La risoluzione del 28 febbraio proponeva sanzioni nei confronti di singole persone collegate alla produzione di armi chimiche in Siria e un embargo su tutti i materiali che potrebbero essere usati per produrle in futuro.

La proposta su cui Russia e Cina hanno posto il veto faceva seguito alla risoluzione 2118 del settembre 2013, redatta da Russia e Usa, che impone misure sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite sul "trasferimento non autorizzato di armi chimiche e su ogni uso di armi chimiche, da parte di chiunque, nella Repubblica araba siriana".

Nell'agosto 2015 il Consiglio di sicurezza aveva anche adottato all'unanimità la risoluzione 2235, che aveva istituito un Meccanismo d'indagine congiunto per identificare i responsabili degli attacchi con armi chimiche in Siria. Da allora, il Meccanismo è giunto alla conclusione che tanto il governo siriano quanto il gruppo armato Stato islamico hanno compiuto attacchi con armi chimiche.

"Il vergognoso atteggiamento della Russia è un ulteriore esempio di come Mosca usi il potere di veto per garantire al suo alleato, il governo siriano, che eviterà di subire conseguenze per i suoi crimini di guerra e contro l'umanità. Ora è di fondamentale importanza che il neo-nominato segretario generale Onu e gli stati membri del Consiglio di sicurezza agiscano con fermezza quando alcuni stati impediscono l'approvazione di risoluzioni per impedire o porre fine a crimini di guerra. Il Consiglio di sicurezza è diventato un luogo in cui fare sfoggio di posizioni politiche e il popolo siriano ne sta pagando il prezzo definito", ha concluso Tadros.

FINE DEL COMUNICATO                                                      
Roma, 1 marzo 2017

Per interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361, e-mail: press@amnesty.it


13 commenti:

  1. Fulvio ciao!
    per motivi di lunghezza l'intervento che ho preparato occuperà più post di commento (causa il limite di 4096 caratteri). Spero che riesca a inviarteli tutti. Altrimenti, se ti interessa te li giro via mail, come preferisci.
    Un caro saluto e parto col primo pezzo
    Paolo Selmi

    -- parte 1 --

    Caro Fulvio,

    la situazione siriana è estremamente complessa. Ma non senza una logica, almeno da parte russa. Una logica che solo un folle potrebbe pensare preesistente da sempre. Una logica che si è costruita nel corso degli anni ma che, a ben vedere, appare oggi strutturata secondo linee solide.
    Partiamo dal 2012. Asad dolžen ujti zakonno (Assad deve andarsene in modo legale, https://ria.ru/arab_sy/20120723/707227269.html) diceva il buon Putin preoccupato di infilarsi in un cul de sac più grande di lui (infatti richiamava l’Afghanistan). Non saremmo certo noi a cacciarlo, ma se le cose da un anno sono così come sono… forse è meglio fare un rimpasto, a patto che i nuovi vengano lo stesso da noi, n'est pas?
    Invece, non cambia nulla, anzi la situazione progressivamente si deteriora. La Siria è dilaniata. Arriviamo al 2014. Con Maidan si apre un altro fronte, più vicino, anzi, nella culla stessa della Rus’. Ad agosto di quell’anno truppe regolari e squadre della morte di ispirazione nazista massacravano quelli che, ai loro occhi, “erano andati coi russi”. Milioni di profughi varcavano i confini non presidiati dagli ukrofashisty (milioni di persone che si fermavano a Rostov sul Don e poi proseguivano fino a Mosca), mentre chi era in forze per combattere, o chi era troppo vecchi per partire, restava. Chi documentava i crimini perpetrati da Kiev, semplicemente veniva fatto fuori, come il nostro Andrea Rocchelli (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/25/morte-andrea-rocchelli-farnesina-conferma-fotografo-italiano-ucciso-a-slaviansk/998982/), un morto di serie B per cui nessun istituto espone il cartello “Verità per ...”.
    La Russia si pose come mediatrice e venne sanzionata. In realtà, si limitò a fornire un appoggio esterno e a non impedire l’afflusso di volontari (se ce ne solo ben 12 dei nostri, http://www.occhidellaguerra.it/in-trincea-con-gli-italiani-di-putin/ provenienti dalle esperienze e dai percorsi più disparati e impensabili, figurarsi il numero dei volontari che sentivano colpito il proprio stesso sangue). E di colpo, la situazione si raddrizzò, e iniziò la cosiddetta “tregua”. Kiev è stata obbligata a rispettare regole rigide:
    1. No forze aeree (restano i droni che vengono abbattuti come i Mig a loro tempo)
    2. No armi chimiche o non convenzionali (es. bombe a grappolo, entrambe usate contro i civili fino al 2014, oggi causa copresenza di osservatori OSCE non possono essere usate).
    3. Zona smilitarizzata (puntualmente occupata dagli ukrofashisty, che rappresenta però l’ultimo limite oltre il quale la “provokacija” diviene “agressija”).

