(Abbiate pietà, siamo di nuovo
lunghi, ma è la storia della Serbia che è lunga e complessa)
Il contributo dei pellegrini di Sarajevo
Coloro che in questi giorni, in
occasione del XX anniversario dell’aggressione Nato alla Serbia, si stracciano
le vesti per una guerra che ha lacerato l’Europa e sancito la fine dello jus gentium, del diritto che regola i
rapporti tra i popoli e impone il governo della legge su abusi e arbitri, sono
quelli che il 24 marzo 1999, la mattina dopo le prime bombe, si armarono di
menzogne e partirono per Sarajevo. Quinte colonne di pellegrini della pace
accorsi a offrire un contributo alla frode che parlava di nazionalismo etnico
dei serbi, del “dittatore” Milosevic, della persecuzione degli albanesi nel
Kosovo, dell’assedio stragista dei serbi alla città bosniaca, del massacro di
8000 innocenti di Srebrenica (solo miliziani del capobanda Nasr Oric,
fiduciario del fascista islamista Izetbegovic, massacratore – vero – di 3.500 serbi attorno a Srebrenica. Ma è
Karadzic, il difensore dei serbi dalle orde jihadiste del fascista Izetbegovic,
reclutate dalla Nato, che oggi viene condannato all’ergastolo dal tribunale pinocchiesco
dell’Aja).
Sicari civili del generale bombarolo
Wesley Clark esordivano alla grande a Sarajevo e Belgrado nella missione di
asfaltare, con le calunnie sui serbi e sul loro governo, la via alla
distruzione dell’ultimo lembo di quel grande esperimento di convivenza e
progetto comune che era stata la Jugoslavia socialista di Tito. Comunità
sovrana di popoli perno di un altro grande e positivo progetto di alternativa
allo spadroneggiare dell’imperialismo: l’organizzazione dei Non Allineati.
Kosovo: l’inversione delle pulizie etniche
Insieme ai pionieri del 1992,
Pannella e Bonino, in mimetica accanto ai neo-ustasha croati, al Papa polacco
in testa alle sue truppe in tonaca, al pacifista Alex Langer convertitosi al
bellicismo Nato, con l’invocazione di bombardamenti sui serbi, ai revanscisti
di Berlino, che i serbi, pur con una mano legata dietro alla schiena, avevano
sconfitto da soli, torme di Ong avevano già invaso il Kosovo e s’erano già
fatte apprezzare da vivandiere degli squartatori dei Balcani. Nei decenni
precedenti, la sistematica caccia al serbo, nel cuore kosovaro della Serbia, da
parte di albanesi perlopiù immigrati dall’Albania e così diventati maggioranza,
era stata resa possibile dalla tolleranza di Tito, nel nome di un equilibrismo preoccupato
di non irritare, con un’egemonia serba,
gli altri componenti della Federazione.
Così la pulizia etnica operata dalle
bande UCK, sostenuta dalle università di George Soros etnicamente pulite
(riservate ai soli albanesi) e dalle strutture sanitarie di Teresa di Calcutta,
etnicamente pulite nello stesso senso, venne risolta da queste Ong nel suo
opposto: serbi colpevoli, albanesi vittime. L’avallo della stampa italiana e internazionale sul posto, onesta quanto Gianni Schicchi che "va rabbioso altrui così conciando" (Canto XXX dell'Inferno), non si avvide
dell’inizio dell’esodo che, alla fine, avrebbe visto 230mila serbi resi
profughi perenni, ma privi di neanche un grammo di quella solidarietà elargita
oggi ai nuovi sradicati all’ombra dello stesso imperialismo. Non si avvide
neanche dei 150 monasteri del XII, XIII, XIV, XV secolo bruciati che, poi,
sarebbero cresciuti, sotto gli occhi della KFOR, a oltre 230. Né delle case
serbe occupate dagli albanesi, né delle istituzioni dello Stato date alle
fiamme. Meriti deontologici che a qualcuno fruttarono l’elevazione al rango di
corrispondente da New York. Mentre il banditismo narco- e organo-trafficante
dell’UCK valse ai tagliagole il
riconoscimento, non dell’ONU, ma di alcuni governi di pari qualità.
Presidenti democratici nominati dittatori, pulizie
etniche, narcostati e interpreti simultanei Ong
Tanto blindata era la dittatura di
Slobodan Milosevic, presidente di una federazione e di una repubblica in cui si
votava, correttamente, più che in qualsiasi altro paese europeo, dove esistevano
forti e vociferanti partiti d’opposizione ed emittenti radio e televisive
infeudate ai propagandisti occidentali senza che nessuno li invitasse a
moderare le menzogne suggerite da Berlino e Washington. E Ong arlecchinesche,
come l’ICS o le Tute Bianche del noto navigatore Luca Casarini, venivano ospitate da quinte colonne come,
rispettivamente, le “Donne in Nero” e Radio B92, organo di George Soros,
specializzata in scagliare contumelie sul “regime” e pietre sui partigiani in
corteo sotto le sue finestre.
Troppo democratico, Slobo, e troppo
preciso rivelatore della strategia dei necrofori all’assalto dei popoli sovrani
nella strategia del Nuovo Ordine Mondiale
in nuce, da poter essere lasciato in vita nel carcere dell’Aja, dopo che
neppure il soldo di Bill Clinton era riuscito a far trovare ai giudici di quel
tribunale-burletta la minima prova di una qualche colpa del presidente serbo.
Lo salutammo da sotto le sbarre del carcere di Scheveningen. Ma di quelle Ong
umanitarie non se ne vide nessuna. E neppure il giornaletto finto di sinistra
che, con un suo inviato, piagnucolava sulle bombe cattive, ma si riprendeva
parlando del “despota” Milosevic, ancora più cattivo, metteva sullo stesso
piano le parti in causa in Kosovo, cianciava di contropulizia
etnica dei serbi quando di pulizia etnica ce n’era una sola, quella dell’UCK.
Il risultato a cui costui ha dato il suo bel contributo, è un Kosovo messo in mano al gangster UCK Hashim Thaci, dimostrato
responsabile dell’unica pulizia etnica perpetrata e del traffico di organi di
civili e soldati serbi catturati. Un paese in miseria nonostante riceva più
aiuti di qualsiasi altro, sede della più grande base USA d’Europa, ponte del
trasferimento in Occidente dell’eroina in arrivo dalle zone dell’Afghanistan controllate
dall’occupante Nato.
