Manifestazione chavista il giorno del golpe
“Noi
resteremo fermi in difesa dell’ordine costituzionale e della pace della
Repubblica, assistiti come siamo da legge, ragione e storia. Leali sempre,
traditori mai!” (Vladimiro Padrino, Ministero della Difesa della Repubblica
Bolivariana del Venezuela)
https://www.youtube.com/watch?v=a8wdxj0PUZE Alì Primera, da ascoltare, volendo, in sottofondo.
Com’è che diceva Emilio Fede?
La figura di merda in questione si
dà per scontato sia quella dell’ennesimo gaglioffo da avanspettacolo inventato
dai servizi Usa su mandato dell’ Universal
P2, S.p.A., per sostituire a un governo democratico e, magari, emancipatore
e sovranista, un fantoccio duro e puro, addestrato al servo encomio alla Cupola
e al suo braccio armato statunitense. Già perché, dopo il cazzuto, affidabile e
durevole Fuehrer cileno, non si è verificato che un sequel di catastrofici
pirla, buoni solo ad accaparrare mazzette imperiali sulla parola. Honduras,
Ucraina, Ecuador, Haiti, Afghanistan, Libia, Yemen: reggono solo perché
puntellati dall’Impero con le sue basi. Livelli intermedi li conosciamo in
Europa. Scelte al massimo ribasso che riflettono fedelmente spessore e qualità
dei mandanti.
Più esilarante, per quanto non meno
scontata, la figura in oggetto inflittasi dai media, come al solito più
italiani che quelli, un tantino avveduti, esteri. Ci si arrampica sugli specchi
per mantenere ancora per un po’, almeno a livello mediatico, l’attenzione sul
“dittatore” Maduro, sulla disperazione del popolo affamato e sul sacrificio di
un’opposizione democratica massacrata. Proprio come si era tentato dopo il
megaflop del procuratore Mueller per tenere a galla la ciambella del
Russiagate. Uno specchio, liscio quanto può esserlo un vetro smerigliato, è la
fola diffusa da Pompeo (uno fuggito dal set di “Gomorra”, o del “Padrino” e sostituito
malamente da Marlon Brando) secondo cui i vertici delle Forze Armate avrebbero
deciso di deporre Maduro, con tanto di “dimissioni onorevoli”, già pronte, ma
poi ci avrebbero ripensato. Chissà, forse per cuocerlo ancora a fuoco lento in
attesa di una maggiore reviviscenza del teppismo terrorista alla Lopez, oppure
in attesa di una maggiorazione di quell’offerta di 20mila dollari da testa che
il tagliagole Elliott Abrams avrebbe fatto a qualunque militare avesse
disertato. Vecchia, consunta tattica per seminare sospetti intorno al controllo
della situazione da parte del presidente.
Media: respirazione artificiale al golpe
Si parte dal sinistro Tommaso Di
Francesco, “il manifesto” cerchiobottista strutturale dai tempi di “Nato
cattiva-Milosevic pulitore etnico”,fino all’oggi del “Guaidò burattino
Usa-Maduro disastroso”. Disinvolto immemore, questo TdF, quando lamenta il caos
Nato in Libia, della sua guru Rossanda che, all’epoca, lanciava contro Gheddafi
i terroristi dell’Isis, da lei fatti passare per “rivoluzionari democratici come le brigate di Spagna”. Gli lavora a
fianco il prestigiosissimo Alberto Negri, pratico di capre e cavoli, quando,
trova la pietra filosofale mettendo sullo stesso piano fallimenti economici e
corruzione dei pre-Chavez, dei Chavez e dei post-Chavez. E si completa un giro
larghissimo di rampichini con Giovanna Botteri, giunta al vertice Rai a New
York per meriti kosovari e iracheni, che, non stufa di aver inventato le fughe
di Milosevic e Saddam, a golpe venezuelano finito in sibilo di palloncino
bucato, ancora accreditava lo statista Pompeo nella frescaccia di un Maduro in
fuga, ma bloccato all’aereo dai russi e rimandato a palazzo.
