“In America abbiamo realizzato la profezia di Orwell. Un popolo schiavizzato è stato programmato ad amare i propri ceppi, mentre guardano sullo schermo fiabe e finzioni di libertà. Non sono i corpi a essere imprigionati, ma le menti. I desideri delle persone sono programmati, i gusti manipolati, i valori stabiliti da altri" (Gerry Spence, From Freedom to Slavery)
Dopo Saragat, Rossanda & Co?
Quando ti appioppano,
come fosse una sberla, la qualifica di complottista, puoi essere certo che chi
te la tira è un complottista. Come tante cose, quasi tutte, del nostro inverno
dello scontento, il termine e il suo uso con intento di dileggio e irrisione ci
arrivano dagli Usa: conspiracy theorist. Lì
una classe dirigente al potere dai tempi della fondazione, dovendo imporre le
sue ragioni dei pochi sulle ragioni e i bisogni dei più, è costretta di conseguenza
a costantemente tramare nell’ombra: far passare per vero il falso, per giusto
l’ingiusto, per bello il brutto, per morale l’immorale, per Valpreda Gladio.
Regola del resto imprescindibile per qualunque minoranza che volesse mantenersi
al comando a spese e a danno della maggioranza. Solo che nel cuore dell’Impero
questo classico trucco del bue che dà del cornuto all’asino si è dato forma e
potenza di uragano che travolga chiunque tenti di aprire uno spiraglio nelle
quinte del teatrino e dare una sbirciatina di là.
Questa
premessa a onore e difesa dei complottisti, intesi come disvelatori di
complotti e, dunque, difensori della verità, mi serve per avanzare un azzardo
che mi è balenato tanto tempo fa nel seguire le involuzioni verso destra, e
anche estrema destra sul piano geopolitico, di certa “sinistra” italiana che si
riconosce nel “manifesto”. “Sinistra” e
“manifesto” che, nelle temperie delle
recenti elezioni di midterm
statunitensi, mi sono sembrati dare definitiva credibilità all’originale
dubbio. Ricordate Saragat, la scissione socialdemocratica del suo PSLI, poi
PDSI, dal PSI di Nenni nel 1947, notoriamente innescata dagli Usa e facilitata
dai denari della Cia? Tolse ai socialisti, uniti al PCI nel Fronte Popolare,
una cinquantina di parlamentari, contribuì alla sconfitta del 1948 e rappresentò
per la DC il ruotino di scorta di consolidamento capitalista e atlanticista. Si
rafforzò lo schieramento anti-operaio e antisovietico.
A pensar male…
A pensar
male, diceva uno che la sapeva lunga sul male, ci si azzecca. Ma è proprio pensar
male vedere un parallelo tra quella spaccatura del fronte delle sinistre e la dipartita dal PCI di quelli del
“manifesto” nel 1969? Rossanda, Pintor, Magri, Parlato, incoraggiati e poi
abbandonati dall’eternamente traccheggiante Ingrao, rifacendosi al revisionismo
di Kruscev e alle nefandezze attribuite
a Mosca, a partire dall’Ungheria del 1956, fecero di tutto per farsi cacciare
da un PCI che, privato di queste teste d’uovo, ci rimise in fatto di egemonia culturale e anche un bel po’ di
consenso.. Nel 1947 si trattò di fare arrivare alle elezioni decisive del ’48
una sinistra indebolita. Nel 1969 ci si trovava in piena guerra fredda (e
caldissima in Vietnam e nelle decolonizzazioni appoggiate dall’URSS) e quindi, di nuovo, nell’urgenza di
infliggere un’altra mazzata al campo socialista. Inserendosi nell’ondata
rivoluzionaria del ’68 e seguenti,
peraltro sempre da robusto calmiere rispetto alle altrui istanze
rivoluzionarie, il “manifesto” ebbe modo di rendere credibile e anche di
sinistra l’accodarsi alla guerra fredda e a una campagna anti-URSS sempre più
virulenta.
