“VERGOGNA!” A CHI?
Eran trecento, eran giovani e
forti, e sono morti!
Me ne andavo al mattino a
spigolare,
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore…
Sceser senz’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra,
ad uno ad uno li guardai nel viso;
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
«Siam venuti a morir pel nostro lido». (Da Luigi Mercantini, “La spigolatrice di Sapri”, leggermente aggiornata)
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore…
Sceser senz’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra,
ad uno ad uno li guardai nel viso;
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
«Siam venuti a morir pel nostro lido». (Da Luigi Mercantini, “La spigolatrice di Sapri”, leggermente aggiornata)
Prima
di passare al tema centrale di questo pezzo, i morti di Lampedusa e chi li ha
ammazzati, consentitemi l’ennesima rilevazione del livello di degrado
giornalistico-politico cui è giunto “il manifesto”. Il 4 ottobre, nella pagina
15, solitamente riservata a contributi esterni, non sempre condivisibili ma di
una qualche dignità, sono apparse due articolesse (così Giorgio Saviane bollava
scritti indegni di essere definiti articoli), rispettivamente di tale Nicola
Corritore e del fotografo Mario Boccia, ricomparso dall’oscurità in cui lo
avevano relegato i suoi bassi servizi agli squartatori dei Balcani. Qui si è
toccato il fondo. L’intero paginone riesuma le balle fatte passare per le
“glorie e gli eroismi” dei pellegrini pacifinti precipitatisi nei primi anni
’90 a Sarajevo per coprire con le mistificazioni Cia sul “dittatore Milosevic”,
il suo” ultranazionalismo” e “l’assedio serbo alla città multietnica”, la
realtà di un’aggressione imperialista mirata a ridurre la Jugoslavia in un
mosaico di non-Stati, da impiegare per ogni genere di traffico criminale. Tra
utili idioti, esibizionisti, fetidi amici del giaguaro, assieme ai famigerati
“Beati Costruttori di Pace” (con la loro milizia “Berretti Bianchi”) e ai
rivoltanti Adriano Sofri (incaricato di
volgere in serbi gli obici bosgnacchi del nazista Izetbegovic che facevano
strage al mercato) e Alex Langer (a sua volta impegnato a invocare sui serbi i
pacifici missili all’uranio Nato), a Sarajevo si era radunato il peggio del
peggio dei collateralisti diritto-umanisti.
Qualcuno
dalle buone intenzioni c’era. Sicuramente le aveva Moreno Locatelli, per sua
cattiva sorte portato da trascorsi monacali ad aggregarsi ai “Beati” di Albino
Bizzotto e Lisa Clark, questi cappellani delle salmerie Nato, anticipatori della
successiva creatura NED antiserba, Otpor. Moreno ci credeva, al punto che
quando la corte dei miracoli raggruppata da Bizzotto decise di fare un
demenziale corteo “di pace” sul ponte di Vrbanja, bersagliato giorno e notte
dai cecchini. Ne prese la testa, nonostante vi si fosse dichiarato nettamente
contrario, avendo lucida consapevolezza del pericolo a cui si esponevano gli
agnelli sacrificali dell’esibizionismo bizzottiano.
Per
Boccia, che ci aveva abituato ad altre sconcezze, “Moreno l‘ha ammazzato la
guerra“, punto. No, turiferi di una “pace” che spiana la strada ai
becchini, Locatelli non l’ha ucciso la guerra. L’ha ucciso chi ce l’ha mandato
su quel ponte, a partire dal “beato” prete Angelo Cavagna, nonostante che il
ragazzo, destinato a un martirio perfettamente prevedibile, avesse ricevuto,
alla vigilia della criminale impresa, un avvertimento diretto dai futuri
assassini. Musan Topalovic, boss mafioso e comandante bosniaco della 10ma Brigata del sultano Nato Izetbegovic,
rapitore di cittadini serbi che poi decapitava e gettava nella foiba chiamata
“buca del diavolo”, aveva personalmente avvertito Moreno che li avrebbe
ammazzati in qualsiasi momento. Il colpo che lo uccise partì dalla collina dove
era appostato Haris Lukovac, capo pretoriano di Izetbegovic. Un suo spione, Edo
Smaic, infiltrato tra i pacifisti, aveva detto al ragazzo: “Guarda che da quel
ponte torni in barella”. E così fu, a dispetto del fatto che Moreno aveva
tentato in tutti i modi dissuadere i promotori della farsa pacifista.