C’è chi riduce a barzelletta di chi
non ne sa raccontare, l’episodio del duo milites
gloriosi, Guaidò e Lopez che, circondati da quattro scombussolati militari
e mezza dozzina di teppisti civili, da un luogo deserto, fatto passare per base
aerea, proclamano “L’operazione Libertà”, invitano all’ammutinamento militare e
all’insurrezione popolare. Ammutinamento
poi eseguito da una decina di marmittoni e graduati, tosto fuggiti in Brasile,
e insurrezione risoltasi in una scaramuccia sul cavalcavia autostradale dove
Guardia Nazionale e polizia tiravano lacrimogeni e i teppisti addestrati dal
Lopez dei quasi 50 morti (in maggioranza poliziotti e chavisti) nelle sue guarimbas (2014-2017) sparavano
pallottole. Risultato 4 morti. Poca cosa a confronto con qualche migliaio che
gli sponsor di Guaidò-Lopez giustiziano ogni giorno con bombe e altro in giro
per le loro guerre e sanzioni (40mila vittime solo da sanzioni al Venezuela).
Facezia che parrebbe confermata dall’esito di un Lopez rifugiato nell’ambasciata
del Cile, da lì cacciato, scappato in quella spagnola, a imbarazzare l’incerto premier
Sanchez; e da un Guaidò, virgulto addestrato dai regime changers patentati di Otpor a Belgrado e dalla Cia a
Washington, vox clamantis in deserto, che proclama mobilitazioni di masse che
non avvengono perché la maggior parte di quelle masse preferisce sostenere
Maduro e la rivoluzione bolivariana da sotto il Palazzo di Miraflores.
Tutto vero, ma semplificazione
dettata dall’ottimismo della volontà.
Tutto un trucco, o si sacrifica il capro espiatorio?
Altri, come l’ottimo Chossudovski di
Global Research, rivanno col ricordo al giugno del 1973 a Santiago del Cile,
dove avvenne un simile golpe alla fuffa, che tutti fece ridere, ma che poi, il
successivo 11 settembre, si rivelò il prodromo del golpe duro e puro di
Kissinger-Pinochet. Ne deducono la possibilità della riproduzione del modulo,
con il putsch vero e ben preparato da far seguire al balon d’essai di questi giorni.
Altri ancora ipotizzano, a mio
avviso con maggiori ragioni, la consapevolezza
del Trio della Bella Morte Pompeo-Bolton-Rubio circa l’inadeguatezza dei
putschisti. Avrebbero però confidato in
una risposta governativa ben più brutale
di quei quattro candelotti e in una strage assai più sanguinaria degli
altrettanti morti (probabilmente colpiti, come nel 2002, da infiltrati dei
golpisti, dato che i governativi avevano l’ordine di non usare armi da fuoco),
che avrebbe suscitato un’ìndignazione internazionale tale da assicurare
sufficiente consenso all’invasione. Fake
news, come le bombe di Gheddafi sulla propria gente, o il massacro di Racak
in Kosovo, o i gas di Assad. Invasione non certo di truppe Usa, che da tempo
non vengono messe a rischio, dopo il contraccolpo dei caduti in Vietnam e Iraq, ma di mercenariati
latinoamericani vari, su modello Al Qaida-Isis-curdi, e perfino dei 5000
gangster delle milizie Blackwater
(ora Academy) promessi, e forse già
infiltrati (spera La Repubblica) da Eric Prince, ai quali aprirebbero la strada
i bombardamenti Usa-Nato tipo Siria.