Oggi quella
campagna è diventata anti-russa , dopo la perdita di punti di riferimento come
Gorbaciov e Eltsin e il “manifesto”, da piccino che è, le fa da mosca
cocchiera, in piena adesione a operazioni subgiornalistiche e di intelligence come
il Russiagate, le rivoluzioni colorate, le scelleratezze di Pechino, e nella
piena condivisione di ogni singola iniziativa geopolitica dell’Impero
neoliberista, in Cina come in Siria, in Libia come in Nicaragua,
nell’immigrazione da sradicamento coatto come nel sostegno allo sgorbio
europeo, come nel dirottamento dell’antagonismo sociale verso l’innocua
battaglia per diritti civili, conflitti di genere e di minoranze. Per chi non
fosse stato ottuso (part.pass. di
ottundere) da testatine fuorvianti e nobili firme, i campanelli d’allarme
sarebbero stati molti.
Ma uno,
addirittura una sirena d’allarme di quelle dei bombardamenti, non potrebbe non
averlo percepito chi ha visto l’augusta Rossana Rossanda, madre nobile di tutta
l’impresa, affiancarsi alla ghignante Hillary Clinton nel proporre, perorare,
nel caso dell’americana anche condurre, la guerra contro la Libia, con esito
finale di morte e orrore per il suo leader e il suo popolo. L’escalation è
continuata e ha raggiunto vertici un tempo inimmaginabili sul Nicaragua, quando
il pogrom sorosiano contro il governo sandinista è stato interpretato dal
“manifesto”, al di là di ogni freno e pudore, con la stessa foga mistificatoria
con cui tratta l’altra operazione del finanzcapitalismo totalitario, le
migrazioni.
Non per
nulla sono le immagini apologetiche di Emma Bonino che con frequenza adornano
il quotidiano. Se ne dovrebbe dedurre che il filo rosso che ha tracciato
l’itinerario di questa comunella, protetto dall’autotitolazione di “comunista”,
era ieri ed è oggi l’opposizione alla Russia in sintonia con lo Stato profondo
statunitense e con le forze che lo muovono. Il che non poteva non accompagnarsi
, sempre in sintonia con i radicali, a una drastica revisione dell’idea di
rivoluzione: da insurrezione proletaria, presa della Bastiglia o del Palazzo
d’Inverno, Lunga Marcia, la Comune, lavoratori comunque al potere, alla guerra
al velo, ai matrimoni e alle filiazioni gay.. A essere cattivi si parlerebbe di
una Stay behind intellettuale.
Tutto questo
ha portato a un rinsaldarsi sulle grandi questioni di un’unanimità di giudizio
e di analisi tra tutti i media del paese, con il “manifesto” che vi figura
irrisorio sul piano quantitativo, ma qualitativamente di grande interesse per
il contributo a un antagonismo politico e sociale appariscente, ma innocuo. Una
meringa di panna montata rosa. Ne è stato dimostrazione eclatante lo scomposto
tifo con cui il giornale ha affrontato le elezioni di rinnovamento di Senato e
Camera negli Stati Uniti. Nella sola giornata della vigilia sono stati ben 11
gli articoli, per 10 pagine su 16, e il fatto giornalisticamente grottesco che
quasi tutte queste espressioni di forsennato tifo anti-Trump e pro-Partito
Democratico, replica dell’appassionata campagna manifestista per la Clinton,
dicano le stesse identiche cose. Un impegno spasmodico, su modestissimi soggetti
e con concetti propagandistici uccisi dalla stereotipia, ma che il giornale
dichiara decisivi per le sorti del mondo. Manco fossimo al 18 aprile, o al
referendum su monarchia o repubblica.
E ci
stupiamo che, in odio ai 5Stelle perché fanno cose che dovrebbero fare loro,
questi del “manifesto” a casa nostra tifino addirittura Lagarde, Draghi,
Moscovici?
