Parto e sarò lontano dal blog e da FB (non dai vostri
interventi) per circa tre settimane. Il pezzo qui sotto è lungo. Avete il tempo
per spezzettarne la lettura. O di saltarlo. Un saluto a tutti.
https://www.pandoratv.it/?p=16566
Il Presidente egiziano, Abd al-Fattah
al-Sisi, in casa del lupo, a Riyadh,
alla presenza del Presidente USA, Donald Trump, glielo dice chiaro: “Il
terrorismo è occidentale”.
Il tema Al Sisi-Terrorismo riguarda la parte finale di
questo post, quella sul “manifesto” e i suoi servigi all’imperialsionismo di
guerra.
Londra, cristiani
contro musulmani, come sunniti contro sciti: guerra civile=stato d’assedio,
élite trionfante
Il mammasantissima della criminalità organizzata mondialista
(qui in effigie) si frega le mani. Con l’ennesima punizione terroristica
inflitta al Regno Unito per la sua uscita dall’UE, il solito veicolo stragista
a economica e facile disposizione di qualsiasi sicario, cosciente o
incosciente, stavolta antimusulmano, fornisce all’universo mondo occidentale,
lanciato allo scontro di civiltà, il bonus supplementare del pretesto per una repressione
ormai ultra-orwelliana. Se ne accorgeranno eventuali disperati, esasperati,
sediziosi. Altro bonus dell’assalto alla moschea, il grattacielo, inceneritosi
in 6 minuti insieme a cento inquilini per risparmiare le quattro sterline della
verniciatura ignifuga, anzichè in gol è finito in tribuna, come il pallone del
giocatore venduto. Non se ne parli più. Ora è tempo di prodromi di guerra
civile: angli e sassoni contro tutti gli intrusi. Non ha funzionato forse molto
bene con sciti e sunniti? E, prima, con cattolici e protestanti?
Tiriamo le somme. Trump celebrava la Brexit, ne vedeva
motivazioni e sbocchi affini ai suoi e degli altri cosiddetti “populismi”
sovranisti. Prometteva anche meno Nato e più Russia. Poi l’hanno messo in
mezzo, il famigerato Stato Profondo, Cia, sinistri collateralisti, armieri e
petrolieri e Trump non è più lui. E’ un pupazzetto di quelli e, per tenere a
galla almeno la bananona aranciona, spara missili e minchiate a 360 gradi.
Destino non difforme per la May, sua controfigura britannica che, tra
coltellate e caroselli di camion, torri abitate che bruciano più rapide di uno
zolfanello, dissolvenze elettorali, si ritrova alla prova del negoziato Brexit
più esposta e inerme di Lady Godiva. Secondo voi, chi è che di tutto questo
gioisce?
Saif al Islam
Gheddafi libero. Con Haftar e i patrioti libici alla liberazione del paese
Poi, invece, ci sono due buone notizie. E, se non vi
indignate, o anche se lo fate, ne aggiungerei una terza: il torero incornato
dal toro in Francia, emblema di un aggiustamento morale e politico che qualcosa
come 7 miliardi persone vorrebbero imporre a chi li incorna da secoli. E che
quella testa di whisky di Hemingway, che sbavava in lettere e saliva su ogni
corrida, riposi in pace. Una buona novella è la liberazione di Saif al Islam
Gheddafi, figlio maggiore e successore designato del Grande Martire, da parte
dei berberi di Zintan, alleati del generale Haftar, che a lui hanno consegnato
Saif. Grottesca la reazione della Corte Penale Internazionale, nota per aver
finora incriminato soltanto soggetti di pelle nera invisi all’Occidente: ne ha
chiesto alle “autorità libiche” l’arresto e la consegna immediati.
Le “autorità libiche” (il magliaro Al Serraj ancorato al
largo di Tripoli e la sua milizia di tagliagole e scuoiatori di neri a
Misurata) vorrebbero bene assolvere all’ordine dello sponsor, tanto più che,
già di loro, avevano condannato Saif all’impiccagione. Ma non possono, visto
che il governo di Tobruk e Haftar, comandante delle Forze Armate Nazionali, gli
stanno mettendo il sale sulla coda. Ben visti da Mosca e dal Cairo, i patrioti
di Tobruk hanno riabilitato i gheddafiani e, forti di un consenso perciò crescente,
hanno conquistato i terminali
petroliferi e si stanno riprendendo la Libia pezzo dopo pezzo. Nei giorni
scorsi, con la conquista di Jufra, hanno liberato la regione centrale che dà
accesso a Tripoli e a Sirte. E questa era la seconda notizia buona.
