Ricordate lo slogan degli anni’70: “L’IRA vince perchè spara”?
A volte è vero. Spesso è necessario. A
dispetto dei teorici dei disarmi unilaterali e di coloro che chiamano terrorista
chi non gli fa fare del terrorismo.
Abbiamo tutti, nonostante la solidarietà e la condivisione,
sottovalutato l’Iran. E oggi nel mondo si è accesa una luce. Nel giro di due
settimane questo grande popolo, retto con sapienza, coraggio e dignità, ha
dimostrato al mondo che mostri antidiluviani come gli USA di Trump e lo Stato
sionista possano ridursi a tigri di carta. Precisando che colpi di coda, specie
da parte dei forsennati sionisti e da chi in Occidente gli regge la coda, sono
sempre possibili-
Nel giro di due settimane, l’Iran ha rivelato a Israele e
agli Stati Uniti la loro vulnerabilità e la propria capacità di resistere e
prevalere. I danni inferti a Israele sono stati tali da minacciarne, se non la
sopravvivenza, una crisi irresolvibile. Danni, esemplificati dai ripetuti
bombardamenti su Bersheeva dove si trova, nientemeno, che la massima centrale
atomica, Dimona, con i suoi depositi di bombe termonucleari. Danni che hanno
terrorizzato la popolazione e prospettato una fuga di massa dal paese. Danni
significativamente negati e oggi il ministro della Sicurezza, il genocida millenarista
Ben Gvir, ha emanato una direttiva che assicura punizioni esemplari a
giornalisti e fotografi che dovessero provare ad avvicinarsi ai siti colpiti
dai missili iraniani. Basta questo per dirci dell’”unica democrazia del
Medioriente”…
E’ vero che c’è stato molto gioco delle parti, specie tra
Washington e Tehran, quello che ho definito “shadow boxing”, boxe delle ombre,
dove ai fracassi annunciati, o vantati, da parte israelo-statunitense, non
corrispondevano che modesti risultati. Appositamente ingranditi e magnificati
dai corifei
Trump lo doveva alla lobby i cui soldi lo hanno portato alla
presidenza, di fare il muso duro a fianco di Netaniahu. Di cui era ostaggio, ma
fino a un certo punto. E non è detto, però, che quella lobby, nella sua
sconfinata ricchezza-potenza, sia rassegnata.
Ma Trump doveva un’altra cosa a un elettorato che di guerre
non ne vuole più sapere, visto il campo minato sociale ed economico in cui è
costretto a muoversi. Ecco il perché dell’otto volante. Poi c’è stato l’attacco
iraniano, gentilmente preannunciato in modo da non fare vittime e danni, alle
basi USA nel Golfo. Poca roba, ma una gigantesca minaccia potenziale agli Stati
Uniti che tutto possono permettersi fuorchè rientri di bare di marines, o la
messa a repentaglio della stabilità dei loro rifornimenti.
E’ probabile che per questo cessate il fuoco imposto da
Trump a un Netaniahu in mutande sia stato anche, perlomeno, discusso con Mosca.
Delle condizioni reciprocamente proposte e accettate sapremo nel tempo.
Intanto con l’Iran e con la Palestina, oggi festeggia
l’umanità. Forza e coraggio.
Nessun commento:
Posta un commento