E così
fu. Ma di tutto questo nei pezzi del “manifesto” non c’è traccia. Fedele
all’impostazione dettatagli dal suo rispetto per verità e deontologia
giornalistica, Boccia prosegue nella fetida manovra di depistaggio che,
iniziata quel giorno, doveva convincere l’opinione pubblica che a sparare su
Locatelli sia stato l’immancabile “cecchino serbo”. Nel celebrare il 3 ottobre,
nella ricorrenza dei vent’anni dall’assassinio pianificato di un rompiballe
della strategia della criminalizzazione dei serbi e della distruzione della
Jugoslavia, Boccia, e chi ne ha ospitato l’infame speculazione sulla pelle di
un pacifista sincero, ne hanno onorato la memoria imbrattandola di bugie.
LAMPEDUSA: VILI, INFINGARDI,
IPOCRITI, COMPLICI
Bello il grido di Bergoglio “Vergogna!”. Bello,
giusto, dal cuore. Meno dal cuore quanto dall’ipocrisia di uno dei responsabili
di prima linea, il “Vergogna! Orrore!” del rinnegato dell’art.11 sul Colle. Ma
vergogna e orrore per i 300 affogati di Lampedusa e i 20mila nel Mediterraneo,
7 al giorno da vent’anni, a chi? Alla guerra? Al mare? Alla Bossi-Fini, ai CIE,
ai trafficanti di carne umana, alla “mente
di un paese malato, avvolto in una patologia di operazione dai fatti, a un’Italia
popolata da gente sola e disinformata, circondata da un mare di gente morta”
(Furio Colombo, e non si riferisce a Israele)? Agli “illegali respingimenti in mare, i sequestri di pescherecci accorsi al
salvataggio, ai campi di concentramento, alla negazione dello jus soli”
(Erri De Luca)? Ai “paesi di provenienza
senza democrazia, libertà, benessere” (Alfano)? Ai “campi di detenzione di Gheddafi dove erano sottoposti a ogni genere di
tortura e maltrattamento” (Bianca Berlinguer)? Alle “turbolenze, guerre civili, conflitti politici” (ministro della
salute Lorenzin)? Alle “guerre,
persecuzioni, violazioni dei diritti umani” (Laura Boldrini)? Alla “feroce dittatura eritrea” (Lilli Gruber
von Bilderberg)? A “proibizionismo,leggi
infami, decisori europei e nostrani, accordi bilaterali, inferno libico,
assenza di canali umanitari per coloro che patiscono guerre e persecuzioni”
(la ginocrate manifestista Annamaria Rivera)? A “conflitti e miseria, al reato di clandestinità” (Ascanio Celestini,
che anche lui si ferma lì.)? Al “traffico
criminale di esseri umani” (Napolitano)?
Ma che bravi! Tutti ad agganciarsi a un qualche anello
della catena, guardandosi bene dal gettare un’occhiata su da dove parte e su
chi vi ha rinchiuso quelli da affamare con sanzioni, sterminare con le bombe,
consegnare a tagliagole mercenari e, infine, affogare nel Canale di Sicilia.
Come quelli che deprecano l’uccisione dell’ultimo gorilla della montagna per
mano di bruti antianimalisti. Che sono disperati morti di fame in un paese, il
Ruanda, in cui i colonialisti francesi e Usa, compassionevoli con i gorilla,
hanno fatto carne di porco promuovendo la carneficina della maggioranza hutu
per mano dei fidati Tutsi (carneficina poi imputata ai riottosi Hutu, come ad
Assad quelle dei briganti jihadisti, o a Osama i crimini di Bush e Obama). Vi
sono quelli che, ansiosi di stendere un velo sull’orrore in cui hanno cacciato
la Libia, dipingono l’apocalisse del Mediterraneo come prosecuzione della
pratica gheddafiana di sterminare migranti nei campi di raccolta. Sorvolano sul
fatto che dalla Libia di Gheddafi (che ospitava, con pari diritti dei
cittadini, 2,5 milioni di migranti lavoratori, cosa che gli ha meritato il
plauso dell’ONU), nessun libico, né migrante saheliano, era mai scappato e i
pochi che arrivavano non erano libici, ma subsahariani trafficati dalla mafia
islamista di Bengasi, quella che, repressa dal governo libico, dalla Nato e dai
suoi corifei è stata rinominata “giovani rivoluzionari per la democrazia”.