Dall’ "intervento umanitario” all’inferno.
A me, in redazione al Tg3 la mattina
del primo dei 78 giorni di bombardamento, l’invito a considerare l’attacco un “intervento
umanitario” (il primo di quelli costati all’umanità l’Afghanistan, la Somalia,
l’Iraq, la Libia, la Siria, lo Yemen, l’Honduras, diononvoglia il Venezuela), non
tornò né giusto, né corretto. Impossibile condividere, schifoso sottostare e in
RAI non mi feci vedere più. Presi una telecamera e mi feci vedere a Belgrado,
insieme alla gente del “target” che, cantando, sfidava sul Ponte Branko, obiettivo
per eccellenza, i topgun Nato che
partivano da Aviano su ordine, anche, di D’Alema premier e Mattarella
vicepremier e ministro della Difesa. A Kraguievac, con Raniero La Valle, Sandra e il bassotto Nando, schivammo un paio di missili, a Belgrado, di notte, vedemmo in fiamme l'ambasciata cinese e, la mattina, colpito il reparto incubatrici dell'ospedale pubblico. Dal 1999 al 2001 mi aggirai per la Serbia,
tra le rovine di ospedali, scuole, ponti, treni, case, orfanotrofi, fabbriche,
ambasciata cinese, televisione di Stato e suoi giornalisti e tecnici, la
Zastava a Kragujevac, cuore operaio della Serbia jugoslava, vista rasa al suolo
dall’uranio e un anno dopo rimessa in opera dagli stessi, eroici, operai. Ne
vennero i due unici documentari che in Italia ed Europa provarono a dire
un’altra verità. Per la quale, a Belgrado, ora hanno avuto la generosità di
offrirmi un riconoscimento. Che terrò incorniciato e in vista, per non dimenticare
mai. Come promesso dai convegnisti del Forum di Belgrado.
Il PRC: No, Milosevic no!
Ma ne vennero anche i reportage che
“Liberazione”, quotidiano del PRC, mi aveva chiesto di mandargli. E che
apparvero nella misura in cui descrissi gli effetti dei bombardamenti. Poi mi
occupai della resistenza operaia, intellettuale, popolare, dell’incredibile
ricostruzione in pochissimi mesi, in particolare dei magnifici ponti sul
Danubio a Novi Sad e della Zastava. E qui, al ritorno, scopersi che il
caporedattore Cannavò, - oggi, coerentemente, all’atlantista Fatto Quotidiano -
ne aveva cestinato gran parte. “Mica
potevamo appiattirci su Milosevic”, fu la giustificazione dell’indecente
abuso. La stessa che mi diede la vicedirettrice Rina Gagliardi quando rifiutò
la mia intervista a Milosevic. L’ultima che diede, prima dell’arresto tre
giorni dopo, dando prova di generosità d’animo, amore per la patria, acutezza
di analisi e di impressionante lungimiranza su quello che la distruzione della
Jugoslavia avrebbe comportato. La pubblicai sul Corriere della Sera, giornale che
almeno sapeva di giornalismo.
Vent’anni dopo. Un convegno. Della memoria e della
resistenza.
Ero venuto a Belgrado per il
convegno nel X anniversario dell’aggressione. Ci sono tornato ora nel XX.
Dubito, a 85 anni, che mi rivedranno al XXX. Ma loro terranno duro, fino a
quando la vulgata delle menzogne su Jugoslavia, Serbi, loro uccisori e
devastatori non sarà riconosciuta da un’opinione pubblica che insiste a farsi
turlupinare da delinquenti della guerra, dello schiavismo coloniale e
dell’informazione. Fino a quando le vittime non saranno state risarcite,
bonificati i territori e curati i corpi bruciati dall’uranio impoverito (tra i
ragazzi sotto i 15 anni tre volte i tumori della normalità senza uranio) e
avvelenati dalle sostanze chimiche fatte sprigionare dagli impianti
petrolchimici di Pancevo. Sparute voci invocavano memoria, ma anche perdono. Subito subissate dal coro:"Non dimentichiamo, non perdoniamo".
Loro che tengono duro, fin dai
giorni dell’aggressione, sono capeggiati da un uomo della cui specie ne
vorremmo avere anche da noi. Zivadin Jovanovic era ministro degli esteri nel
governo di Slobodan Milosevic, testimone dell’infame inganno di Rambouillet,
trattato di “pace” con cui Madeleine Albright (quella dei “500mila bambini morti che valevano la pena per prendersi l’Iraq”)
pretendeva di imporre alla Serbia di farsi occupare dalla Nato. Testimone, alla
fine dei bombardamenti, della “pace” di Kumanovo. Forse l’unico, grande errore
di Milosevic: il ritiro delle truppe serbe dal Kosovo. Difficilmente l’UCK, se
non la Nato, avrebbero prevalso, tra le montagne serbe, sull’esercito erede
della lotta partigiana ai tedeschi. Avremmo vissuto un’altra storia.
Sicuramente non quella di una Grande
Albania che incorpori Kosovo e pezzi di
Serbia, Montenegro e Macedonia, vascello pirata sospinto dal soffio Nato e UE,
tornato virulento in questi mesi e ansioso di farla finita con una Serbia che a
Putin in visita a gennaio offre tripudio, un milione di cittadini in festa e il
rifiuto della Nato (“Per difenderci basta
il nostro esercito. Non abbiamo bisogno della Nato”. Così, alla conferenza,
il ministro della Difesa, Aleksander Vulin, ripetendo ciò che aveva detto il
presidente Vucic). Una Serbia che dall’inverno scorso viene descritta come
assediata dalle opposizioni anti-Vucic, ma che a fine marzo abbiamo visto in
piazza ridotta a poche decine di manifestanti. Tra l’altro con parole d’ordine
che richiamano con precisione quelle di Otpor, la Quinta Colonna creata dalla
Cia nel 2000 e poi attiva nell’innesco di quasi tutte le “rivoluzioni
colorate”, fino al golpe di Guaidò in Venezuela.
Forum di Belgrado per un Mondo di uguali
Zivadin Jovanovic (occhiali), Enrico Vigna (in blu) e il
sottoscritto (in rosso). Sotto: Jovanovic al palco.