Much ado about nothing, molto rumore per nulla
Fa suo, il
“manifesto”, l’appello al voto costi quel che costi, rilanciato da quella bella
schiera di progressisti liberal, perlopiù mercatisti accademici, sinergici con
certe industrie, e trash hollywoodiano, che si sentono orfani di Obama e
defraudati della Clinton, contro il Golem fascista che avanza dalle nere
montagne di Mordor. E che da noi ha la faccia di Salvini, e ci sta, ma anche un
po’ di Di Maio, anche un po’ di Melenchon, anche un po’ di Sahra Wagenknecht e
perfino del poro Fassina, tutta pessima sinistra sovranista. Gente per la quale
il cappio di Trump al collo dell’Iran e del Venezuela, la sua clava su Siria,
Yemen e un sacco di altri posti, le crisi epilettiche guerrafondaie di Pompeo e
Bolton, contano poco rispetto a quanto di progressista ci ha lasciato
l’accoppiata nero-donna.
Tre colpi di
Stato, Honduras, Paraguay, Ucraina, le stesse sette guerre di Bush, assassini
seriali tramite droni, la militarizzazione della polizia con l’assegnazione di
materiale bellico, primato di neri ammazzati da una polizia sempre più
impunita, prigioni segrete della tortura e extraordinary
rendition di sgraditi, forze speciali-squadroni della morte in 130 paesi,
infrastrutture nazionali fatiscenti in un’economia allo sfascio e la
delocalizzazione della produzione all’estero con conseguente impennata della
disoccupazione, senzatetto a milioni in tendopoli e baracche, sorveglianza e
spionaggio di ogni attimo di vita a raggio mondiale, il più alto numero di
immigrati mai espulso dagli Usa, un Obamacare che ha messo la salute dei
cittadini poveri tra le zanne delle assicurazioni…. Potrei andare avanti per
altre dieci pagine. E si definiscono progressisti.
Anticlimax, quando l’orgasmo non
arriva
A risultati
elettorali acquisiti, l’organo della
sezione italiana dell’Asinello (simbolo del Partito Democratico per chi
non lo sapesse, quello dei Repubblicani
essendo l’elefante), si è vagamente ricomposto. Il trionfo dei succedanei di
Obama e Hillary non si è verificato, il Leviatano Trump ha tenuto botta e
Senato, contrariamente a quanto è sempre capitato ai presidenti nelle mid term. Ha perso la Camera, ma i suoi
governatori sono 25 contro i 23 dei Democratici. Con il Senato in mano,
l’impeachment vagheggiato dai servizi segreti, Wall Street, Pentagono, e
“manifesto” è diventato chimera. “L’onda rossa” (rossa?) si è arenata, a
dispetto di sondaggi e appassionati vaticinii di tutto il main stream, “manifesto” in testa. E si è dissolta anche la
fantastica architettura del Russiagate, le interferenze di Mosca,
entusiasticamente condivise dal “manifesto” (mirabolanti rispetto a un paese
come gli Usa che mette soldi, sicari e media in ogni benedetta elezione del
mondo), che avrebbero fatto vincere Trump nel 2016: Al ministro della Giustizia
Sessions, colluso con il procuratore Mueller, che non è riuscito in due anni a
tirare fuori uno straccio di prova, è stato sostituito Matthew Whitaker, che da
sempre qualifica di bufala l’operazione.
Donne, si cambia pagina
Il che non
ha impedito al “quotidiano comunista” dell’obam-hillarismo nostrano di
celebrare un’”America che volta pagina”.
Anzi, addirittura di ricuperare le esultanze annichilite dal flop dei sedicenti
progressisti, concentrandole sul gran numero di donne elette: per una Hillary
trombata, 107 “giovani e di varie etnie”
e, a questo punto, chissenefrega se sono xenofobe trumpiste, o benevole liberal-hillariane.
A’ la guerre comme à la guerre e lì
ci vanno tutte. Pure le comparielle, tutte donne, di Amnesty International e
Human Rights Watch. Sulle 19 donne afroamericane il “manifesto” va in solluchero
e titola “Abbiamo le Black Girl Magic”. Sono le nuove categorie politiche del “quotidiano
comunista”: basta essere nera, o donna, o, meglio, nera e donna, o, perfetto,
nera, donna e gay.
