“Già
oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno
del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi
secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell'Occidente” (Osvald
Spengler, “Il Tramonto dell’Occidente”).
“Siamo
invisi agli Stati Uniti perché abbiamo qualcosa di molto più importante delle
ricchezze materiali che è lo spirito
bolivariano che ci muove e che abbiamo risvegliato negli altri paesi. Siamo un
esempio per il mondo intero, per tutti quei popoli che vogliono emanciparsi,
che vogliono difendere la propria dignità e la pace. Questo è considerato per
gli Stati Uniti una minaccia” (Olga Alvarez,
costituzionalista venezuelana).
“Spero che quel regime
comunista cada il più presto possibile” (Matteo Salvini).
Nancy
e Roberto presidenti
Nancy Pelosi, speaker (presidente) della Camera bassa Usa, è
apparsa a Baltimora da dove ha lanciato la sfida al presidente eletto, Donald
Trump, proclamandosi nuovo presidente – ad interim – degli Stati Uniti in virtù
del fatto che quello in carica è un usurpatore essendo stato eletto, sì ai
termini della Costituzione e della legge elettorale vigente, ma contro la effettiva
volontà del popolo, espressosi a maggioranza per Hillary Clinton. A parte qualche pigolìo contrario di
rappresentanti di terzo e quarto livello, la Comunità Internazionale ha
condiviso l’azione di Pelosi. Alcuni ne
hanno riconosciuto subito la titolarità, altri hanno intimato all’usurpatore di
indire nuove elezioni entro otto giorni e di ricordarsi che “tutte le opzioni sono sul tavolo” a
sostegno dell’autonominata. Uno spiazzatissimo Trump, che aveva dato spago a
un’analoga novità istituzionale in Venezuela, non ha potuto far altro che
capovolgersi per l’ennesima volta e chiamare i suoi sostenitori della Rust Belt
a unirsi ai bolivariani del presidente di quel paese nella resistenza agli
infervorati presidenti golpisti delle Camere di tutto il mondo.
Accomodatasi nella posizione di usciere alla porta orientale
del palazzo e guadagnatasi il sussidio di sussistenza per la riconferma del suo
servizio – costi quel che costi – a Usa, Nato e UE, l’Italia si è
immediatamente allineata all’impresa interamericana. Roberto Fico, presidente
della Camera, sceso dalla nave sulla quale aveva portato a viaggiatori
dell’Agenzia Soros fette biscottate, permessi di soggiorno, asilo politico, licenze
di spaccio e prostituzione in alternativa a contratti di lavoro nelle masserie
di Foggia e contratti d’affitto nelle ecobaracche di Rosarno, si è proclamato
duce d’Italia. Non si sa bene se al posto degli usurpatori Mattarella o Conte.
Nessuno dei quali come lui eletti dal popolo. La comunità internazionale ha
celebrato con ole e turiboli la coraggiosa mossa del diversamente pentastellato
e ha intimato, chi a Conte, chi a Mattarella, di togliersi dai piedi entro otto
giorni.
Sotto impulso della nuova presidente americana,
liberaldemocratica, il metodo si è diffuso un po’ ovunque, tagliando le gambe a
tutti i presidenti non perfettamente inseriti, secondo la nuova epistocrazia
insegnata dai costituzionalisti euro-americani, nelle logiche del progresso
liberaldemocratico e quindi sostituiti da presidenti autoproclamati in piazza,
davanti un minimo di 80 persone, anche jihadisti.
Assemblea
mafiosa? E’ la nostra!
A questo punto è apparsa deboluccia, al confronto con i suoi
imitatori, la posizione del neopresidente venezuelano, dato che, diversamente
da questi imitatori, confortati dall’obbedienza di un’assemblea parlamentare
regolarmente eletta e legittimamente funzionante, la sua era inficiata da un
forte deficit legale. I suoi membri
erano incorsi nel reato di aver avallato l’elezione di tre deputati mafiosi,
dei quali era stato dimostrato il voto di scambio. Per questo l’intera assemblea
era segnata da irregolarità e aveva dovuto essere sanzionata dal Tribunale
Supremo di Giustizia (Corte Costituzionale) e sostituita con altra
assemblea. Cosa, tuttavia, cui i media unificati non hanno fatto dare molto
nell’occhio e, poi, era stata una mossa del precedente regime, quello
dell’usurpatore. Si poteva soprassedere.
