Hannibal ante portas? Non è più procurato allarme.
Ne va della potenza egemonica,
dell’eccezionalismo, del “Destino
manifesto”, della globalizzazione a direzione unica, del governo mondiale,
della controffensiva colonialista fondata su migrazioni che svuotano di energie
umane e professionali il Sud da predare. Il Golfo Persico è il pettine al quale
questi nodi vengono. E quando gli scienziati nucleari mettono l’orologio dell’Apocalisse
a due minuti da mezzanotte, più o meno dove stava nell’immediato post-Hiroshima
e Nagasaki, c’è stavolta poco da parlare di procurato allarme.
Chi segue meticolosamente le uniche
fonti di notizie e analisi affidabili, che ormai sono quasi solo in rete
(finchè dura e Facebook chiude un occhio), legge e vede da almeno un paio di
lustri l’annuncio dell’imminente terza e ultima guerra mondiale. Giulietto
Chiesa, addirittura, annunciava l’imminenza del conflitto totale fin dai primi
anni del nuovo millennio. Al punto che, ripetuta in conferenza su conferenza,
intervista su intervista, la funesta certezza decadeva in giaculatoria a cui
più nessuno dava peso. Una specie di al lupo al lupo che si inseriva
inconsapevolmente in una strategia della paura, anzi del panico, che pian piano
sfiancava e distraeva da ogni altro fronte di
lotta. Tipo il capitalismo. Un po’ come la questione climatica da GretaThunberg
universalizzata in minaccia globale, peraltro priva di responsabilità
identificate, che tutte le altre riassume (e annulla) in sé. Qualcuno ha
parlato di nuovo oppio dei popoli, come quello, che mai si è cessato di fumare,
della religione.
False Flag, la bandiera dell’Occidente
Tuttavia, a partire dalle micce
posate nel Golfo Persico da chi conduce guerre e genocidi, e ne campa, da
trecento anni a queste parti, il tema ha acquistato una pregnanza senza
precedenti, anche perché si appoggia ad accadimenti analoghi che in molti casi
alla guerra guerreggiata hanno portato. Parliamo di provocazioni, oggi dette “False Flag”, messe in atto onde vantare
davanti all’opinione pubblica un buon, anzi un irrinunciabile, motivo per
commettere qualche grossa efferatezza, altrimenti impossibile da giustificare.
A molti verranno in mente le nostre stragi di Stato, da Piazza Fontana,
attribuito ad anarchici, a Moro fatto far fuori alle BR, e agli attentati della
“trattativa”, con manovalanza mafiosa e, a monte, Gladio, servizi nostri e
atlantici, la cupola anti-Urss.
Storia scontata, storia fattaci
dimenticare, circoscritta al ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e come fronte
orientale del “mondo libero”, Di più vasta portata le False Flag all’origine
delle guerre del nostro tempo: Lusitania, nave britannica fatta passare per
carica d’armi e perciò affondata dai tedeschi, trappola che innesca l’ingresso
degli Usa nella Prima Guerra Mondiale; Maine, nave Usa alla fonda a Cuba,
incendiata dagli stessi Usa, che ne traggono il pretesto per sottrarre alla
Spagna Cuba e le Filippine; Operazione Northwoods che prevede l’abbattimento
sopra Cuba di un aereo Usa pieno di studenti per incolparne Castro e far
partire una nuova invasione (bloccata da Kennedy, che la pagò); Golfo del
Tonkino, falso assalto a nave Usa attribuito
ai nordvietnamiti, da cui stragi bombarole su tutto il Nordvietnam; neonati strappati
dai soldati iracheni alle incubatrici del Kuwait, panzana inventata dal
Pentagono che lancia la prima guerra del Golfo; i bombardamenti di Gheddafi
sulla popolazione di Tripoli, il viagra somministrato ai propri soldati perché
stuprassero con più vigore; gli ospedali bombardati con barili esplosivi ad
Aleppo; le armi chimiche di Duma, gli aiuti alimentari in fiamme sul ponte tra
Colombia e Venezuela; le armi di distruzione di massa di Saddam; l’11 settembre…..