Al
“manifesto” questo fa sangue e ne siamo
contenti anche noi, nella misura in cui abbiamo visto come basti essere donna e
pure nera, per vedere il mondo colorarsi di amore, giustizia e pace: Madeleine
Albright , Hillary Clinton, Condoleezza Rice, Samantha Power, Nikky Haley,
Victoria Nuland, Susan Rice, Nancy Pelosi, Christine Lagarde E, si parva licet, Gelmini, Bernini,
Pinotti, Santachè, Fedeli, Boschi, Madia… Una presenza femminile che ha fatto
la differenza, soprattutto in politica estera. Le sono debitori tanti paesi,
tanti popoli: Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Ucraina, Honduras, Iran,
Nordcorea, Yemen, Somalia, mezza Africa…Però,
vuoi mettere, tra i CEO delle multinazionali ci sono sempre più donne.
O no?
Alle voci
del padrone, “manifesto” compreso, non importa nulla che, nella contesa
elettorale, da nessuno dei contendenti, nemmeno da Bernie Sanders, finto
socialista e autentico sostenitore delle guerre e di Israele, si sia andati
oltre le questioni dei migranti, delle libere armi e delle donne. E nemmeno che
l’asse attorno al quale tutto doveva girare, il Russiagate, era sparito dal
dibattito per manifesta minchiata. Nulla cale del fatto che gli Usa siano
coinvolti tuttora nelle sette guerre di Obama, tra cui quella dell’Afghanistan,
la più lunga della storia americana, che
stia aiutando a cancellare lo Yemen dalla faccia della Terra, che stia
assediando la Russia con eserciti alle sue frontiere minacciando guerre globali
e nucleari, che il bilancio militare Usa sia più grande di quello di tutti gli
altri messi insieme, a evidente vantaggio degli armaioli e detrimento del
benessere planetario, che Washington
sostiene e glorifica, insieme all’obbrobrio saudita e a tutto il terrorismo
jihadista, tutti i regimi dittatoriali e reazionari del mondo, che è in corso,
tra sorveglianza parossistica e militarizzazione della società, un processo di
dittatura plutocratica senza precedenti nella Storia….
Tutto questo
bel panorama interno e geopolitico è sostenuto con uguale impegno dai due
partitoni. La fallacia, con la quale si cerca di coglionare il volgo e l’inclita, è che si confrontino uno buono e
uno cattivo, l’uno del tutto alternativo all’altro. Mentre quello che succede
sotto i nostri occhi e del tutto simile allo scontro finto, ma ben recitato,
tra due lottatori di Catch che fingono di spezzarsi le ossa e strapparsi i
muscoli. Solo che gli spettatori del wrestling sanno che si tratta di una messinscena.
Quelli che negli Usa votano e che commentano il voto, no.
E' solo catch
Portando al
parossismo l’avallo della farsa su colui che comunque resta, volente (Obama) e
nolente (Trump) un sicario della Cupola, promosso ”uomo più potente del
mondo”, in cui si sono impegnati i media
di regime, il “manifesto” ha dato il suo contributo pestando l’acqua nel
mortaio per dieci pagine alla vigilia e per cinque giorni dopo. Acqua marcia se
si pensa a come si articola il sistema elettorale statunitense. A cominciare
dai 50 milioni di cittadini esclusi dal voto perché non registrati
(diversamente da tutti gli altri paesi, qui ci si deve registrare prima). Non
registrati perché poveri, analfabeti, indifferenti, emarginati, senzatetto,
sfiduciati. A continuare con la scelta del giorno lavorativo per il voto, tale
da impedirlo a milioni di lavoratori e l’esclusione dal voto di 6,1 milioni di
cittadini perché imputati di qualche reato, di cui uno su cinque afroamericano.
