BLOODY SUNDAY, DERRY, DI CHE PASTA SONO I PADRONI
Il giornalista che gridò: " La Regina è nuda"!
Per chi è nato alla vigilia della catastrofe digitale e con quella è cresciuto, ne ha ricavato ciò che i manovratori della metamorfosi kafkiana volevano: da umano in scarafaggio (con tutto il rispetto per gli scarafaggi, specie per quelli che si riscattano). In altre parole l'annientamento della memoria, la cesura del passato, come se dietro al suo ultimo passo fosse crollata la strada e si fosse aperto un abisso senza fondo. Un buco nero.
Ho pensato a costoro, tra i quali ho molti amici, quando ho preparato questa mia personale commemorazione del Bloody Sunday di Derry, Nordirlanda, 30 gennaio 1972.
Non ricordare Bloody Sunday, seppure evento del profondo Nord, tra genti lontane e avvolte nella nebbia del remoto Atlantico (non avete idea di quanto ci assomiglino, infatti vennero dal Sud), è come non ricordare Bava Beccaris che spara sugli affamati su ordine del re, o Mussolini e la Petacci appesi per i piedi, o Papa Pio IX, detrito del Concilio di Trento, cacciato dai patrioti della Repubblica Romana, o quanto ci hanno inflitto in termini di morìa umana, sociale, culturale, politica, Draghi, Conte, Speranza e la loro corte di comprati e venduti.
Credo che chi sia capitato in quelle occasioni, ognuna epocale, abbia subito un brivido indimenticabile. Abbia percepito che è successa una cosa che cambia il paradigma, cambia lui, cambia le cose del mondo.
Ero già stato in tumulti, inviato alla terribile guerra dei 6 Giorni in Palestina, villaggi incendiati, gente bombardata, scontri tra sparatori. E poi anche il '68-'77, le infinite mazzate degli sbirri a spaccare crani e, sul finale, a spararci. Ma in tutte queste occasioni c'èra un minimo di equilibrio, per quanto squilibrato, un confronto tra le parti in conflitto. Di fronte a Israele c'erano le armate arabe. Negli anni della rivoluzione, diversamente dai buonisti di oggi, rivendicavamo il diritto di difenderci. Ed erano bastoni, molotov, sassi. Oggi abbiamo i rivoluzionari del NO più vitale di tutti i NO mai pronunciati.
Qui, in Irlanda del Nord, sono trecento anni che un popolo lotta per giustizia e libertà, diciamolo pure, porca miseria, per la nazione. Da un lato il mostro onnipotente, superarmato, blindato, cieco all'umanità, con l'ossessione compulsiva della ricchezza e del potere, costi quel che costi agli altri. Dall'altro, esseri umani veri, inermi, nudi, innocenti. Nella notte dei dogmi, laici o religiosi, degli inganni millenari si è acceso la luce. E l'ho visto, il Potere, nella sua versione occidentale, europea, civile. Già guerrafondaio, già colonialista, già vampiro su proletari, ma mai così a casa sua, sotto i miei occhi.
Al Primo Battaglione Paracadutisti di Sua Maestà, mandato nella terra degli irriducibili, deprivati e giusti, a schiacciarli come insetti, e a quegli insetti, miei amici da prima e per sempre, anche da morti, devo un salto di coscienza e un indirizzo di vita che altrimenti, forse non avrei mai compiuto. E' per questo che l'Irlanda è diventata la mia prima "seconda patria".
Se non fosse troppo complicato, vorrei essere seppellito a Derry, accanto a loro. Accanto a Martin McGuinness, combattente che mi salvò dall'ordine di spararmi a vista dei parà, rispettosi della libertà di stampa quanto della vita di coloro che la rivendicano, come di quelli a cui è indispensabile. E che mi portò, in una notte senza stelle, dove avrei potuto assolvere al mio debito verso i giusti, gli innocenti, gli umani. Con la verità.
Una mia foto di Bloody Sunday, all'ingresso nel ghetto repubblicano di Derry.
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