Lo Zeitgeist dei pochissimi
Siccome la tendenza dominante, dai filosofi tedeschi
chiamata Zeitgeist, spirito del tempo, è quella, dell’imbroglio, del
raggiro, del complotto dei pochissimi ai danni dei tantissimi, i primi però con
seguito di giullari, sicofanti, guardaspalle, chierici traditori e camerieri,
noi ci affidiamo alla controtendenza della sincerità, onestà, libertà. Voci
dissonanti che, pure, esistono, si vanno facendo largo tra le crepe della
cospirazione. Che se dovessero prevalere, dovrebbero portarci un bellissimo
giorno a un simil-processo di Norimberga. Processo in cui giudicare e
condannare, certamente non all’impiccagione come l’originale, tutti coloro che
hanno provato a fare al mondo un’inversione a U e così bloccare la storia
dell’emancipazione umana. Ho scritto “simil-Norimberga”, dato che
quell’episodio antigiuridico rappresenta un’aberrazione senza confronti: un
processo di criminali di guerra vincenti a criminali perdenti. Il nostro
processo sarebbe dei liberi e onesti ai ladri di verità e di onestà. Ladri a
mero scopo di dominio e di profitto attraverso l’imposizione, ancora una volta,
del dogma, del pensiero unico universale.
A la guerre comme à la guerre
Nei momenti di loro massima crisi, di credibilità prima
ancora che di potere, i padroni ricorrono al mezzo estremo: la guerra. Ed è di
guerra, di fronte, che straparlano i coloro che gestiscono l’attuale fase di
attacco a quel poco che ci era rimasto di secoli di lotte di liberazione. E
quando di guerra si parla, non solo appaiono sulla scena colonelli e truppe, ma
i dissidenti, le voci alternative, diventano collusi col nemico Il nemico
essendo non solo il Virus diventato, da normale fastidio, stragista e “nemico
della vita”, ma tutti coloro, magari scienziati, che lo “sottovalutano”.
Trattasi di disertori, traditori, il peggio del peggio, quelli che negli anni
di Hitler in Germania praticavano la “Wehrkraftzersetzung”, la disintegrazione della Forza di Difesa.
Ecco, oggi abbiamo, in aggiunta ai tanti castigati perché
topi fuggiti dalla tana e oppositori del distanziamento sociale per spinta di sopravvivenza,
la peste infame dei disintegratori della Forza di Difesa. Quelli che, quando
poteva, la Chiesa faceva ardere sui roghi a maggiore gloria di dio e del
proprio dogma. Ora, oltre che con la superfetazione di forze dell’ordine,
dobbiamo vedercela con i droni che fulminino, per ora con telecamere, domani,
chissà, con gli Hellfire, i delinquenti che, addirittura in coppia,
ancora insistono a contagiare il paese facendo più di 100 metri per strada (6000
euro di multa, sei mesi di carcere, 5 anni se vai in giro contagiato).
Rispunta Torquemada
Una strega ideale che, si parva licet componere magnis, sarebbe
banale, ma non improprio, avvicinare a Giovanna d’Arco, e la da me
ripetutamente citata Maria Rita Gismondo, direttore Microbiologia clinica e
Virologia all’ospedale “Sacco” di Milano, il più rinomato, insieme allo
Spallanzani di Roma. Questa, al pari di alcuni tra i più autorevoli virologi ed
epidemiologi d’Europa, si è permessa di opporre al terrorismo, tipo “Saw”, che
ci incuneava in cunicolo dopo cunicolo della paura, un minimo di dati corretti,
a ridimensionamento del clown, appunto, di “Saw”, dimostrandoci alla mano di
numeri di contagi, malati, morti, come ci trovassimo in poco più di una normale
influenza stagionale. Influenza però stavolta precipitata nel deserto di una
Sanità pubblica, un tempo attrezzata, oggi ridotta, a dispetto e a insulto di
coloro che ci operano da combattenti e martiri, a qualcosa di meno di un
lazzaretto seicentesco.
