“Per capire
chi vi comanda basta scoprire chi non vi è permesso criticare” (Voltaire)
Primo link: Comitato per
la Liberazione di Julian Assange Italia, con appello da firmare. Secondo link: una
canzone da sottofondo.
Una premessa
non del tutto fuori tema
Si succedono i momenti di sconforto-sconcerto davanti a un
“capo politico”, bravo ragazzo di
provincia, sveglio, a suo modo geniale, onesto per carità, buona parlantina
(anche perché di fronte gli capitano nullità
fuffarole), ma incolto sul piano generale e specifico e quindi portato a scopiazzare dal tema degli altri,
magari da uno più ignorante di lui. Ieri, invece, addirittura nel boudoir di Lilli Bilderberg Gruber, ho vissuto un’impennata di orgoglio e soddisfazione.
C’era la solita combine dei tre pitbull, tra femmina e maschi, riuniti a sbranare qualunque ospite 5Stelle, o non conforme a
coloro che in Bilderberg, in Quirinale e in Vaticano, fissano la dicotomia Bene-Male. Una trasmissione di
gossipari, modello tabloid, con quesiti filosofici alla “chi butteresti dalla torre?” “Da uno a 10 quanto valuti Salvini?”.Stavolta, a dar man destra alla Gruber, che si raggrinza
oltre la benevolenza delle luci spiananti quando ha di fronte un governativo
del momento, c’era il debenedettiano Marco Da Milano, della coppia comica
Zoro-Da Milano di “Propaganda Live”, che, collateralmente, dirige anche “L’Espresso”.
Morra, pane
per i denti di Gruber
Di solito quella
combinazione democratica del 3 a 1 risolve la partita per superiorità numerica.
Ma stavolta ai nanetti da giardino si contrapponeva un gigante, Nicola Morra,
5Stelle delle origini, senatore, oggi un po’ in disparte come altri della
nobile schiatta, ma inflessibile combattente a capo dell’Antimafia
parlamentare. Morra insegna, sa di lettere, storia e filosofia e contro tale
roccia di competenza, sicurezza, sorridente ed elegante imperturbabilità le punzecchiature velenose finivano
come graffi sul marmo. Rivedetevelo
quell’Otto e Mezzo, è ancora meglio del video dell’altra volta, in cui la Fraulein perdeva le staffe davanti a
chi aveva menzionato Soros, grande
timoniere e ufficiale pagatore delle Ong di mare e di terra. E non solo. A me, poi, suscitò particolare euforia la serena fermezza
con cui questo giovane veterano dello scossone 5 Stelle rivendicava i valori delle origini del MoVimento, insieme alla sua decisione di non partecipare alla
“scelta non felice” di convocare al Rousseau i sostenitori della continuità del
Capo a dispetto della debacle subita..
Eroi dei
tempi nostri e dei loro
Chiuso. L’argomento del
giorno è un altro. Questa era solo una piccola chicca, la ciliegia sulla torta
della stampa italiana, dei cui valori quella trasmissione è una delle tante fedeli epitomi. E che spiega quanto segue. E che porta il titolo di questo
pezzo derivato, per la prima parte, dal
più grosso schianto sulla privacy dell’umano dall’invenzione
della Santa Confessione: la
National Security Agency, e poi tutte le altre Intelligence e piattaforme
pubbliche e private, che di
noi innocenti spiano perfino i pensieri (ce n’eravamo già dimenticati, vero?
Quella sulla memoria è un’altra vittoria loro). E, per la seconda, ci dice che chi, infame
complottista, rivela qualcosa degli operatori sott’acqua deve essere tolto di
mezzo. Così siamo arrivati a Julian
Assange, Chelsea Manning , Edward Snowden. E Ivan Golunov. Tre eroi del nostro tempo.
Il quarto, eroe dei tempi loro, tempi da diritti umani in salsa
Bush-Obama-Trump-Netaniahu , cari ai media, dal “manifesto” a “Repubblica”.