Infine c’è chi si avventura in
ipotesi diaboliche, come quella che il lungamente addestrato, curato,
finanziato, coccolato Guaidò risultasse agli stessi mastini dello Stato Profondo
Usa investimento dagli scarsi ritorni. Il fallimento al limite del grottesco
dei suoi appelli alla defezione di militari, assolutamente granitici nel loro
sostegno al governo Maduro e alla rivoluzione bolivariana, delle sue
invocazioni a masse in piazza che non si presentano, lo ha reso obsoleto e
ormai spendibile solo… da morto. Considerazione che, fatta dai primatisti delle
esecuzioni extragiudiziarie, dovrebbe preoccupare l’autoproclamato saltimbanco
non poco: avrà qualche ricordo di come gli Usa sanno volgere in martirio il
fallimento dei loro eroi. Cosa di cui era sicuramente consapevole il terrorista
Leopoldo Lopez quando è corso di ambasciata in ambasciata per sfuggire al ruolo
di agnello sacrificale per la guerra dei suoi padrini.
Come dal Soglio si guarda
al Sud del mondo
Nei suoi contorcimenti tra versioni
Cia dei pogrom catto-fascisti in Nicaragua e sostegno al Venezuela legale (se
vuole mantenere qualcuno dei suoi già deperiti lettori), “il manifesto”
barcolla sul filo del rasoio anche per quanto riguarda la posizione della
Chiesa. Pencola tra un venerato Bergoglio, che dice di sperare nel dialogo, e
un episcopato da cocktail in residenza, storicamente il continente cappellano
dei ricchi e dei despoti in tutto il continente, e dunque da sempre
virulentemente pro-golpe e anti-chavista (agghiacciante il Woytila sul balcone
a fianco di Pinochet; la linea non cambia mai) I pii proponimenti del papa
all’Angelus hanno il suono della neolingua di Orwell, per cui guerra è pace,
dissidenza è psicoreato, cattivo è sbuono.
Del resto chi può ipotizzare che in
un sistema globale e imprescindibile da millenni di monarchia assoluta e
infallibile, i sottoposti possano divergere dal sovrano? Come per l’Africa, giornalmente rievocata
dall’erede di Paolo perché attraverso le migrazioni si faccia posto alle
multinazionali dell’Occidente cristiano, il progetto vale per l’America Latina:
Ne viene invocata l’accoglienza da parte
degli Usa, visto che quelle torme sbrindellate da Honduras, Guatemala e altri
paesi gestiti dagli Usa, è meglio che, o si rassegnino cristianamente alla
povertà, assicurazione sulla vita eterna, o si levino dall’occupare spazi e
risorse spettanti a chi li sa far
fruttare meglio.
Una rivoluzione niente male
Sulla base di quanto ho visto e
vissuto all’indomani dei tre giorni di
golpe del 2012 e nel corso del lungo “paro” (serrata) padronale per mettere il
paese in ginocchio, come stanno provando di fare ora con le sanzioni, mi pare
di poter dire che chi ha sconfitto questo aborto di putsch, come quello di
febbraio dell’introduzione forzata di aiuti, politicamente tossici, da Colombia
e Brasile, siano state la forza e l’intelligenza del popolovenezuelano. Hugo
Chavez e Nicolàs Maduro avranno mancato in un compito importante: quello della
diversificazione della produzione venezuelana, via dal solo petrolio,
giustificati anche dall’urgenza dei bisogni di una popolazione ridotta allo
stremo dai precedenti palafrenieri dei gringos. Ma, pergiove, se non hanno
saputo iniettare il virus dell’autodeterminazione socialista, antimperialista e
anticapitalista in milioni e milioni di venezuelani ! Tutti quelli fuori dalle
mura con alti reticolati che nascondono le ville, i parchi, i lussi e le
ruberie di una ristretta cerchia di grassatori, tra qui la maggioranza degli
italiani. Si chiama sovranità e loro sono “sporchi sovranisti”.