Contro Gismondo, che aveva detto saggiamente, in coro con
le massime eccellenze europee: “Si è scambiata un’infezione appena più seria
di un’influenza per una pandemia… non dobbiamo preoccuparci”, si sono
concentrate le artiglierie di fango di un qualcosa che ricordiamo averci
imposto, unici nel mondo, in nome della Scienza dall’ S maiuscola, una e trina
(Big Pharma, OMS, Burioni), 12 vaccini fin dalla nascita e sputi in faccia a
chi ne temeva le ricadute, peraltro denunciate da un’altra scienza, ovviamente
con la s minuscola. Si tratta del “Patto Trasversale per la Scienza” (PTS) dei
noti Burioni, Lopalco e Silvestri. Hanno diffidato legalmente (sic) una delle
nostre più eminenti specialiste della materia, “per le gravi affermazioni
sul Coronavirus, volte a minimizzare la gravità della situazione e non basate
su evidenze scientifiche”. Che solo loro hanno. Se la vedranno in
tribunale, dato che Maria Rita Gismondo ha risposto da par suo: ”Non torno
indietro sulle mie dichiarazioni”. Quanto a voi, da chi andreste in caso di
difficoltà respiratoria, da Gismondo, o da Burioni?
Bergamo, Brescia, caro vaccino
A proposito di vaccini, questa è davvero interessante.
Bergamo ce l’hanno raccontata come Manzoni la Milano della peste. Siamo stati
percossi dalle immagini di innumerevoli camion militari che portavano via bare
a una a una. Qualcuno, tra cui questo blog, ha segnalato il dato che, con la
regione più inquinata da particolato d’Europa, forse c’era già qualcosa
nell’aria della Lombardia che facilitava l’infezione polmonare. Ora ne abbiamo
un altro di possibili facilitatori (purchè il prof. Burioni non ci scorga,
sennò altro che diffida legale). Nel gennaio del 2020, in una campagna lanciata
dalle autorità, vengono vaccinate 34.000 persone contro la meningite, tra le
quali 1.680 scolari direttamente nelle scuole e 2.414 lavoratori negli
stabilimenti. Anche a Brescia 9.200 persone ricevettero il vaccino speciale, in
aggiunta a 1.700 persone da parte di medici di base e pediatri, 1.000 scolari e
300 lavoratori, per un totale di 12.200 cittadini.
Gli scienziati del ramo ci dicono che un effetto
collaterale del vaccino può essere la sindrome Guillain-Barré che nel 25% dei
casi produce una paralisi della muscolatura respiratoria, i pazienti devono
essere ventilati e la mortalità sale al 5,5%. Fatene quel che volete. Ma, oggi
come oggi, non fatevi sentire. Verrà il tempo…
Il caudillo e i suoi cacicchi
Il “Modello Italia” che l’OMS propone al mondo intero lo
dobbiamo ai comandanti di questa guerra. Una combriccola (classe dirigente
sarebbe dire troppo) di feldmarescialli, generali, colonelli, sergenti, tutti
delegati dell’OMS, a sua volta delegato di Big Pharma, impegnati a marcare di
malato l’asintomatico (sano) e di morto per Covid-19 qualunque deceduto per
qualunque patologia, sempre senza autopsia, ma comunque con un tampone che gli
ha individuato, ma anche no, tra polmonite e diabete, un qualche virus
influenziale. Siamo in guerra, tuonano da ogni schermo e titolo e dunque coprifuoco,
stato d’assedio e legge marziale sono fisiologici, istituzionali e
indispensabili.
Più che di generali, si tratta di nani da giardino, un po’
Pisolo, un po’ Brontolo, un po’ Gongolo, cui la nostra coltivata sudditanza ha
concesso i galloni di ufficiale di giornata, ma che si rappresentano sulla
scena come fossero i 300 di Leonida alle Termopili. Nanetti pasticcioni e
incompetenti, galline tra le quali è scoppiato un mortaretto, che si
accapigliano tra di loro a colpi di ordinanze alla rincorsa di chi colpisce più
duro, un’armata Brancaleone che nemmeno l’esercito di Franceschiello.
E i gendarmi? Mentre noi guardiamo in strada, al passato e
al presente e al futuro, da sbarre come quelle di Cagliostro nella Rocca di San
Leo, tocca preservare la salute a coloro che si preoccupano di tenerci chiusi.
A noi, ridotti a larve dalla mancanza di vitamina D che ci regala il sole, 4000
dobloni di multa e 6 mesi di sbarre. A loro, almeno 30 minuti al sole ogni
giorno. Ecco il documento, ingranditelo.