Con il Forum di Belgrado per un
Mondo di Uguali, di cui è rappresentante per l’Italia Enrico Vigna, meritevole
anche per i progetti con i serbi del Kosovo che ha illustrato nel suo
intervento, Jovanovic, detto Zica dagli amici, dà da vent’anni forma e
contenuto alla resistenza serba e alla verità. Per questo anniversario ha
riunito nella capitale, da tutto il mondo, 500 tra storici, giornalisti,
analisti, esperti militari, biologi e tanti di coloro che su vari piani, in
questi anni, tra oblio indotto e ripetizione delle menzogne, hanno tenuto
accesi ricordi e verità. A Belgrado siamo, opportunamente, nel palazzo delle
Forze Armate Serbe, quelle del cui patriottismo i serbi continuano a fidarsi. Per l'Italia ci siamo io, Vigna, un rappresentante del Comitato contro la Guerra di Milano, attivissimo nelle mobilitazioni, e il gruppo di Jugocoord che, da anni, si occupa eminentemente di ricerche storiche su Jugoslavia e fascismo.
Non avevo una precisa idea su quale
tema trattare nel mio intervento alla conferenza. Si trattava di evitare dati e
considerazioni che sicuramente sarebbero stati trattati dai tanti iscritti a
parlare: quasi 30mila raid aerei, 10.000 missili Cruise, 21.700 tonnellate di
esplosivo, 350 di uranio impoverito, 36mila bombe a grappolo, bombe alla
grafite, 2.200 civili uccisi, 33 ospedali centrati, 23 raffinerie, lo stesso
Kosmet, caro alla Nato, con un aumento del 200% dei casi di cancro. E poi la
denuncia del complotto genocida che ha visto complici Germania, in primis, e
poi Usa, Ue, Vaticano, i mancati risarcimenti, le bonifiche negate, come negata
dai paesi Nato è la causalità tra Uranio ed effetti patologici letali. A
dispetto dei 400 e passa soldati italiani uccisi dai tumori e dei 6000 ammalati
in seguito al contatto, non protetto, con quelle armi, in Kosovo, come nei
poligoni della Sardegna.
Il battesimo delle False Flag del secondo millennio
Il bacio della musa dei convegnisti
arriva durante il trasferimento dall’aeroporto al centro della capitale. La mia
grande amica e compagna serba in resistenza, Gordana Pavlovic, vedova di guerra
(una delle grandi donne serbe che ho
avuto la fortuna di conoscere, con in testa Ivana, che in Italia tiene viva la
fiamma della verità sulla Serbia), mi indica la sede, che avevo visto
semicarbonizzata, del Comitato Centrale del Partito. Forse l’avrebbero lasciata
lì, pensavo, monumento perenne al crimine di aggressione. Ma lo sguardo si
scontra con un gigantesco complesso commerciale su cui spicca la scritta “Zara”
e quella di altre griffe del consumo spietato e imbecille. La grande piazza è
un parcheggio. Case, caffè, botteghe, alberi, gente del vicinato, spariti.
Un’identità cancellata. L’innesco, il bacio della musa, è stata la parola
“identità”. Venutami in mente in quel momento e poi pronunciata da un solo relatore: Pyotr Olegovich Tolstoy,
vicepresidente della Duma, Federazione Russa. Tolstoy ha riferito il termine alla
mai sufficiente denuncia delle truffe, inganni, bugie, falsità sesquipedali con
le quali si è voluto deformare l’immagine, l’identità della Jugoslavia e indurre l’opinione pubblica a tollerarne il
disfacimento, prodromo alla guerra infinita, detta “al terrorismo”, da parte di
una congrega di Stati costruitisi e perpetuatisi nel terrorismo.
A partire dalla frode di Racak,
innesco all’attacco, quando qualche decina di cadaveri mutilati di civili erano
stati attribuiti dal capo dell’OCSE, presunto ente mediatore, William Walker, a
una strage perpetrata dai serbi. Gli anatomologhi finlandesi che esaminarono la
scena documentarono che trattavasi di miliziani UCK caduti in combattimento e
che erano stati mutilati dopo la loro morte. Poi vennero le armi di distruzione
di massa di Saddam, Osama bin Laden, l’11 settembre, Gheddafi e Assad che
bombardano il loro popolo… Insomma la False
Flag come madre di tutti i crimini contro l’umanità.
Le frodi si possono rivelare, le
colpe attribuire, ponti, palazzi, ferrovie, ospedali, case, scuole, fabbriche, si
possono ricostruire. Ma quando un’identità è ferita, mutilata, non smette di
sanguinare. Fino alla morte. Ed è questo l’obiettivo strategico dei necrofori
con la falce della globalizzazione. Cancellare l’identità con la guerra, o
ingabbiarla e soffocarla con la gabbia delle strutture politiche ed economiche,
tipo Nato, tipo UE. Il terrorismo bellico
mira a colpire cultura, testimonianze, radici, opere che una comunità ha espresso nel tempo,
i suoi modi e le sue strutture della convivenza. Punta a sottrarre l’anima, a
cancellare il nome. La guerra per l’annientamento di ciò in cui un popolo si
riconosce, che lo lega a quella Storia e a quel territorio, è terribilmente
sottovalutata. Al convegno di Belgrado non ne ha parlato nessun altro, ma che
la questione fosse sotterraneamente presente lo hanno dimostrato il consenso e la condivisione.
Non solo case, ospedali, monasteri, ponti, scuole…
In Iraq gli americani hanno, per
primissima cosa, c’ero ancora, fatto devastare, da manovalanze importate dal
Kuwait, il Museo e la Biblioteca Nazionali, contenitori di quattro millenni di
civiltà, che poi ha saputo trasferirsi nel resto dell’umanità (non a tutta,
per la verità). Con i cingoli a Ur,
patria di Abramo, hanno frantumato il primo asfalto inventato dall’uomo. La
distruzione di Babilonia, Niniveh, Atra, Nimrud, Mosul, l’hanno perpetrata con
le bombe e delegata ai mercenari Isis. Come in Siria per Palmira, Aleppo,
Raqqa. Come in Libia per Cyrene, Leptis Magna, Ghadames…
Della Serbia sappiamo dei 150
monasteri ortodossi distrutti nel Kosovo e di altri 100 sotto gli occhi della
Kfor. Qualcosa è trapelato sugli effetti genocidi nel tempo dei fumi
sprigionati dalle raffinerie incendiate, delle sostanze chimiche mortali uscite
dai serbatoi di Pancevo, appositamente e precisamente mirati (quelli vuoti non
sono stati sfiorati!). Non sappiamo della distruzione o del danneggiamento dei
musei, delle cattedrali, della Fortezza di Belgrado, dei cimiteri antichi, dei
monumenti bizantini e medievali, delle chiese, moschee e sinagoghe, del Parco
della Memoria a Kraguievac, del Parco Nazionale di Fruska Gora, dove alberi e
monasteri venivano frantumati sotto i nostri occhi, dei centri urbani antichi
e, dunque, della loro forme di convivenza. Tutti crimini contro l’umanità,
violazioni di leggi e convenzioni. Tutto per cancellare radici, identità,
anime, livellare, uniformare. E senza identità non c’è sovranità. Se non quella
dei globalizzatori, livellatori, espropriatori, odiatori di cultura. Da dove
trarre la forza, il senso di comunità, per lottare?