Con Manuel e Alì Primera attraverso il Venezuela del
primo golpe
Tanti di quelli che ho incontrato
percorrendo tutto il paese, dalle Ande all’Amazzonia, sul trabiccolo di un
impiegato della Mision Vivendas, quella
delle case. Dall’incontro con Chavez, che mi spiegava la questione della terra
mentre andava a distribuirne ai contadini (vedi il mio documentario “Americas
Reaparecidas”), al passaggio per il mercato dove i produttori si
organizzavano per la distribuzione diretta al consumatore, alla casetta della
nonna che aveva dovuto bruciare parte della sua mobilia per cucinare, fino a
quando la Guardia Nazionale non impose la riapertura dei distributori di combustibile,
ma che faceva sventolare dal tetto il tricolore bolivariano. Navigai
sull’Orinoco incontrando indigeni che si erano visti proporre per la prima
volta una scuola e che, nel 2005, avrebbero festeggiato la fine
dell’analfabetismo in Venezuela. Nelle favelas sui colli di Caracas (qui detti
“ranchos”) Hugo Chavez veniva
sbaciucchiato da donne di ogni età mentre gli consegnava il titolo di proprietà
della casa. Cooperative di operai fabbricavano scarpe in stabilimenti
abbandonati dai padroni dislocati a Miami. Medici cubani assistevano quelli
locali a raggiungere un presidio per ogni minima frazione del paese. Nel
quartiere carachegno del 17 Jenero,
fucina rivoluzionaria da decenni, un tripudio di murales rivoluzionari, si
aggrottavano le ciglia sul non sufficientemente rapido e deciso passo
anticapitalista del governo (vedi il documentario “L’Asse del bene”).
E Manuel, l’autista ultrachavista
dalle mille risate e mille arrabbiature sui misfatti dei padroni vinti e non
rassegnati, non aveva che una musica nell’autoradio: quella di Alì Primera,
amatissmo cantore rivoluzionario che, per un incidente automobilistico assai
sospetto, sotto la tirannia di Lusinchi, al trionfo di Chavez nel 1999 non c’era
arrivato. Ma la rivoluzione l’aveva preparata e cantata e oggi l’accompagna
ancora. Come in “Techos de carton”,
Tetti di cartone, dedicata agli ultimi del suo paese e continente. https://www.youtube.com/watch?v=a8wdxj0PUZE
Poi, a far venire il latte alle
ginocchia e un po’ di nausea alla bocca dello stomaco arriva uno che, alla
faccia dei colleghi 5 Stelle che, pur pilatescamente (Di Battista, tu che la
sai lunga, batti un colpo) s’erano astenuti, gasato dal Guaidò al comando di un’armata
di 12 militari, sbotta che si devono rifare le elezioni presidenziali, dato che
quelle che hanno eletto Maduro non erano regolari. Dal 1999 hanno votato 25
volte in Venezuela, voto cartaceo ed elettronico insieme, giudicato dagli
osservatori internazionali, ex-presidente Usa Carter incluso, il migliore
sistema al mondo. 23 volte hanno vinto i chavisti, due no, ed è sempre stato
tutto accettato. Da chi devi accreditarti, Enzo Moavero Milanesi? Ministro degli Esteri di schiatta
montiano-mattarelliana, con quel nome di chi coltiva orchidee a stelle e
strisce nella residenza dell’antenato Bocconi (quello dell’ateneo di chi può) e
la faccia di chi è sfuggito al regista
di “Frankenstein Jr.” ?
Sarebbe illusorio pensare che ora il
Condor molli la presa. Come quando si inneggia alla vittoria di una Siria per
tre quarti sotto curdi amerikani, un quinto in mano ai turco-jihadisti e un
territorio bombardato ogni due per tre dagli israeliani, senza che il famoso
S-300 dei russi gli faccia mai un baffo. E mentre in Siria di petrolio ce n’è
quanto basterebbe appena per Manhattan, in Venezuela ce n’è da mettere fuori mercato
tutti gli altri. E poi c’è il fattore contagio di un modello che, allargato,
porterebbe alla fine dell’Impero e dei suoi strumenti letali. L’esperienza
insegna che gli yankee, quando non riescono ad addomesticare un popolo e il suo
governo, come minimo lo frullano in un caos che li dissangui. E se prima c’era
una cintura di sicurezza di paesi amici e indisposti al nuovo colonialismo del
“Patio Trasero”,, l’Unasur, il
Mercosur, l’ALBA, il CELAC, passi verso l’integrazione emancipatrice, oggi sono
rimasti Nicaragua, Cuba e Bolivia, non proprio una Grande Armada.