Cari amici, nel titolo ho citato “Der Untergang des Abendlandes” (“Il tramonto dell’Occidente”), opera massima del filosofo, scrittore
e storico Oswald Spengler, topseller in Germania e fuori negli anni Venti. Nei
primi anni ’30, l’autore aveva flirtato con Hitler, ma poi aveva pesantemente
criticato il nazionalsocialismo e ne era stato ridotto al silenzio. La sua
visione di un Occidente assediato da fuori e da dentro sul cammino di un
inesorabile declino culturale e dei suoi valori fondativi, gli fu ispirata
dallo studio della caduta del mondo classico e dalla visione, intorno a lui,
della Germania ai tempi di Weimar, della sua umiliazione a Versailles, della
sua depressione. Fu anche preoccupato critico di tecnica, tecnologia,
industrialismo, che avanzavano come rulli compressori su popoli che non
riuscivano a farsene una ragione evolutiva.
Visione forse aristocraticamente conservatrice, ma con un che di profetico alla
vista di quanto ci succede oggi, in termini di piattaforme totalitarie,
tecnocrazia, robotica, intelligenze artificiali, a scapito di libertà, diritto,
cultura, controllo individuale e collettivo e di evoluzioni decerebranti a
tutto questo collegate. Ma anche alla vista di una civiltà occidentale che, a
eccezione di populisti e sovranisti, da sinistra a destra si piega alla suicida
sottomissione a un potere e al suo Stato-strumento che vanta un tasso di
criminalità non raggiunto da nessuno nella Storia, nemmeno dalla Chiesa.
Putrefazione
Se l’avventuriero Juan Guaidò, presidente di un’assemblea illegittima,
preceduto dai bombardamenti di un poliziotto sul palazzo presidenziale, da un
attentato a Maduro tramite drone in occasione di una parata, accompagnato dalla
grottesca occupazione di un commissariato di polizia da parte di quattro
militari ribelli, dalla compravendita negli Usa di un ambasciatore fellone, da
un paio di anni di sporadiche ma sanguinarie sollevazioni, guarimbas, tutte iniziative amerikane e tutte fallite; se a tale
tenuta del “regime” e del popolo che ne ha beneficiato socialmente e in termini
di libertà come nessun altro paese latinoamericano, si accompagnano le
ininterrotte vittorie elettorali dei chavisti e bolivariani, tutte riconosciute
internazionalmente come corrette; se l’unica vittoria dell’opposizione di
destra, per il parlamento nel 2015, avvenne con lo stesso sistema elettorale e
fu immediatamente riconosciuta dal governo…. allora si conclude imperativamente
che la democrazia è assalita invano in Venezuela, ma muore in larga parte
dell’Occidente. O, più precisamente, se ne decompone la carcassa da tempo corrosa
ed eviscerata.
Al pari di briganti di passo, i regimi atlantosionisti hanno
incamerato tutti i fondi del Venezuela nelle rispettive banche e imprese, hanno
rubato il petrolio venezuelano nelle loro raffinerie e hanno rimpinguato i
satrapi feudal-fascisti di Caracas con i trenta denari (20 milioni di dollari),
in aggiunta a quanto Cia, NED e USAid hanno iniettato negli anni.
Gangsterismo?
Ok per noi.
Il riconoscimento del gangsterino golpista, con l’infondata
scusa dell’illegittimità di Maduro per
elezioni dal risultato l’anno scorso non disconosciuto, ma ora sì, e per aver
affossato nella miseria il suo popolo, che, seppure menomato, è riuscito a
tenere in piedi, a dispetto della più feroce guerra economica condottagli dalle
élites interna ed estere, con sanzioni, boicottaggi, imboscamenti,
contrabbandi, speculazioni sulla valuta alla Soros, rappresenta la frantumazione totale, negli Usa e tra i
satelliti, della residua finzione di legge e democrazia. E’ la sussunzione di Al Capone nel sistema del potere istituzionale. E
la partnership con il gangsterismo.
Quella che da noi si pratica, concordata con l’eterno sopra e-sottobosco
mafiomassonico italiota dall’eterno Stato Profondo Usa, fin dal dopoguerra.
E il disvelamento della natura
ontologicamente eversiva delle nostre classi dirigenti, oggi impudicamente
esibita da chi si precipita, in tutta l’opposizione e in metà governo, ad
avallare l’ennesimo colpo di Stato imperiale. E poi non vogliamo parlare dell’Untergang des Abendlandes?
