mercoledì 2 novembre 2022

A PROPOSITO DEL GALLO, DEI SUOI STONATI CHICCHIRICHI’, DEI SUOI POLLI. --- E DI PROLETARI IN DIVISA

 

A PROPOSITO DEL GALLO, DEI SUOI STONATI CHICCHIRICHI’, DEI SUOI POLLI.

E DI PROLETARI IN DIVISA



Con notevole fatica, grande pazienza, zero indulgenza, ho ascoltato ieri sera il lunghissimo intervento di Mario Gallo, non so se ancora, o non più segretario di Ancora Italia, nel quale forse, dico forse dato il gran trambusto di concetti e lessico, ‘ormai capo di una frazione scissionistica di questo partito. Si peritava a delineare un programma, in vista di un imminente congresso, che aveva la pretesa di essere politico.

Di politico, tra infinite giravolte dialettiche, non sono riuscito a trovare niente, se non si vuole che criteri di organizzazione, enucleati in vista del Congresso, si possano definire “politica” nel senso di intervento sulla società e sulle sue strutture.

Mi sono trovato invece immerso in un vuoto spinto di contenuti politici, immerso però nella seducente carta stagnola di spericolate– ovviamente fuorvianti - escursioni esoteriche, definite spiritualismo delle “relazioni vibrazionali animate dal respiro cosmico” e fumisterie varie. New Age puro, tipo i Beatles smarriti davanti al santone indiano Raineesh (poi arrestato con 10 Rolls Royce nell’Oregon).

Qualora si volesse ricorrere a parametri, forse nel caso in oggetto giudicati desueti, per i quali si considerano contenuti politici quelli che riguardino l’intervento sul reale nelle sue varie articolazioni, propriamente politiche, economiche, sociali, culturali, istituzionali, internazionali e poi magari ideologiche, morali, psicologiche, locali, globali e via facendo… politica, ebbene nella fiumana oratoria di Gallo si sarebbe dovuto cercare con la lanterna di Diogene, invano..

Questo paese si ritrova da qualche anno e sempre più in una tempesta perfetta, scatenatagli contro da poteri umanamente alieni e che ne mettono in discussione passato, presente e soprattutto futuro, con il corredo di indicibili sofferenze, offese e privazioni a tutti i livelli della vita individuale e collettiva.

Grazie alle innate virtù e alla comprovata resistenza alle avversità e ai nemici che in questo popolo albergano, si è riusciti a reagire alla più feroce operazione anti-umana di tutti i tempi, con una forza e un progetto che ha attinto, superando particolarismi, settarismi, egoismi, al meglio delle tradizioni politico-culturali di un paese che non ha l’eguale per capacità creative, nel solco del passato e con lo sguardo ficcato nel futuro, ma con piena consapevolezza delle sue premesse nel presente.



Il fatto, che parrebbe storicamente fisiologico, di un settore, né sociale, né culturale tantomeno politico, ma essenzialmente segnato dalla conservazione personale dell’esistente, per quanto riduttivo, ma però famigliare, rassicurante e innocuo, rispetto alla tempesta di cui sopra, ha avuto la sua consacrazione nel discorso udito ieri dal capo della sezione scissionistica, autoperpetuante e sterilmente isolazionista

Sembra incongruo, ma non lo è, che nella contingenza mi sia tornato in mente un recente episodio, in vividissimo contrasto con quanto stavo ascoltando e con quanto se ne poteva trarre.

Ho passato, tra Rovereto e Trento, una giornata bellissima e ricchissima, tra amici, militanti e poi simpatizzanti o interessati di Italia Sovrana e Popolare, la formazione politica fatta nascere dal concorso di felici circostanze, sagge e coraggiose volontà includenti, alla vigilia della campagna elettorale. C’erano iscrittiin gran numero e grande determinazione. Due manifestazioni affollate, seguite con consapevolezza e passione, una di mattina, una di sera.

A Rovereto, parlando di questo felice fenomeno sincretico che è Italia Sovrana e Popolare, sono riandato ai miei felici anni ‘60-’70, quando, come oggi, alla virulenza di poteri che si arrogavano il “diritto” e la forza di prendersi tutto della vita e del lavoro, dei corpi e delle menti, il paese seppe produrre una risposta che opponeva un rifiuto altrettanto forte e, insieme, una nuova prospettiva di società e di rapporti tra gli esseri umani.

La novità di noi, i più coinvolti nella “contestazione”, operai, studenti, agricoltori, insegnanti, gente delle periferie devastate e devastanti, era che avevamo affiancato al concetto di classe contro classe, adeguandoci all’assalto di una cricca contro la generalità del popolo, compresi i ceti medi, gli intellettuali, i sottoproletari. Fummo così bravi da portare il lavoro politico perfino tra le forze di polizia, supposti pretoriani del Potere, nell’esercito di leva, allora caratterizzato da una brutale e ottusa gerarchia, dai postumi del Piano Solo del generale De Lorenzo, dei prodromi del golpe Borghese, dei mandanti della Strage di Stato di Piazza Fontana. La nostra organizzazione si chiamava “Proletari in Divisa”.

La parola d’ordine era: dobbiamo stare dove stanno le masse. Magari poi lì per distinguere, selezionare, anche unire, esercitare la nostra egemonia. Così ho visto fare oggi a quelli di Italia Sovrana e Popolare, dalle svariate origini politiche, a Genova, a Spezia, a Cuneo, nel Piemonte, a Palermo….

Alla fine del mio pistolotto, mi si presenta un omone sui settanta e mi fa “Io ero un “proletario in divisa” e ti ho anche mandato un articolo che tu, direttore, hai pubblicato sul tuo quotidiano”.

Felice balzo indietro di 75 anni, come fosse ieri. No, oggi. Un abbraccio all’orlo delle lacrime.


Sarò astigmatico, presbite, miope, guercio,  tutto quel che volete, ma mi/ci rivedo oggi, in Italia Sovrana e Popolare, come allora: un cuneo contro il sistema, composto da un florilegio di metalli, il rivoluzionario sociale, il cattolico della teologia della liberazione e di don Milani, il patriota di Gramsci, Garibaldi, Mazzini, un popolo di combattenti contro lo straniero, l’alieno, il disumano, il disumanizzante.

E ai margini, a guardarsi l’ombelico, coloro che non capiscono, che non vogliono capire, perché il vento, l’aria fresca, li fa intirizzire, preferiscono lo stagnante.

La storia di Italia Sovrana e Popolare percuote il presente e si proietta nel futuro. Chi si abbarbica a una pianta secca, rischia di morire con essa.

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