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  2. -- parte 2 --
    A queste condizioni, Kiev ha risposto in tre modi:
    1. tiri di artiglieria (11.480 solo nell’ultima settimana, che è una settimana “media” da ormai due anni a questa parte http://cigr.net/glavnoe/27303-donbass-operativnaya-lenta-voennyh-sobytiy-03032017.html)
    2. attacchi insensati a testa bassa, costati ENORMI perdite di vite umane e di mezzi, finiti tutti a rimpolpare lo scarno arsenale dei miliziani (fino ad allora, si erano anche smontati mortai e carri armati della II GM - http://tvzvezda.ru/news/vstrane_i_mire/content/201407011930-ylsm.htm - per mandarli a difendere le due repubbliche). Una felice sintesi in questo articolo tradotto in italiano: https://aurorasito.wordpress.com/2017/02/08/le-quattro-battaglie-che-hanno-spezzato-lesercito-ucraino/
    3. blocco economico. E questo ha condotto a un’ulteriore disfatta (economica) per il popolo ucraino. Mi blocchi il carbone che mi serve per vivere? E io ti nazionalizzo tutte le tue fabbriche e vendo al resto del mondo tramite i russi (tecnicamente non la hanno chiamata nazionalizzazione, ma “gestione esterna” (vneshnee upravlenie), qui una mappa dei maggiori siti bloccati http://colonelcassad.livejournal.com/3279767.html). Zaharchenko ha semplicemente detto: noi siamo abituati a fare la fame da due anni, grazie a voi. Ora la farete fare anche a quei poveretti che stanno sotto di voi. Inutile dire che il malcontento del popolo ucraino non tarderà a trasformarsi in un boomerang.
    Questo, unito al riconoscimento dei passaporti delle due repubbliche da parte di Mosca, penso che parli da solo. Il popolo del Donbass è determinato a proseguire nella sua battaglia, questo Poroshenko (i suoi burattinai, più che altro) non lo aveva messo nel conto.

    Torniamo però alla Siria:
    Questa la situazione all’alba dell’intervento militare russo (http://achtungpartisanen.ru/boevaya-karta-sirii/)
    Intervento, determinato dall’imminente collasso dell’esercito siriano, attaccato da troppi nemici e su troppi fronti. Intervento che, a differenza del caso ucraino, doveva essere diretto, efficace ma, allo stesso tempo, non poteva coinvolgere – similmente al caso ucraino – truppe russe. In questo caso, perché comprensibilmente impreparate a gestire operazioni nel deserto siriano. Intervento, dove i compiti furono quindi “separati” fin da subito fra Esercito siriano ed Ezbollah da un lato e forze aeree congiunte siriane e russe dall’altro.
    Oggi, i risultati sono i seguenti:
    1. Aleppo è libera e oltre 20 persone sono tornate ad abitare nei quartieri sminati e a loro restituiti https://ria.ru/syria/20170303/1489217997.html. Medici russi assistono decine di migliaia di civili (https://ria.ru/syria/20170303/1489225558.html).
    2. La Siria è tornata a controllare oggi 1/3 del suo immenso territorio (il 35%, per l’esattezza), tutti i maggiori centri e regioni limitrofe, per un totale di 10 milioni di persone che ne rappresentano la maggioranza (https://ria.ru/syria/20170302/1489122913.html). Il territorio dell’Isis è ridotto di 1/4 dall’inizio del 2016 , da oltre 78 mila a 60 mila kmq (https://ria.ru/interview/20170302/1489125746.html). Processo in corso, se è vero che, da gennaio a oggi, 2611,7 kmq di territorio sono stati liberati (https://ria.ru/syria/20170303/1489260616.html), 52 centri abitati sono stati liberati nel solo mese di febbraio (https://ria.ru/syria/20170303/1489221092.html)
    3. La tregua, pattuita con le opposizioni, continua ad allargarsi e – a oggi – sono 1291 i centri abitati dove si è ritornati a vivere civilmente (https://ria.ru/syria/20170303/1489223065.html).