L’America
latina che ho visto assaltata, riscattata e riaggredita
Permettetemi ricordi e lavori personali. Ci sono stati altri
tentativi, oltre a quelli patetici degli ultimi anni, di rovesciare, in
Venezuela e America Latina, il corso della migliore Storia umana. Mi è stato
dato di viverne i tre maggiori e di raccontarli in film. Nell’Argentina del default
provocato nel 2002 dal FMI con i suoi sguatteri locali. Il più ricco paese del
continente, sopravvissuto all’Operazione Condor delle dittature kissingeriane
in America Latina, sprofondò nella miseria totale del 50% della popolazione.
Letteralmente non mangiavano. Qualcuno s’arricchì, come ora in Grecia e in
tutti i disastri sociali, e nei suoi bidoni della spazzatura rovistavano
milioni. Poi la rivolta di popolo, l’autorganizzazione, le mense sociali, le
fabbriche occupate e da questa materia incandescente i governi della rinascita.
Ora abbattuti.
In Honduras, colpo di Stato di Obama e Hillary Clinton contro
Manuel Zelaya, un legittimo presidente che aveva osato inserirsi nel flusso
dell’emancipazione latinoamericana e nel riscatto anticoloniale. Mesi e anni di
resistenza di un popolo in stracci al costo di una repressione sanguinaria,
assassini mirati in serie (Berta Caceres, la martire degli indigeni, una mia
amica di profondissima cultura marxista e antimperialista). Oggi un paese
tornato a essere masticato e divorato dalle multinazionali, con il primato
continentale degli omicidi, governato da un regime espresso, questo sì, da
brogli constatati perfino dall’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), oggi
tornata a essere il braccio diplomatico degli Usa e che il suo presidente-fantoccio,
Luis Almagro, vorrebbe braccio armato.
Del golpe del 2002 in Venezuela, che, come vorrebbero oggi, instaurò un
dittatore, anche lui subito riconosciuto dalle “demcrature”, ma disintegrato
nel giro di due giorni da un popolo che, con Chavez, aveva assaporato per la
prima volta, dopo Bolivar, dignità, giustizia e libertà, mi ricordo la
lunghissima serrata degli imprenditori e della compagnia petrolifera PDVSA,
ancora non resa al popolo. Mancava tutto, ma la Guardia Nazionale requisiva le
stazioni di rifornimento, i contadini organizzavano un circuito di
distribuzione alternativo, Chavez distribuiva terre e case, cantava la limpidezza del cielo a davanti a milioni in camicia rossa che cantavano con
lui. La gioventù del mondo si riuniva a Caracas a imparare e promettere
antimperialismo. Nel giro di cinque anni, l’ONU proclamò il Venezuela libero
dall’analfabetismo. Era primavera e il profumo si spargeva dall’America Latina,
Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Cuba (ancora), Uruguay, Paraguay, Argentina, sul pianeta.
Chiaroscuri
venezuelani, ma più chiaro che da
qualsiasi altra parte
Non tutto è andato bene dopo la morte di Hugo nel 2013. Nel
vuoto lasciato dal carisma del Comandante provarono a inserirsi le vecchie
serpi, i vecchi vermi, ampiamente foraggiati dal Nord. Ci furono ritardi, anche
cedimenti, fenomeni di corruzione. Fu persa l’occasione di avanzare sul solco
della rivoluzione, nazionalizzando, diversificando l’economia, radicalizzando
la lotta di classe. Apparì un fenomeno deleterio, la cosidetta bolibourgeoisie, strati del movimento
che si adagiavano in pratiche dei tempi peggiori. Bisogna dare atto che Maduro
reagì come e quando poteva, lanciando campagne di contrasto e bonifica. Ma le
condizioni che l’assalto revanscista infliggevano al paese, ne minavano
l’efficacia.
Le
maschere sovraniste sulle facce degli atlantosionisti
Salvini e gli altri azzardano un Maduro “affamatore del proprio popolo, economista inetto, profittatore senza
scrupoli”. Tra queste indimostrate falsità neanche un accenno alla feroce
aggressione economica, agli ininterrotti e violenti tentativi eversivi, ai
sabotaggi, alla sempre presente mano yankee prodiga di dollari e spie Ong, alla
complicità della Chiesa, reazionaria e
filofascista, qui come ovunque in Latinoamerica, malamente mimetizzata
dalle genericità su dialoghi, pace e benessere dell’ “amato popolo venezuelano”, che fluiscono dall’uomo in bianco.