Tutte False Flag fatte sventolare anche dalle più celebrate Ong dei diritti
umani, con gli effetti sui diritti umani che si sono visti.
Proviamo con le petroliere
E oggi alcune petroliere colpite nel
Golfo, di cui una giapponese mentre il premier giapponese Shinzo Abe discute a Tehran
come circumnavigare l’embargo; un’altra di un armatore norvegese disposto a
violare le sanzioni Usa contro l’Iran. Prove zero, incluso un grottesco video
che vede un motoscafo togliere qualcosa dalla fiancata di una nave. Ma ecco,
subito stranamore, stranammorati Nato e stranamorini dei media dire che sono
stati gli iraniani, “maggiore potenza
terrorista del mondo”, “massima
minaccia alla pace”. E’ come se Cheney desse del terrorista a Danilo Dolci.
La spesa militare di questa “minaccia” è di 15 miliardi di dollari, il 25% di
quanto l’Iran spendeva sotto lo Shah. I suoi armamenti risalgono a quell’epoca
e a qualche aereo iracheno spostato a Tehran al tempo della guerra del Golfo.
La spesa Usa, paese che si assume il compito di contenere la “minaccia”, arriva
complessivamente a oltre mille miliardi. Politicamente compattata dalle
spaventose sanzioni, ma economicamente e socialmente ridotta a brandelli, la
società iraniana ha dovuto ridurre la produzione di petrolio dalla media di 4
milioni di barili al giorno, al tempo delle sanzioni di Obama, a 2 milioni, di
cui meno di 600mila riescono ancora a essere esportati. Perlopiù in Cina.
E’ il petrolio, bellezza!
Ci sono buoni motivi perche lo
strumento dell’élite all’1% utilizzi il suo strumento fine-del-mondo Usa a
partire dall’oceano di petrolio in cui galleggia il Golfo. La riserve accertate
di idrocarburi iraniani ammontano a 160 miliardi di barili, subito dopo
l’Arabia Saudita (266 miliardi) e il Venezuela (300 miliardi), il boccone più grosso,
per ora accantonato visto l’immane fiasco del golpe amerikano di Guaidò. Dunque
gas e petrolio, i minerali in continua espansione estrattiva, produttiva e di
consumo, da cui esalano i veleni che soffocano il pianeta fino a strozzarlo
entro pochi anni, sono quelli di cui si agitano per ogni dove Greta e i gretini
e che sono l’impulso alle guerre di cui Greta e gretini non sembrano avere la
minima nozione.
Con la prima Guerra del Golfo gli
Usa, con al guinzaglio la Nato, dilagano armati su ogni satrapia araba del
Golfo dove 50 milioni di cittadini, perlopiù manovalanza immigrata, sono
governati, sfruttati, schiavizzati, ottenebrati da alcune migliaia di prìncipi
gozzoviglianti , indispensabili amici e guardiani degli interessi e delle armi
occidentali. Contro la “minaccia” iraniana. Che è quella di aver disturbato acque
e deserti correndo in soccorso alla Siria azzannata, sostenendo la difesa del
Libano e dello Yemen, la famigerata “mezzaluna scita” che ai popoli del lato
occidentale del Golfo, chissà perché, odora di libertà, dignità, speranza.
Con la seconda e le “primavere” e
guerre seguenti (Iraq, Egitto, Libia, Siria, Yemen) puntano alla frantumazione di
ogni residua struttura statale sorretta da volontà e coesione nazionale
autodeterminata, per delegare il controllo della regione al consorzio di entità
arabe e non, famigliari o coloniali, segregazioniste, feudali e schiaviste. Il
piano fallisce in Egitto, ma, con il ricorso al terrorismo jihadista, funziona,
anche se non del tutto, negli altri paesi, comunque ridotti a brandelli. Il
consorzio ha per massimo comune denominatore farla finita con l’anomalia Iran, obiettivo
condiviso fin dal 1953, colpo di Stato contro il premier nazionalista Mossadeq,
dallo Stato profondo Usa, terminale politico-militare della Cupola mondialista,
oggi incorporato nei Neocon di ascendenza talmudista.