Oggi in Libia i campi di concentramento ci sono davvero.
17 gestiti da uno pseudo governo di barricati in casa davanti alle bande
terroriste che imperversano nel paese, svendono sottobanco il petrolio che
aveva fatto della Libia il paese più prospero e avanzato del Continente, si
sfracellano tra di loro e controllano altre decine di campi illegali, in cui i
neri vengono scuoiati e i migranti vengono torturati col ferro, o con
l’estorsione, a loro e ai famigliari lontani, della tariffa di passaggio al
fondo del mare. Mai successo sotto il “sanguinario dittatore”. Scuoiato pure
lui, ma da coloro che si stracciano le vesti su Lampedusa.
C’è un dato che avrebbe potuto, se non fossero
ipocriti complici, condurre i deprecatori di anelli finali della catena -
Europa, trafficanti, leggi, cultura, Frontex, Borghezio, guerre, turbolenze -
al molo da cui la catena parte e, addirittura, a chi ce l’aveva legata, magari
a chi ha raso al suolo la Libia, saccheggiato e desertificato la Somalia e sta
continuando in Siria, ora perfino con i gas asfissianti (nuove conferme sugli
intermediari sauditi e turchi). Chi sono
quelli che migrano per farsi mangiare, se non dai pesci, dai mercanti nostrani
di carne umana, nei campi, nelle fabbriche, nello schiavismo domestico,
nell’accattonaggio, come anche da quelli che gli piangono addosso senza
chiedersi chi li ha stracciati? Chi sono ma, soprattutto, da dove vengono? Lo
sappiamo tutti, ma nessuno che ne tragga l’inevitabile conclusioni: Siria (460
l’ultimo scaglione, 11mila in Bulgaria), Libia, Egitto, Mali e Sahel tutto,
Sudan, Somalia, Eritrea. Dai paesi del Maghreb non arrivano più. Sarà perché
non ci sono ancora passati sopra i cavalieri dell’Apocalisse occidentale?
Eritrea. Dal momento dell’indipendenza (24/5/1993),
strappata agli eredi etiopici dei gassatori italiani, è sottoposta alle
sanzioni della “comunità internazionale”, ostracizzata sul piano diplomatico ed
economico, ininterrottamente pressata e provocata militarmente dai surrogati
Nato etiopici dai quali, addestrati da Usa e Israele a ogni bisogna mercenaria
in Eritrea, Somalia o ovunque servisse, ha subito due rovinose aggressioni.
Ultimamente è stata pure criminalizzata per un presunto sostegno ai patrioti
Shabaab in Somalia. Magari fosse. Un paese che si deve guardare dalla costante
minaccia di superpotenze che non ne tollerano l’indipendenza e sovranità e che,
dall’isolamento internazionale, è ridotto al margine dell’inedia collettiva.
Sono condizioni che possono rendere inevitabili misure di controllo sociale a
noi sgradite, le infiltrazioni, i tentativi di destabilizzazione e divisione
sociale e confessionale, sono ininterrotti. Ecco dunque apparecchiata la tavola
per chi si etilizza dei suoi diritti umani, la cui violazione provocherebbe
l’esodo dei perseguitati (si trova sempre un eritreo o un siriano disposto a
comprarsi l’asilo politico raccontando quanto in Occidente si vuole sentire,
vero signorina Gruber von Bilderberg?).
Somalia. E’ della settimana scorsa la notizia che
squadre speciali Usa, britanniche francesi e turche hanno assaltato dal mare la
cittadina di Barawe, nella Somalia
meridionale, roccaforte degli Shabaab, hanno provocato sette morti e spinto
altri somali alla trasferta verso il fondo del Mediterraneo. L’attacco è
fallito, respinto con perdite, tra cui il comandante delle SAS britanniche. Ma
andiamo con ordine. Primo inviato occidentale nella Somalia del tiranno,
fantoccio degli Usa, Siad Barre, tolto di mezzo da una rivolta popolare, ho
assistito alla fase iniziale (poi seguita da quella raccontataci da Ilaria
Alpi, vittima degli invasori) della strategia di distruzione di quello Stato.