Poi il gerrymandering,
la definizione delle circoscrizioni elettorali tale da falsare completamente il
rapporto tra votanti ed eletti: il piccolo Wyoming, 582mila abitanti, fornisce
due senatori, quanti ne eleggono i 38,8 milioni della California. La manipolazione del voto elettronico
affidata a imprese vicine ai democratici, denunciata più volte. Una contesa
presidenziale, Bush-Gore, decisa da un paio di giudici della Corte suprema, a
dispetto del responso popolare. E, soprattutto, da cima a fondo, con raramente
qualcuno che riesce a sgaiattolarne fuori, un sistema totalmente e da sempre manovrato
dalla plutocrazia. Una gara riservata, l’ultima volta, al miliardario
dell’immobiliare e a una parvenu arrampicatasi su una montagna d’oro erettale
dai compari sauditi e delle multinazionali più necrofore. Montagna sotto la
quale dovevano restare sepolti i trascorsi della erinni da segretaria di Stato.
E’ un gioco
di ricchi, arbitrato dai ricchi, giocato
dai ricchi per i ricchi, sul quale agli altri è consentito di divertirsi
scommettendo. E su tutto questo veglia il potere supremo, potere della moneta delegato
dal pinnacolo della piramide alla Federal Reserve. Quella dei dollari, quanti
ne servono. Il colpo di Stato strisciante che ha dissolto quel poco che c’era
di democrazia americana ha portato a un regime in cui nulla si muoverà mai che
non sia di profitto ai Rothschild, ai Bill Gates, Warren Buffett, Rockefeller,
Bezos, Adelson, fratelli Koch e alle conventicole che si riuniscono attorno a
questi nelle varie Trilateral, Bilderberg, Aspen Institute.
Dove il più pulito ha la rogna
Il
“manifesto” si dia una calmata. Che ci siano gli amati Democratici, dalla pelle
curata e dal cianuro col sorriso, o i detestati Repubblicani, dalla faccia
truce e i modi sguaiati, tutto continuerà senza le scosse che non siano quelle
che al popolino danno la soddisfazione di stare con l’uno o con l’altro clown
del wrestling. Le mille basi Usa nel mondo, di cui un centinaio da noi, una
guerra dopo l’altra per rimuovere ostacoli, installare tiranni amici o il caos,
economie vampire, multinazionali ed eserciti che spostano di qua e di là popolazioni,
chiamate profughi, sanzioni che strangolano popoli governati da chi non ci
piace, nostrani paggetti che a Washington vanno per farsi investire delegati
proconsolari, il travaso verso l’alto di quanto resta alle moltitudini in basso,
detto neoliberismo. E il probabile figlio freak di questo: il pianeta arrosto.
E’ “TINA”, There Is No Alternative,
un pensiero unico che deve portarci da Gesù Cristo alla fine della Storia,
facendoci tifare per l’uno o per l’altro tra brigante e brigante e mezzo. In
compenso le coppie gay potranno far inseminare prestatrici di corpo e adottare
bambini nell’universo tutto loro. Per la gioia del “manifesto”.
Articolo semplicemente fantastico, grazie Fulvio.
RispondiEliminaGrazie !!!
RispondiEliminaImmagino la bile dei democratically correct per la mancata spallata giudiziaria alla giunta Raggi alla quale gli affaristi non hanno perdonato il no alle olimpiadi ed agli appalti relativi. Pur tuttavia c'è una strana euforia portata in evidenza da tutti i media mainstream per la manifestazione intellettual-chic dei SiTav con i paragoni con la marcia antioperaia tristemente nota come "marcia dei 40000" nel 1980 con la quale si iniziò con la scusa di "isolare i violenti" la campagna di licenziamenti politici. Oltre 20000 furono licenziati da Mirafiori. L'auspicio dei "giornalisti" che la manifestazione di ieri segni l'inizio di una repressione dei movimenti contro le speculazioni ed in particolare del M5s è fin troppo evidente.
RispondiEliminaGrande Fulvio!