Meno elettori, più
stato d’emergenza: si arriva alla perfezione
Una chiavica, invece, la notizia che dovrebbe far esultare
il baffino bombardiere che di questi tempi si riciccia come antagonista di
sinistra ovunque reperti museali autoqualificantisi di sinistra si assemblano
per guardarsi in cagnesco, ma dichiararsi vicendevolmente ancora vivi.
Ultimamente con Montanari e Falcone. Esprimendo una nausea che sorprende in una
società come quella kosovara, formatasi
nelle provette tossiche dello scienziato pazzo Nato e non riconosciuta come
Stato che da quattro scagnozzi della Nato, alle elezioni del 12 scorso ha
votato appena il 41%. Quasi tanto miserrimi quanto quelli che si sono
manifestati in Francia, dove si trattava di portare in parlamento un’armata di
pitbull rothschildiani a guardia di colui che è stato messo lì a invertire la scelta
degli affidati alla ghigliottina rispetto al 1792-1794. Ma statene certi, che a
votare non ci vadano più se non corifei, chierichetti, sottopancia e parenti
dei candidati, non turba minimamente gli
autoreggenti delle nostre sorti. Quello che conta è che tutti credano che lo
stato d’emergenza, ormai perenne, serva a dargli sicurezza. Anzi, siccome non
votano coloro, che alla fola secondo cui ogni 5 anni possono decidere
liberamente chi li governerà non ci credono più e piuttosto hanno capito che
ogni 5 anni sono chiamati a condividere, con persuasori occulti e manifesti, la
scelta di chi li deruberà e schiaccerà, molto meglio che gli astenuti siano
tanti. Di questo passo ci si disabituerà del tutto e quello che Napolitano,
Monti, Letta, Renzi e Gentiloni ci hanno fatto passare sulla testa dal 2013,
senza chiederci né miao né bau nelle urne, sarà finalmente il perfezionamento
della democrazia.
Presidente killer e
trafficante di organi
Dimenticavo la
notizia chiavica: il candidato premier eletto in Kosovo è Ramush Haradinaj,
criminale di guerra, ricercato dalla giustizia di Belgrado e da tutti gli
uomini perbene per aver trucidato, deportato, torturato migliaia di civili
serbi, per aver dato fuoco a centinaia di monasteri ortodossi antichi, per aver
trafficato in organi estratti ai prigionieri serbi. Conclamato narcogangster e
serialkiller, è stato assolto dal Tribunale dell’Aja, una di quelle
espressioni della civiltà giuridica occidentale che uccide in carcere chi non
riesce a condannare e manda a reggere il destino degli umani chi ne ha fatti
fuori di più. Da D’Alema, le cui bombe ho visto a Belgrado stroncare neonati nelle
incubatrici e che batte le mani al Brancaccio per l’ennesima e, certo, decisiva
“nuova sinistra”, a Macron, a Haradinaj, il cerchio si chiude.
Trump, Saud, Al
Thani: tu, brutto terrorista!
In Medioriente le cose si ingarbugliano vieppiù. Non avevamo
finito di chiederci cosa diavolo fosse piovuto in zucca a russi e iraniani ad
Astana (dei turchi si capiva facile) quando crearono le famigerate zone di
“riduzione del conflitto”, affidandole a turchi, curdi e mercenariato jihadista
vario, alla faccia dell’integrità e sovranità siriane, che sul palcoscenico
hanno preso a succedersi tanti di quei dei
ex machina da far ammutolire qualsiasi analista.
Il colpo di scena più grosso è quello di Lucky Luciano che
denuncia Al Capone per mafia a don Corleone. Donald Trump, successore di una
combriccola di presidenti Usa che del terrorismo hanno fatto lo strumento
principe per prendersi il mondo e disfarsi di mezza umanità, piomba a Riad e
promette alla più sanguinaria monarchia del mondo 110 miliardi di strumenti per
insistere nella loro pratica (specie in Yemen, dove opportunamente il colera,
come negli Usa dei 18 milioni di pellerossa da eliminare, arrivato a 150mila
casi, facilita il genocidio all’arma Nato, italiana compresa). In cambio i
decapitatori principi dell’universo mondo, massimi fornitori, addestratori e
finanziatori del terrorismo in tutti gli emisferi, devono unirsi al loro
mandante nella lotta, quella vera, al terrorismo. Come? Strangolando il Qatar.
Una specie di prepuzio della protrusione arabica, fino a ieri sotto le ali
dello stesso mandante e padrino (don Corleone), azionista di buona caratura del
terrorismo Isis, Al Qaida, califfati dei vari emisferi e relative affiliazioni.