Identità, nemico principale
Il
lavoro dei globalizzatori non finisce con la guerra e le bombe. Ne è prova la global-imperialista
Operazione Migranti, riesumazione della tratta schiavista e del razzismo
colonialista dei secoli passati, coperta dall’ipocrisia dei buonisti e
accoglitori senza se e senza ma, ma finalizzata a svuotare di giovani i paesi delle
risorse e ad annullare la coscienza della propria identità in chi parte e in
chi accoglie. Ne è testimonianza l’universalizzazione delle gentrificazioni
nelle metropoli. Con l’arrivo dei ricchi e dei manager e di torme di turisti
uniformati da scenari uniformi,tra Tokio, Chicago, Londra, Lisbona e la Milano
guastata da sindaci e architetti. Con l’espulsione in periferia del corpo vivo
del popolo e il subentrare di centri commerciali, B&B, catene di hotel,
ristoranti e boutique in franchising, dopo aver raso al suolo botteghe, caffè,
trattorie, le piazze dei muretti, dei balli e delle fontane per il sabato sera
della comunità di ieri e di oggi, di sempre.
“Siede
con le vicine a filar la vecchierella incontro là dove si perde il giorno…
“I fanciulli gridando sulla piazzola in
frotta e qua e là saltando fanno un lieto rumore…. Poeta, ma anche profeta,
Giacomo: “Ma la tua festa, ch’anco tardi
a venir, non ti sia grave”. Il Centro Commerciale Zara & Co. al posto
del palazzo del Comitato Centrale, è un brutto segno. Lo è anche il nuovo
quartiere dei ricchissimi, la Waterfront
(all’inglese!) sul fiume. Per ora sembra salvo il centro.
Quello del Forum di Belgrado per un
Mondo di Uguali è stato, doveva essere, alla vista dell’oblio indotto dai
responsabili e dai loro amanuensi, un convegno della memoria. Ma da Zivadin
Jovanovic all’ultimo delegato, eravamo coscienti che la memoria non serve se
resta galleria degli antenati e dei paesaggi. Ambiente in cui si crogiola
troppa gente. La memoria dei serbi non cessa di accusare e avvertire: per i
necrofori, la Serbia dovrebbe essere diventata il paradigma dell’umanità. O si
resiste alle sirene Usa, Nato, UE, o si muore tutti. La memoria, quando è
denuncia, diventa resistenza. A partire dalla lotta contro coloro che oggi vengono di nuovo incaricati di agitare la piazza. Piazza
spuria e strumentale per abbattere un presidente che, forse ondeggiante, ha
comunque dichiarato un no epocale alla Nato. Una Nato che, a partire dal
progetto che riunisca tutti gli albanesi in unico Stato all’ordine della
criminalità internazionale e locale, prosegua l’infinita destabilizzazione dei
Balcani e la faccia finita con quel
cuore serbo che ha vinto i nazisti e ora rifiuta di farsi testa di ponte per la
guerra alla Russia.
Le conclusioni tracciate da Jovanovic sottolineano l'impegno a difendere e diffondere a livello internazionale la memoria dei crimini e dei loro responsabili. A trarne il rafforzamento dell'opposizione alla Nato e all'UE nel nome di un diritto internazionale e di una sovranità nazionale da ricuperare. A stringere rapporti sempre più stretti con la tradizionale alleata russa. A inserirsi, con la forza dell'esperienza e della sofferenza subita, nel fronte internazionale dell'antimperialismo e dell'autodeterminazione dei popoli. Sotto il segno della parola d'ordine del convegno: "Pace e progresso contro guerra e dominio".
Le conclusioni tracciate da Jovanovic sottolineano l'impegno a difendere e diffondere a livello internazionale la memoria dei crimini e dei loro responsabili. A trarne il rafforzamento dell'opposizione alla Nato e all'UE nel nome di un diritto internazionale e di una sovranità nazionale da ricuperare. A stringere rapporti sempre più stretti con la tradizionale alleata russa. A inserirsi, con la forza dell'esperienza e della sofferenza subita, nel fronte internazionale dell'antimperialismo e dell'autodeterminazione dei popoli. Sotto il segno della parola d'ordine del convegno: "Pace e progresso contro guerra e dominio".
Ho chiuso il mio discorsetto con una
promessa. Che tutti e cinquecento ci saremmo ritrovati qui al XXX anniversario
e, anche, al XL. Visto che ci battiamo tutti per una causa giusta, buona e
bella, non moriamo mai. Siamo immortali. Un sorriso ci vuole ogni tanto.
Seguirà, nel prossimo post, un’intervista con Zivadin
Jovanovic, presidente del Forum di Belgrado e ministro degli esteri del governo
Milosevic
...e quindi, caro Fulvio, fai anche a noi che Ti apprezziamo altrettanta promessa, chè altri cent'anni della Tua forza e lealtà ci sono indispensabili, e non soltanto come esempio. Un abbraccio, khwan.
RispondiEliminaEmilio@
RispondiEliminaGrazie, simpaticissimo e incoraggiante, seppure idealistico, commento. Comunque ci provo....
Solo una nota a proposito di Mattarella: e' stato Ministro della Difesa dal 22 dicembre 1999, mentre i bombardamenti NATO sono terminati il 10 giugno 1999; nel periodo dei bombardamenti e' stato "solo" Vicepresidente del Consiglio (fonte: Wikipedia). La stessa Wikipedia (inglese) afferma pero' che, come Ministro della Difesa, ha appoggiato l'intervento in Jugoslavia (senza pero' citare fonti).