Quella
dell’ennesimo fantoccio da regime change
americano, con al seguito i guaiti dei botoli europei che si permettono,
Spagna, France, Germania e clienti, di dare gli otto giorni al presidente
legittimo di un paese sovrano, a sostegno di un gangster da angiporto,
riducendosi definitivamente a portastrascico del cannibalismo imperiale (e noi
dovremmo stare in un’Unione con questi!), non rappresenta la fine del
Venezuela. Sancisce la fine della legittimità di quella che chiamano “comunità
internazionale” e della credibilità del suo progetto maltusiano. Si
può calcolare, anche alla mano delle “folle sterminate” che hanno applaudito il
giuramento di Guaidò (un video
manomesso: prima Guaidò con alcune centinaia di persone, taglio, poi, senza
Guaidò, la grande folla di chissà quale avvenimento), che i bolivariani stanno
ai golpisti nel rapporto di dieci a uno. Per vincerli occorrono eserciti, o
paraeserciti, di Colombia e Brasile. E
bombe, missili e Forze Speciali Usa. Come quelle, chiamate Squadroni della
morte, dei genocidi Usa, sotto Reagan e Bush Senior, in Salvador e Nicaragua,
gestite dal nuovo inviato di Trump per il Venezuela, il neocon con le zanne
Elliot Abrams. E da John Negroponte, già datore di lavoro del “povero Giulio
Regeni” insieme all’ex-capo delle spie britanniche MI6 (Fico, informati). Ma
ormai è tardi: sono arrivate Russia e Cina – un grazie a loro, qualunque ne
siano i motivi - e le masse del “terzo mondo” non subiscono più. Altro che
Venezuela isolato.
In
prospettiva
Sarà comunque durissima per i venezuelani fuori dall’1%
golpista. Vivranno tempi ancora più difficili, sotto aggressione, nel sangue: i
licantropi non molleranno. Non vinceranno ma, come minimo, puntano al caos.
Come in Libia, Somalia, Afghanistan.
Qualcuno ha parlato di brigate internazionali in difesa dell’emancipazione
venezuelana.. Non certo quelle che vanno a sostenere i mercenari curdi degli
Usa contro la Siria. Tanto meno quelle invocate da Rossana Rossanda ad
affiancarsi ai “rivoluzioni democratici” di Al Qaida in Libia. Per il Venezuela
sarebbero giuste e belle.
Vanno lasciati da parte, come gusci vuoti di noci un po’
andate, i pronunciamenti striscianti su otto giorni e dialoghi, dei vari
Moavero e Salvini, perfettamente euroatlantici. Va sottolineata con un ghigno
la coerenza dei nostri fervorosi umanitari delle accoglienze senza se e senza
ma, che si allineano con gli umanitari di Guaidò, dato che Maduro, che ha tutta
la grande stampa e televisione nazionale contro e non le ha mai sanzionate, “è un dittatore”. La sanno più lunga dei
19 paesi su 35 dell’OSA che si sono rifiutati di riconoscere Guaidò. E che
sanno bene che, a parte il petrolio, l’oro, il coltan, l’acqua, quello che più
disturba Washington e i suoi corifei è il modello, l’esempio. Come con
Gheddafi.
Letterina
a Di Battista, per una sesta stella
Diverso è il discorso per i Cinque Stelle, Di Battista, Di
Mario, Di Stefano. Se non l’onore, dell’Italia hanno salvato la decenza,
riflettendo, non appieno, i sentimenti e le conoscenze di tanti italiani. Non hanno
riconosciuto il golpista, non hanno disconosciuto Maduro, hanno denunciato le
interferenze. Con Messico e Uruguay hanno chiamato al dialogo. Personalmente,
avrei chiamato all’arresto, come è giusto nei confronti dei golpisti e dei
traditori della patria. Ma non si può avere tutto. Specie dopo aver attestato
la propria fedeltà alle alleanze tradizionali, alla Nato, all’Euro. Quello che
vorrei avere e che ci spetterebbe da Alessandro Di Battista, uno che ha vissuto
le sofferenze e la volontà dei popoli oppressi in America Latina e le ha così
bene raccontate nei suoi reportage sul FQ, è un giudizio un pò meno eurocentrico
sulla natura di certi regimi. Intanto Nicolas Maduro non va messo sullo stesso
piano, sopra o sotto, di Saddam, Gheddafi, Assad. Nasce da un altro sistema,
altra tradizione, più contigua alla nostra. E se si voleva fare un accostamento
tra dittatori, o despoti, o autocrati, è uno sbaglio in ogni caso. L’errore su Maduro
è fattuale, perché è stato ripetutamente eletto democraticamente, non ha
limitato le libertà di nessuno, non ha ristretto l’azione dei partiti, purtroppo
neanche quelli sediziosi, tollera i media locali, quasi tutti contro.