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Conte, chiudiamo la nazione, anche se metà non
c’entra niente
Anche un incredibile premier che, quando ci sa mezzi
abbioccati dall’ora, dagli schermi drogati di panzane e cretinerie, dal sonno,
estenuati dalla paura, verso mezzanotte, con il mezzo che rappresenta Stato e
governo, cioè sul suo profilo Facebook, ci fa sapere che la mattina dopo ci
saranno tanti nuovi reati da farci trattare tutti da potenziali delinquenti.
Una tecnica di comunicazione innovativa, rispettosa delle istituzioni, del parlamento
degli eletti (che gli frega, mica è stato eletto, lui). Con un decreto nemmeno
pronto, figuriamoci se discusso dalle assemblee con relativa assunzione di
responsabilità costituzionale, l’ometto devoto a Padre Pio e a molto altro, mette
sotto chiave tutti quelli che a lui e ai suoi soci mettono paura, cioè l’intero
paese. E ora le ammende sono diventate di 4000 euro, il carcere di 6 mesi, e
auto e moto da sequestro.
Avendo in mente chissachecosa, con il centrosud del paese
addirittura sotto la media annuale delle infezioni virali, gli è parso
opportuno mettere in lockout l’intero paese. Fuorchè le fabbriche e gli
schiavi nei campi (a proposito, le ONG, le avete mai più sentite?). Guai a far
sentire il Nord del 84% dei decessi, perchè sanitariamente scassato e inquinato
come nemmeno Seveso, l’untore d’Italia. La Confindustria non voleva. E nemmeno
coloro che sussurrano all’orecchio di Giuseppe Conte e che vogliono l’Italia
Nuova. Magari un po’ demograficamente dimagrita, libera dal peso sui giovani di
vecchietti deboli, malati e improduttivi. Vecchio sogno malthusiano e
sorosiano, che oggi si materializza in tutto il mondo occidentale e di cui si
fa interprete Barbara Spinelli, eurodeputata nella lista degli amici di Soros,
quando sul Fatto Quotidiano descrive il “triage”, la scelta di far morire
quelli con minore aspettativa di vita, come “scelta razionale, anche se
terribile”, senza prenderne le distanze.
Comunque non c’è solo la falce del Covid-19. Nello stesso
tempo in cui al virus sono stati attribuiti nel mondo 250 morti di vecchi, di
fame sono morti nel mondo 25.000 neonati e minori. E non si tratta di dato solo
stagionale. E quando il mutante avrà terminato il suo giro annuale, dei suoi
effetti si continuerà a morire. Una megarecessione trascina con sé sempre un
aumento di decessi per malattie, suicidi, tossicodipendenze, alcolismo,
violenze domestiche e un generale peggioramento delle difese immunitarie. Come
risaputo e provato, c’è già chi, producendo farmaci, se ne lecca i baffi.
Da Roberto I a Urbano VIII, andata e ritorno.
L’inquisizione non muore
Come abbiamo ampiamente constatato e don Robertro Burioni
ci ha ribadito, prima sbeffeggiando e poi minacciando una voce fuori campo (colpirne
una per educarne cento), essere critici non è permesso. “La scienza non è
democratica”, ha sentenziato, scambiando la materia con se stesso e se
stesso con papa Urbano VIII (quello di Galileo). Eppure, né lui, né l’immenso
coro che ci tempesta con l’ordine di stare in casa sennò ci fate morire tutti,
hanno avuto da ridire quando si è saputo che la famigerata esercitazione
USA-Nato Defender Europe 20 , della cui cancellazione aveva
parlato la Merkel, dopotutto si farà. Un tantinello “ridimensionata” (qualche
migliaio dei 40mila effettivi in meno, ma con masse di cingoli in terra, navi
in mare e aerei in cielo), con tanto di militari di una dozzina di paesi belli
mischiati e fraternizzanti nel segno dell’assalto alla Russia. Russia che,
ipoteticamente, dovrebbe rifarsi sui popoli e beni europei, base
dell’aggressione. Complimenti all’alleato e protettore.
Tutto il potere ai militari?