Il generale patriota Aidid fu fatto fuori da mercenari capeggiati da un
burattino coloniale, caro agli italiani. Proprio prima che il
presidente pro-USA Mohamed Siad Barre fosse deposto,quasi due terzi del
territorio erano stati assegnati in concessione petrolifera a Conoco, Amoco, Chevron e Phillips.
I successivi pupazzi furono installati dagli
occidentali grazie al supporto di due operazioni ONU, quella umanitaria Unosom e quella militare “Restore Hope”. Passando attraverso varie
forme di organizzazione e di ideologia, la resistenza somala non è mai stata
domata. Alla faccia di due invasioni etiopiche, dell’intervento di una forza di
stupratori e assassini kenioti e ugandesi chiamata “Forza d’intervento
dell’Unione Africana” che, pesantemente armata dalle potenze occidentali, ha
completato l’opera dei precedenti interventi. Un paese economicamente e
socialmente evirato da vent’anni di devastazioni coloniali, decine di migliaia
di morti civili, città e villaggi rasi al suolo, assassinii non mirati dei
droni Usa, distruzione di ogni infrastruttura, terra e mare avvelenati dai
rifiuti tossici europei, governicchi-farsa costruiti nei laboratori del
colonialismo. Un non-Stato, una non-nazione, carestia, siccità, fame. Ma, in
compenso, il chiavistello imperiale su Mar Rosso e Oceano Indiano, sul massimo
traffico commerciale, militare e di idrocarburi del mondo, fatto a pezzi e,
quindi, sano e salvo per noi. E come se ne è valsa la pena!
Libia, Egitto e Sahel. Della Libia abbiamo detto. Non serviva
un paese che con organismi indipendenti pan-africani stava riunendo e
indipendizzando l’Africa che, anti-neoliberisticamente, garantiva giustizia
sociale, emancipazione e benessere, che sosteneva i palestinesi e la coesione
laica araba, che aveva assicurato acqua potabile a tutti i suoi abitanti
impedendo che fluisse verso Israele, che, invertendo i fattori, aveva
compromesso il risultato: anziché il 90% del reddito petrolifero alle
multinazionali e il 10% al popolo (o, piuttosto, alla famiglia allargata
regnante), esattamente il contrario. Non serviva un paese che, con gli altri
della regione, era il naturale e proficuo approdo economico e culturale, dei
paesi sud europei, destinati a sprofondare presto o tardi fuori dalla storia.
Serviva il caos creativo che avrebbe alimentato un disfacimento sociale,
politico ed economico tale, qui come ovunque, da alimentare flussi di
percettori di cinque euro al giorno atti a calmierare le pretese dei lavoratori
autoctoni. Lo stesso vale per il Sudan, spezzettato da USraele, Vaticano e UE
in due o tre, privato della sue risorse energetiche a vantaggio di
secessionisti che lo regalano alle multinazionali; per Mali, Niger, Costa
d’Avorio, dove la Legione Straniera di Sarkozy e Hollande hanno fatto piazza
pulita di libertà, sovranità, sopravvivenza economica. L’Egitto, fonte di
flussi di emigrazione senza precedenti, può ringraziare i Fratelli Musulmani,
ricambio occidentale al despota Mubaraq, di cui gli integralisti hanno
proseguito l’opera di spoliazione, repressione, corruzione e sfacelo economico.