Dunque, a
Mosca la polizia carica in macchina un giovane
di quelli che i russofobi di sinistradestra chiamano “giornalisti
investigativi indipendenti”, che sono tutti quelli che a Putin preferiscono
Trump, Juncker e perfino Obama (ne vengono citati, tra testate e giornalisti,
un bel mucchio, proprio là dove si lamenta che l’opposizione non avrebbe
diritto di parola!). Dicono di avergli trovato droga addosso e in casa e, dice,
lo crocchiano. Negli Usa ci sono strade lastricate da corpi di drogati, o
presunti tali, fatti fuori sul sospetto, basta che siano neri. Aveva cominciato
Obama trasformando i poliziotti in Marines e santificando gli assassinii
extragiudiziali di chiunque gli facesse saltare la mosca al naso. Da noi
succede un giorno sì e l’altro spesso pure, ma per arrivare alla verità
dell’abuso, su Cucchi, Aldovrandi, Uva, Carlo Giuliani e tanti altri, o ci
vogliono dieci anni, o non basta un secolo.
A Mosca,
nel giro di ore, mentre le cellule dormienti di Soros si risvegliavano in piazza e, appresso a loro,
in Occidente tutta la compagnia cantante della voce del padrone, il procuratore
di Mosca rimetteva le cose a posto, liberava Ivan Golunov, apparso assolutamente
indenne a dispetto della “brutale
aggressione” (del resto roba come quella successa ai Gilet Gialli e che prevede
il nostro Decreto Bis, in Russia non si è mai vista). E il governo apriva
un’immediata inchiesta sull’unità che aveva operato l’arresto. Effetto della
pressione sul Cremlino dell’indignazione democratica russa e occidentale? Del
Fatto Quotidiano? Del manifesto? Del Corriere? De La 7? Di Sky? Forse.
Through a glass darkly
(Attraverso un vetro scuro)
Il titolo
del film di Bergman (in italiano erroneamente “Come in uno specchio”) si
riferisce alla schizofrenia di una persona che, guardando dio, vede un
mostruoso ragno. Fa pensare ai soggetti della nostra opinione pubblica e
relativa stampa quando guardano – e disconoscono – la verità. Divinità che,
nella dialettica molteplicità degli dei antichi, era accessibile all’uomo e che
nel dio unico si è tramutata in mostro.
Il fatto
è che nessuna pressione di questi impavidi e incorruttibili crociati della
libertà di stampa, e tantomeno degli organi alla loro difesa predisposti, tipo
FNSI, Ordine dei Giornalisti, Articolo 21, Arci, unione sacrée
sindacato-confindustria, Reporters Sans Frontieres, o consorzi “indipendenti”
altrettanto simpatici a Soros come “Investigate Europe”, sui tre whistleblowers
che Washington vuole liquidare ha emesso un mero guaito. Manning, l’americana
che ha fornito a Wikileaks gran parte delle notizie su crimini e intrighi della
politica estera Usa, è chiusa in prigione a tempo indeterminato e sanzionata
con migliaia di dollari per ogni giorno che resiste perché si rifiuta di
testimoniare contro Assange. Snowden, che ci ha fatto conoscere l’intrusione
dello spionaggio Usa, pubblico e privato, in ogni fibra della vita di tutti,
grazie a Wikileaks è riuscito a rifugiarsi a Mosca. Assange, dopo 7 anni di
asilo politico e poi di forzato isolamento, grazie alla tangente pagata
dall’FMI al presidente fellone Moreno, nell’ambasciata ecuadoriana, è stato
rapito da Scotland Yard e schiaffato in prigione per aver voluto evitare
un’estradizione in Svezia per l’accusa di violenza sessuale mossagli da una
collaboratrice della Cia e poi archiviata.
Per sette
anni senza luce del sole, la tortura psicologica e fisica subita dai
carcerieri, Assange ha dovuto essere trasferito nella clinica della prigione ed
è stato giudicato incapace di sostenere un’ udienza in tribunale. Il delegato
ONU per i diritti umani parla di assassinio strisciante. E’ ovvio che lo
vogliono morto. La richiesta di estradizione inoltrata ieri dagli Usa è basata
su 17 capi d’accusa, tutti inerenti allo spionaggio, all’alto tradimento e alla
collusione col nemico, sulla base di un “Espionage Act” vecchio di 102 anni e
mai utilizzato contro giornalisti. Washington pretende di esercitare la sua
giurisdizione punitiva, oltreché su un giornalista che ha fatto il suo dovere
di comunicare al pubblico delitti e complotti che lo riguardano, su un
cittadino australiano che ha commesso i suoi “reati” fuori dagli Usa. Vecchia
pratica, la conosciamo dai tempi del Cermis. Ma qui i buoni sbraitano contro il
fascismo incombente di Casa Pound, o, peggio, di chi si oppone alla nuova
tratta degli schiavi.
