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Manco fosse Messina Denaro. Prima un inciso fuori tema. La cattura ed estradizione
di Cesare Battisti dalla Bolivia equivale a un rapimento. E’ totalmente
illegittima. Nessuna opposizione all’estradizione è stata concessa in un paese
che, del resto, non può estradare condannati all’ergastolo, dato che rifiuta
l’ergastolo. Battisti non mi è simpatico, come ho forti dubbi , se non certezze
documentate, non tanto su lui, quanto su buona parte dei lottatori armati dei
fine ’70 e ’80, a partire dagli infiltrati e manipolati BR di seconda
generazione. Quelli che al sistema vanno benissimo quando, liberi dopo poco,
pontificano in televisione e continuano a occultare la verità sul terrorismo di
Stato. Che permise la “normalizzazione” dopo un decennio di lotte di massa
insurrezionali. Ma quello di Battisti è stato un processo anomalo, in
contumacia, senza la parola dell’imputato, nel clima del teorema Calogero.
Meriterebbe di essere rifatto. Ma il trionfalismo vendicativo di questa classe dirigente
e dei suoi accoliti e passeurs, eredi diretti dei protagonisti del terrorismo da
Piazza Fontana a Via Amelio cospiratori
in vista di un totalitarismo 2.0, fa venire la nausea. Rovesciando
insulti su un uomo inerme e augurandogli di marcire in carcere, quando la
Costituzione impone la rieducazione dei detenuti, ha distrutto la dignità, più
che di Battisti, di coloro che l’hanno esibito e celebrato come un trofeo di
caccia.
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Sovranisti e populisti, orbaniani e rossobruni
La prenderanno per una provocazione,
anche se è una semplice constatazione di fatti, quella del mio discorso sul
premier ungherese Victor Orban sul quale tutti, proprio tutti, senza essersi
magari mai documentati, o averci buttato gambe e occhio, condividono con
entusiasmo il parossismo demonizzatore della vulgata UE-
sinistri-centrosinistri-centrodestri-destri. Il solito unanimismo dal “manifesto”
al “Foglio”. Con Soros che se la ride.
Premetto che gli stessi unanimisti
sono accompagnati da vivandiere e riserve di complemento che, pur ritenendosi
diversissimi, in alto a sinistra, duri e puri, lanciano gli stessi identici
anatemi: Orban e, subito dopo, i rossobruni. Basta non essere pronti a gettare
nei forni l’intero governo giallo-verde, che ti sparano addosso valanghe di
nequizie, fallimenti, cedimenti, dei Cinque Stelle. Che pure ci sono. Ma non
solo. Di solito Salvini finisce in secondo piano. Dagli uni, quelli duri e
puri, perché è scontata la sua nefandezza, dagli altri, gli ipocriti di
sistema, perché in fondo è uno dei loro, dei sovranisti a chiacchiere e degli
effettivi globalisti neoliberisti, grandoperisti, sviluppisti, cementificatori,
inceneritoristi. Come sì è visto l’altro giorno con effetti abbaglianti, nel
ricongiungimento appaltizio a Torino sul TAV. E, prima, sulla trivelle, sulla
Gronda, sulla pedemontana, vedrai che ricupererà anche il Ponte sullo Stretto.
E, su tutto, al momento orgasmatico della fusione con Israele, che vuol dire
anti-Hezbollah, che vuol dire anti-Siria, che vuol dire pro-Saudi, che vuol
dire pro-Nato, che vuol dire atlantismo, che vuol dire globalizzazione.