Siria e Iraq. Gli undicimila siriani approdati in
Bulgaria, le centinaia da noi, perché arrivano ora, quando mai in passato da
quel paese ne era arrivato uno, visto che a casa sua, a dispetto del solito
cappio delle sanzioni, aveva ciò che a noi è stato tolto: sanità e istruzione
gratuiti, casa, lavoro, pace sociale, armonia confessionale, rispetto per le
diversità, dignità nazionale. Forse perché, da quasi tre anni, contro la Siria,
la sua indipendenza, la sua fierezza, si accaniscono gli squadroni della morte
Nato, alla testa di decine di migliaia di licantropi ubriachi di fanatismo e
soldo, rastrellati da Cia, Mossad, Turchia, nababbi del Golfo, per dove
l’Impero ha seminato terrorismo destabilizzatore? Non sta bene un paese, tanto
terrorista da far da cuore a un asse di resistenza contro il cannibalismo
USraeliano ed europeo, e che pretende di farsi attraversare da idrocarburi
provenienti da Caspio, Pakistann, Iran, Iraq e diretto verso l’Europa, fuori
dalla rete controllata dagli Usa. E’ inammissibile uno Stato che insiste a
sostenere la lotta del popolo palestinese a dispetto del tradimento dei suoi
chierici, passati ai bancomat del Golfo, paese a cui plaudono e che sostengono
paesi-canaglia come Cuba, Venezuela, Sudafrica, Brasile, Russia, Cina,. India,
Argentina e l’indice d’ascolto di un audience di dimensioni mondiali. Uno così
va disintegrato e sfoltito a bombe, annegamenti e schiavismo.
Nell’orgia di retorica, gemiti, frignii e rampogne con
cui gli amanuensi e tastieristi delle tavole sacre e dei pronunciamenti
dell’impero cristiano hanno ammorbato i cervelli dei più, non potevano non
inserirsi, con la loro diversissima specificità, maestri venerandi e santoni
del genere che il 12 ottobre passeggerà per le vie di Roma invocando la
Costituzione, la democrazia, i diritti umani. Senza peraltro volersi accorgere
di come queste fondamenta del vivere decente, nei paesi di emigrazione siano
stati da noi ridotti in cenere. Insieme a moltissima gente, ai loro edifici, ai
mezzi di sussistenza. Avevamo tirato un sospiro di sollievo a leggere negli
anatemi di alcuni contro Bossi-Fini, Cie, reato di clandestinità, trafficanti,
le parole “guerra” e “fame”. Parole rimaste però nell’empireo dell’astrazione. Creature orfane
di genitori. Guerra fatta da chi? Fame diffusa ad arte da chi? Non se lo chiedono nè Marco Revelli, né Alessandro Dal Lago, guru
dell’intellettualità-bene, né Monica Frassoni, euro presidente del partito
Verde, quello dei pacifisti con il pugnale anti-musulmano tra i denti alla
Joshka Fiscer, Alex Langer, Cohn Bendit, né Vendola, commensale di una sinistra
a tavola con la destra PD, né i barboncini di Napolitano Grasso e Boldrini e
neppure il caravanserraglio degli sterili con il profilattico che si appellano
ai ministri della Repubblica, alle istituzioni europee e alle organizzazioni
internazionali, per il famigerato “corridoio umanitario” tante volte invocato
dai ratti di Siria. Si tratta di Melting
Pot, Arci, Prc, Sel, Lunaria, Articolo 21, Terre des Hommes, Antigone, Cgil, e
tutto il cucuzzaro pacifinto Ong, già esibitosi all’epoca della kermesse di
Sarajevo. Si è visto cosa passa poi per i “corridoi umanitari”. Di lasciare semplicemente quelle genti in pace
non è venuto in mente a nessuno. “Responsibility
to protect”. L’ha detto Obama.
Snocciolato, in coro con l’universo mondo, il rosario
delle ovvietà italiote, Bossi-Fini, Cie, leggi proibizioniste e
criminalizzanti, sorvolato sul dato costituente dei migranti provocati a forza
di embarghi, terroristi e bombe, a diventare i produttori del 10% del PIL e il
cui schiavismo rafforza la distruzione dei diritti degli indigeni, tutti questi
gentiluomini e gentildonne, galantuomini e nobildonne, si sono avventurati a
parlare anche di guerra, persecuzione e fame, pensate un po’! Ma vigliacco se
avessi trovato anche uno solo di essi che abbia letto ai pargoli la paginetta
in cui a impiccare Pinocchio sono il gatto e la volpe, ovvero un timido accenno
ai boia-capo dei giustizieri di nazioni agli ordini del Tribunale Supremo di
Wall Street, Obama e Netaniahu. E, per restare nel nostro piccolo di fureria,
avesse accennato a responsabili di sociocidi: un presidente fellone, premier
come D’Alema, Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, ministri della guerra come Di
Paola,Terzi, Mauro, il fuoriditesta La Russa, loro sicofanti come i
parlamentari, anche Prc, che ne hanno votato le scelleratezze e loro prefiche
della sinistra piagnona che pigola contro le guerre armate, nulla dice delle
guerre per sanzioni genocide e, in compenso, fischietta allegra la cacofonia del
terrorismo (fin dal false flag
dell’11 settembre), della democrazia e dei diritti umani violati
dall’ineluttabile dittatore.