RispondiEliminaRimango un po' confuso, ma nella sostanza, se non nella forma, le critiche a Mattarella che leggo nei tuoi articoli mi sembrano corrette.
Appassionante, bello, triste, crudo, vero, unico! Confesso che introduzione, analisi e poi morale mi hanno commosso. Avremmo dovuto tutti fare di più per fermare quella guerra.
RispondiEliminaAbbiamo fatto tanto..persino qua a Predappio abbiamo rischiato il linciaggio per avere duramente contestato i dirigenti locali dell'allora PDS..mmanifestazioni a pisignano da dove decollavano i bombardieri..e sui ponti di tutt Italia.. è l'arroganza del potere della sinistra italiana ed europea che governava alloraa ad avere, una volta di più, ignorato tutto ciò..complici criminali del criminale clinton
RispondiEliminaAvremmo dovuto fare di più per fermare quella guerra? Sarò pessimista ma non servirono per fermarla neanche le dirette di un Santoro ancora vedibile allora, poi meglio lasciar perdere, dal ponte di Belgrado e le manifestazioni per la pace che ancora 4 anni dopo ricordo non fermarono neanche la seconda aggressione all'Iraq.
RispondiEliminaIl sistema va avanti lo stesso purtroppo.
Non si son potute fermare quelle guerre ma il compito che ti sei dato di ristabilire una quota di sacrosanta verità è un'opera assolutamente meritoria di cui non finirò mai di ringraziarti caro Fulvio.
Specialmente ricordando le menzogne che spargevano allora come oggi i nostri "campioni del libero giornalismo" cartaceo e televisivo, sempre pronti a fare i martiri se ad esempio si mette in discussione il finanziamento pubblico ai loro sempre più bugiardi prodotti di propaganda.
Secondo me insisto, si poteva fare di più. Il consenso del governo era altissimo, fra l'opinione pubblica allora come oggi pochi si opposero ostinatamente ai bombardamenti e alla guerra complice, allora come oggi, un mainstream completamente soggiogato. A Milosevic la galera e con essa l'oblio e la morte! Patria, popolo ed identità valori di destra e fascisti, oggi, e figurati allora!!!
RispondiEliminaQuando D'Alema e il suo supino e zelante governo decidevano di offrire il massimo apporto logistico e di partecipare al bombardamento nato sulla Serbia, ero uno spavaldo ventottenne impiegato all'università di Modena, assunto l'anno prima per concorso, dopo aver abbandonato il posto in banca da tanti agognato e da me aborrito per il furto del mio tempo e l'inconciliabilità del mio modo di essere con un mondo di servi disposti a tutto per le loro 16 mensilità e mezzo di stipendio.
RispondiEliminaNè la stampa, né gli esperti di diritto costituzionale, salvo mosche bianche, fanno finta di non accorgersi del fatto che è mancato il passaggio parlamentare per autorizzare l'intervento militare deciso dallo spocchioso governo D'Alema, oppure si affannano nel giustificare l'ingiustificabile. Nell'immediatezza della vicenda senza pensarci due volte, mando un messaggio sulla mailing list dell'università raggiungendo oltre 2000 indirizzi tra tecnici, docenti e impiegati dell'ateneo, con il quale informo tutti che ho preparato una denuncia del governo d'Alema per attentato alla Costituzione.
Resto sorpreso per due volte, la prima perché sono una ventina i dipendenti dell'Università di Modena, che mi raggiungono in via Vignolese, nell'ufficio periferico del diritto allo studio, per firmare con me la denuncia che poi inoltrerò alla procura di Roma.
La seconda è per la convocazione del direttore amministrativo che mi convoca in ateneo per comunicarmi che decine di docenti, delegati dei sindacati confederali in università e dipendenti loro affiliati vogliono la mia testa per avere io osato utilizzare la posta elettronica di servizio a scopo di propaganda politica extraparlamentaree. Salvini - così si chiamava il direttore amministrativo - inizia con un piglio serio, poi da democristiano di lungo corso non riesce a trattenere una smorfia di sberleffo che non riesco a comprendere lì per lì. Infine mi congeda, con l'avvertimento che una prossima infrazione mi sarebbe fatale. Più tardi un collega che lavora a stretto contatto con il direttore mi racconta di aver assistito alla scena teatrale in cui Salvini ride a denti stretti di un manipolo di docenti inviperiti per il mio blitz sulla mailing list universitaria, e li canzona così: ma come è uno dei vostri, di sinistra, e gli volete fare la pelle?
Quante quinte colonne, quanti prestigiatori, quanti ruffiani e nemici abbiamo dovuto sopportare alla nostra testa nei sindacati e nell'associazionismo fino a diffidare di chiunque.
Si resta davvero in pochi a restare invariabilmente fedeli ai fatti,
grazie per la condivisione della tua preziosa memoria, di cui tutti abbiamo bisogno, per fronteggiare l'incessante sforzo di manipolazione e di obliterazione di social e media.
Angelo
L'altra sera il TG3 ne ha fatta finalmente una giusta. Sarà il fatto che non volevano farli entrare nel paese, ma in un doppio servizio hanno parlato delle elezioni ucraine facendo notare come, a cinque anni dalla "Rivoluzione di Maidan", gli ucraini siano stufi di Poroshenko e della continua corruzione. Poi hanno finalmente intervistato un prete ortodosso la cui chiesa è stata seriamente danneggiata dalle bombe dei "democratici" soldati ucraini e hanno finalmente ammesso che la guerra non è mai finita. Tutto troppo bello per essere vero, e difatti stasera sono tornati nei ranghi parlando della "sfarzosa residenza dorata di Yanukovic" con "garage privato pieno di auto d'epoca", "un immenso giardino pieno di animali esotici" e "una dimora in cui l'ex preisdente non ha badato a spese" sottintendendo con i soldi rubati agli ucraini. Non un cenno, ovviamente, al fatto che fosse una proprietà pubblica aperta a tutti, o alla mattanza degli animali messa in atto dagli "eroi della democrazia". Ora stanno puntando molto sullo sfidante Zelensky, presentato come il giovane showman che spazzerà via la corruzzione. Molto "Grande Sogno Americano", non trovate?