I miracolisti
Da bravi razionalisti e materialisti
storici, dai 5 Stelle si aspettavano e pretendevano il miracolo. L’abolizione
della proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione, o quasi. Ai
duri e puri che con passione degna di miglior causa, mi elencano i misfatti dei
5 Stelle, mi limito a rispondere mettendoci il bicchiere mezzo pieno delle cose
buone pur fatte e mai viste prima, da Andreotti a D’Alema, da Prodi a
Gentiloni. Ora, però, vorrei dargli una risposta complessiva e definitiva. I 5
Stelle sono andati al governo con il 33% del voto, assieme agli unici
disponibili a superare la morta gora delle larghe intese, al 17%. Le vele erano
gonfie, ma a strozzare qualsiasi minima
folata ci hanno pensato l’union sacrée dei
media, i sondaggi che rovesciavano il rapporto di forze uscito dalle urne, le
prevaricazioni demagogiche ed effettive del lumbard, tacitamente o
manifestamente sostenute da tutto il cucuzzaro dei regimi precedenti.
I 5 Stelle sono entrati in campo per
fare da argine alla deriva reazionaria del partner bifolco, atlantista e
confindustrialista. Qualcosa hanno arginato, altro no. Si poteva fare di più?
Certamente, forse no, la risposta sta in grembo a Giove. Ma quale alternativa?
Restare, invecchiare e sfiancarsi all’opposizione
e lasciare che la Grande Armada delle cannoniere mediatiche pro-inciucio di
tutti escluso il M5S, con i fronzoli di LeU e FdI, tutti assicurati presso UE,
Nato, BCE, FMI, Bilderberg, con le star Lilli Gruber, Formigli e Zoro e il
lifting zingarettiano applicato alla flaccida pelle del “manifesto”, li radesse
al suolo con strumenti repressivi potenziati dal 5G? 5G spazzagente a onde
elettromagnetiche, neo strumento maltusiano contro le fette di umanità
costrette a stare assiepate sotto le antenne della comunicazione ultraveloce.
Addio argine, per quanto modesto. Mi
fa pensare a New Orleans sotto Katrina. Non ve l’hanno detto, ma fu documentato
che qualcuno fece saltare alcuni argini e l’uragano spazzò via la città dei
poveri e della musica. Ora poveri e musica non ci sono più. E New Orleans è
diventata la città dei ricchi. Si chiama gentrificazione. Succede dappertutto,
sempre facendo saltare gli argini.
L’Uomo Nero ungherese e l’uomo nerissimo di Mosca
Sul piano domestico il drago che San
Giorgio, benedetto da San Pietro, deve uccidere sono i 5 Stelle per aver
tentato una qualche diramazione verso i nullatenenti del flusso della ricchezza
dal basso verso l’alto. Sul piano internazionale, al netto di Trump e Putin che
pure qualche granello nei meccanismi del Nuovo Ordine Mondiale liberal-neocon
l’hanno gettato e limitandoci all’Europa, l’uomo nero è notoriamente Victor
Orban, premier ungherese da tempo davvero intollerabile, dal 2010. L’unanimismo
sinistro-destro nella satanizzazione dell’uomo ha raggiunto il diapason di quei
discorsi dell’odio e di quelle fake news che è sistemico attribuire ai
“populisti”. E dei populisti e sovranisti questo foruncolo ungherese sulla
bella faccia dell’UE è il campione supremo, l’esempio più aberrante. L’uomo
nero che rapisce i bambini e forse se li mangia, come usavano i comunisti.
Lo è da quando ha preso il tè con
Putin e ha schivato quello con gli gnomi di Bruxelles. Ma questo non lo si
dice. Si dice che è razzista, xenofobo, per Furio Colombo perfino nazista puro,
da quando ha messo davanti ai migranti, in arrivo a valanga, un muro di filo
spinato. L’Europa importa dal Sud del mondo manodopera a bassissimo costo
mediante traffici illegali che generano anch’essi plusvalore per miliardi, poi
ripuliti nel nostro sistema finanziario. Dall’altro lato, l’Occidente esporta
nel Sud, così svuotato, eserciti e multinazionali a caccia di materie prime e
rotte strategiche. Forse Orban qualcosa aveva capito quando bloccò la fiumana
che aveva sommerso la Grecia, contribuendo alla sua rovina. In quel momento, ce
lo dice l’UNHCR, aveva in casa più
migranti per cittadino di qualsiasi accogliente paese europeo.