Persone perbene che si ammantano di Amnesty International che, sagacemente
guidata da Suzanne Nossel, sionista, già assistente di Hillary Clinton e del
superfalco da mattatoio Bolton, avanza la “richiesta
a partiti e istituzioni di prendersi qualche responsabilità e adottare azioni
concrete per garantire un viaggio sicuro a chi non può far altro che fuggire
dal suo paese”. Quel paese, quei paesi, per i quali Amnesty ha garantito, con le sue campagne di menzogne e calunnie,
un “viaggio sicuro” alle armate imperiali e alle loro compagnie di ventura. Bel
modello. Come quello, portato pure dal “manifesto”, dei radicali, nei cui 11
referendum berlusconizzati alcuni, promossi in sordina e perciò non arrivati al
quorum, che sostenevano il ritorno dalla Bossi-Fini all’eccellenza umanitaria
della Turco-Napolitano, risultano avvolti e legati negli altri, promossi e
trionfanti, che azzereranno ogni diritto sociale e la faranno pagare cara al
giudice che venisse smentito in altro grado da uno più malleabile, magari alla
Squillante.
Avevo detto “vigliacco se avessi trovato uno solo…”
Bè, uno solo c’è. Ma sta proprio solo solo. E’ l’irriducibile esterno del
“manifesto” Manlio Dinucci, che
tante volte ci tira su sul finire dell’opprimente lettura di quel giornale. Solo
nell’oceano in cui vengono fatti annegare non solo esseri in carne e ossa, ma,
a rinforzare gli effetti del naufragio, si perde anche una verità spinta al
fondo dalla zavorra di questa vociferante turba di ignavi e infingardi. Per
vedere emergere dalla melassa delle lamentazioni le parole Usa e Nato, Libia,
le 10mila missioni di attacco aereo e le bande di briganti infiltrate, non ci
rimane che la colonnina di Dinucci: “Quelli
che perdono la vita nel mare sono anch’essi vittime della guerra voluta dai
capi dell’Occidente. Gli stessi governanti che alimentano ora la guerra in
Siria… Se anche il loro barcone affonda, c’è sempre un Letta pronto a
proclamare il lutto nazionale”. Grazie Manlio, nella categoria ora siamo almeno
in due.
Dalla parte opposta del mondo, quella al buio, c’è Furio Colombo. Se non fosse che, su “Il Fatto”, Travaglio e altri,
pur con retroterra ideologico opposto al mio, mi rivelano, quasi unici,
quotidianamente, lo stato di schifo della classe politico-economica italiana, un
giornale che ci infligge ogni giorno l’ultrà USraeliano Furio Colombo andrebbe affidato
a un rogo che, stavolta, non sarebbe un affronto alla libertà d’espressione, ma
la giusta esecuzione di un verminaio di frodatori. La palma della complicità
con i detonatori dell’ordigno migrazione va assegnata a questo ex-sodale
amerikano di Gianni Agnelli, per una chiavica di pezzo che, in modo originale,
si inserisce in vetta all’operazione di occultamento e depistaggio di cui sopra.
Nel giorno dello schiamazzo nazionale sui fatti di Lampedusa, conseguenza
diretta dei necrofori all’opera in Siria e paraggi, avendo Monica Maggioni fatto
un’intervista equilibrata a Bashar el Assad, senza sputargli addosso e da cui
il presidente siriano è uscito ammirevolmente corretto e convincente, Colombo
fa eccezione. Rispetto alla vulgata main stream che ignora il conflitto in
Siria, lui ne parla, caspita se ne parla.