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  3. -- parte 3 --

    4. Palmira è stata presa, quindi ripersa. Su questa tragedia ti avevo tradotto e inviato l’unico racconto di prima mano, apparso in arabo e tradotto in russo. Ne sono ancora in possesso, se voi te lo rimando. In sostanza, l’esercito siriano, pur nel suo valore e coraggio straordinario, è militarmente malmesso. E’ bastato il trasferimento di qualche migliaio di uomini e mezzi per far capitolare in due giorni una difesa assolutamente impreparata a far fronte a tale situazione di inferiorità. In questa situazione, i russi hanno coordinato la difesa strenua, merito comunque tutto dei siriani, della base retrostante di Tiyas, che se fosse capitolata avrebbe aperto le porte per tutta la regione di Homs. Spenti i fuochi, è ripartita la ripresa, questa volta con un maggior coinvolgimento di Mosca (che vuol dire morti e feriti): non ci fosse stata, anche per l’impiego massiccio da parte dell’ISIS di forze e mezzi (anche carri armati) per non perderla, Palmira sarebbe restata ancora sua (https://ria.ru/syria/20170303/1489222150.html). A puro titolo esemplificativo, l’aviazione russa nel solo scorso mese ha completato un migliaio di missioni (https://ria.ru/syria/20170303/1489216488.html). Palmira è stata ripresa e siamo già oltre Palmira di 20 km (https://ria.ru/syria/20170303/1489266556.html). Obbiettivo: Deir Ez-zor.
    5. Per quanto riguarda Deir Ez-zor, le due parti comunicano ma restano ancora separate di qualche centinaio di metri. I Russi hanno portato nello scorso mese via aerea 320 tonnellate di aiuti umanitari (https://ria.ru/syria/20170303/1489219179.html). E’ chiaro, comunque, che si tende a raggiungerla da terra, proprio da Palmira. Solo allora l’assedio sarà finalmente tolto.
    6. E veniamo alla regione di El Bab. L’ISIS continua ad arretrare, negli ultimi 10 giorni i siriani hanno conquistato 400 kmq di territorio liberando 36 centri abitati, grazie anche alla copertura aerea russa che, nel frattempo, colpiva 278 obbiettivi ISIS (https://ria.ru/syria/20170303/1489216677.html). Sopra questa zona, più centrale, Curdi e Turchi costituiscono un problema per Assad. Finora, tuttavia, se le danno di santa ragione fra loro. Washington è lontana, per entrambi. Erdogan lo sa bene, sin da quello “strano” colpo di stato. Ma lo sanno anche i curdi, da quando i loro nuovi amici non hanno mosso un dito per impedire l’operazione turca in terra di Siria. Operazione che, con successo, è riuscita finalmente a separare Rojava da Afrin. Mossa che, sinceramente, non dispiace neppure ad Assad, visto che impedisce mire indipendentistiche maggiori di quelle già in corso. Mossa che, comunque, andava delimitata. Da qui la cessione temporanea di El Bab e la corsa, perché davvero di questo bisogna parlare, a EST dei reparti Tigre dell’esercito siriano. Operazione chiusa con successo. I turchi sono nella sacca. Giù non possono andare, perché ci sono ormai i siriani. A est… ci hanno provato (il buon Erdogan…) e hanno fatto un errore non da poco. Prevedibile, peraltro. Hanno provato a spingersi verso Manbij. Ma Manbij era in mano ai curdi. Risultato: scontro armato (1 marzo), 11 morti da parte curda e 16 da parte turca (http://colonelcassad.livejournal.com/3277144.html mappe in caratteri latini, peraltro). Conseguenza… i curdi hanno chiesto aiuto ad Assad contro i turchi! La zona resta ad autonomia curda ma occupata militarmente - fino a Manbij! - dalle truppe siriane. Della serie, anche a est cari turchi, fatevi una ragione, non si va. I siriani, quindi, senza sparare un colpo, sono entrati da liberatori a Manbij (https://ria.ru/syria/20170303/1489216587.html) con il relativo corredo di aiuti umanitari russi (https://ria.ru/syria/20170303/1489219092.html). Washington è sempre più lontana… e la cartina di wikipedia è già vetusta (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/68/Syrian_Civil_War_map.svg)