Si tende ad attribuire un ruolo
eccessivo in questa temperie di guerra imminente a personaggi come John Bolton,
consigliere per la Sicurezza Nazionale, e Mike Pompeo, Segretario di Stato, a
causa del trucido bullismo con il quale sembrano trascinare Trump agli esiti
più drammatici. E’ vero, c’è differenza metodica tra l’Obama che prova a minare
paesi come Cuba e l’Iran dal di dentro, promuovendo col sorriso e con accordi
la destabilizzazione interna (rivoluzioni colorate affidate a settori bulimici
di mercato), e la clava dei due cavernicoli ereditati dal Bush minore. Ma sono
opzioni di fase all’interno di una strategia che, da quando nelle vene del capitalimperialismo
scorre petrolio, non muta che nelle forme.
La minaccia Iran
Togliamo di mezzo le fanfaluche che
ai nostri media, destrosinistri ed eterodeterminati, dettano le centrali propagandistiche
della globalizzazione tramite guerre. Il riarmo atomico di un Iran che non
aveva mai arricchito il suo uranio oltre quel 20% che serve a usi energetici e
medici. Arricchimento, poi, ridotto al ridicolo 3%, insieme alla chiusura di
centri di ricerca altamente specializzati, dall’accordo sul nucleare concluso
tra Obama è un tragicamente arrendevole presidente Rouhani, succeduto al ben
più fermo e consapevole Ahmadinejad. Nè l’agenzia addetta ai controlli, AIEA,
aveva mai rilevato una violazione degli accordi a perdere da parte di Tehran.
Ma abbondano da decenni le buone
ragioni per fare del Golfo Persico il più gigantesco barile di esplosivo del
mondo, a forza di portaerei, flotte aeree e navali, migliaia di soldati,
attentati a petroliere da parte di provocatori, probabilmente addestrati in
Albania dal MEK (la setta terroristica
attiva su mandato israeliano e statunitense in Iran da decenni, oggi dislocata
da Washington in Albania). Il più immediato e dichiarato è il bisogno di
Israele, da sempre impegnata a diventare “La Grande”, di togliersi di torno i
terminali iraniani presenti nei paesi confinanti e difensori della
sopravvivenza di questi, oltreché insidia politica e sociale per l’assetto
oscurantista e reazionario degli alleati del Golfo.
Ma la strategia è trasparente, se
mettiamo in fila quanto i vecchi colonialisti, francesi, britannici perseguono
dai tempi dell’occupazione del Canale di Suez, 1956, e quanto del vecchio
imperialismo è stato assunto in proprio dagli Usa, dal sostegno a Israele, attraverso
guerre, colpi di Stato, o destabilizzazioni terroristiche in Iran, Iraq, Libia,
Siria, Afghanistan, Corno d’Africa, fino al Venezuela. Per mandare avanti il
suo sviluppo nei termini stabiliti, potenziare il suo impero, ricattare nemici
e amici, accumulare profitto, nello scopo non dichiarato e neppure forse
considerato di distruggere il vivente arrostendolo, il grumo onnipotente che
manovra lo Stato più bellicoso della Storia deve disporre di ogni possibile
risorsa petrolifera e controllare ogni possibile rotta per la quale questa
sostanza genocida viene trasportata. E qui, per come incombe geograficamente e
politicamente su tutto il Medioriente e sta in mezzo alle direzioni Nord-Sud ed
Est-Ovest, di terra e di mare, l’Iran diventa imprescindibile.
Eurasia, il mondo al giro di boa?
Ma c’è una buona ragione forse ancora
più urgente per quanto potrebbe venire scatenato nel Golfo. L’Iran sta proprio
al centro dell’enigma euroasiatico, il “cuore del mondo”, come lo definì il
competente Brzezinski, un cuore senza il battito del quale il capitalismo occidentale
andrebbe alla deriva. Vi dice niente l’acronimo SCO? “Shanghai Cooperation Organization”. Nel cuore euroasiatico oggi c’è
lo SCO, non la Nato, o l’FMI, o il WTO. Ne sono membri otto paesuccoli da poco
come Russia, Cina, India e Pakistan, più i quattro “stan” dell’Asia centrale.