Questione di gas
Cosa c’era di meglio, per i supermonarchi sauditi, che
prendersela con il minuto prepuzio aggettante nel Golfo Persico, che da rana
voleva gonfiarsi a bue e che, con quel “parvenu beduino” di Al Thani, la sua
emittente Al Jazieera e i suoi scherani jihadisti, pretendeva di riportare
tutto l’Islam sotto la ferula dei Fratelli Musulmani, sottraendolo all’egemonia
wahabita della Casa di Saud? Senza contare – anzi, contando soprattutto – che quell’escrescenza peninsulare sta immersa
nel più vasto giacimento di gas del mondo, che quel giacimento lo condivide in
armonia con gli “orridi” iraniani, che da lì ambisce a farsi fornitore
dell’Europa, a dispetto dei sauditi e degli israeliani e del loro nuovo
gasdotto Israele-Cipro-Italia, con un altro gestito d’amore e d’accordo con i satanacci
persiani, in combutta con i quali diverrebbe il primo fornitore di gas del
mondo.
In questo atto della commedia c’è chi fa sul serio e chi
meno. Sul serio fanno i sauditi, che si vedono spuntare sotto casa un
potenziale agglomerato del Golfo, Iran-Qatar, che, in tempi di petrolio calante
e gas montante, è quanto di più letale quella monarchia possa temere, per
quante tonnellate di armi Usa, Italiane, tedesche, Nato possa infilare in un
esercito di coscritti immigrati, tanto demotivati che, per mettere sotto i più
sfigati arabi del mondo, gli yemeniti, non gli sono bastati gli F16 e
l’artiglieria manovrati da centrali Usa. Tanto più sul serio fanno questi
pervertiti trogloditi dalle caverne d’oro per aver sentito sotto i piedi i
fremiti sismici di metà paese a confessione scita. Già il Qatar se la fa con
Iran e Turchia. L’Iran ha espresso il suo dissenso verso le misure prese da
Usa, Saudia e Golfo. Truppe turche si sono piazzate in Qatar contro eventuali
ideuzze saudite che intendessero accentuare l’embargo diplomatico ed economico
con misure militari. E l’idea che possa spuntare nel deserto il fiore di
un’intesa tra Fratelli Musulmani e sciti sparsi un po’ ovunque tra Afghanistan
e Bab el Mandeb farebbe saltare parecchi tavoli.
Che gli Usa non vogliono vedere saltare. Tanto che, appena
svaniti dalle specchiere di palazzo reale a Riad i riflessi della sua
lampeggiante chioma e dissoltesi nell’etere i suoi anatemi contro il terrorismo
del Qatar, a Trump il Pentagono ha fatto vendere allo stesso Qatar armi per 12
miliardi di dollari e Tillerson, segretario di Stato, ha detto “non facciamola
troppo lunga con questa storia del Qatar sentina di ogni infamia”. Si erano
ricordati di colpo che lì, nel prepuzio, ci sta la più grossa base militare Usa
del Medioriente, con tutti i suoi 110mila marines. Finchè si scherza….
Usa, Saudia, Israele:
per i curdi Padre, figlio e spirito santo.
Parrebbe, dunque, che ci sia molto fumo e poco arrosto. O,
quanto meno, che un sacco di fumo non faccia ben vedere che cosa stia cuocendo.
Più riconoscibili appaiono le vicende sul campo di battaglia. Decimando a tutto
spiano le popolazioni irachene e siriane, oltre a spingerle a svuotare i loro
paesi e, insieme ad altre, resettare l’Europa, gli Usa non recedono
dall’intento di annientare queste nazioni frantumandole in “espressioni geografiche”.
Con i mercenari curdi sostituiti a quelli Isis, curdi rivelatisi vera feccia
etica e politica nel loro servizio agli straziatori della Siria, nell’amicizia
dichiarata per Israele e, ora, nell’apprezzamento per il ruolo “antiterrorista”
dei sauditi (incredibile ma vero), gli Usa stanno prendendo Raqqa e
consolidando un loro protettorato nel nord-est della Siria.
Quella dei curdi
amerikkkani, filosauditi e filoisraeliani, fatti passare dai collateralisti
della “sinistra” e del “manifesto” per il fior fiore della democrazia
partecipativa, socialista, femminista, è una delle vergogne supreme della
storia, al pari del tradimento di certi capi del comunismo occidentale e di
tutti i farlocconi finti-sinistri da sempre vezzeggiati da quel giornale e
utilizzati per diseducare il pupo. Autentici prostituti, al pari di quelli
iracheni, miserabile strumento di un nuovo colonialismo, stavolta genocida
oltreché predatore; stupide zoccole di lenoni che se ne disfaranno al primo
volgere dei venti; schiuma della storia, materiale da discarica che stinge
anche sul tanto rispettato PKK turco, che da questa feccia non ha mai preso le
distanze e si fa dichiarare madrepatria.