L’immaginario
collettivo dei popoli colonizzati
Quanto
a Saddam e gli altri, caro e stimato Alessandro, è davvero ora per un politico
che si occupa di mondo e di storie, ma anche per tutti i cittadini dei paesi
del Nord, imparare a rispettare ciò che è il prodotto di altre culture, altre
tradizioni, altri bisogni. Intanto, si tratta di società sottoposte da secoli a
domini arbitrari esterni, romani, ottomani, coloniali, a cui era lasciata solo
la libertà di decisione all’interno della tribù, della sua amministrazione e
giustizia. Trovatisi liberi e indipendenti appena mezzo secolo fa, cosa
potevano inventarsi, se non il governo del capo tribù, del più autorevole, del
più stimato. Che ne sapevano della rivoluzione borghese o proletaria? Eppoi,
erano incessantemente, ossessivamente, insidiati dai revanscisti coloniali, dai
loro infiltrati, dalle loro spie, dai loro complotti destabilizzanti.
Nel
2000 intervistai a Baghdad l’unica donna componente del Consiglio di Comando
della Rivoluzione, organo supremo sotto Saddam. Era una biologa ed è stata la
prima a studiare e denunciare gli effetti dell’uranio lanciato dagli Usa sul
paese. Mi disse: “Ci accusano di
esercitare un potere di controllo autoritario. Ci piacerebbe aprire tutte le
finestre del paese. Ma sa che razza di uragano tossico vi farebbero entrare. E
40 anni di indipendenza e di conquiste sociali sarebbero perdute”. Facile squadernare esigenze di democrazia come
la volle il 1789 in Francia, in queste condizioni, difficile, se non
impossibile attuarla. Gli intelligenti, i consapevoli, sanno dare tempo al
tempo. Ogni popolo ha i suoi e non è accettabile che gli si impongano i modelli
prodotti da altre storie. Il metro di giudizio, in primis, è quello che misura
la distanza tra ricchi e poveri. E chi obbedisce all’Impero e chi no. Un po’ di
rispetto per favore. Chi siamo noi per giudicare?
Generoso come sempre, caro Fulvio. Non sempre riesco a seguire i tuoi documentatissimi ragionamenti ma quando ci riesco sono quasi sempre d'accordo. Questa volta commento (è una cosa che non faccio mai) l'ultima frase: "Un po’ di rispetto per favore. Chi siamo noi per giudicare?"
RispondiEliminaCredo proprio che di questi tempi (io sono del 1946 e ne ho già passati un po') quello che si sente scivolare via è proprio il rispetto reciproco, tanto nelle piccole quanto nelle grandi questioni.
Un abbraccio
Massimo Sartirana
E soprattutto come potrebbe la nostrana realtà movimentista e infarcita di hi-tech al pari dello sventurato m5s (nel senso di chi anziché rivendicare il peso dell'oltre 30% accettò di imbattersi in quest'avventura da palinsesto mediaset che ha innalzato il peso specifico leghista nella logica italiana perversa del 'facemoce male' coadiuvato dall'ottusità sinistra del 'meglio un nemico vivo che un nemico morto' declinabile sotto vari punti di vista....metafrasando il più celebre sketch de 'la grande guerra' ) dopo aver fatto una bandiera del prevedibile bluff anglo-statunitense- 'Anonymous' -g@ys fakes- (braccio virtuale di Oxfam e Amnesty e tutto ciò che loro finanzia) ,un invasato cattolico riabilitato solo perché bombarolo. Evidente e ovvia è l'assenza decennale di solidarietà internazionalista o quantomeno internazionale, proprio verso l'Italia ed i suoi sussulti sporadici post 68-77 (affaire g8 a parte). D'altro canto, dall'india al messico all'america del sud fino al Medioriente, ovunque allegre brigate nostrane si appropriano di percorsi ben lungi dal riportarne in patria le pratiche, se non al tempo della disobbedienza ya basta quando i teatrini mai mancavano dell'occhio vigile di qualche tv di risonanza parademocratica. Tra lo stare con Gheddafi o Saddam e lo stare contro la guerra, la via sarebbe stata stare fuori dalle fabbriche e dagli uffici e Università dell'impero e bloccare il pubblico dove compagn@ esercitavano ed esercitano il loro ligio dovere tanto per ribadire che non siamo solo una base Nato ma il crocevia dei suoi progetti quotidiani, un laboratorio di ridefinizione degli assetti mondiali per l'ultimo new deal eco-corporativo che sta ridisegnando ruoli e sensibilità tali che senza lo psicodramma migrante, rimarrebbero solo scuole di yoga scacciapensieri e corsi di rievocazione di danze e usi della tradizione contadina e cioè vetrine per la coscienza. etc etc
RispondiEliminaquelle invocate da Rossana Rossanda ad affiancarsi ai “rivoluzioni democratici” di Al Qaida in Libia.??? dove l'hai letto?