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  4. -- parte 4 --

    Concludo. La logica russa è ora abbastanza chiara, dimostra non tanto il semplice appoggio ad Assad, ma la costruzione SU Assad del nuovo ordine siriano. Ruolo che Assad è, sempre più in questa fase, in grado di svolgere, ponendosi addirittura come mediatore e interlocutore affidabile.

    Ancora ciao e spero ti sia arrivato tutto.

    Paolo Selmi

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  5. --- parte 2 ---
    A queste condizioni, Kiev ha risposto in tre modi:
    1. tiri di artiglieria (11.480 solo nell’ultima settimana, che è una settimana “media” da ormai due anni a questa parte http://cigr.net/glavnoe/27303-donbass-operativnaya-lenta-voennyh-sobytiy-03032017.html)
    2. attacchi insensati a testa bassa, costati ENORMI perdite di vite umane e di mezzi, finiti tutti a rimpolpare lo scarno arsenale dei miliziani (fino ad allora, si erano anche smontati mortai e carri armati della II GM - http://tvzvezda.ru/news/vstrane_i_mire/content/201407011930-ylsm.htm - per mandarli a difendere le due repubbliche). Una felice sintesi in questo articolo tradotto in italiano: https://aurorasito.wordpress.com/2017/02/08/le-quattro-battaglie-che-hanno-spezzato-lesercito-ucraino/
    3. blocco economico. E questo ha condotto a un’ulteriore disfatta (economica) per il popolo ucraino. Mi blocchi il carbone che mi serve per vivere? E io ti nazionalizzo tutte le tue fabbriche e vendo al resto del mondo tramite i russi (tecnicamente non la hanno chiamata nazionalizzazione, ma “gestione esterna” (vneshnee upravlenie), qui una mappa dei maggiori siti bloccati http://colonelcassad.livejournal.com/3279767.html). Zaharchenko ha semplicemente detto: noi siamo abituati a fare la fame da due anni, grazie a voi. Ora la farete fare anche a quei poveretti che stanno sotto di voi. Inutile dire che il malcontento del popolo ucraino non tarderà a trasformarsi in un boomerang.
    Questo, unito al riconoscimento dei passaporti delle due repubbliche da parte di Mosca, penso che parli da solo. Il popolo del Donbass è determinato a proseguire nella sua battaglia, questo Poroshenko (i suoi burattinai, più che altro) non lo aveva messo nel conto.