Ma nell’Europa avviata
dall’azionista di maggioranza dell’ordoliberismo e dai suoi proconsoli a una
successione di crisi e di conseguente parossismo delle diseguaglianze, non era
tanto il “razzista e xenofobo” che dava sui nervi, quanto quello che, destinato
anch’esso al dominio franco-germanico, come i Balcani e tutto il sud mediterraneo,
se ne sottraeva e ne fioriva in termini di consenso crescente e di boom
economico-sociale. Fondamentali che dovevano essere seppelliti sotto la vulgata
di un cumulo di orrori dispotici. Non c’è dubbio, invece, che in Ungheria ci
sia maggiore articolazione di opinioni e opposizioni mediatiche di quante se ne
sogna il nostro paese. Tant’è vero che i pitbull che azzannano quel governo,
paradossalmente le citano leccandosi i baffi, per poi latrare accuse di
uccisione della libertà di stampa.
Il nemico del mio nemico… e l’amico del mio nemico
Il fatto è che dall’Ungheria Orban
ha cacciato George Soros, la sua fondazione, la sua università, i suoi mezzi di
comunicazione. Cosa che i serbi non hanno fatto quando il predatore golpista
planetario intossicò con gli stessi mezzi il Kosovo, affiancato da Madre Teresa
di Calcutta che si adoperava per rendere monoetnica la sanità. E nemmeno quando
spadroneggiava a Belgrado, venerato da Luca Casarini, sulla comunicazione
televisiva.
Europlutocrati e rispettivi
portavoce, tra i quali si accaniscono per il primato newsletter imperiali,
sussidiate da governi complici, come il manifesto e il Foglio, con il primo che
si diverte a proporsi come Dada surrealista definendosi “comunista”, hanno ora
trovato un'altra colonna infame a cui inchiodare il premiere ungherese: la
“Legge Schiavitù”, nientemeno! Xenofobo,
razzista, sovranista, populista, tiranno e anche schiavista, feroce oppressore e
sfruttatore dei lavoratori, che il Fagin di Oliver Twist gli fa un baffo.
La rivoluzioncina colorata di
Budapest
Con una legge che propone ai
lavoratori, dato il basso e quasi fisiologico tasso di disoccupazione (4%),
l’aumento volontario, concordato con l’impresa, da 250 a 400 ore di
straordinario all’anno, 33 al mese, da conteggiare sui 36 mesi, in Ungheria
siamo alla “schiavitù”. Ai campi di
cotone, o di pomodoro, con dentro addirittura dei bianchi! Contro questo abominio sociale, praticato da
anni in Italia, il manifesto ha visto un’insurrezione di popolo. I comunisti
ungheresi del Partito dei Lavoratori, all’opposizione del partito di Orban,
Fidesz, confermato al governo l’anno scorso con una maggioranza dei due terzi e
tuttora la forza politica più popolare, ci parlano invece di 6000 manifestanti,
con tra loro in grande evidenza l’ultradestra di Jobbik. E in Ungheria ci sono mille sindacati con
complessivamente 450mila iscritti. E per mettere in piazza quei 6000 non è
bastato il codice del lavoro riformato, ci sono volute le mobilitazioni
sorosiane “contro la dittatura”. E per la libertà d’istruzione privata (l’università
di Soros chiusa). Tanto è vero che non sono stati i sindacati, spesso
fortemente critici del governo, a mobilitarli, bensì i partiti di destra,
neoliberisti, come la Coalizione Democratica, una specie di PD, ora alleata di
Jobbik, tipo PD e Forza Italia.
Si sperava, per dare fieno ai
cavalli di razza della pubblicistica occidentale, in una reazione violenta
della polizia. Non ce n’è stato bisogno, ma le accuse di repressione feroce
sono piovute lo stesso, specie tra coloro che sulla terrificante brutalità dei
gendarmi francesi contro i Gilet Gialli hanno mantenuto un rispettoso riserbo.