RispondiEliminaun'ultima provocazione giunta al termine di una presa di coscienza definitiva e cioè che l'11 settembre del 1931 l'azzeramento della vecchia guardia italoamericana fu la base per il nuovo secolo che dall'occupazione nazifascista passò le chiavi a quella atlantico fascista a supporto malavitoso, come magistralmente dipinto da Rosi in -Lucky Luciano, Lucanìa per la cronaca dietrologa come Genovese per quella complottista- . Con i morti di Portella ad inaugurare e benedire col sangue la nuova setta dc, decaduta al settantesimo anniversario dei Vespri tra paisani....@
RispondiEliminaCome è possibile sostenere, così come osteggiare Saddam, Gheddafi Putin Maduro, quando dai territori italici non esiste alcun percorso di riappropriazione tranne che tra i segmenti scoperti e appositamente accoglienti del nuovo capitalismo eco-compatibile più che sostenibile? e cioè, quando mai si è sentito un moto di solidarietà dai paesi non allineati verso le pratiche italiane e le situazioni movimentiste o quanto meno dell'opposizione sociale? possibile sia non la non intromissione ma il vuoto assoluto abilmente ""paiettato"" dall'hi-tech dell'informazione virtuale e quindi l'assenza di interlocuzione, tanto che Delcy Rodríguez -la vicepresidente venezuelana- come altri rappresentanti dell'america bolivariana dovette contentarsi di incontrare solo il conte Gentiloni, quando non il Papa Berbroglio. Dalla rete è evidente l'onnipresenza delle brigate solidariste italiane ovunque ci sia una vetrina da cavalcare -magari attraverso la rimodulazione nel municipalismo separatista e destroso- apparendo come gli eterni paladini del g8 genovese. Ma con quella storia Iglesias di podemos, ci si costruì attraverso la tesi di laurea, una bella carriera politica, tranne che poi finire inkippettato davanti al muro del pianto, forse per parcondicio e forse per cercare un pass di conferma alla subalternità culturale dell'israele amico e stabilizzatore di occupazione in occidente attraverso l'innovazione che tanto piace alle nuove schiere del lavoro informale.
Da ultimo, vorrei focalizzare un aspetto che viene sempre, strategicamente tralasciato dall’attuale via della cooperazione internazionale mascherata da internazionalismo e antimperialismo, portata avanti dalla nuova democrazia liberal a trazione Sanders-neomunicipalista e cioè:
-è giusto immaginare di imporre una nuova africa all’africa?
-è pensabile che questo tipo di accoglienza disperata nei soccorsi a barconi e scientifica nelle strutture cara-arca (un po’ di biblismo stile Mose/Mosè e menorah stilizzato come simbolo dell’acquedotto pugliese) ed i corsi di inserimento al mondo del capitale-industria siano funzionali alla ricodificazione di un sistema, quello africano appunto, storicamente sopravvissuto alla disumanizzazione perché basato su un economia informale seppur sfruttato/autosfruttante per minerali e frutta, sia il passo per strappare definitivamente l’africanità ai popoli africani?
-parte finale per mancanza di spazio-
RispondiEliminaO meglio; da una parte sta il diritto a cambiare vita e quindi ed emigrare proprio per cambiare il proprio essere e adeguarlo ad istanze occidentali di manodopera-riproduzione di un modello capitalista-consumo ma dall’altra vi è da parte di chi accoglie nei suddetti termini, l’accettazione del modello lavoro capitale-sistema di consumo, e quindi è ipotizzabile che oltre al nuovo proletariato complice italiano bisognerà pure fare i conti con quello che potrà diventare un ascarismo di ritorno?
E quindi; il proletariato nell’accezione moderna, quale opportunità darà ad un immaginario mondo ecologico e libero dal capitale transnazionale? Sta cioè diventando definitivamente un servile strumento? Accogliere senza aver spezzato qui le catene è una soluzione oppure queste catene il proletariato non le percepisce pensando di poter interagire con la produzione come lo facevano le maestranze degli anni 60-70 che peraltro senza i-phone avevano –almeno in teoria- il mondo in mano proprio perché coscienti della classe di appartenenza? Oppure si intende proseguire con la disumanizzazione anni 80-90 con l’illusioria ascesa sociale caratterizzata dall’innalzamento della qualità dei beni di consumo ? -mentre il nobile di ieri, tornato ad essere il produttore-padrone di vino e specialità gastronomiche di qualità e lasciata la città agli uffici aziendali e dei servizi consulenza associati (falso neo proletariato paraborghese sedicente precario ma a partita iva) è tornato alla vita bucolica ed hi-tech-
Bisogna pensare che il sistema africa è talmente crudele che butta le sue genti tra le fauci di carovanieri moderni o si può ipotizzare, come direbbe mio zio, che gli americani accoglievano i cubani con le barchette cinquant’anni fa?