Quasi tutti dotati di immense risorse, o energetiche, o altre. Ci sono poi
quattro Stati osservatori, Afghanistan, Bielorussia, Mongola e Iran e sei
partner del dialogo: Armenia, Azerebaijan, Cambogia, Nepal, Sri Lanka, Turchia.
Entro il 2020 lo SCO crescerà a includere Iran e Turchia. Non tutti questi
paesi hanno punti di vista omogenei, in particolare l’India si muove su piani geopolitici
ambivalenti, con l’occhio anche a un’Alleanza Indo-Pacifico di marca Usa. Ma
tutti sono gradevolmente coinvolti nel progetto cinese, ormai euroasiatico,
della Road and Belt Initiative (RBI),
la Via della Seta, con propaggini anche in Africa e, grazie a un nostro raro momento
di intelligenza in politica estera, Europa.
Intorno al partneriato russo-cinese,
coinvolgente la più vasta regione terrestre del globo e, tenendo conto degli
altri SCO, il più numeroso agglomerato di popolazione, si vanno mobilitando interessi
comuni per un futuro di sviluppo pacifico dalle enormi prospettive di scambio e
progresso in chiave non tossica. Anche
tenendo conto che la Cina è già oggi il paese dal più diffuso e avanzato
utilizzo di energie rinnovabili e che negli scambi tra questi paesi si vanno
facendo strada valute alternative al dollaro, come il rublo e lo yuan. E
abbiamo visto cosa è successo a Saddam e a Gheddafi quando hanno adombrato l’affossamento
della moneta del dominio Usa, anche se solo a vantaggio del subalterno euro.
Rimane il ruolo assolutamente
negativo della Cina, quanto quello degli Usa, nell’adozione e promozione urbi
et orbi del 5G, la connessione di quinta generazione il cui inquinamento
elettromagnetico è di una tale potenza e capillarità, con le sue antenne ogni
100 metri e i suoi letali 12mila satelliti nello spazio, da sostituire il
cambiamento climatico al primo posto nelle minacce alla vita sul pianeta. Di
questo s’è già detto in questo blog e se ne dirà.
Si vede, dunque, come gli Usa e,
sopra di essi, la Cupola mondialista, abbiano di fronte qualcosa di inedito
nella storia dell’imperialismo. Qualcosa che in potenza fa impallidire la competizione
che l’asse Germania, Italia. Giappone costituì per lo schieramento anglosassone
che, pure, impiegò sei anni a debellarla e ci riuscì soltanto grazie al
contributo determinante dell’URSS.
Tutto questo spiega ad abundantiam i movimenti frenetici che
nel Golfo la Cupola fa fare all’apparato militare Usa e l’assedio con cui cerca
di serrare l’Iran in una morsa mortale. Spiega anche il grottesco inserimento
dei Guardiani della Rivoluzione iraniani nell’elenco delle organizzazioni
terroristiche. L’accusa di terrorismo, a partire da quello dell’11/9, è stato
immancabilmente il preludio alla guerra. Non faccio il giuliettochiesa e non
giuro che la guerra, quella guerra, ci sarà. Rimane una forte controindicazione: per quanto lo si possa bastonare,
radendolo al suolo dall’aria, l’Iran può sempre bloccare il Golfo e quindi il
40% dei rifornimenti al mondo. Uno sconquasso planetario che a qualcuno
potrebbe dare la sveglia.
Tutto questo non spiega, invece, perché
Putin neghi a Iran e Siria, quest’ultima quotidianamente bombardata impunemente
da Israele, l’invincibile difesa antiaerea S400. Che, però, concede a Turchia e
Arabia Saudita. Misteri della geopolitica.