Però vedersela con Russia e Cina,
come ora appare inevitabile, neanche per dei fuoriditesta come quelli di
Washington risulterebbe appetibile. Fattore significativo, quello russo-cinese,
ma in seconda battuta rispetto a quella che forse oggi è la massa di popolo
dalla coscienza e determinazione più evoluti e robusti del mondo. Finchè i
Guaidò raccattano ad Altamira, nella piazza della Créme, a 10 km dal palazzo
del presidente, qualche decina di subalterni, tra badanti, madamine, fattorini,
fighi e colonelli rintronati in pensione,
mentre a Miraflores Maduro saluta, dopo appena un fischio, centomila chavisti
in rosso, il cielo sopra Caracas rimane sereno.
Quella volta c'ero e l'ho filmato che cantava (vedi "L'Asse del Bene")
C'è di più del solo petrolio che queste malvagie oligarchie pretendono di possedere, ci sono i corpi dei bimbi e delle donne che i pervertiti desiderano di disporre a piacimento, basta vedere le cifre di bambini che spariscono ogni giorno nel mondo, per non parlare poi della tratta delle donne e del commercio degli organi, questa sedicente civiltà, che civiltà mai è stata, è arrivata all'apice della sua brama di potere, ora non potrà altro che precipitare perchè le vittime predestinate non intendono dare il loro assenso, la Syria è stata a mio avviso il punto di non ritorno per chi si è spinto troppo in alto, o in basso da un punto di vista civile, e ha perduto ogni senso della misura, l'autodistruzione è il loro ultimo passo.
RispondiEliminaPerla serie, su Assange silenzio assoluto da parte degli intellettuali "democratically correct", su Regeni qualunque diceria possa avvalorare "l'unica verita' plausibile", anche la piu' infondata, viene enfatizzata sulla stampa mainstream. Adesso ci sarebbe anche un presunto testimone, anonimo ovviamente, dice di aver sentito un esponente dei servizi segreti egiziani dire ad un collega, "l'abbiamo sequestrato e torturato...". Magari l'ha detto ad alta voce al mercato con mille orecchie ad ascoltare, la verita' desiderata.
RispondiEliminahttps://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/05/giulio-regeni-lagente-egiziano-credevamo-fosse-una-spia-inglese-e-labbiamo-preso-e-picchiato/5154762/
Per questo agente potrebbe finire come per il somalo accusato e sequestrato per lunghi anni in Italia, (era stato convocato come testimone per le torture dei soldati italiani sui prigionieri) con l'accusa di complicità per l'omicidio di Ilaria Alpi, riportata da un testimone mai presente in aula e poi scarcerato dopo sedici anni, invalido.
Tonnellate di oro e danari depositate nei paesi occidentali...da capire perché! Poi quando le chiedi indietro ti mostrano il dito medio..Che LUNGIMIRANZA! Ricorda la stessa furbizia di Gheddafi...
RispondiEliminaCome fa un Paese così ricco a non diversificare la propria economia fossilizzandosi sull'energia fossile e neppure crearsi l'autosufficenza alimentare?
Invece si preferisce fare il pieno ad una Chevrolet statunitense che dare una capra~da~latte al proprio popolo...capita la battuta? La batosta che oggi ha il Venezuela è una destra che svenderà il Paese e una sinistra con le ragnatele senza moscerini da pigliare...peccato è un Paese bellissimo!
Slobbysta
@anonimo Il mondo moderno funziona così, si scambiano risorse e capitali. Se poi si è sbagliato a non credere in una politica di sviluppo per altre risorse è un altro discorso, ma la critica già sentita da un esponente di un movimento autodefinitosi comunista "faceva affari con i paesi capitalisti", mi sembra alquanto puerile. Cosa se ne dovevano fare, la Libia ed il Venezuela, dei ricavi dalle risorse energetiche, tenerli dentro la cassetta di sicurezza?