RispondiEliminaPovera Eritrea come sei finita...complice deiSauditi e degli Israeliani https://comedonchisciotte.org/yemen-tenere-hodeidah-e-lultima-possibilita-per-gli-houthi/
RispondiEliminaTriste destino sembra scritto per la resistenza yemenita. Dopo la cancellazione manu militari dello Yemen del Sud nei primi anni novanta, dopo un eroica resistenza di ormai alcuni anni grazie alla quale è stato forse possibile la sopravvivenza della Siria, in quanto ha distolto molti mezzi ed armi ai Sauditi ed ai suoi sponsor, sembra essere in difficoltà. Senza nessun "Pacifista umanitarista" che si sconvolga se non per "aiutare i profughi" come se fosse una catastrofe naturale od una "guerra civile" formula tante volte usata per lavare le loro coscienze e mettere un po' tutti i protagonisti sullo stesso piano. Si spera possano resistere almeno le repubbliche popolare del Donbass, ferma te anche dalla Russia quando la liberazione almeno dell'Ucraina orientale era possibile per firmare accordi che li hanno costretti ad arretrare ed a consentire ai golpisti di Kiev di ricevere fondi ed armi da Ue e Nato per ritentare per la terza volta l'attacco. Anche lì secondo le cronache di Pandora TV la situazione è incerta.
RispondiEliminaVi sottolineo questa perla di Stefano Fassina, quello della sinistra che guarderebbe agli ultimi, gli sfruttati e chi è in difficoltà:
RispondiEliminaSinistra Italiana
19 h ·
‘È necessario spostare una parte dei 9 miliardi annui dedicati al Reddito di Cittadinanza sugli investimenti in piccole opere, per la messa in sicurezza del territorio, delle scuole, delle periferie.’ Stefano Fassina
In pratica se volete il reddito di cittadinanza dovete rinunciare alla sicurezza del territorio, delle scuole e delle periferie.
Bloccato ancora una volta su facebook
RispondiEliminaProvocato da certe postfemministe, (ce ne una che scrive sempre "vomito" se legge i miei commenti) avevo citato Tito Livio quando aveva raccontato, nella lotta di classe, di una matrona portata in carrozza, la quale avendo sollevato le tendine e scrutato un bracciante uomo che la fissava, talmente offesa per quello sguardo di un essere così inferiore ordinò ai suoi servi di picchiarlo a sangue finchè si muovesse e lasciarlo per terra. Sarebbe interessante riportare questa citazione magari nel prossimo post in occasione della "giornata contro la violenza (maschile) contro la donna". Ho scritto che molte di certe "cagnette rabbiose postfemministe" non vogliono una sacrosanta parità, ma vogliono le leggi di genere che le promuovano allo status di "matrona".
Risultato, bloccato per trenta giorni su facebook. Poco male tanto i post di "Mondocane" li vedo lo stesso. Mi dispiace per chi non potrà ricevere gli auguri di compleanno.
Grazie Fulvio per questo ennesimo pezzo che ci mostra inequivocabilmente la realtà per quella che è, purtroppo.
RispondiEliminaMaxx
È sparita una pagina?
RispondiElimina....a proposito di isolare i violenti, una citazione riporta la lancetta circa tre anni addietro a quando cioè il 'poeta' fissò con :- capelli corti, Generale, ci parlò all'università, dei fratelli tute blu che seppellirono le asce, ma non fumammo con lui, non era venuto in pace- . Posso confermare che molti colletti bianchi erano rossi di rabbia -e a caccia di krumiri rossi da manovia ancora con la tessera del pnf in tasca- accumulata negli orfanotrofi della seconda guerra mondiale, da dove la fiat arruolò, una volta diplomati, molti figli e figlie del '68 extrauniversitario. https://www.youtube.com/watch?v=XbYYuWAq84o -fine-
RispondiEliminaQuesto era il brano di Gaber cantato in una trasmissione della televisione svizzera nel 1994 ma sembrava scritto per oggi: "...ed una rossa decisa con il gomito appoggiato" a denuncia del degrado in cui versava gia' allora l'informazione mainstream.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=50SnH47mi08