Forse la ragione è che la Russia si serve di Israele per aggirare le sanzioni occidentali, e quindi è costretta a tenerselo buono. O forse il motivo è più profondo, ed ha a che fare con il "cordone ombelicale" mai del tutto reciso tra Mosca e Tel Aviv: senza le armi sovietiche Israele sarebbe stato spazzato via già nel 1948, e senza il milione di cittadini sovietici più o meno ebrei vendutogli da Gorbaciov sarebbe adesso in crisi demografica irreversibile. Forse c'entra anche il fatto che molti degli attuali oligarchi russi siano "anche" ebrei (l'ambiguità nazionale degli israeliani è del resto inevitabile, trattandosi di uno stato del tutto artificiale)
RispondiEliminaCome disse Chavez la battaglia ecologista non può prescindere dalla lotta al capitalismo. A proposito di porcherie yankee,ricordo vagamente l'abbattimento del jumbo sud coreano da parte dei sovietici,Dalla lo citò in una sua canzone. Scandalo planetario e grande successo mediatico Usa. Poi alcuni,pochi,vennero a sapere che l'aereo viaggiava completamente fuori rotta,a luci spente e zeppo di attrezzature atte allo spionaggio. Ed era finito a sorvolare la penisola di Sakhalin,zeppa di installazioni militari,costringendo l'aviazione sovietica ad intervenire e prendendosi la colpa dell'ennesima porcata Usa. Non che mi aspetti di meglio da uno stato fondato su un genocidio e diventato grande potenza sperimentando due bombe atomiche sui civili.
RispondiEliminaPaolo P
Condivido i contenuti dei precedenti commenti, e ricordo benissimo le fanfare, anche intellettuali, per i cittadini sovietici liberati dal "buon" Gorbaciov, uno dei pochissimi leader ex URSS considerato male dai suoi concittadini, verso la "terra promessa" accordo sancito dopo la riconciliazione con lo Stato Talmudista. Ricordo anche le stesse conclusioni sul volo sudcoreano usato come aereo spia su "Radio Città Aperta" e che, al contrario della narrativa ufficiale occidentale post 1989, l'Urss era ben lontana dal crollo, ed anzi, mi diceva il prof. di Fisica 1,aveva sviluppato in quegli anni importanti tecnologie sull'utilizzo dei laser e nell'ingegneria spaziale in genere. La possibilità di un primo attacco all'Urss e di una guerra nucleare era, attorno al 1986, non così remota. A proposito di voli civili abbattuti è da sottolineare le iniziative "democratically correct" del tribunale ad hoc per il volo della Malaysia Airlines abbattuto sui cieli dell'Ucraina nell'estate del 2014. Sono stati accusati della strage quattro cittadini, tre russi ed uno ucraino. Ma niente paura, l'ucraino è un dirigente del Donbass, quindi "filorusso".
RispondiEliminaFa riflettere la storia di questo iraqeno, curato da Medicine sans frontiers, ma per incanto fa carriera come manager nell0 che ha causato la distruzione del suo paese. Allora dico, sono veramente neutrali queste organizzazioni umanitarie se convertono i loro assistiti alla causa occidentalista?
RispondiEliminaNel frattempo Alitalia modifica le linee aeree verso l'Iran. E' un inequivocabile segnale, come accadde con la Libia, a fine febbraio 2011. La guerra con l'Iran e forse anche contro la Siria, sempre sotto missili sionisti senza sosta, è alle porte, nonostante le titubanze di Trump, e c'è da scommetterci l'Italia farà la sua parte.
RispondiEliminaAlex1@
RispondiEliminaMSF è la più screditata di tutte le Ong, sempre dalla parte dell'aggressore occidentale, una fogna di menzogne.
Mi scuso ma non sono riuscito a postare il link del corriere della sera in cui si racconta la storia dell'iraqeno curato da MSF. Riguardo all'ONG ho pochi dubbi sulla natura per così dire "autoreferenziale". Una mia conoscente da alcuni anni lavora per loro, e nonostante abbia figli e famiglia, è molto spesso in viaggio anche in posti esotici dove non sembra ci debba essere un estremo bisogno di medici o di medicine es. Giappone ed altri non poveri. In più su LinkedIn c'erano offerte di lavoro, come fosse una grande corporation piuttosto che persone armate solo di abnegazione ed desiderio di aiutare gli ultimi.
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