Lo vogliono morto
prima che
la protesta degli onesti, dei colleghi non all’italiana, di nomi di prestigio e
di tanti cittadini in tanti paesi possa arrivare a un’opinione pubblica più
vasta, superando l’omertà dei pennivendoli nostrani, innescando una coscienza e
una denuncia globale contro l’incredibile assalto a quanto rimane della libertà
di stampa, espressione, comunicazione, rivelazione di nequizie, quando compiute in alto, dai pochi e ai danni
di tutti.
Certo, di
Assange, come dei suoi compagni è lecito pensare tutto e il contrario di tutto.
“Il manifesto” ne ha parlato con dileggio e scherno. Qualcuno ha pubblicato un
trafiletto, visto che non se ne poteva fare a meno. FNSI e i suoi coscritti,
non dicendo niente, si sono schierati con coloro che da certe note parti,
strizzando l’occhio, giurano “nente vidi, nente sacciu e nenti vogghiu
sapiri”.
Lo vogliono vivo
alcuni
milioni di esseri umani cui ha potuto rendere, se non giustizia, verità. Chiediamo
cosa pensano di Julian alle famiglie di quella quindicina di civili, tra cui
due giornalisti Reuters, crivellati da un Apache Usa a Baghdad nel 2007, con
l’equipaggio che sghignazza e urla “spara, spara, incendiali quei bastardi
morti”. Chiediamolo anche a Sajad, 10 anni, e alla sorella Doaha, allora 5
anni, entrambi feriti, il cui papà venne seccato mentre cercava di assistere
una delle vittime. Nessuno mai è stato arrestato per questi crimini. Assange
che li ha fatti conoscere a chi ne aveva diritto, sì.
Chiediamo
cosa pensano di Chelsea, Julian e Edward, i genitori del quindicenne strozzato con
filo spinato e poi ucciso a colpi di mitra dai Marines nel 2006, a Ramadi. O i
congiunti di Huda, 18 anni, e Raghad, 5, mitragliati a morte dai marines a
Dyala nel 2006 Di quanti altri sapremmo la risposta a questa domanda?
Dovremmo
chiedere cosa pensano di questi tre che, da soli, a mani nude, hanno sfidato il
mostro, a popoli interi, dall’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria,all’America
Latina, sui quali si sono abbattute le nefandezze delle guerre, degli abusi,
delle atrocità, dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Clinton, Bush,
Obama. Dovremmo chiederlo anche ai cittadini statunitensi che hanno votato
nell’elezione presidenziale e,grazie a Wikileaks, hanno saputo con quali
contributi e quali trucchi Hillary Clinton, cocca del “manifesto”, ha potuto soffiare
a Sanders la candidatura. I milioni di dollari arrivatile da Arabia Saudita,
Qatar, Goldman Sachs, le promesse fatte alle élites finanziarie di “liberi
mercati tra libere frontiere”, i meriti acquisiti tra neocon e Pentagono per
essere stata l’architetta della distruzione della Libia e della riduzione
dell’Honduras a tirannia mafiofascista, da cui estrarre manovalanza migrante a
basso costo. Eccetera eccetera eccetera. Nessuno ha mai fatto tanto e a tale
prezzo per esporre gli abusi e i crimini del potere.
E’ arrivata la Polizia del
Pensiero di Orwell
Silenziare
loro, uccidere la loro voce significa silenziare tutti, uccidere ogni voce.