    Torniamo però alla Siria:
    Questa la situazione all’alba dell’intervento militare russo (http://achtungpartisanen.ru/boevaya-karta-sirii/)
    Intervento, determinato dall’imminente collasso dell’esercito siriano, attaccato da troppi nemici e su troppi fronti. Intervento che, a differenza del caso ucraino, doveva essere diretto, efficace ma, allo stesso tempo, non poteva coinvolgere – similmente al caso ucraino – truppe russe. In questo caso, perché comprensibilmente impreparate a gestire operazioni nel deserto siriano. Intervento, dove i compiti furono quindi “separati” fin da subito fra Esercito siriano ed Ezbollah da un lato e forze aeree congiunte siriane e russe dall’altro.
    Oggi, i risultati sono i seguenti:
    1. Aleppo è libera e oltre 20 persone sono tornate ad abitare nei quartieri sminati e a loro restituiti https://ria.ru/syria/20170303/1489217997.html. Medici russi assistono decine di migliaia di civili (https://ria.ru/syria/20170303/1489225558.html).
    2. La Siria è tornata a controllare oggi 1/3 del suo immenso territorio (il 35%, per l’esattezza), tutti i maggiori centri e regioni limitrofe, per un totale di 10 milioni di persone che ne rappresentano la maggioranza (https://ria.ru/syria/20170302/1489122913.html). Il territorio dell’Isis è ridotto di 1/4 dall’inizio del 2016 , da oltre 78 mila a 60 mila kmq (https://ria.ru/interview/20170302/1489125746.html). Processo in corso, se è vero che, da gennaio a oggi, 2611,7 kmq di territorio sono stati liberati (https://ria.ru/syria/20170303/1489260616.html), 52 centri abitati sono stati liberati nel solo mese di febbraio (https://ria.ru/syria/20170303/1489221092.html)
    3. La tregua, pattuita con le opposizioni, continua ad allargarsi e – a oggi – sono 1291 i centri abitati dove si è ritornati a vivere civilmente (https://ria.ru/syria/20170303/1489223065.html).

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  6. --- parte 3 ---
    4. Palmira è stata presa, quindi ripersa. Su questa tragedia ti avevo tradotto e inviato l’unico racconto di prima mano, apparso in arabo e tradotto in russo. Ne sono ancora in possesso, se voi te lo rimando. In sostanza, l’esercito siriano, pur nel suo valore e coraggio straordinario, è militarmente malmesso. E’ bastato il trasferimento di qualche migliaio di uomini e mezzi per far capitolare in due giorni una difesa assolutamente impreparata a far fronte a tale situazione di inferiorità. In questa situazione, i russi hanno coordinato la difesa strenua, merito comunque tutto dei siriani, della base retrostante di Tiyas, che se fosse capitolata avrebbe aperto le porte per tutta la regione di Homs. Spenti i fuochi, è ripartita la ripresa, questa volta con un maggior coinvolgimento di Mosca (che vuol dire morti e feriti): non ci fosse stata, anche per l’impiego massiccio da parte dell’ISIS di forze e mezzi (anche carri armati) per non perderla, Palmira sarebbe restata ancora sua (https://ria.ru/syria/20170303/1489222150.html). A puro titolo esemplificativo, l’aviazione russa nel solo scorso mese ha completato un migliaio di missioni (https://ria.ru/syria/20170303/1489216488.html). Palmira è stata ripresa e siamo già oltre Palmira di 20 km (https://ria.ru/syria/20170303/1489266556.html). Obbiettivo: Deir Ez-zor.
    5. Per quanto riguarda Deir Ez-zor, le due parti comunicano ma restano ancora separate di qualche centinaio di metri. I Russi hanno portato nello scorso mese via aerea 320 tonnellate di aiuti umanitari (https://ria.ru/syria/20170303/1489219179.html). E’ chiaro, comunque, che si tende a raggiungerla da terra, proprio da Palmira. Solo allora l’assedio sarà finalmente tolto.
    6. E veniamo alla regione di El Bab. L’ISIS continua ad arretrare, negli ultimi 10 giorni i siriani hanno conquistato 400 kmq di territorio liberando 36 centri abitati, grazie anche alla copertura aerea russa che, nel frattempo, colpiva 278 obbiettivi ISIS (https://ria.ru/syria/20170303/1489216677.html). Sopra questa zona, più centrale, Curdi e Turchi costituiscono un problema per Assad. Finora, tuttavia, se le danno di santa ragione fra loro. Washington è lontana, per entrambi. Erdogan lo sa bene, sin da quello “strano” colpo di stato. Ma lo sanno anche i curdi, da quando i loro nuovi amici non hanno mosso un dito per impedire l’operazione turca in terra di Siria. Operazione che, con successo, è riuscita finalmente a separare Rojava da Afrin. Mossa che, sinceramente, non dispiace neppure ad Assad, visto che impedisce mire indipendentistiche maggiori di quelle già in corso. Mossa che, comunque, andava delimitata. Da qui la cessione temporanea di El Bab e la corsa, perché davvero di questo bisogna parlare, a EST dei reparti Tigre dell’esercito siriano. Operazione chiusa con successo. I turchi sono nella sacca. Giù non possono andare, perché ci sono ormai i siriani. A est… ci hanno provato (il buon Erdogan…) e hanno fatto un errore non da poco. Prevedibile, peraltro. Hanno provato a spingersi verso Manbij. Ma Manbij era in mano ai curdi. Risultato: scontro armato (1 marzo), 11 morti da parte curda e 16 da parte turca (http://colonelcassad.livejournal.com/3277144.html mappe in caratteri latini, peraltro). Conseguenza… i curdi hanno chiesto aiuto ad Assad contro i turchi! La zona resta ad autonomia curda ma occupata militarmente - fino a Manbij! - dalle truppe siriane. Della serie, anche a est cari turchi, fatevi una ragione, non si va. I siriani, quindi, senza sparare un colpo, sono entrati da liberatori a Manbij (https://ria.ru/syria/20170303/1489216587.html) con il relativo corredo di aiuti umanitari russi (https://ria.ru/syria/20170303/1489219092.html). Washington è sempre più lontana… e la cartina di wikipedia è già vetusta (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/68/Syrian_Civil_War_map.svg)