Come al solito dietro allo
specchietto delle allodole dei diritti umani apparecchiato dai globalisti -
migranti, libertà di stampa, valori europei, antifascismo – c’è qualche motivo
più vero. Nel caso dell’Ungheria, in un’Europa mandata scientemente in crisi e
verso la terza recessione per rilanciare il trasferimento della ricchezza dai
ceti subalterni alle élites, sono i fondamentali di un’economia di cui
pudicamente non si parla, ma che va in direzione ostinata e contraria da
quando ci sono Fidesz e Orban e da
quando l’Ungheria è il paese della periferia che è uscito meglio dalla crisi.
Budapest ha chiuso il suo debito e
ha cacciato il FMI, cresce da anni dal 4 al 4,8%, il debito pubblico, al 74%
del PIL, è tra i più bassi del mondo, il deficit sta agevolmente nei
parametri-boia di Bruxelles, ha tassato le multinazionali dell’hi-tech, ha
nazionalizzato i fondi pensione e ha ridotto all’obbedienza le banche private.
Dati a fine 2017 dicono che gli investimenti sono cresciuti del 17%, le
esportazioni dell’8,1%, le importazioni dell’11,3%, i consumi delle famiglie
del 4,5%. La disoccupazione è scesa sotto il 4% e l’occupazione è cresciuta
dell’1,8%. Anticipazioni dicono che il trend è ulteriormente migliorato nel
2018. Il programma di sostegno per la casa, CSOK, finanziato dallo Stato, ha
eliminato la piaga dei senzatetto e l’aumento dei salari ha ridotto un tasso di
povertà che quattro anni fa era al 13%.
L’83% degli adulti tra i 25 e i 64
anni ha completato gli studi superiori, rispetto a una media OCSE del 74%. Solo
il 3% dei lavoratori ha un orario di lavoro superiore alle 40 ore, 5% uomini,
1% donne, drasticamente inferiore alla media OCSE del 13%. Nessuno può affermare
che ci troviamo in un paradiso sociale, ma in un processo in controtendenza
rispetto al disastro europeo riguardante i paesi della periferia (e non solo)
certamente sì. Che la virulenza degli attacchi a Orban da parte degli Juncker,
Macron, Merkel e dei propugnatori dell’imperialismo neoliberista, che siano
Dada, Realismo Magico, Metafisici, o apertamente Decadentisti, del
finanzcapitalismo mondialista, abbia a che fare con questi dati impropri?
Dove vanno i tre milioni che lo Stato (gli italiani)
regala al “manifesto”
Forse una chiave di interpretazione
ce la dà il bollettino dell’Esercito della Salvezza imperiale. E’ la
credibilità degli anatemi contro il
populista, sovranista, xenofobo e razzista che andrebbe verificata. Io, per non
essere squartato dai buoni, non mi pronuncio, mi limito ai dati. Anzi, tra
altre cose, non condivido per niente l’opposizione orbaniana all’Islam nel
segno del cristianesimo e di certe sue aberranti tradizioni fatte passare per
civiltà europea. Preferisco quella laica e politeista di Omero, Socrate e
Ovidio. Ma i discorsi di certi buoni su Kim Jong Un, Gheddafi, Putin, Maduro, o
Assad, mi mettono in guardia. Sentiamo cosa dice il manifesto del 19 gennaio
2019.
Prima pagina: titolone che accredita
voluttuosamente il taglio della crescita profetizzato da Banca d’Italia (da
sempre dedita agli oroscopi fasulli) che distragga dal primo provvedimento
governativo pro-poveri e pro-pensionati dopo decenni di regimi predatori. Ridicolizzazione
del reddito di cittadinanza e della Quota Cento, peggio che se fossero “Il
Giornale”: “Le stime di crescita
affossano il governo della propaganda”. Gioiosa descrizione del frontismo
europeista di Calenda e della sua definizione del reddito di C. come “assistenzialismo e lavoro nero”.
