domenica 6 giugno 2021

Manifestazione con mascherina a Roma --- PALESTINA, CORPO MARTORIATO MA VIVO, CON LA TESTA IN CARCERE --- --- Aspettando Marwan


Canale RUMBLE

https://rumble.com/vi26jd-israele-colombia-due-avamposti-continentali-dellimperialismo-in-crisi.html 

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https://www.facebook.com/100652334681130/videos/512586903429311/


Il tema della video intervista è questo

ISRAELE-COLOMBIA, DUE AVAMPOSTI CONTINENTALI DELL’IMPERIALISMO IN CRISI

Il compito geopolitico assegnato ai due Stati nei confronti dei rispettivi popoli e degli equilibri regionali, messo in discussione dal rinnovato scontro tra consolidamento statuale autoritario e resistenze di massa. Obiettivi ed esiti possibili in una cornice internazionale inedita

Gaza e vaccini

Uno dei motivi di Netaniahu per impiegare l'arma di distrazione di massa dell'assalto a Gaza, a Gerusalemme e nei territori palestinesi, è illustrato da questo grafico dello Stato israeliano (che voglio un po' vedere se Facebook me lo definisce falso, come ha fatto con altre due statistiche UFFICIALI sugli effetti avversi dei vaccini in USA e UE.). Si tratta, come è facile vedere, del confronto tra la mortalità in eccesso da Covid, prima del vaccino, e della mortalità in eccesso da vaccino nel paese più vaccinato del mondo. Questa'ultima prevale in tutte le fasce d'età, dal 12% al 30%.



Accompagno con un paio di considerazioni  questa videointervista che mi ha fatto l'ultra-dinamico, e fortunatamente ultra-attivo nell'informazione libera, Stefano Becciolini. 

L'Israele dell'America Latina


Non è niente di originale il parallelismo che ho cercato di tracciare tra presidio imperialista della Colombia come strumento di controllo del subcontinente americano e di forza di destabilizzazione e intervento in prima linea contro il Venezuela del fallito golpe USA, e il cuneo anti-arabo e di controllo del Medioriente inserito nel secolo scorso in Palestina ed esteso in Asia e Africa,  

Solo che i nostri media e analisti raramente si prendono la briga di tracciare la linea tra i vari punti di un contesto. Conviene che il volgo e l'inclita si concentrino sull'una o sull'altra tessera del mosaico e non capiscano l'insieme, il piano, la strategia, insomma la globalizzazione, che comprende il narcotraffico, il Covid, gli idrocarburi, il possesso di terre e acque, la produzione e distribuizione di uno stesso cibo, l'annientamento delle nazionii (altre), la digitalizzazione dei giovani, l'uniformazione dei media, l'omologazione delle identità, tante altre cose e, ora con gli alieni sugli UFO, il dominio militare dello Spazio. 


Per la droga e per gli USA

In effetti, sulle stragi che il presidente Ivan Duque, figlioccio politico di Alvaro Uribe (2002-2010), stragista di contadini, indigeni e oppositori, per mezzo delle sue  UAC ("Unità di Autodifesa" di tipo Contras in Nicaragua), va commettendo da alcuni mesi per contenere una rivolta di popolo, si scrive e si mostra poco o niente. Ancora brucia il patetico fallimento del golpe di un impresentabile fantoccio, Guaidò, in Venezuela. Anche per rimediare a questo flop storico, in Colombia si sono installate ben nove basi militari statunitensi, con tanto di migliaia di mezzi e uomini, recentemente trasferitivi e pronti alla bisogna.

Mostrare, o riferire di un inoccultabile massacro di civili (compresi ex-militanti delle FARC, disarmati e rientrati in politica grazie a un accordo di pace col precedente presidente Jan Manuel Santos) in tutto il paese, risulterebbe imbarazzante per gli USA, tanto impegnati a ristabilire la democrazia in luoghi infetti come Cuba, Venezuela, Messico, Bolivia, Perù, Ecuador....Rischierebbe anche di gettare una luce obliqua su un traffico che nutre il più grande mercato di coca del mondo e ne impingua le banche.

La Colombia del Medioriente


Il silenzio sulle cose di Palestina-Israele, a distanza di tre ore di volo da parenti, amici e confratelli costì immigrati, con tanto di rumorosa comunità palestinese e un forte movimento anti-apartheid in casa (Italia, Europa, Occidente), era difficile. E allora, per l'equidistanza tra "le parti in contesa", comunque pencolante a destra (dove si trova con ogni evidenza la dirigenza di Israele e quasi tutto il suo popolo), bastava parlare solo di razzi di Hamas, di scontri tra estremisti, di case che spettano agli uni o agli altri, di eccesso di difesa israeliana, visti i bambini inceneriti a Gaza.

Bastava stendere il velo di Maja su un infanticidio che, insieme a quello che Ilan Pappè, massimo storico israeliano, riparato a Exeter, ha descritto come la "Pulizia etnica della Palestina", dura dall'assegnazione da parte dell'ONU del 54% della palestina al 5% degli abitanti (ebrei). Con peraltro, vasti prodromi di terrorismo negli anni '30 e '40. Un velo che fa scomparire del tutto anche la riduzione - ad oggi - della terra storica dei palestinesi al 20%, inframmezzato da centinaia di colonie e di efficienti vie di comunicazione riservate agli occupanti.