Del resto, il segretario Nato Jens Stoltenberg non aveva
colto l’occasione per garantire che la Nato si sarebbe fatta parte attiva nella
lotta al coronavirus? Ma non è che i generali Usa si preoccupano di promuovere,
insieme al virus e alla guerra ai russi, solo in Europa il nuovo assetto che da
queste mosse dovrebbe nascere. Ora che il coronavirus è tracimato alla grande
anche negli USA, ecco che si ripresenta l’occasione, parzialmente sprecata dopo
l’11 settembre 2001, nonostante il Patriot Act, le sette guerre, il terrorismo
e tutto il resto. Secondo un articolo di Newsweek, uno dei più
importanti settimanali americani, ripreso dall’Eurasia Daily, le
autorità statunitensi hanno adottato misure per introdurre uno stato
d’emergenza nel quale è previsto che il potere passi dal governo civile a
quello militare. Tra le ipotesi per le quali ciò dovrebbe essere fatto, oltre a
catastrofi naturali e diffuse insubordinazioni sociali, è stata ora inserita
anche quella in cui una crisi da coronavirus dovesse incapacitare presidenza,
governo e congresso. I piani di contingenza a ciò intesi sono pronti e si
chiamano Octagon, Freejack e Zodiac. E danno ai militari,
anche se subordinati e su base territoriale, il diritto di sostituirsi alle
autorità civili. Il tutto è sotto il controllo di NORTHCOM, comando Nord delle
FFAA statunitensi istituito dopo l’11/9. Mai più rivolte alla Berkley, mai più
Pantere Nere, mai più studenti di Occupy Wall Street. E nemmeno
Woodstock.
Russia, Cina, Cuba, grazie. USA non pervenuti.
Ma Erri De Luca ahinoi sì.
Ci sono arrivati aiuti impensati, sebbene non impensabili.
Medici specializzati e milioni di mascherine dalla Cina, 53 dei migliori medici
e infermieri antivirus da Cuba e il carico più grosso, nove enormi IL-76 da
trasporto russi con 100 specialisti di infezioni da virus, attrezzature di
protezione e macchinari clinici, mezzi mobili per la bonifica di ambienti
pubblici, strade e piazze. Dagli Usa, l’esercitazione “Defender Europe20
con il suo demenziale potenziale di virus. E sapete cosa ci ha fatto sapere
Erri De Luca, uno dei patetici transfughi da Lotta Continua, l’ultimo movimento
che abbia preoccupato i padroni?
L’autore molto supponente di mediocri poesie e di
sciropposi libri autocelebrativi, grande cantore della Bibbia e dei suoi adepti
confessionali e statali, avendo decantato tutto quello che si va facendo in
nome della salvezza del paese, compresi i confusi che cantano inni dai balconi,
le “misure di restrizione condivise e applicate con spirito civico di
collaborazione, più che da minacce di sanzioni” (sic), si rifà a Sarajevo,
altra gigantesca mistificazione. La città che anche lui frequentò in complicità
con tutti i cattomiliziani del papa e collaborazionisti anti-serbi vari,
co-distruttori della Jugoslavia. Una medaglia al merito Nato.
Definita avanguardia
virtuosa l’Italia sderenata, disperata e passivizzata che abbiamo sotto gli
occhi, messo da parte lo storico atlanto-sionismo, è arrivato a riconoscere gli
aiuti da Cuba e dalla Cina. Ma non ha saputo contenersi dal deplorare la cinica
mancanza di aiuti dalla Russia. Un De Luca che una volta di più ha pestato
qualcosa di molto infettante.
Avrebbe potuto nettarsene, deplorando la stitichezza della
Chiesa. Buddisti e valdesi, con il loro 8 per mille piuttosto povero, hanno
donato per la lotta al virus una media del 22,33%. I cattolici del loro
miliardo e 132 milioni hanno donato 10 milioni, anziché i 230 milioni che
corrispondono alla percentuale degli altri. Su questo problema, che inerisce alla
tradizione del grande tronco monoteistico, Erri tace.
Giullari, chierichietti, cortigiani e
presstitute
Nel corso di questi mesi di “pandemia” ne abbiamo viste di
tutti i colori, una più stupefacente dell’altra e se eravamo già da qualche
tempo abituati a osservare che, come paese, come conglomerato europeo e loro
vertici, avevamo raggiunto il fondo e stavamo addirittura scavando, non
riusciamo ancora, fessi come siamo, a farcene una ragione.