A modo suo. Eccone le perle: “Assad, come Hitler,
appare responsabile della strage da gas, gronda sangue, in gran parte di
bambini, perché mai si è dotato di armi chimiche? forse di origine russa..." (non passa per la mente a questo acrobata dello strabismo
di chiedersi perché se ne é dotato, più di tutti gli altri, il già atomico
Israele e perché gli Usa da sempre ne inondano i popoli). "E quegli straccioni
di ribelli, come potevano, nelle loro case diroccate e caverne maneggiare
simili armi? Ovviamente non potevano. E giustamente l’inviato della Stampa,
Domenico Quirico, chiama il fenomeno e la sua spaventosa strage ‘Il Male’, di cui la Russia è apparsa una
grande complice. Insomma, se Obama non vuole proprio ripetere il successo
libico, ci vuole almeno il Tribunale per i crimini contro l’umanità" (già,
quello di Moreno Ocampo, che incrimina e processa esclusivamente imputati dalla
pelle nera e invisi all’Occidente).
Capita la mossa? Non si azzardi nessuno a indicare lo sconquasso in Siria come provocato da chi
già molti anni fa aveva programmato la rimozione di quel disturbo. Se proprio
di Siria si vuole parlare, eccovi il colpevole, il mostro, il carnefice. Posso
permettermi di definire questo pezzo una mascalzonata. Me lo permetto. Una mascalzonata
la cui oscenità sta al giornalismo come Israele sta ai diritti umani..
Angelino Alfano è quello che, se lo vedi sul banco del
pesciaiolo e gli guardi gli occhi, lo butti. Il segretario, vicepresidente,
ministro dell’interno, rimesso nel fodero il pugnale che aveva appena brandito
in Valsusa e fattosi prestare una lacrima di naufrago, ha detto e garantito che
la tragedia di Lampedusa non sarà né l’ultima, né la penultima. Ha però
auspicato che la struttura europea “Frontex”,
demandata a vegliare sui tartari del
deserto alle frontiere della Fortezza, venga rafforzata, tanto da far passare
solo quelli che servono, tra pomodori e negli altiforni, a caporali benefattori e imprenditori pietosi. E’
sembrato che volesse intimidire un’Europa che, al netto della sua accoglienza
di un decuplo dei migranti che vengono da noi e delle decine di milioni che ci
ha passato per occuparcene, ai confini della civiltà non ha ancora eretto muri di
cinta cimiteriali, tipo quello israeliano. Comunque, ha ragione, l’ecatombe di
Lampedusa non sarà la fine dell’olocausto. Sa benissimo, Angelino, perché c’è
dentro fino al collo con tutta la casta, che ci sono ancora tanti “interventi
umanitari” da fare per completarlo. Finchè c’è guerra c’è speranza.
Gemeranno gli antri
Secreti, e tutta narrerà la tomba
Secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e
due risorto
Splendidamente su le mute vie
Per far più bello l’ultimo trofeo
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
Placando quelle afflitte alme col canto,
I prenci argivi eternerà per quante
Abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.
Splendidamente su le mute vie
Per far più bello l’ultimo trofeo
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
Placando quelle afflitte alme col canto,
I prenci argivi eternerà per quante
Abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.
(Ugo Foscolo “Dei sepolcri”)
Bellissimo. Punto.
RispondiEliminaForse non c'entra molto, ma al Festival del cinema ho assistito ad un film, bello anche se drammatico, intitolato "la prima neve". Uno dei protagonisti e' un immigrato dall'africa subsahariana che si era stabilito con la moglie in Libia e da cui era dovuto fuggire su di un gommone dopo l'arrivo dei "ratti" che avevano promosso la caccia al negro. Sebbene la storia viene spiegata verso la fine del film, non compaiono mai scene di guerra e non viene nominata mai la NATO, lo ho visto come un atto indiretto di denuncia alla Guerra contro la Libia. Tuttavia non ho visto molti cinema programmarlo, non so se fara' la stessa fine del "Leone del deserto" boicottato e praticamente scomparso dalle sale italiane solo dopo una settimana dalla sua uscita.