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  7. --- fine ---
    Concludo: la logica russa è ora abbastanza chiara, dimostra non tanto il semplice appoggio ad Assad, ma la costruzione SU Assad del nuovo ordine siriano. Ruolo che Assad è, sempre più in questa fase, in grado di svolgere, ponendosi addirittura come mediatore e interlocutore affidabile. Questo quanto accade in MO. Qui, invece, occorrerebbe fare qualche corso di aggiornamento alla stampa di regime: ma questo è un altro discorso.

    Un caro saluto.

    Paolo Selmi

    PS tutto è stato inviato insieme al primo post, ma ti è arrivato solo il primo. ora ti ho mandato di nuovo II III e IV, con la speranza che ti arrivino tutti. ciao.

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  8. Ciao Fulvio.
    Ti mando il link di un articolo odierno.
    http://www.vidadominicana.com/index.php?option=com_content&view=article&id=8703:las-armas-las-farc-ep-y-el-poder-establecido&catid=94:colaboradores&Itemid=277

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  9. Ciao Fulvio.
    Volevo permettermi di ringraziare Paolo Selmi per i contributi che ci da' sempre su una guerra dimenticata dai "media"italiani.Che ,non da ora,si caratterizzano per una provincialita' assoluta.Del resto siamo solo una marca dell'impero,sempre piu' sperduta e stracciona.

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  10. Grazie a Paolo Selmi, bravo!

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  11. Ti ringrazio Anonimo,
    non molti anni fa riuscivo ancora a fare cose oggi impensabili: mi alzavo alle 5 per studiare 2 ore e poi attaccarne 8 di lavoro (così ho fatto un dottorato di ricerca), prima ancora traducevo un manuale di economia politica dal russo, sempre fuori dagli orari di lavoro, e ricercavo. Oggi, è diventato tutto molto più difficile, se non impossibile: son diventato padre e, dopo le otto ore, c'è chi mi reclama! :-) E quando riesco a metterla a letto, non riesco più a combinare nulla. Tuttavia, il lupo perde il pelo, ma non il vizio... e se anche in quella che è poco più di una rassegna stampa ragionata, riesco a dare il mio contributo e a essere utile, sono più che felice! Come cantava Bulat Okudjava, snachit moja pesenka do konca ne speta, "vuol dire che la mia canzone non è ancora stata cantata fino alla fine" (https://m.youtube.com/watch?v=rwWEMl8RGkI).
    Ciao!
    Paolo

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  12. Le tre parche, con teste da serpenti a sonagli. Davvero infami e orribili.
    Ma Soros... la farà sempre franca?
    Grazie anche questa volta Fulvio per offrirci, insieme a Paolo Selmi, un quadro reale, esaustivo e senza i filtri puzzolenti e corrotti del mainstream riguardo a quanto accade.

    Max

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