RispondiEliminap.s: Mi è spiaciuto tantissimo non esser presente a Milano stasera. Ma il mio migliore amico torna sul palco con il suo vecchio gruppo, e non posso mancare. Spero che almeno siate stati in tanti.
Grazie Fulvio, prezioso come sempre.
RispondiEliminaHo condiviso e commentato su Facebook:
https://www.facebook.com/mauro.murta.16
@Fulvio
RispondiEliminaPer intanto congratulazioni per i tuoi 85 anni! A vederti dal vivo ne dimostravi non piu' di 70.
Per il resto, volevo far notare che uno dei cavalli di battaglia della stampa mainstream contro quelli chiamati "populismi", in particolare le accuse a presunte spie russe ed hacker per favorire la vittoria del candidato presidenziale Trump, e' miseramente svaporata, ci hanno scritti libri, articoli,basati su fantasie e complottismi. Nessuno chiedera' mai scusa per avercela menata per due anni con fake news su Putin, Russia e Trump eletto grazie ai primi due.
Vorrei pero' anche sottolineare lo squallore relativo alla tecnica delle "mani avanti" rispetto al convegno della famiglia in corso a Verona. Pur non avendo nessuna simpatia per chi definisce "naturale" un modello di famiglia derivato invece dallo sviluppo delle varie societa' e forze produttive, mi sembra che il "democratically correct" stia strillando istericamente su chiunque voglia mettere in discussione la dittatura ideologica sui "diritti" di donne e minoranze lgbt varie. Dalla scenata isterica della Gruber "Ti tolgo l'audio" contro la Meloni, alle definizioni di "medioevo","talebani" verso i relatori prima ancora aver espresso i propri punti di vista, alla polemica inopportuna sollevata da Di Maio verso gli alleati di governo. A tutto vantaggio su chi ci costruisce la carriera nei circoli femministi e filo lgbt, e di quelle associazioni misandriche, pronte a cogliere questi assist ed a mettere a frutto l'ideologia seconda la quale un uomo bianco maschio eterosessuale ha delle colpe in quanto tali, da espiare tramite una "riprogrammazione culturale e leggi di genere.
Fabrizio Casalegno@
RispondiEliminaE' andata alla grande, come quasi sempre alla Casa Rossa.
Ma la cosa migliore che ti sei persa, dopo l'alimento dello spirito con i film e gli interventi, è stat o il nutrimento del corpo con una strepitosa cena di ben cinque portate!
A proposito di misandria, sarò noioso e me ne scuso, ma voglio far notare l'asimmetria fra come vengono narrati i "femmicidi" e come si titola delle vittime quando queste ultime sono maschi. Oltre alle frequenti asimmetrie di trattamento giudiziario. In questo articolo il marito assassinato viene definito "geloso e violento" e la donna omicida viene liberata in quanto il suo arresto sarebbe traumatico per la prole. Avente mai sentito di una donna uccisa o picchiata dal compagno essere "gelosa e violenta"?
RispondiEliminahttps://milano.corriere.it/19_aprile_01/uccise-compagno-geloso-violento-esce-carcere-accudire-figlia-3e0cf71c-5444-11e9-a9e2-a0d1446d1611_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=dwR68ymM&pids=FR&origin=http%3A%2F%2Fmilano.corriere.it%2F19_aprile_01%2Fuccise-compagno-geloso-violento-esce-carcere-accudire-figlia-3e0cf71c-5444-11e9-a9e2-a0d1446d1611.shtml
Carissimo Fulvio, ti ringrazio per quanto scritto e per quanto mi hai così riportato alla mente, leggevo anni fa un libro di uno storico e ... che mi sembra di ricordare insegni all'Università di Genova, non ricordo neanche il titolo, anche se si riferiva a Babilonia, purtroppo amo a tal punto i libri che quelli più belli mi premunisco di regalarli al più presto a chi mi è caro, ebbene quel libro faceva anche il punto sulla traduzione delle tavolette in cuneiforme, testimonianze storiche, veniva fuori il nome di Daniele, o qualcuno come lui a cui è stata data la fama falsa di profeta, personaggio in ostaggio alla corte di Babilonia, di cui si poteva così sapere le condizioni di vita e molto altro tra cui persino lo stipendio e gli studi, informazioni che erano, sono sufficienti a distruggere la falsa narrazione biblica, quindi come un lampo mi apparve con chiarezza uno degli scopi della distruzione che si stava operando su quei luoghi, più del petrolio premeva distruggere lo smascheramento, e purtroppo quella guerra è continuata fino al punto che ciò non sarà più possibile, come in tutte le guerre anche queste da te citate hanno come prima vittima desiderata dagli iniziatori proprio la verità.
RispondiEliminaBabilonia come culla di civiltà fa ancora troppa paura a quanti si dichiarano unici depositari dell'unica civiltà, ma ci sono ancora un sacco di Babilonie sulla loro strada di morte e distruzione, a sostegno della loro falsa superiorità.
Gianni
@Fulvio
RispondiEliminaBen cinque portate! Beati voi!
@Gianus
Verissimo, anche se in realtà nel Secondo Libro dei Re e nel Secondo Libro delle Cronache veniva detto che Ioiachin, deportato assieme ai notabili ebrei da Nabucodonosor, visse per tutta la vita alla corte di Babilonia e che gli furono riservati tutti gli onori. Molti dei deportati erano nobili, scribi o comunque gente di un certo rango, tant'è che un buon numero riuscirono a fare carriera nell'entourage del sovrano. E dai libri di Esdra e Neemia sappiamo che solo una piccola parte del popolo ebraico accettò di tornare in patria. Molti preferirono infatti restare a Babilonia, essendosi ormai ben integrati nella grande metropoli.