Altrettanto gioioso annuncio dello sciopero contro il governo di una
confederazione sindacale che ha inghiottito tutti i bocconi tossici rifilati ai
lavoratori da Berlusconi a Monti a Renzi. Condivisione dell’indignazione delle
potenze coloniali Francia, Belgio, Conferenza Episcopale, sull’esito delle
elezioni in Congo che ha visto la sconfitta del loro candidato: il fantoccio
Usa, ex-Exxon, Martin Fayulu. Due paginoni di osceno sputtanamento del martire
della libertà d'informazione Julian Assange (“La stella morale di Assange è tramontata”), prigioniero da 8 anni
nell’ambasciata dell’Ecuador, sottoposto a isolamento totale e vessazioni di
ogni genere, in vista della sua estradizione negli Usa dove il rivelatore dei
crimini di guerra Usa, degli assassini seriali
di Obama con droni e degli intrighi della Clinton, rischia la condanna a
morte. Qui, nel dare man forte al boia, il manifesto ha superato se stesso.
Altro, ennesimo, reportage sulla “rivoluzione democratica, ecologica,
femminista, federativa dei curdi”, mercenari Usa e pulitori etnici di terre
arabe siriane. Ininterrotto martellamento pietista sulle vittime del mare (“i mandanti sono i governi europei”) e
sui salvataggi (leggi traghettamenti) delle Ong tedesche e olandesi (che non
scaricano mai migranti in Olanda o Germania) finanziate da Soros e che con gli
scafisti, i trafficanti, le Ong e i missionari nei luoghi di partenza, le
multinazionali e gli eserciti che ne devastano i paesi, caporalati e grandi
imprese nei luoghi d’arrivo, costituiscono la filiera colonialista della nuova
tratta degli schiavi sostenuta dal “manifesto”. Ennesima esecrazione di Victor
Orban, “contro cui riparte la protesta
anche dei sindacati e insegnanti perché costretti a lavorare in un sistema
educativo centralizzato” (anziché affidato alle singole regioni, come
vorrebbe la Lega!). Articoletto minimizzante sull’atto 10 dei Gilet Gialli, “ormai in costante calo” (80milla dopo
due mesi!). e “violenze sia da parte dei
Gilet che della polizia”, quando i feriti tra i manifestanti sono oltre
2000, 12 i morti, 12 che hanno perso un occhio, altri una mano, uno in coma,
tra cui molti giornalisti.
Basta così. Il resto è dello stesso
segno. E anche tutti gli altri numeri. E anche tutti gli altri giornali e telegiornali. Dunque ora addosso al nazista Orban, che
schiaccia nel sangue la società civile europeista. E, soprattutto, caccia fuori
dai piedi Soros.
gli swat nella valle dello swat....Afghanistan war and nazi desert babylon storm.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=o69Yt8TqCls alla ricerca dei mondi sperduti.
E nel frattempo, nella contesa fra sovranisti ed antisovranisti (citerei anche il delirante "manifesto antisovranisti ed antiPutin" firmato dalla direzione pidiota praticamente all'unanimità) il paese luce della civiltà per i "democratically correct" continua ad attaccare la Siria. Come purtroppo previsto gli aggressori si danno il cambio, vista la sconfitta sul piano politico e gli accordi Russia - Turchia - Iran con i quali si è praticamente messo fine ai sogni di una conquista da Est, Israele continua a tirare missili su "obiettivi iraniani". Peccato però che gli obiettivi "iraniani" sono nelle città siriane, senza nessuna condanna ma neanche indignazione da parte dei sensibili antisovranisti, i quali non aspettano altro che una timida reazione da parte della Siria per rilanciare il loro veleno e missili su di un paese che ha osato resistere al "regime change" ordito manu militari. Devo dire però, neanche i sovranisti si sprecano troppo a favore della Siria, ed anche la denuncia (giusta) contro la Francia per le politiche neocoloniali, non sarà ripetuta contro lo Stato dei "giusti". Ho paura anche quella sia presto rimangiata, come ha osato toccare il sensibile e progressista Macron?