Neanche oggi che ci si offre lo spettacolo, nel nome della
salute, anzi, della vita, di una totale distruzione della privacy, di una
riduzione della libertà e dell’autodeterminazione di individuo e comunità mai
viste, neanche nel Ventennio. E di una moltitudine di soggetti che, trafelati, si
precipitano a soccorrere, omaggiare, servire, il vincitore. Dagli schermi si
affacciano le facce benevoli, solidali, ammiccanti, ammonenti, truccate,
ipocrite, tutte indistintamente belline e autocompiaciute, di vip dello
spettacolo, dello sport, del cinema, della stampa, del trash. Ci consigliano,
pregano, intimano di stare in casa, di lavarci le mani, di non toccarci qua e
là (tipo il prete dell’oratorio), di stare allegri, di fare tante belle cose
tra tinello e cucina, di godersi la famiglia. Complici. Come non è possibile
che non lo siano, se vogliono continuare a essere vip anche nel nuovo regime.
Gente che, arrivata al successo, prova un’attrazione
gravitazionale verso le camere dell’eco dell’élite, dove si coltivano
narrazioni che favoriscono lo status quo. Quello status quo che gli ha
procurato fama e fortuna. Costoro non hanno niente a che fare con noi, gente
normale, perché nessuno li tratta più normalmente e loro non hanno più idea di
cosa sia la normalità. Si ritrovano tra ricchi e famosi e tra persone che
coltivano interessi a stare con i ricchi e famosi. E’ un ambiente in cui le
celebrità sono ansiose di credere a storie positive circa il sistema che le ha
favoriti. Nelle loro vite non ci sono persone qualunque che gli diano un feedback,
un’idea di cosa sia normale. Vivono nelle camere dell’eco dei decisori. Non ne
va ascoltata neanche una parola.
Il telemedico
Da un po’ ci stanno magnificando le virtù della
telemedicina. Di qualcuno che ti opera o ti cura senza mai averti visto in
faccia o toccato la pancia. E’ servito a tagliare quegli ospedali di cui ora si
lamenta la mancanza. Ho dovuto andare dal mio medico di base, un amico, per
qualche ricetta e una visita. Sulla porta dell’ambulatorio, a sei metri di distanza, ottemperando alle
prescrizioni governative del suo Ordine, mi ha bloccato. Niente visita e per le
prescrizioni, solo telefonicamente. Poi me le manderà via mail. Siamo al
tele-dottore, la negazione del rapporto medico-paziente, fatto di esami,
sguardi, palpeggiamenti, ascolti, trentatrè e respiri. Come il telelavoro,
chiamato dai burini smart working, come la telescuola, altrettanta
negazione del rapporto-insegnante-alunni, fatto di sguardi, esami, scambi,
contrasti, discussioni, comunanza. Tanto terrificante, dispotico e distopico
che, vedrete, verrà mantenuto anche dopo. Come se le piattaforme non fossero
già le più ricche, potenti e letali del mondo.
E, per finire in bellezza, guardate la data qui sotto: 1°
gennaio 2018. E poi scegliete se ridere
o piangere. E se dare la colpa al virus, o a qualcun altro.
Milano,
terapie intensive al collasso per l’influenza: già 48 malati gravi molte operazioni
rinviate, così titolava un articolo
del Corriere della Sera del 10 gennaio del 2018.
L’articolo riportava anche la difficoltà degli ospedali milanesi nel far fronte
ai numerosi malati di influenza che dovevano far ricorso alle unità di terapia
intensiva, in un periodo in cui il Coronavirus non era ancora apparso.
Prenotazioni
sospese per le operazioni, medici e infermieri in ferie richiamati urgentemente
in servizio e le complicazioni dell’influenza stagionale, le polmoniti
che mandano in tilt i reparti di terapia intensiva degli ospedali milanesi: il
San Raffaele, il Policlinico, il San Gerardo di Monza, e il San Matteo di
Pavia, questo il quadro drammatico rappresentato da un articolo del Corriere
della Sera di due anni fa.
ho ripreso a leggerTi, con lo stesso entusiasmo di 12 anni fa' . Piu' lucido che mai ! un caro saluto
RispondiEliminaRenato
Lucido e tagliente. Averne, di Giornalisti cosi'.
RispondiEliminaGrazie
Possiamo metterci una pietra tombale sulla nostre libertà costituzionali. Tra questo governo di golpisti da operetta e governatori e sindaci sceriffi, più realisti del re e, naturalmente, il terrorismo mediatico che ingigantisce il tutto a dismisura, qui non ne usciamo.
RispondiEliminaOra si che "siamo tutti palestinesi"
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