Missionari contro "dittatori"

Alla manifestazione per la Palestina organizzata a Roma dalle varie associazioni di suoi esuli, non sono stato personalmente invitato, nè me ne è stata comunicazione. C'era invece sul palco, avvolto nel suo arcobaleno, padre Alex Zanotelli, il missionario colombiano, erede e vanto di coloro che aprirono la via dei "nuovi mondi" alla Compagnia delle Indie, alla Légion étrangère e al maresciallo Graziani. Alla riprovazione delle intemperanze repressive israeliane, il frate, che inchioda nella "dittatura fascista" tutti i governanti di cui USA, UE e Nato ritengono di dover spazzare via i popoli, univa l'appello alla resistenza. Rigorosamente "NON VIOLENTA". Con tanti saluti all'Intifada, dove ragazzacci violenti erano arrivati a lanciare sassi da fionde e bottiglie incendiarie a chi gli sparava addosso fucilate.

 

Zanotelli, rigorosamente maschera e ampio riporto

Quella Intifada, tra la fine del millennio scorso e l'inizio del nuovo, l'ho vista e filmata da vicino. Era guidata da Marwan Barghuti e da una giovane dirigenza di Al Fatah che reagiva al consociativismo e alla passivizzazione dei vecchi gerarchi imbolsiti dell'ormai senile Arafat. L'intesa tra interessi israeliani e subinteressi della borghesia palestinese riuscì a bloccare quella rinascita e quella prospettiva che allo Stato ebreo aveva provocato gravi danni materiali e di immagine. L'entusiasmo con cui la candidatura di Barghuti, dal carcere e dai suoi cinque ergastoli, è stata accolta in tutti i frammenti di Palestina sanguinanti e vivi, non poteva non imbarazzare i collaborazionisti irriducibili al potere da allora e non costituire un altro spunto per Netaniahu, oltre alla sua prospettiva di processi e condanne, per quell'arma di distrazione/distruzione di massa di cui sopra.

Quando il nemico dell'arabo è l'arabo

E infatti dal palco, ascoltato da 2000 persone a San Giovanni, il nome di Marwan Barghuti non è riecheggiato. E neanche un accenno è stato rivolto ai fratelli arabi. Nè a quelli della coltellata alla schiena col Pattro di Abramo, nè a quelli, sbranati al pari della Palestina e per aver speso buona parte della proprio umanità e della proprio fortuna in difesa della Palestina, Siria in testa.

Gli è che, mentre una gamba dei dirigenti palestinesi post-Arafat aveva iniziato a muoversi al passo con quella dei colonizzatori, l'altra, coerentemente, aveva preso a calci i "dittatori" la cui presenza disturbava i piani elaborati per la Grande Israele dallo stratega di Stato Oded Yinon nel 1982. Così, martellandosi unilateralmente gli organi vitali, questi gruppi dirigenti palestinesi fiancheggiano la distruzione di Libia, Siria, Iraq e ora anche Egitto, portata avanti dai peggiori nemici del proprio popolo e della propria prospettiva di libertà. 



 Ricordo come i miei reportage dalla Guerra dei Sei Giorni, avendo contribuito un pochino a spostare la posizione del PCI da pro-Kibbutz "socialisti", all'autodeterminazione dei palestinesi, mi posero per un po' sugli scudi dell'amicizia con immigrati ed esuli di quella terra a me così famigliare e cara. Mi fecero girare l'Italia anche per proiettare i miei quattro documentari sulla Palestina e i suoi campi profughi  e per presentare i miei libri sull'argomento. Apprezzarono che io avessi vissuto e agito con i Fedajin prima che re Hussein ponesse fine, col "Settembre Nero", alla guerriglia dalla Giordania. 

Per me la causa della Palestina e quella della Libia, dell'Iraq, della Siria, dello Yemen, del Libano, dell'Egitto, sono tessere di uno stesso mosaico. Conosco quanto sono strumentali e depravate le categorie di giudizio sugli assetti istituzionali, politici e sociali definiti dai governi del revanscismo coloniale, del razzismo strutturale, della manipolazione di storia e realtà. 

Per tornare a certe analogie tra mondi non tanto lontani come la geografia farebbe credere, vedo un  infelice parallelo tra gli zapatisti del subcomandante Marcos e questi palestinesi che si schierano contro Bashar el Assad, o Saddam, o Gheddafi. I primi, nel nome di un indigenismo isolazionista, hanno affiancato la peggiore narcoreazione messicana contro l'opzione nazionale bolivariana di Obrador. I secondi, sicuramente sinceri antisionisti, non vedono l'assurdità di avere un nemico comune con i loro persecutori. 

E aspetto Marwan Barghuti. Tra le duemila mascherine "de sinistra" e da centri sociali d'antan che circolavano sui prati di San Giovanni, dandosi di gomito o di pugnetto, e guardando in cagnesco i "negazionisti", Marwan non c'era. 




 







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