RispondiEliminaNon mi importa che lo pubblichi
RispondiEliminama avrei piacere che lo leggessi:
http://contropiano.org/news/politica-news/2018/09/05/italia-una-silenziosa-secessione-reale-0107275
Lando
Lando@
RispondiEliminaGrazie dell'invio. Conoscevo il testo e lo trovo ovvio e condivisibile. Non sono gli unici a dirlo, però sono spesso tra quelli che sparano cazzate, come il recente documento di adesione al PaP, dove mi sono arenato quando arrivato alla mitizzazione del femminismo come colonna portante dell'antagonismo, dimentichi che oggi si tratta di campagna divisiva, reazionaria e finanziata da Soros.
Alex 1@
RispondiEliminaPossibile che non si apprezzi mai senza infilare subito un sospetto o un elemento negativo. Sono anni che, in gran solitudine, denuncio le migrazione come grande operazione di annientamento delle identità sociali, culturali, nazionali e come strumento di svuotamento malthusiano del Sud per rapinarne le ricchezze. Finalmente una autorevole forza politica al governo ha il coraggio di gridarla ai quattro venti, denudando il re e i suoi sguatteri ONG. Come non esserne grandemente soddisfatti?
Ahhaaaahhhh, vero, purtoppo ci sono troppi sciroccati che si bevono tutto e poi ci sono i soliti nuovi e vecchi amici che
RispondiEliminahanno studiato all'estero, come
disse Totò "hanno fatto il militare a Cuneo", che "spingono
per fughe in avanti" come disse
il buon Cossutta.
Lando
Devo ammettere di essere stato pessimista, ma troppe volte, investiti dalla canea democretinista europeista si è fatto marcia indietro. Sul Tap, su Cesare Battisti (vergognoso esempio di "rapimento" con parata del ministro Bonafede), sulla "legittima" difesa, sull'Euro sulla Palestina e sulla Nato. Comunque, ben venga che si riapra il dibattito sul colonialismo Francese ed EU in genere.
RispondiEliminaLa descrizione della realtà dei fatti in Ungheria e la disamina del manifesto sono semplicemente esemplari. Il tuo scritto dovrebbe essere letto in tutte le scuole e le università italiane su come non si fa giornalismo e informazione.
RispondiEliminaA questo punto chiedo a Fulvio: dato che in Italia non ci sono più giornali di carta che raccontano le cose come sono, ma si limitano a scrivere tutti le stesse cose(forse perchè seguono Goebbels e le sue tecniche di propaganda),
pur sapendo che i gornali sono in via di estinzione, nel frattempo c'è ancora spazio e tempo per un giornale veramente alternativo nel nostro paese?
Grazie
Pierluigi
Tanto per chiarirsi le idee su Amnesty, se ci fossero ancora dei dubbi. Ecco i commenti di risposta ad un critico, il quale ha, forse provocatoriamente accusato l'organizzazione umanitaria di difendere Cesare Battisti.
RispondiEliminaAmnesty International - Italia ciao Severin Dantes siamo contenti che Cesare Battisti sia stato arrestato e assicurato alla giustizia italiana.
Amnesty International - Italia ciao Severin Dantes forse eri convinto tu che noi lo difendessimo, ma questo non coincide con la verità. Non abbiamo mai fatto appelli e raccolte firme su Battisti, nè preso parte alla campagna di depistaggio in cui la richiesta di estradizione dell’Italia veniva equiparata alla prepotenza di una tirannia.
In pratica, L'Italia ha il diritto di rapire ed estradare chiunque, basta non sia un "democratically correct"
Insomma...proprio adesso che ricominciano la campagna "Spezzeremo le reni all'Egitto" (e perchè no, anche all'Iran). Da dire ai ragazzi militanti per le nostre strade con la cartellina di "Amnesty". .