Salve,
RispondiEliminanon sapevo del convegno di Belgrado, altrimenti avrei cercato di assistervi (tra l'altro adoro la città ed il suo bellissimo museo della guerra). L'aggressione alla Jugoslavia del 1999 (all'epoca avevo 14 anni) per me ha rappresentato il momento della presa di coscienza della falsità della narrazione ufficiale che dipingeva da anni i serbi come carnefici. Personalmente non credo che si possa essere troppo severi con il povero Milosevic per essersi arreso: è vero che se avesse scelto di resistere la Nato avrebbe con tutta probabilità trovato in Serbia un nuovo Vietnam (tanto che ho forti dubbi che essa avrebbe realmente dato il via all'invasione), ma secondo me egli fu vergognosamente ingannato dai russi, che prima gli promisero che avrebbero occupato loro il Kosovo, sottraendolo alle grinfie occidentali (difatti furono reparti russi ad occupare l'aeroporto di Pristina, rischiando anche lo scontro con le truppe speciali britanniche del futuro cantante James Blunt), e poi invece lo consegnarono tranquillamente alla Nato, abbandonando anche Milosevic al suo destino (con la complicità di vari Quisling serbi). Per chi in Russia aveva ancora un minimo a cuore le sorti del Paese dovette essere la goccia che fece traboccare il vaso: non è infatti casuale, secondo me, che poco più di un mese dopo la fine della guerra il relitto umano El'cin sia stato nei fatti "commissariato" e sostituito da Putin, il quale, pur con tutte le sue ambiguità (che nei rapporti con Israele si spingono fino alla complicità con il mostro Netanyahu), era pur sempre di un'altra pasta rispetto al suo predecessore, e infatti poco dopo il suo insediamento dovette ricevere il vero e proprio avvertimento mafioso rappresentato dall'affondamento del Kursk ad opera degli USA, un atto di guerra che avrebbe meritato una risposta quantomeno simmetrica
Brolin@
RispondiEliminaGrazie dell'utile e bene informato commento.
@Brolin
RispondiEliminaCondivido in pieno. Anche perchè gli accordi di pace presi con il mediatore finlandese non prevedevano certo l'indipendenza del Kosovo sotto il regime dei trafficanti (fra l'altro che fine ha fatto il "pacifista" e bonaccione Rugova, il quale veniva presentato in contrapposizione al truce dittatore Milosevic?) ma solo un ritiro dell'esercito federale a tempo determinato (tre anni credo, non vorrei sbagliarmi) e la presenza di truppe "neutrali" quindi anche russe, accolti festosamente a Pristina come garanzia contro la pulizia etnica e le stragi che dall'estate del 1999 si verificarono contro serbi rom ed altre minoranze. Poi sappiamo come è andata, la Russia si ritirò e lasciò spazio alle truppe UE (gli Usa si ritirarono più tardi). Molti diedero proprio il merito a James Blunt il merito di avere disobbedito all'ordine di attaccare l'aeroporto, non so se sia del tutto vera, ma sicuramente verosimile.
Riguardo al Kursk, mi ricordo benissimo la propaganda "democratically correct" già allora in piena attività, la quale parlava di "carretta mal gestita" e "forze armate russe a pezzi", arrivando persino ad accusare la dirigenza russa di mancanza di trasparenza per non ammettere le proprie responsabilità. Era invece il più potente ed il più avanzato sottomarino dell'epoca, a propulsione nucleare, varato da poco. A me ha sempre fatto venire in mente le scene del film "caccia ad ottobre rosso" in quanto penso sia stato colpito da un sottomarino creduto amico.
Alex1@
RispondiEliminaGuarda che gli Usa non se ne sono mai andati dal Kosovo. Lì hanno la più grande base militare d'Europa: Bond Steel. Che serve anche ad agevolare il traffico di eroina dall'Afghanistan da loro controllato. E servirà quando si scatenerà la campagna per la Grande Alkbania.
@Fulvio: è vero, mi confondevo con la Bosnia, di cui stranamente non si parla più, salvo per non rilanciare ogni tanto la storia mistificata di Srebenica, come se poi quegli ottomila morti contassero più degli oltre centomila verificatesi nel resto della Bosnia durante i tre anni di guerra.
RispondiEliminaAlex1@
RispondiEliminaCiao Alex,
Mai avallare Srebrenica: è un'infame bufala! Mai uccisi 8000 civili, ma solo dei miliziani di Izetbegovi in combattimento, dop'o hce il bosniaco Nasr Oric aveva fatto strage di civili serbi (3.500) nei villaggi intorno a Srebrenica.
@Brolin
RispondiElimina@Alex1
A prorposito del Kursk. In un commento sotto un altro post avevo lasciato il link ad un documentario su You Tube che svelava i retroscena dell'affondamento del Kursk. Guarda caso alcuni giorni dopo You Tube ha chiuso l'account che l'aveva postato e rimosso il video. L'ho però salvato, temendo che lo cancellassero. Se volete, potete recuperalo qui: https://mega.nz/#!GwxAAKaT!6gr97zmQM9f4OCPc0xxxyq_cO5Luadq3IdJ0kABavs4
Potete sia scaricarlo che vederlo direttamente.
Non ci penso per niente ad avallare lastoria ufficiale di Srebenica, dove i jihaddisti di Noric potevano contare sulla "protezione" dei caschi blu olandesi, pronti a dare loro protezione. Era solo un'osservazione come alcune vittime (sembra poi che alcune di quegli ottomila siano resuscitati in altri paesi) si ricordano ogni giorno, mentre altri semplicemente non esistono e non sono mai esistiti.
RispondiEliminaBuonasera a tutti, vi lascio alcune cosucce interessanti.
RispondiEliminahttp://www.fmboschetto.it/Utopiaucronia/Fanta_Jugoslavia_1990.htm
La prima è un'ucronia su cosa sarebbe successo se la Jugoslavia avesse vinto il Mondiale Italiano nel 1990, visto che molti giornalisti insistono nel dire che una vittoria avrebbe scongiurato la guerra civile. Anche se è solo uno scenario partorito dall'immaginazione, è interessante notare come, secondo l'autore, la vittoria avrebbe esasperato ancora di più i nazionalismi anzichè sopirli, portando comunque ad una guerra civile. Nella sua versione sarebbe stata più rapida e avrebbe causato meno morti, concludendosi con la secessione della Slovenia e la trasformazione della Federazione in una Confederazione con ampia autonomia concessa alle ex repubbliche federali. Sul piano calcistico ha previsto uno scenario stile Regno Unito, con le varie repubbliche che giocano separate e si riuniscono solo per le Olimpiadi.
Vi lascio poi un articolo su cui mi sono imbattuto per caso: https://www.eastjournal.net/archives/85782
Un piccolo bilancio sulla dissoluzione della Cecoslovacchia a 25 anni dai fatti. Articolo da cui emerge che la secessione della Slovacchia fu soprattutto dovuta alla decisione di un leader nazionalista, mentre gran parte della popolazione voleva continuare la strada unitaria. Stano, mi hanno sempre raccontato che la fine della Cecoslovacchia era un fulgido esempio di democrazia e di rivoluzione indolore...