Si può pensare che la mondializzazione abbia già adoperato la mannaia diffondendo in ogniddove abiti e scarpe uguali nel nuovo miraggio dell’occidente che diffonde non più mode innovative ma apparenze totalizzanti?
È possibile pensare che l’incapacità di dare un’alternativa alle genti in fuga sia insita nella dipendenza delle ong dal capitale stesso tanto quanto la miriade di tipologie di lavoro moderno.
E’ possibile pensare che quando le corporations avranno terminato le loro campagna di sostenibilità, impongano all’africa regimi di lavoro occidentali con strutture e modalità tali da occidentalizzare l’africa, le sue menti per creare nuovi mercati di consumo dopo la lenta e strategica manovra d’accerchiamento ( slowcapitalism in virtù di uno stillicidio a norma di logge e loggette) traendo forza proprio dalla nuova cooperazione che tanto impegna le nuove generazioni in lavori socio-impiegatizi-creativi , pensiamo a quante persone lavorano nelle videoproduzioni e al loro impatto zero sulla pratica coscienza critica essendo a uso e consumo di festival anziché di scioperi e manifestazioni.
Quanto è diverso un impiegato nestlè indiano da uno africano italiano francese o sudafricano?
Vorranno o almeno proveranno ad imbrigliare le corporations e le loro colpe o diventeranno parte del problema le genti del –sud- che cooperano e collaborano con i progetti umanitari degli uffici di propaganda-sostenibilità?
Capiranno che saranno sempre alla mercè del fascismo liberatore di popoli che sostituisce a proprie finalità l’apparenza con gli stessi mezzi-fini?
Quanto incide il lavoro incentrato sull’autostima previa destrutturazione dell’originarietà e specificità di ogni popolo per coprire dietro il paravento delle nuove opportunità una nuova dipendenza?
Non si tratta più di rivoluzione, almeno per l’occidente, ma quanto meno dovrebbe tenere in opzione l’uscita dal collaborazionismo.
Unknown@
RispondiEliminaSei stato disattento.
Il giorno preciso non lo ricordo, ma vai negli archivi del "manifesto".
Aprile 2011, "il manifesto", editoriale di Rossanda con richiamo in prima pagina, dove inveisce contro i reportage dell'ottimo inviato Matteuzzi, che denunciano l'aggressione tramite bande bengasiane di mercenari jihadisti, e invoca "brigate internazionali" come quelle di Spagna, contro Gheddafi.
@Unknown
RispondiEliminaMi ricordo benissimo quei giorni dell'Aprile 2011, fra l'altro la Libia fece l'errore di lasciare Misurata ormai quasi completamente liberata in mano si "democratici ribelli". In quel periodo fu disintegrata la casa di un figlio di Gheddafi La Rossanda disse apertamente di auspicare "brigate internazionali" come in Spagna, a sostegno invertito, cioè dei golpisti, invece della repubblica legittima.Il "Manifesto" inviò un altro reporter a Misurata, un certo Stefano (non mi ricordo il cognome) il quale accusò l'esercito libico di aver sparato contro la folla. Alla mia osservazione sui dubbi sulle responsabilità di tali eventi, mi rispose che "anche i ribelli non sono proprio dei santi, ma non potevano essere stati loro perché non disponevano di razzi"...
Alex1@
RispondiEliminaSi chiamava Stefano Liberti. Fratello Musulmano, se non lo era, lo faceva.
anche il manifesto a volte toppa (Valentino Parlato la pensava un po' diversamente e lo scrisse)
RispondiEliminahttp://www.yabasta.it/spip.php?article1505
RispondiEliminahttp://www.csv.marche.it/web/index.php/chi-ci-finanzia
https://it.wikipedia.org/wiki/Cattolica_Assicurazioni
tre siti rispettivamente di: opportunismo occupazionale - cooperazione filantropica - IOR
pro o contro i gelsomini, la le morti e qua li quattrini.