Pierluigi@
RispondiEliminaTemo di no. Nessun giornale, che voglia essere efficiente e competitivo con i contaballe, avrebbe bisogno di supporto pubblicitario. E chi glielo dà?
Ma, consoliamoci, abbiamo la rete, finchè ce lo consentono. Poi rimane il passaparola.....
Parlando d'altro, avete visto presa diretta di lunedì scorso? Una vergognosa difesa del CETA, come qualcosa di positivo per il Made in Italy, ovviamente cercando di denigrare le tesi, peraltro esposte, di chi fosse contrario. E facendo passare come cosa secondaria il fatto che gli stati perdono potere a vantaggio delle multinazionali e di un tribunale PRIVATO internazionale. Prima i profitti, poi le comunità.
RispondiEliminaIn una giornata in cui è in atto un golpe in Venezuela, può sembrare un argomento banale. Però a proposito di metoo e compagnia bella, del "maschilismo imperante" e della prossima "giornata contro le violenze (maschili soltanto, ovviamente) sulle donne. Chi risponderà delle false accuse a Fausto Brizzi, e agli uomini calunniati di molestie o addirittura violenze da certe associazioni postfemministe rancorose?
RispondiEliminahttps://www.corriere.it/cronache/19_gennaio_23/fausto-brizzi-archiviate-accuse-violenza-sessuale-il-regista-bf3e104c-1f23-11e9-a474-995954c4bc54_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=yy-vnPM7&pids=FR&origin=http%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fcronache%2F19_gennaio_23%2Ffausto-brizzi-archiviate-accuse-violenza-sessuale-il-regista-bf3e104c-1f23-11e9-a474-995954c4bc54.shtml
Spero che l'ultimo tentativo svergognato di rovesciare Maduro e la repubblica chavista del Venezuela finisca sconfitta e con la coda tra le gambe come i precedenti, con buona pace della contaballe Botteri il cui servizio scandaloso mi è capitato di vedere ieri sera.
RispondiEliminaIl pensiero che si possa fare una disinformazione così scandalosa sul telegiornale principale della rete pubblica mi fa rabbrividire.
Massimo@
RispondiEliminaE stasera hanno fatto ancora peggio. Due interviste a connazionali che esaltavano la svolta e plaudivano al riconoscimento internazionale dell'usurpatore. Ma la cosa più abberrante è che auspicavano di ritornare "a tanti anni fa, quando stavamo bene". Si riferivano forse all'era pre-Chavez?
Tipo esempio, già citato in altri post, di cerchiobottismo. La CGIL condanna il "dittatore sanguinario Maduro" anche se non riconosce il presidente Gauidò come autoproclamato presidente ("dal punto di vista democratico non è accettabile", dicono). Ed è un tipico esempio del sindacato "democratically correct", contro "tutti i dittatori", ma molto meno contro il capitale e le sue sovrastrutture più o meno democratiche UE, FMI e varie.
RispondiEliminaEd io che speravo che con Landini si attenuasse questa linea. Illuso.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/24/cgil-diventa-un-caso-la-mozione-su-maduro-errore-nel-tweet-mai-con-i-dittatori-di-nessun-tipo/4922272/
Peccato che questi pusillanimi senza morale dimentichino quando chiamano Maduro dittatore, che lo stesso è presidente avendo vinto regolari elezioni meno di un anno fa, il 20 maggio scorso.
RispondiEliminaStrano che non abbiano mai invitato il loro protetto Macron contro cui da mesi si svolgono proteste estese nel suo paese, a dimettersi e indire nuove elezioni come fanno con Maduro o come fecero nel 2014 in Ucraina per spodestare con un vero e proprio colpo di stato l'allora presidente Yanukovic.
La doppia morale è la bussola dell'occidente, altro che le solite balle su difesa di democrazia finta e diritti umani che vengono usati da paravento come clave contro chiunque non si allinei.