Ed ecco che (rimanendo in tema calcistico) un'altra storica nazionale che avrebbe potuto schierare Cech, Jankulovski, Nedved e Hamsik cessò di esistere, dando inoltre vita ad una querelle tra FIFA e UEFA su chi quale delle due selezioni deve ereditare il Titolo Europeo del '76.
Il sito in questione (East Journal) ha diversi articoli interessanti, ad esempio questo sul nuovo idolo dei giornalisti mainstream: https://www.eastjournal.net/archives/96987
dove viene svelato chi è davvero l'uomo che molto probabilmente prenderà il posto di Poroschenko. Peccato solo che quando parlano di Jugoslavia ricadono nella narrazione mainstream. Ho letto diversi articoli dove accusano delle guerre balcaniche i politici jugoslavi (Milosevic su tutti) e rigettano con forza l'idea dell'ingerenza occidentale. Anzi, secondo loro la colpa dell'Occidente è di non essere intervenuti prima! Addirittura in un articolo arrivano a sostenere che Milosevic e Tudjdman si erano accordati per spartirsi la Bosnia ai danni dei "poveri bosnacci" come fecero Germania e URSS ai danni della Polonia.
@Fabrizio
RispondiEliminaQuelle tesi sulla Yugoslavia tenuta insieme solo grazie alla forza della repressione le ho sentite a lungo. Ma soprattutto proprio da sinistra, inclusa la formazione "socialismo rivoluzionario" ma anche da altre realtà, si sentiva accusare l'occidente di "non intervenire contro la Yugoslavia, per difendere i poveri musulmani di Bosnia" perché non c'era il petrolio come in Iraq e peggio ancora una vignetta su "Cuore" diretto da Claudio Sabelli Fioretti dove c'era un sacco con la scritta "Bosnia" da cui due personaggi riconoscibili come Tudjimann e Milosevic tiravano fuori teschi contando "uno a me, uno a te". È stata una della più grande mistificazioni nell'informazione della seconda metà del ventesimo secolo.
Solita, ma spero non inutile, parentesi sulla guerra di genere che i media ed il giornalismo (ma esiste ancora un vero giornalismo sui media mainstream?) continuano a scatenare additando al "maschio" di turno misfatti dovuti alla "cultura maschilista" o peggio ad un'indole malvagia di genere da tenere a bada con ogni mezzo.
RispondiEliminaQui viene fuori che la ragazza che accusava tre giovani di averla stuprata (Molestata? Offesa? non si sa) abbia mentito e quei giornalisti che si scandalizzavano per la scarcerazione di due dei tre giovani, aizzando commenti mai censurati carichi di contenuti violenti verso gli stessi, invece di scusarsi o quanto meno ascoltare questi giovani, rimasti in carcere con accuse pesanti, dimostratesi, come sembra, poco veritiere, sono andati a riportare i commenti dei legali ingaggiati dalla giovane ("la ragazza è distrutta" dicono). E di come si sono sentiti quei ragazzi non importa proprio a nessuno? https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_04/circumvesuviana-tutti-scarcerati-indagati-dubbi-giudici-la-ragazza-ha-mentito-f17b352c-571c-11e9-90e6-51f9d2c65261_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=UnpP7mM6&pids=FR&origin=http%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fcronache%2F19_aprile_04%2Fcircumvesuviana-tutti-scarcerati-indagati-dubbi-giudici-la-ragazza-ha-mentito-f17b352c-571c-11e9-90e6-51f9d2c65261.shtml
Ora che Haftar sta per prendere Tripoli ecco che d'incanto l'Onu riunisce il consiglio di sicurezza per cercare di puntellare il proprio fantoccio. Tenteranno una nuovo intevento armato per celebrare i 20 anni delle bombe su Tripoli?
RispondiElimina@Alex1
Sul povero Slobo ne ho putroppo sentite di tutti i colori. Anni fa avevo trovato questo post: http://sakeritalia.it/europa/jugoslavia/rapporto-speciale-la-verita-su-srebrenica-20-anni-dopo/
L'autore smonta la balla di Srebrenica ma poi, vantando "un contatto ben informato serbo, nel quale ripongo piena fiducia", afferma che Milosevic era al servizio degli Americani e avrebbe tradito sia i Serbi di Croazia e Bosnia che quelli del Kosovo, abbandonandogli al loro destino per chissà quali calcoli politici. Su EastJournal erano arrivati ad accusare Milosevic di aver impedito ai Serbi in fuga dalla Krajina di rifugiarsi all'interno della Federazione Serbo-Montenegrina!
Sempre su Srebrenica altro articolo interessante: http://informare.over-blog.it/2014/07/il-massacro-di-srebrenica-un-altro-falso-pianificato-con-cura-dagli-americani.html
La cosa più interessante è l'esistenza di un "rapporto redatto sui fatti di Srebrenica da una commissione speciale del governo della Republika Srpska" che "pur ammettendo che sporadici episodi di giustizia privata e di vendetta sommaria possono aver avuto luogo ai danni della popolazione musulmana, evidenzia come fu proprio la presenza sul campo e la determinazione del generale Ratko Mladić a scongiurare il reiterarsi di tali circostanze". Rapporto che guarda caso non è mai stato tradotto dall'ONU che ha preferito farne redigere una propria versione.
Scusate volevo dire i 20 anni dai bombardamenti su Belgrado.
RispondiElimina@Fabrizio
RispondiEliminaIn effetti è strano come si accusa il povero Milosevic di tutto e del suo contrario. Persino "famiglia Cristiana" di allora, da un lato accusava "il truce Milosevic" di nazionalismo di sostenere i serbi "nazionalisti" di Croazia e di Bosnia, salvo poi accusarlo di "aver ridotto uno stato grande ad un moncherino", magari mettendoci qualche articolo dopo il kosovo in cui viste le violenze "eccessive" dei nazionalisti albanesi, hanno scritto articoli dove si dava un colpo al cerchio ed un altro alla botte.
per chi fosse interessato all'argomento srebrenica ho messo qui https://www.sendspace.com/file/rffamu vari documenti su quello schifoso capovolgimento della realtà
RispondiEliminapassword = srebrenica
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