Grande è il disordine
sotto il cielo. Di chi fidarsi?
Dando prova di incredibile resilienza, a sette anni
dall’inizio dell’aggressione l’esercito arabo siriano, a dispetto dei ricorrenti bombardamenti della
coalizione Usa, qui come in Iraq addirittura con il criminale fosforo bianco, ha
riconquistato larghe fasce di territorio nel deserto che unisce Siria e Iraq e
pare possa riprendersi anche Deir Ezzor, centro strategico assediato dall’Isis
dal 2013. Che si possa congetturare uno scambio Raqqa-Deir Ezzor concordato tra
Usa e russi? E la svolta anti-Qatar, con turchi e iraniani uniti nel sostegno
dello spuntone gassifero, modificherà il ruolo, fin qui scellerato, del Qatar
in Siria? I jihadisti, sostituiti dai curdi e sotto tiro, quanto meno verbale,
di sauditi e Usa, metteranno la coda tra le gambe e svaporeranno, o saranno
adibiti ad altri compiti, tipo terrorismo stragista dove occorre? I britannici,
da sempre affettuosi padrini dei Fratelli Musulmani, li molleranno per affinità
anglosassone con gli Usa e rapporti di mercato e istituzioni con i Saud?
E i russi? Che assistono abbastanza passivi alle ricorrenti
incursioni di israeliani e Usa contro civili ed esercito siriani, limitandosi a
una deplorazione e a un’invocazione che non si faccia più. E che hanno sancito
le aree di de-escalation sottratte al
governo di Damasco. Eppure sono impegnati nella guerra all’Isis. Eppure
figurano da difensori della Siria e del diritto internazionale…Ora, finalmente, dopo lo scandaloso
abbattimento di un jet siriano che stava operando contro l’avanzata della
marmaglia curdo-statunitense su Deir Ezzor, la reazione russa pare diventare
più dignitosa: qualsiasi intervento aereo della coalizione Usa al di qua
dell’Eufrate (perché non al di là???) sarà legittimo bersaglio delle forze
patriottiche. Se son rose fioriranno…
Le variabili sono parecchie. E così le domande in attesa di
risposta. Però le spine ci sono e pungenti. Azzardo, io, una variabile. La
risposta che i russi hanno annunciato nel caso che gli invasori Usa e i
pulitori etnici curdi continuassero a colpire le truppe siriane – risposta
difensiva che per il “manifesto” si deve
definire “minaccia” – potrebbe essere uno zuccherino offerto a Damasco per l’ormai
evidente abbandono dell’impegno all’integrità territoriale del paese. Con il progetto di costituzione “decentralizzata”
(leggi spartizione) fatto circolare a inizio anno e l’istituzione delle quattro
aree di de-escalation lasciate in mano a turchi, jihadisti e curdi, ci
sarebbero buoni motivi per sospettare che tra russi e Usa si sia arrivati a un
tacito accordo sul male minore per entrambi: la divisione del paese in sfere
d’influenza. Fine della Siria libera, indipendente, laica, sovrana,
democratica. La domanda è se gli altri ci stanno.
Spartizione
sottobanco? Chi ci sta e chi no.
Gli altri sono
Damasco, che ha già manifestato una sua autonomia in merito attaccando la
coalizione Usa-curdi-Isis in avvicinamento dalle parti di Raqqa; l’Iran, che,
per la prima volta, ha tirato missili sull’Isis a Deir Ezzor; gli Hezbollah che
hanno liberato aree sul confine siro-iracheno e i turchi che stanno con
chiunque stia contro i curdi. Sullo sfondo anche il Qatar, in odio ai
concorrenti del Golfo, con però la libertà di manovra che (non) gli concede quella
grande base Usa. Usa, Sauditi con satrapi minori e Israele, la triade fine-del
mondo arabo (e non solo), questi sviluppi non li avevano calcolati e ora gli
tocca vedere se, pur di far fuori il renitente Iran, gli conviene giocarsi il
più forte contraente militare alleato, la Turchia, gia contrappostasi
vigorosamente con l’invio di truppe in Qatar. In Iran, poi, va visto chi tiene
il mattarello, se il filoccidentale neoliberista Rouhani, o la Guida Khamenei
con le Guardie della Rivoluzione impegnate in Siria sul terreno.