RispondiEliminaAlex1.. Beh intanto i capitali sono inagibili.. Funziona così? Mah, dubito sia una mossa intelligente, meglio tenerli davvero nel cassetto oppure reinvestirli in nazioni alleate... Di puerile c'è sentirsi appartenente ad una schiera generalista come comunismo fascismo o di centro piuttosto che il buon senso di vedere ciascuna questione separata...ma d'altronde è la solita nenia SEPARA ET IMPERA.
RispondiEliminaMi auguro davvero che il Venezuela non entri in guerra, con i Russi che arrivano sempre in ritardo (vedi Syria quando era già sfasciata)
Comunque la Libya perlomeno stava cercando di fare una moneta africana basata sull'oro e non sulla carta straccia del signoraggio...in Südamerika manco pensarci...
Slobbysta
@Anonimo: non credi che un paese non pienamente autosufficiente (non stiamo parlando di Cina e di Germania) abbia bisogno di acquistare acciaio, computers, mezzi di trasporto, telefoni oltre che altri mezzi tecnologici? quali sono gli stati amici del Venezuela adesso? Forse solo Cuba Nicaragua il Messico e la Russia. Possono i primi tre soddisfare tutte le necessità sopra elencate? Non credo. Riguardo alla Russia, a parte la distanza geografica, tende a volere sempre mediare con i nemici degli stati teoricamente alleati (come peraltro hai fatto rilevare anche tu) per cui, il Venezuela, oltre ad avere depositato lì molti dei capitali di Stato, rischia di dovere sottostare ad accordi al ribasso (es. nuove elezioni sotto la pressione economica e militare di Colombia e Stati Uniti, e magari sotto sanzioni anche dalla UE, Serbia docet). D'altra parte vi ricordate la stessa politica in Siria, dove nonstante l'aiuto russo, le terre più ricche di risorse sono in mano ai curdi antisiriani, e gli sporadici attacchi missilistici di Israele ed alleati restano sempre impuniti. Ed anche in Donbass, dove i resistenti sono stati costretti a fermarsi prima, ad arretrare poi, a firmare degli accordi al ribasso, peraltro non rispettati dalla controparte.
RispondiEliminaSe avete tempo e voglia vi consiglio di vedere il servizio di Iari Pilati sul tg3 di stasera. Il giovane virgulto del giornalismo italico si è recato in un mercato generale, da lui definito "una delle ultime roccaforti del Chavismo". Finalmente si sono potute sentire le voci del "regime dittatoriale", che acccusano l'embargo e la guerra economica portata avanti da anni dagli Stati Uniti contro il Venezuela. Ma è durato appena un soffio di vento, voci subito zittite dal giornalista che afferma "ma le sanzioni risalgono solo a due mesi fa, il crollo del PIL del Venezuela dura invece da almeno 6 anni" mentre la telecamera riprendeva il mercato semivuoto. Chiude poi il servizio l'immancabile intervista che rigetta il complotto internazionale e addossa tutte le responsabilità a Maduro.
RispondiEliminaA seguire il servizio sulla visita del Papa in Macedonia del Nord con l'immancabile visita di Francesco alla statua di Madre Teresa di Calcutta (o meglio, un monumento alla Grande Albania) e l'auspicio "all'integrazione dei Balcani nella Grande Europa". Il Grande Paradosso: oggi si cerca di creare un'Unione degli stati europei aggregando insieme stati sempre più piccoli, etnici e nazionalisti, dopo aver distrutto grandi stati multinazionali (Yugoslavia, Cecoslovacchia, URSS).
All'inizio non pensavo di dover riaprire l'angolo dedicato al postfemminismo ed al rancore di genere per un'aggressione con l'acido di un ex compagno, pur sapendo che tale notizia fra due giorni sarà dimenticata e non rientrerà nemmeno nelle statistiche, quelle sbattute in faccia dalle varie "associazione contro la violenza di genere", visto l'andazzo misandrico.