Anonimo@
RispondiEliminaC'entra poco con l'articolo in oggetto, ma sono riferimenti preziosi e disvelatori. Consiglio tutti di andare sui link. Specie sul primo, quello degli infiltrati zapatisti, già con Soros a sabotare la Serbia e poi con il frodatore Marcos in Chapas. Non si smentiscono mai.
Unknown@
RispondiEliminaA volte? Quanta immensa tolleranza per il giornaletto-truffa di Soros e Hillary. Cioà del peggio del peggio.
ti saluto Fulvio, ci siamo conosciuti nei lontani 60, ora spari sentenze sul manifesto degne di un feltri. Ti saluto
RispondiEliminaI siti da te citati, ma anche gli argomenti sull'immigrazione del tipo "fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare", ovvero colpa degli italiani choosy e con troppi diritti, nonché quelli sul "dittatore" Maduro (se fossero stati nel cile di Allende avrebbero appoggiato i camionisti cileni e sostenuto il golpe di Pinochet come ritorno alla democazzaria), dimostrano come la "sionistra" sia arrivata al capolinea, e come il divorzio dalle classi popolari sia definitivo. Ormai la "sionistra" (non è un refuso, anzi ripeto: "SIONistra") parla con gli stessi argomenti dell'Istituto Bruno Leoni (www.brunoleoni.it per chi volesse sporcarsi il mouse), ha fatto suo il primato dell'economia tossica sulla politica, e usa l'immigrazionismo come maschera per nascondere il suo passaggio al nemico di classe, una "sionistra" che non ha più nulla da dire se non "le riforme", ovviamente neoliberiste, e pertanto cerca di mascherare il tutto con fraseologia solidarista apparente ("accogliamoli tutti"), ma in certi casi mostrano chiaramente l'avere sposato il neoliberismo ("sono una risorsa", "ci pagano le pensioni"). Per forza la classe operaia gli ha voltato le spalle a questi radicalchic. La Boldrini che dice che "i migranti hanno uno stile di vita che presto diventerà il nostro" non è l'espressione della distopia thatcheriana? Non dovrebbe essere che gli immigrati siano innalzati al livello dei cittadini? No, questa vorrebbe abbassare i cittadini al livello dei migranti, schiavi senza diritti.
RispondiEliminaBravo Roberto!
RispondiEliminaqualche fredda parola per ridiscutere alcuni punti basilari delle nuove istanze liberal: Fabian Society-Keynes-Banca Mondiale-Giustizia e Libertà....non di soli Soros si nutre la messa critica. La strada spianta verso la destra alternativa e solidal popolare
RispondiEliminaAnonimo@
RispondiEliminaCi fai sapere qualcosina in più su Giustizia e Libertà.......?
Grazie.
Ho appena saputo che You Tube ha deciso di modificare i propri algoritmi per mettere all'angolo i video "complottisti", usando come scusa le tonnellate di video sulla teoria della "Terra Piatta". Purtroppo, avendo seguito il fenomeno nell'ultimo anno, temo che questa sia la conferma che sia stata una mossa messa in atto per mettere alla berlina qualunque voce critica al pensiero unico dominante. Lo stesso Mazzucco si è trovato tirato in ballo ed accostato ai terrapiattisti per aver fatto un documentario sulle prove della falsità dell'Allunaggio.
RispondiEliminaSul Venezuela temo che siamo arrivati al momento decisivo. Mi preoccupa un po' il fatto che il nostro governo si stia appiattendo sulla posizione del Ni-Ni, nè con Maduro nè con Guaidò.
https://www.youtube.com/watch?time_continue=96&v=OSrQ9GZDEME
RispondiEliminaVideo molto interessante. Pare che lo stesso Capriles, il martire tanto decantato dai nostri media, abbia affermato che Guaidò sta usando i venezuelani come carne da cannone.
E dai tempi della Jugoslavia,che una certa sinistra,e stata addomesticata al pensiero dominante.Il motivo lieto e sempre quello di distruggere il mostro di turno.Ben studiata la mossa mediatica,di impedire di non reagire piu nelle piazze al dominio Imperialista ! Autocastrazione? Ubriacatura mediatiche? Fine di un pensiero critico? Non so ,pero al più presto sarà necessario, un uomo nuovo,libero e internazionalista! Come sempre del resto!A proposito tutte queste guerre volute,da chi sappiamo bene,hanno solo peggiorato il mondo, nonché incancrenito il pensiero religioso ( per chi ci crede)tutto è peggiorato,e quando sono arrivati ( i social) i primi ad impossessarsene,sono stati gli imbecilli razzisti e cazzari
RispondiEliminaBrindo alle menti LIBERE.