A integrazione del mio precedente pezzo “Soleimani,
il Che Guevara del Medioriente”, che mi permetto di raccomandare a chi non
si accontenta delle narrazioni di regime
Il punto su una situazione che ha ritrovato in piazza
milioni di onesti combattenti per la verità e la giustizia e ha spazzato le
consorterie di Sardine a stelle e strisce dalle piazze “colorate” nei vari paesi
da riportare all’ordine imperiale.
L’intera nostra classe politica, con seguito di sicofanti
mediatici (compresi iraniani convenientemente occidentalizzati, vedi “il
manifesto), ontologicamente autorelegatasi a funzioni di complemento e servizio
di despoti globali, balbetta tremebonda dinnanzi ad eventi di cui non capisce
nulla e che non ha la minima idea di come affrontare. Eunuco tra energumeni che
manovrano la politica internazionale, si rifugia negli stereotipi
propagandistici e mistificatori dei suoi padroni Usa e UE, ben ammaestrata in
questo senso dalle voci, presunte sagge e super partes, quirinalizie e
vaticanesi.
Abbiamo un ministro degli esteri privo di qualsiasi
preparazione ed esperienza nel gigantesco campo a cui è demandato e che, a
partire da un Pinochet collocato in Venezuela, non sa di cosa stia parlando e
borbotta cosa insignificanti su “dialogo e moderazione”. Smarrito tra le sue
formule legulee, un po’ Don Abbondio e un po’ Azzeccagarbugli, un capo di
governo buono per ogni stagione, ogni compromesso e ogni connubio, se ne rimane
nascosto per giorni, ridotto a grattarsi la tinta testa nella preoccupazione su
che pesci prendere, che non siano Sardine, o gamberi a ritroso verso il nulla.
Pesci che, ancora e sempre, non diano il minimo fastidio a chi gira il mondo
bucandolo qua e là con il martello penumatico e ventilando di usare quello
atomico.
Altro che
“rivoluzione colorata”!
Il fracassone di una opposizione di cartone, che è tutta
boati e distintivo, si distingue dal resto del mondo ululando sanguinarie
scempiaggini contro un martire eroico del riscatto umano. In tal modo la sua
strepitata sensibilità patriottica offre i nostri ascari imperiali su un piatto
d’argento alla ritorsione di chi avrebbe ogni titolo per compierla. Ascari di
cui il ritiro da tutte, in parte misteriose e occulte, missioni all’estero,
dovremmo urgentemente e moralmente imporre prima di subito. Abominio praticato,
quello di Salvini, dopo aver provato a spremere un bancomat a Mosca, per
ricuperare le grazie di un presidente travolto da fatti decisi dai veri
protagonisti del verminaio a stelle e strisce.
Fatti che l’uomo con la testa polentata (e che ci saremmo
augurati di migliore pasta nel confronto con il male assoluto che l’élite
rappresenta) è costretto a inseguire e intestarsi. Fatti di cui, in ogni caso,
con le sue oscillazioni e il suo ricorrente prostrarsi ad armieri,
multinazionali e banchieri, porta la sua parte di responsabilità. Fatti che
ora, con grottesca ipocrisia, gli vengono rimproverati dal Partito di Obama e
dello Stato Profondo, il partito della forsennata russofobia (con i suoi
ragazzi di bottega a casa nostra), nella continuità di una strategia per cui,
qualsiasi cosa faccia, o che gli si attribuisce, Trump va cannoneggiato e
ricondotto all’ordine. Anche perché una ripresa della sua linea moderata, di
distensione e isolazionismo, quella che lo fece vincere nel 2016, prometterebbe
di farlo trionfare anche alle presidenziali di fine anno, visto che il
Russiagate è svaporato nella sua nullità, che l’impeachment fallirà e
l’economia Usa, da lui impostata, va a gonfie vele (anche perché trainata dai
colossi delle armi che sanno con chi allearsi e chi convincere).
Un solo uomo politico di rango, inevitabilmente dei
migliori Cinquestelle, Alessandro Di Battista (datemi pure del fissato, tanto
son fatti), dice pane al pane e vino al vino sulla mostruosità di una
superpotenza che va travolgendo ogni regola e diritto della convivenza umana e,
in preda a psicopatologia da nevrosi necrofila ossessiva, ci sta trascinando
tutti all’orlo di un pianeta che pare tornato a essere piatto, tanta è
l’insipienza di chi lo manovra. Non per nulla, Dibba stava per andare in Iran,
per quei reportage eccellenti a cui ci aveva abituato dall’America Latina.
A tutto questo, un omuncolo scribacchino e audiovisivo come
il sottoscritto, non sa che opporre un tentativo di luce sulla cupa ignoranza
nella quale ci vogliono far sprofondare quando si tratta di minchionarci su chi
sia amico e chi nemico.
In diretta dall’occhio del ciclone che sta
turbando il mondo, il primo docufilm, non dettato dalla propaganda imperialista
e “progressista”, sul paese che in occidente viene definito il cuore dell’Asse
del Male, una minaccia mortale alla sicurezza globale. Un viaggio per tutto il
paese alla ricerca di una verità vera, vissuto nel rapporto diretto con
cittadini, lavoratori, medici, studenti, donne, luoghi e protagonisti delle
istituzioni. Una società serena, solidale, coesa, che va percorrendo la sua
propria via verso l’emancipazione e la modernità. Una storia che copre quasi
tre millenni, partendo da Ciro il Grande e che, nella modernità, ha avuto due
grandi emancipatori: Mossadeqh e Ahmadinejad e un eroe da scolpire nella Storia
degli uomini, Qassem Soleimani. Tutti laici.
Per riceverne copia a costo di
produzione scrivere a visionando@virgilio.it
Tutti Laici. E' questo il punto.
RispondiEliminaIo mi chiedo: siamo irrilevanti, Noi Italiani. Grazie a Gea, ché Gaia non può dirsi. Che avranno gli "allegri" da sbellicarsi, non è dato sapere, vista la loro condizione "affaticata" a cercarsi.
Irrilevanti sono anche le 113 [ricordavo 170] installazioni militari statunitensi presenti in Italia, a conferma di un totale asservimento italiano nei confronti degli Stati Uniti.
La 113a, guarda caso, nell' Isola di Lampedusa è la Base della Guardia costiera Usa. Centro d’ascolto e di comunicazioni Nsa.