Impedire di dire parole libere e, dunque necessariamente, salutarmente,
critiche, significa proibire e punire il pensiero libero e dunque necessariamente
critico. Già le nuove generazioni scrivono, grazie agli apostoli del Cristo
digitale, come bambini di prima elementare. E come tali devono pensare, ma
senza la fantasia incorrotta dei bambini cancellata dai videogiochi dello
sterminio. Bambini invecchiati. Nani del pensiero. Nel deserto del Verbo.
Dicono
gli scienziati che stiamo a 2 minuti dalla mezzanotte sull’orologio
dell’olocausto nucleare. Non gli sarà più permesso di dircelo, perché siamo a
30 secondi dalla mezzanotte sull’orologio della libertà. E quando ci sarà il Grande Botto, non dovremmo neanche
preparare il panico, nessuno ce ne darà preavviso. Prima di accorgercene, saremo
già morti. E dunque zitti.
A Julian,
Chelsea, Edward, che hanno strappato le vesti gargianti al re putrescente,
l’umanità deve dire grazie. A coloro, in Italia, la cui omertà li pugnala alle
spalle non diciamo niente. Noi ci occupiamo di giornalisti.
http://adriacola.altervista.org/2397-2/ (La morte
del giornalismo A. Colafrancesco)
Salvini sta facendo poco o nulla contro la mafia,lui che irrideva chi parlava della ndrangheta in Lombardia. Ho visto parte del programma della Gruber per avere anche io un'impennata di orgoglio ma ho desistito quando Morra non ha avuto il coraggio di esternare,o far intendere,qualche perplessità sull'azione antimafia del ministro. Se questa è una chicca.
RispondiEliminaPaolo P
@Paolo
RispondiEliminaPoteva dare una soddisfazione tale a Lady Bilderberg? Dovendo poi sentirsi lo stesso chiedere da lei "ah ma allora perché a parole criticate e nei fatti sostenete un governo? avete paura di fare cadere il governo perché sapete di perdere tanti voti"?
No, non si va a sparare a vuoto in una ambiente chiuso dove i proiettili rimbalzano e possono tornarti contro.
A volte ritornano
Un'aspetto invece deteriore e' da ascrivere alla ministra Trenta, l'aver partecipato al matrimonio in pompa magna del primo "eroe" a portare avanti il nuovo concetto di "legittima difesa" a livello "interno" ed "internazionale", prima dei recenti applicatori del principio, tabaccai, magazzinieri e gioiellieri vari. Il Maro' La Torre, insieme ad altri, forse anche civili dalla petroliera Lexie, ha esteso, fra approvazione diretta ed indiretta il concetto di "legittima difesa" in mezzo all'oceano, nei confronti di poveri pescatori indiani, figli di una civilta' evidentemente inferiore, considerando la loro atavica propensione alla violenza, alla sottomissione delle donne (Indira Ghandi, per loro, era solo la cameriera di qualche boss locale...) alla pratica della pirateria (qualcuno si ricorda di Sandokan) in conseguenza della quale non si poteva esitare a fare fuoco una volta avvistati con il loro barchino da pesca in avvicinamento. Senza poi prestare soccorso e neanche segnalare "l'incidente". D'altra parte sono tre anni che il tribunale dell'Aia deve decidere sulla competenza del processo e sembra, ammesso che tale decisione venga mai presa, non avere alcuna fretta. I Maro' sono liberi e stanno bene, allora gli indiani possono aspettare
Alex il tribunale dell'Aja è oltre il ridicolo, infatti non ha mai incriminato un governante della superiore civiltà occidentale ma solo presidenti e capi di stato dalla pelle olivastra, sarà casuale?
RispondiElimina@Massimo
RispondiEliminaNo, non credo sia casuale. Per precisare, Milosevic e Mladic non avevano la pelle nera ne' olivastra ma avevano messo in discussione i piani di spartizione previsti dalla civile UE e dai democratici USA per i Balcani.
Alex1@
RispondiEliminaParlate di tribunali diversi. Massimo del Tribunale Penale Internazionale e Alex del Tribunale Internazionale per la Jugoslavia. Entrambi tribunali farsa amerikkani.
A proposito, che fine ha fatto l'altro "martire" del sistema repressivo russo, il giovane Navalmy? E le Pussy Riot? Sparite dalla circolazione, ormai bruciate?
RispondiElimina