RispondiEliminaOttimo peraltro la rievocazione delle porcherie e della manipolazione propagandistica antijugoslava all'epoca dell'"assedio" di Saraievo, di cui conserve perfetti ricordi. Vorrei aggiungere alla memoria di quell'attivista, mandato al massacro da qualcuno che voleva monetizzare in termini di visibilita' la sua uccisione, anche quella dei troppo velocemente dimenticati giornalisti RAI assassinati da una cannonata croata, in Bosnia, la cui colpa fu solo quella di aver cercato di informare sulla realta' della guerra condotta dagli Ustascia croati. Contro la linea comune che la guerra la facevano solo i nazionalisti serbi contro l'europeisticamente corretta Croazia e gli agnellini di Izedbegovic, poveri e disarmati.
La realtà del mondo come lei la racconta, il dominio imperiale che lo pervade, caro Grimaldi, è totalmente sconosciuta ai suoi connazionali. Abbiamo un'alluvione di informazione dai media, dai social network e non sappiamo affatto perchè le cose succedono. E' incredibile, e forse un pò surreale. Non so cos'altro dire.
RispondiEliminaVolevo far notare un articolo sulla Libia di un certo Atwan, tradotto dal "centro di iniziativa proletaria" di Sesto S. Giovanni, a proposito di una certa sinistra. Descrive la situazione della Libia con molti dettagli, dalla mancanza frequente di elettricità ed acqua (ed avevano costrutico il più grande sistema al mondo per estrarre l'acqua dal deserto, pensate) agli scontri fra milizie con assassini politici e detenzione di migliaia di persone senza processo. Ma il veleno sta nella coda, quando si afferma che il "regime di Gheddafi era brutalmente dittatoriale, lo diciamo (chi, plurale maiestatis?) per la milionesima volta", e poi quando si appoggia il ministro degli esteri libico perchè, sisarebbe opposto ad un intervento armato in Siria. Ma c'è di più, si dice anche "speriamo che i popoli arabi, quello siriano in particolare, imparino dall'esempio libico" che può avere una doppia valenza. L'ambiguità ed il cerchiobottismo di alcune componenti della sinistra antagonista, come era quella di "socialismo rivoluzionario" ai tempi della Bosnia è perniciosa...
RispondiEliminaSolo per ricordare il 50esimo anniversario della tragedia del Vajont. Non per fare l'uccello del malaugurio, ma il discredito su allora dato addosso a chi ne denunciava I pericoli, come la Merlin od il geologo Semenza, non mi sembra dissimile a quello dato addosso oggi a chi denuncia scempi ambientali, come per l'Ilva di Taranto, per la Val di Susa e per le discariche in Campania. Lavoravo al registro dighe dieci anni fa, quando ricorreva il 40esimo anniversario, ho approfondito la storia grazie anche al libro dello stesso Semenza, ma devo dire che in qualche caso, una certa tendenza a sottovalutare i rischi da una gestione procastinatrice di manutenzione, era ancora rimasta...
RispondiEliminaBellissimo pezzo,come al solito.Niente piaggeria,ma per come scrivi dovrebbero studiare i tuoi articoli alla scuola di giornalismo.I documentari poi,se si pensa che sono autoprodotti,sono eccezionali dal montaggio fino alla colonna sonora.
RispondiEliminaLa rai li dovrebbe trasmettere ed i tuoi articoli pubblicati ,se esistesse ancora il giornalismo in Italia.
Dato il gratuito servizio che fai a chi apprezza il giornalismo vero e ben fatto,ti strameriti i complimenti ed un grazie di cuore.
Una domanda :che ne pensi di provocazioni ed infiltrati per il 19 ottobre.Occasione imperdibile per pd-pdl .
Luca.
Luca@
RispondiEliminaGrazie dei generosi apprezzamenti.
Per la manifestazione del 19, se si farà, sarà probabile che,alla luce della campagna terroristica di diffamazione dei No Tav, questo Stato di polizia, sollecitato da Napolitano e dal "difensore della Costituzione", Rodotà, tenti delle provocazioni.Credo che il movimento saprà controllarle e respingerle. Se ci saranno scontri, lo avrà voluto il governo.
dall'ansa
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2013/10/10/Nobel-Letteratura-americana-Alice-Munro_9438685.html
ma proprio non riescono a farlo un elenco dei pochissimi paesi che non hanno ratificato il trattato sulle armi chimiche ? e chi ci sarà mai ??