RispondiEliminahttps://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/08/legnano-donna-colpisce-con-lacido-il-volto-dellex-fidanzato-dopo-una-lite-ora-il-giovane-rischia-di-perdere-un-occhio/5161842/#comments
Subito dopo sono incorso in un articolo relativo alla storia già dimenticata di William Pezzulo ed ho pensato potesse essere utile ricordare l'asimmetria di genere quando si parla di violenza fra i due sessi, quando si parla di diritti e di doveri.
https://www.ilgiorno.it/brescia/cronaca/sfregiato-ex-acido-pezzulo-1.4539501
In pratica la ragazzetta ciecatrice del povero barista, dei dieci anni di carcere ne ha scontati forse solo quattro in una struttura di suore, il figlio sottrattole le viene restituito, avendo quindi pure qualcuno che la ha sollevata da tale incombenza negli ultimi anni, lei torna libera come un fringuello, a distanza di meno di sette anni dal misfatto, e riesce pure a farsi riconoscere nullatenete! Al ragazzo invalido ed alla sua famiglia il conto delle cure mediche e delle spese processuali. Per la gioia di chi urla contro la "cultura maschilista" e di chi dirà, "è ma per un caso, a noi donne ci gli uomini ci ammazzano ogni giorno..."
lo scontro in atto fra Venezuela e tutti, sottolineo tutti, i paesi capitalistici cosiddetti sviluppati potrebbe avere la stessa forza dirompente che la guerra americana in Iraq o Afghanistan ha avuto sui popoli arabi e cioè la conferma che i"padroni del mondo" possono essere battuti.
RispondiEliminaLa sconfitta americana ed europea in iraq e Afghanistan ha messo in moto tutte le rivolte nel mondo arabo, dopo secoli di colonialismo e oppressione basata su una forza che sembrava imbattibile e lo stesso potrebbe determinare in interi continenti l'esempio venezuelano se avrà esito positivo e se comunque, anche in caso di conflitto, mostrerà, come sta mostrando, la dignità e la determinazione di contrapporsi al capitalismo e non sottostare passivo alla sua violenza distruttiva (come la Grecia che si è venduta l'anima, oltre ai porti e aeroporti per la viltà di chi la guida).
Del Venezuela i capitalisti e i loro lacchè parlano ed agiscono come agirono con la Russia bolscevica, enfatizzando la miseria creata dai loro attacchi e coalizzandosi all'istante nello strangolare il paese economicamente e mediaticamente.
L'importanza dello scontro tuttavia è stato compreso in tutto il mondo non legato al carro dei capitalisti europei e statunitensi e la nuova paura di quello che può determinare nei loro paesi e negli stati loro vassalli li sta spingendo a reazioni sempre più nervose e improvvisate, addirittura farsesche, e ogni sussulto (anche elettorale come a Panamà o presto in Argentina) ora in tutta l'America Latina o nei paesi europei fa salire loro la febbre.
La cuoca di Marx è oggi l'autista di autobus di Caracas e il Lenin collettivo è il popolo chavista venezuelano: capire questo è poter iniziare a vedere le prospettive rivoluzionarie socialiste nel XXI secolo.
Giorgio@
RispondiEliminaCondivido le conclusioni, non tutte le premesse. Non sarei così ottimista su Medioriente e paesi arabi. E distinguerei nettamente tra rivolta araba e rivolta. Araba alcune portano il segno chiaro e netto di quelle "colorate", alla Otpor: Algeria e Sudan, per esempio. E in Iraq gli usa non mi risultano sconfitti, anche se il progetto Isis è andato a monte. Sono riusciti a piazzare al vertice quel prete Al Sadr, più devoto ai sauditi che all'Iran e quindi quinta colonna Usa.
Ieri vedevo in televisione un servizio sullo scandalo dei farmaci salvavita dal prezzo gonfiato in alcuni state degli USA. L'impresa produttrice dei "generici" è israeliana. Pur tuttavia non vedo alcun titolo sulle prime pagine dei giornali. Qualcuno ne sa di più?
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