L’Egitto di Al Sisi e
“il manifesto” degli utili compatibili
Poi c’è l’Egitto. Tanto detestato dai sinistri quanto
questi, in logico sequitur, se ne stanno ammansiti, e perfino compiaciuti, agli
ordini del giorno dei feldmarescialli imperiali. Nell’organo della sinistra
imperialista, “il manifesto”, riescono a convivere, senza attriti e peli sullo
stomaco (che nel caso dovrebbero essere setole), da un lato gente che in
geopolitica fornisce viveri politici e supporto morale alle armate di quei
feldmarescialli e, dall’altro, un crocchietto di comunisti,antimperialisti,
terzomondisti e filo palestinesi. Schierarsi con i palestinesi è giusto, ma,
nella loro attuale inoffensività, assolutamente tollerabile. Sostenere i
progressisti dell’America Latina non importuna né l’ENI, né il nostro turismo.
Fare il bignamino, in fondo alla penultima, dell’armamentario terrestre, aereo,
navale, spaziale, nucleare di Usa e Nato, non disturberebbe neanche la rivista
della Pinotti, “Analisi Difesa”.
Decisivo per questa gazzetta dei “valori occidentali” e per
il nulla osta che conta, è condividere tutto quello che pensa, dice e fa Soros,
far passare l’emergenzialista post-nazista Macron teneramente per “centrista”,
spendersi appassionatamente per Hillary, far l’occhiolino a
Fassina&Fratoianni e l’occhiolone a Pisapia-Bersani, esaltare come martire
la spia Regeni, lanciare brigate internazionali rossandiane contro la Libia,
deformare ogni governo ostico alla civiltà euroatlantica in feroce dittatura,
lubrificare con l’ipocrisia della solidarietà lo spopolamento del Sud del mondo
per mano di Soros, Ong e F16 Usa-Nato e
puntellare qualsiasi truffa, menzogna, false flag, che l’Impero s’inventi per
sodomizzare qualcuno. Ogni nefandezza è salva se piangi sugli esodati, o
brandisci la CGIL, o dai dello xenofobo, dell’omofobo, del populista a chi non
si accompagna a Vladimir Luxuria o non picchia in testa agli euroscettici. Ma l’appartamento in cui si fanno riunioni
contro l’ascensore che manca, o le barriere architettoniche, o perché il
cortile accolga 32 senegalesi, o per protestare contro il chiasso che fanno le parate Nato, è perfettamente
integrabile in un edificio dal cui terrazzo si spara sulla folla.
Dicevo dell’Egitto e chiudo. In apertura vi ho invitato a
visitare questo link
E’ uno straordinario intervento
del presidente egiziano, Al Sisi, quello che sostiene Haftar e i gheddafiani in
Libia, al vertice Usa-arabo di Riad. E’ una denuncia articolata, veemente e
completa del terrorismo e di chi lo ha inventato, se ne serve, lo recluta, lo
finanzia, lo addestra ne promuove i genocidi e la distruzione di popoli e
nazioni. Sono le cose che noialtri “complottisti”, populisti, sovranisti, eversori
anti-establishment e, parlando seriamente, onesti comunicatori e autentici
antimperialisti, denunciamo da anni. Venendo dal capo del più influente e
importante paese arabo e africano, piagato dal terrorismo dei Fratelli
musulmani-Isis da quando il popolo egiziano si era liberato del despota
islamista Morsi, l’accusa di Al Sisi e un atto di coraggio fenomenale e di
verità incontestabile. Notare nel video le reazioni di Trump e di Re Salman, a
cui Al Sisi quelle accuse le ha lanciate in faccia.
Non stupisce per niente che “il manifesto”, capogita delle
spedizioni mediatiche contro l’Egitto laico e indipendente, Egitto oggi amico
di Mosca e della Libia liberata, ne abbia tratto lo spunto, con la stridula
voce dei suoi cantori sorosiani, per rovesciare sul paese e sul suo presidente
l’ennesima caterva di calunnie e menzogne. Pretesto, come giorni prima con la
Russia, la messa sotto sorveglianza delle Ong. Niente che possa essere confrontato
con la repressione delle Ong israeliane che sostengono i diritti dei
palestinesi, tipo Betselem. Alle Ong in Egitto, come a quelle i n Russia, Venezuela, Ungheria, che sappiamo
essere ciò che i missionari erano per i colonialisti, si registrino e denuncino
i fondi che ricevono dall’estero. Ed evitino di utilizzarli per operare in
favore di potenze nemiche, alla maniera del Regeni, l’operativo di una
multinazionale dello spionaggio e degli squadroni della morte. Chissà se Soros ne sarà contento. Dopotutto
risparmia.